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Le reti complesse

Nel documento Reti di contratti e reti di imprese (pagine 55-64)

Si ravvisa il fenomeno delle reti complesse nel caso in cui due o più imprese decidano di affiancare alla relazione contrattuale uno strumento societario con funzione di stabilizzazione ovvero di attribuzione di funzioni amministrative. In primo luogo, un primo profilo concerne la possibilità che la rete contrattuale impieghi lo strumento societario per lo svolgimento di funzioni complesse, un apparato organizzativo incompatibile con i requisiti del mandato collettivo. Consentendo la costituzione di società per l'amministrazione della rete ed i rapporti con i terzi ovvero l'impiego di enti senza scopo di lucro quali fondazioni di impresa per lo svolgimento di attività dirette alla produzione e gestione di conoscenza condivisa, brevettabile o meno.

D’altra parte, si pone la questione è quello di regole di collegamento negoziale che, superando i limiti attuali del diritto societario, permettano di fare valere l'interdipendenza sia sul ano contrattuale che organizzativo. Occorre cioè ammettere da un lato che gli organi della società vedano «etero- definite» dai contratti alcune decisioni fondamentali della società. Parallelamente occorre però consentire deroghe al diritto dei contratti e delle obbligazioni, ad esempio ammettendo che, a fini di stabilizzazione, possano aversi patti di esclusiva e di non concorrenza di intensità maggiore di ciò che generalmente si consente36.

Infine le modalità attraverso cui ridefinire exit e voice. Nella rete complessa le strategie di exit contrattuale influenzano e, in certa misura, dipendono dalla partecipazione societaria. Se la costruzione di vincoli societari aiuta la stabilizzazione, occorre anche prevedere strategie di exit quando il sistema reticolare risulti incapace di innovare e sia superato dal mercato, collegando la risoluzione del contratto plurilaterale a quella dal recesso societario. In questa ipotesi occorre definire sistemi di uscita non penalizzanti; una disciplina che

36 Cfr CACCIATORE., Concorrenza sleale e tutela del consumatore, in Riv. Dir. Econ.

Trasp. E amb., 2003; FRANCESCHELLI , Concorrenza, II) Concorrenza sleale,in Enc. Giur., Roma, 1988. In senso analogo vedasi anche ALPA, Il diritto dei consumatori, Bari, 2002, p.91

renda difficile l'uscita rischia di disincentivare la costituzione di reti complesse.

La letteratura economica distingue tra reti sociali, burocratiche e proprietarie, a seconda del tipo di legami che formano la rete. La partizione non è però esclusiva, dal momento che questi legami possono essere, ed anzi normalmente sono, contemporaneamente di diverso genere. Reti sociali sono quelle che si fondano su legami informali, diretti e interpersonali. Esse si formano in ambienti in cui il vi è fiducia diffusa, fondata a sua volta o su pregressi legami primari (familiari, di amicizia) o sull' esperienza di frequenti interazioni; mentre la sanzione contro il comportamento opportunistico è tipicamente irrogata a livello reputazionale.

Tra queste reti sociali rilevanti per il diritto societario, e che si potrebbero definire strumenti «parasocietari», il fenomeno principale è quello degli interlocking directorates.

La dottrina parla di interlocking directorate laddove almeno un amministratore siede in almeno due consigli d'amministrazione. E’ indiretto laddove due amministratori di diverse società sono amministratori anche di una terza

E’ reciproco se due amministratori siedono entrambi e contemporaneamente nei consigli d'amministrazione di due società. Si costituisce così un legame tra le società: per tramite di questi le informazioni circolano facilmente tra le società così unite da tale figura.

In questa maniera si incentiva il loro reciproco coordinamento, in assenza di rapporto partecipativo o contrattuale. Sarà però facilitato e promosso lo scambio di informazioni e il circuito informativo

Il fenomeno degli interlocking directorates è stato sinora oggetto di considerazione da parte del legislatore italiano solo ove le unioni personali sono conseguenza di incroci partecipativi o indice della presenza di una direzione unitaria.

I principali profili di interesse che si rilevano nella letteratura sono i problemi che l'unione personale solleva in relazione al mercato del controllo e quelli correlati al suo valore sintomatico di una sottostante intesa.

La comunanza di componenti degli organi amministrativi di cui si sta parlando può sussistere in condizioni diverse.

Da un lato può configurarsi in connessione con un rapporto di controllo di una società sull' altra.

Sarà possibile in queste ipotesi esercitare un potere diretto da parte della società controllante sulla controllata, mediante la sua partecipazione nel consiglio d'amministrazione della controllata.

In secondo luogo, può configurarsi in connessione con altro legame proprietario che non sia preordinato al controllo.

Può verificarsi che il legame proprietario non sia sufficiente a garantire la nomina dell' amministratore, oppure il caso in cui, per effetto o di una clausola statutaria che preveda forme particolari per la nomina alle cariche sociali37 o di patri parasociali, l'impresa partecipante abbia il diritto di nominare un amministratore nell'impresa partecipata, e lo individui tra i suoi propri amministratori.

Anche in assenza di legami proprietari, le unioni personali possono assicurare alle imprese un potenziale collusivo in assenza di altri meccanismi di

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Ci si intende riferire, ad esempio, al voto di lista, ovvero al voto a scalare, o altri similari artifici.

coordinamento, oltre che rafforzare l'esercizio del potere derivante dagli stessi legami proprietari.

Può configurarsi pure un’altra causa alla base di tali unioni., da ricercarsi nelle relazioni. I soci delle diverse società, che stringano il patto di collaborazione, o da rapporti familiari, ciò che ricorrerà per lo più nelle PMI.

Si è sostenuto che la rete dei legami proprietari può porsi come possibile antecedente dello stabilirsi di legami nella proprietà.

I legami personali paiono crescere insieme al crescere dell'incertezza ambientale, così come vi sarebbero più intrecci personali con le imprese finanziare in situazioni nelle quali l'approvvigionamento di mezzi finanziari sia critico.

L'impresa bisognevole di finanziamento farebbe entrare nel suo consiglio un membro designato dall'istituzione finanziaria, che potrà così interloquire nelle dinamiche imprenditoriali, con più agevole erogazione del credito.

Inoltre, la creazione di legami personali tra imprese è strumento di circolazione di informazioni.

Per altro verso, tali incroci sono più frequenti nei contesti in cui nel consiglio d'amministrazione siedono più amministratori esterni.

La compresenza di manager esterni e familiari, poi, assume proporzioni minime.

La quasi totalità delle imprese distrettuali è controllata da soggetti locali, e gestita da proprietà o da familiari dei proprietari, e ciò – anche se di poco - in misura superiore alle imprese non distrettuali.

Solo di recente il legislatore ha manifestato interesse per i legami personali in seno al consiglio d'amministrazione.

Per la s.p.a. la nuova legge (art. 2390 c.c.) sussume nel divieto di concorrenza il divieto per gli amministratori di essere amministratori o direttori generali in società concorrenti, salva l'esenzione ad opera dell' assemblea. In precedenza, si riteneva che tale circostanza fosse fonte di incompatibilità solo previa verifica in concreto della sussistenza di un conflitto di interessi.

Con il nuovo art. 2390 c.c. dunque la legge attribuisce una specifica valenza al fenomeno, per la prima volta tipizzato in considerazione di interessi privatistici.

Dal punto di vista sistematico, la nuova formulazione dell'art. 2390 c.c. consente di legittimare gli interlocking directorates verosimilmente presente nella tipologia della realtà, che va ben oltre le ipotesi rilevanti per il diritto antitrust o per il mercato del controllo.

Occorre poi prendere in considerazione come da un lato, la s.r.l. sembra pensata come forma dell'integrazione tra imprese, sia come società-mezzo per la creazione di joint ventures, sia come società la cui struttura usare per la costituzione di società consortili.

Dall' altro, il legislatore potrebbe voler non ostacolare lo strumento dell' interlocking nelle PMI, come forma di coordinamento.

Resta peraltro qualche dubbio sulla razionalità ed efficienza del sistema di opt-in scelto dal legislatore.

Nel caso della formazione di interlocks poteva ritenersi forse sufficiente una norma simile a quella di cui all'art. 2301, co. 2, c.c., per la quale il consenso allo svolgimento di attività concorrente con quella della società “si presume, se l'esercizio dell'attività ... preesisteva al contratto sociale, e gli altri soci ne erano a conoscenza”.

4. Le risorse di fiducia degli imprenditori al servizio della rete

Occorre guardare il fenomeno sotto l’angolo visuale delle potenzialità delle imprese di attrarre e legare a sé la platea di consumatori. E ciò al fine di evidenziare i punti di criticità legati al possibile configurarsi di una violazione del principio di correttezza e buona fede cui i rapporti tra le parti devono uniformarsi, destinato per ciò stesso a minare il rapporto di fiducia

creato o da crearsi tra impresa e consumatore, nonché tra imprenditori partecipi della rete

Da almeno vent’ anni, da quando la Resource Based View ha fatto il suo ingresso negli studi di Strategic Management, la disponibilità delle risorse per le imprese attrae l'attenzione di ricercatori di numerose discipline, nonché quella dei manager incaricati della loro gestione. Tale interesse si spiega in virtù della criticità delle risorse quale fonte essenziale del vantaggio competitivo delle imprese. La tutela e lo sviluppo di questo patrimonio diventano una responsabilità imprescindibile per i manager interessati a raggiungere performance aziendali positive.

Le pratiche commerciali sleali costituiscono una potenziale minaccia per le imprese e la loro dotazione di risorse, i cui effetti sono in grado di ripercuotersi tanto nel presente quanto, soprattutto, nel futuro delle imprese colpite, provocando danni di breve e di lungo periodo.

Ogni tentativo di limitare il fenomeno, assume i contorni di un contributo rilevante per la difesa della sana concorrenza, stimolo allo sviluppo delle imprese, ma soprattutto dell'intera economia e degli attori che vi partecipano, non ultimi i consumatori.

Il patrimonio di risorse a disposizione delle imprese, o perché queste ultime ne hanno il possesso o perché vi possono attingere mediante relazioni, può essere ricondotto a due macrocategorie: risorse di fiducia e risorse di conoscenza (c.d. know how). Si tratta di risorse legate da un forte nesso di interdipendenza funzionale .

A testimonianza dell’importanza di tale realtà sta l’interesse suscitato in dottrina dal Customer Relationship Management (CRM), ossia dalla gestione del portafoglio relazioni con i clienti estremamente specifica, in virtù delle sue capacità di ampliare e rafforzare il bagaglio sia di fiducia che di conoscenza cui l'impresa ha accesso.

La fiducia è definita come quello schema cognitivo di previsione del comportamento di altri soggetti con cui l'impresa interagisce, vale a dire

clienti, intermediari della distribuzione, fornitori, conferenti capitale di rischio e di credito, concorrenti, dipendenti. Essa, basandosi su esperienze passate, conduce a ipotizzare comportamenti futuri di altri confermando l'esperienza passata. Essendo la fiducia prerequisito per la generazione di nuova conoscenza, va difesa dalle azioni dei concorrenti e deve essere sviluppata per garantire il futuro. Il primo profilo di criticità discende dal fatto che esse sono difficilmente generabili. I processi che conducono alla creazione di fiducia necessitano generalmente sia di tempi lunghi sia di investimenti importanti. Un caso emblematico è quello della fiducia dei clienti, asset di gran valore per le imprese, per lo sviluppo della quale si investono milioni di euro nelle piattaforme di CRM e in importanti ristrutturazioni aziendali. Si tratta nella maggioranza dei casi di investimenti ad elevato rischio poiché i risultati sono misurabili solo nel lungo termine e comunque in misura parziale

In secondo luogo non sono acquisibili sul mercato. La caratteristica della fiducia come risorsa idiosincratica alla singola relazione rende impossibile l'esistenza di un fornitore o di un mercato. Essa va costruita nel tempo, mediante investimenti specifici.

Sono intrinseche alla relazione fra l'organizzazione che gli stakeholder di riferimento. Per definizione, la fiducia connota la specifica relazione in cui si inserisce e non può essere disgiunta da essa.

Sono frutto di comportamenti caratterizzati da elevata "ambiguità causale". Come tutte le risorse intangibili, è difficile riuscire a distinguere il nesso di causa-effetto, poiché frequentemente su una variabile di questo tipo, nel caso in questione la fiducia, hanno effetto più azioni.

Sono frutto di comportamenti difficilmente imitabili e inapplicabili. Tanto più essi sono orientati alla fiducia tanto più avranno effetto, ma perché esista questo orientamento è necessario uno stato di partenza di fiducia. Si tratta, cioè, di un circolo virtuoso che si autoalimenta nel tempo. Le scarse

possibilità di imitazione derivano quindi dalle difficoltà di appropriazione di atteggiamenti di fiducia slegati dal caso concreto.

Alla luce di queste considerazioni si spiegano le motivazioni della regolamentazione della concorrenza. Le azioni sleali più comuni, infatti, possono essere facilmente lette come tentativi, delle imprese più agguerrite e spregiudicate, di appropriarsi indebitamente delle risorse di fiducia generate da altri. In tale uso, l'agganciamento parassitario alla notorietà dell'impresa e l'imitazione servile dei prodotti sono chiaramente azioni volte all’appropriazione indebita dei ritorni degli investimenti, sostenuti dai concorrenti e all'aggiramento delle barriere esistenti alla generazione delle risorse di fiducia. Altre azioni hanno lo scopo, invece, di ridurre l'efficacia delle barriere alla generazione della fiducia: è il caso del ricorso a segnali distintivi che generano confusione, dello storno dei dipendenti, e dell'appropriazione di segreti aziendali. La slealtà di tali pratiche risiede nel fatto che la riduzione delle barriere alla generazione di fiducia passa attraverso l'erosione del capitale di conoscenza delle imprese concorrenti, frutto delle relazioni fiduciarie da queste create nel tempo.

Quest' ultimo obiettivo è perseguito anche da altre azioni sleali, che minacciano specificamente il capitale relazionale che l’impresa costituisce nel tempo. Si pensi alle azioni volte ad accreditare in modo illegittimo, perché lontano dalla realtà, la propria immagine, come nel caso dell’autoattribuzione di caratteristiche dell’offerta inesistenti. Ciò tenendo peraltro presente che è legittima la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o che non sono destinate ad essere prese alla lettera, come si legge oggi all’art. 20, 3 co. del cod. cons. Sotto questo aspetto, il legislatore comunitario pare aver tenuto conto delle esperienze compilatorie europee più recenti38.

38 Ci si riferisce in particolar modo al Còdigo civil portugues, in cui all’art. 253, (2) si legge

che “Nao costituem dolo ilìcito as sugestoes ou artficios usuais, considerados legìtimos segundo as concepcoes dominantes no cmèrcio jurìdico, nem a dissimulacao do erro, quando nehum dever de elucidar o declamante resulte da lei, de estipulacao negocial ou daquelas

La nuova linea di tendenza inaugurata dal legislatore portoghese, risulta confermata dalla codificazione olandese, laddove precisa che la condotta dolosa possa manifestarsi attraverso la violazione di doveri a carattere informativo e che vantare una cosa in termini generici non costituisce dolo. La fiducia dunque come substrato, retroterra emotivo di uno stato giuridico imprescindibile come la buona fede, cui i rapporti impresa-consumatore devono necessariamente uniformarsi. È questo in definitiva il significato recondito dell’utilizzo da parte del legislatore italiano dell’attributo “scorrette” in luogo della dizione comunitaria “sleali”. La scorrettezza viene a configurarsi come violazione di quel dovere ineludibile di comportarsi secondo buona fede e correttezza, che assurge a principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico.

Nel documento Reti di contratti e reti di imprese (pagine 55-64)