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Reti di imprese tra concorrenza e tutela dei consumatori

Nel documento Reti di contratti e reti di imprese (pagine 64-68)

La necessità di integrare la politica dei consumatori in quella della concorrenza è un’ esigenza, a detta della dottrina, sempre più pregnante, tanto da essere stata posta in rilievo dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale delle regioni sulla Strategia della politica dei consumatori 2002-2006.

D’altra parte è cosa nota la rigida separazione dei piani di operatività della disciplina riguardante i rapporti tra le imprese , dettata dall’art. 2598 c.c. per gli atti di concorrenza sleale e dalla legge antitrust, e di quella riguardante quelli tra imprese e consumatori.

concepcoes”[Non costituiscono dolo illecito i suggerimenti o gli artifici usuali, considerati legittimi secondo le concezioni dominanti nel commercio giuridico, né la dissimulazione dell’errore, quando nessun obbligo di rendere edotto l’autore della dichiarazione risulti dalla legge, dalla stipulazione negoziale o dalle sopramenzionate concezioni].

Nonostante i tentativi operati nella direzione di considerare i consumatori destinatari della disciplina codicistica sulla concorrenza sleale (artt. 2598- 2601 c.c.), si è tuttavia constatato “che non è protetto il consumatore, ma il concorrente i cui prodotti sono screditati o le scelte dei consumatori sviate a danno suo e a favore di colui che ha fatto la pubblicità menzognera: sicchè è dubbio che i consumatori siano in tal caso titolari di un diritto soggettivo azionabile da loro o dalle loro associazioni.”39

Inoltre si è da più parti specificato che la tutela del consumatore non appare come fine ultimo della disciplina. Il consumatore non è cioè individuato nella sua posizione di destinatario di un corpo di regole introdotte a suo favore; anzi la posizione che gli si assegna è tipicamente strumentale.40

Tuttavia in senso contrario si è espressa altra parte della dottrina41, che ritiene che anche sul versante soggettivo della legittimazione, la repressione della concorrenza sleale sia indotta a servire non più esclusivamente gli interessi dei concorrenti, bensì tuteli questi ultimi in una prospettiva di necessario rispetto di tutti gli interessi protetti dalla costituzione economica, e riferibili tanto alla altrui libertà di concorrenza, quanto alla corretta informazione del pubblico dei consumatori.

Sulla scorta di tali suggestioni dottrinali forse si è riconosciuto in sede comunitaria ai legislatori nazionali il potere di ampliare l’ambito della materia della concorrenza in modo da comprendere le violazioni delle imprese a danno dei consumatori.

La soluzione prospettata, tuttavia, non ha trovato concorde la dottrina maggioritaria, che segnala come essa non soddisfi in quanto crea la c.d. competizione o concorrenza degli ordinamenti, che a sua volta ingenera un

39 FRANCESCHELLI R., “Concorrenza, II) Concorrenza sleale”, in Enc. Giur., Roma,

1988, p. 24

40 In questo senso ALPA G., “Il diritto dei consumatori”, Bari, 2002, p. 91 41

GHIDINI G., “Profili evolutivi del diritto industriale, Proprietà intellettuale e concorrenza”, Milano, 2001, p.188

pericolo di shopping normativo e che “non va necessariamente a favore dell’ordinamento più forte e progredito”, come pure è stato scritto42.

La soluzione apre la possibilità di accentuare la diversità delle singole discipline nazionali, o di introdurre regole di non elevata tutela dei soggetti economicamente più deboli.

Sfumano dunque i confini fra le disposizioni codicistiche sulla concorrenza sleale tra imprenditori, quelle a tutela della persona anche nella sua dimensione di consumatore, e la legislazione antitrust.

Nella normativa sulle pratiche commerciali scorrette/sleali la liceità dell’azione imprenditoriale è vagliata in base al criterio della correttezza professionale, che a suo luogo verrà esaminata.

Le molteplici ipotesi di pratiche sleali rivelano l’elasticità della linea di demarcazione tra l’attività imprenditoriale lecita ed illecita.

L’aspetto anticoncorrenziale delle pratiche commerciali sleali ai danni degli interessi dei consumatori equivale in ultima istanza all’affermazione della rilevanza, nei rapporti concorrenziali, degli interessi dei consumatori.

Ciò consente di negare la netta separazione della disciplina concorrenziale da quella a tutela del consumatore finale, in definitiva.

Si può in questo senso tentare una quadratura del cerchio a partire dalla lettura dei <<considerando>> n. 6 e 7, che specificano la relazione esistente tra le norme sulla concorrenza sleale ai danni dei consumatori e quelle ai danni degli imprenditori concorrenti, superando l’opinione secondo cui le regole di concorrenza sleale tutelano direttamente ed esclusivamente i rapporti tra imprenditori.

Sebbene ad essere tutelato sia l’interesse economico del consumatore, la direttiva riconosce anche ai concorrenti che siano titolari di un interesse legittimo, la legittimazione ad agire in sede giudiziaria ovvero a sottoporre le pratiche ritenute sleali al giudizio di un’autorità amministrativa competente a

42

ALPA G., “La competizione tra ordinamenti: un approccio realistico, in La concorrenza tra ordinamenti giuridici,p. 190

giudicare in merito ai ricorsi, fermo restando che spetta a ciascuno Stato membro decidere a quale di tali mezzi si debba ricorrere.

A tal fine, una certa parte della dottrina suggerisce l’istituzione di un’Autorità garante per la protezione dei consumatori, allo scopo di riconoscere al consumatore un’autonoma protezione che non confluisca o si confonda con il diritto antitrust.

Tutto ciò consente di non ricorrere a forzate estensioni dell’area coperta dalla clausola generale di correttezza contenuta all’art. 2598 n. 3 c.c., né alla nozione di interesse legittimo per la tutela risarcitoria di cui alla nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione 22 luglio 1999, n.500.

La dottrina citata sottolinea come il riconoscimento della rilevanza delle condotte lesive degli interessi economici dei consumatori costituisca un primo passo verso una sua più adeguata tutela, ma al contempo segnala la necessità in ordine all’introduzione di misure di tutela degli interessi non solo economici dell’operatore non professionale, in un quadro unitario di soluzioni che disciplinino tutti gli aspetti della concorrenza sleale.

Questa interpretazione è in linea con l’orientamento del Parlamento europeo, che nella motivazione di emendamento del <<considerando>> n, 5 della proposta di direttiva aveva osservato che si riteneva” opportuno tutelare l’insieme degli interessi dei consumatori e non solamente i loro interessi economici”.

Emerge dunque una concezione ampia della persona umana volta a recuperare la dimensione sociale del diritto dei consumatori e a realizzare l’obiettivo dell’integrazione degli interessi dei consumatori.

Tale integrazione dovrebbe muoversi nella direzione della promozione degli interessi e dei valori esistenziali e patrimoniali della persona e del consumatore, in modo che essi rilevino nelle logiche di regolazione del mercato.

In dottrina si segnala come uno sviluppo più appagante del diritto dei consumatori richieda un rapporto dialettico tra ordinamenti, legislatori e giurisdizioni nazionali e quelli comunitari.

Ciò preserverebbe le tradizioni nazionali e consentirebbe la creazione di un sistema di regole, principi e clausole generali condivise con i legislatori nazionali ed in linea con il principio di democraticità.

Le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori contrastano con il principio generale che tutti gli operatori di mercato, e quindi anche i consumatori, devono agire in condizione di uguaglianza sotto il profilo dell’accesso all’informazione.

Un interessante campo di applicazione preso in considerazione dalla dottrina43 è il mercato finanziario (nei suoi tre segmenti mobiliare assicurativo e bancario), caratterizzato da abuso di informazioni privilegiate e da manipolazioni di mercato, situazioni nelle quali gli operatori professionali e non, si trovano a dover affrontare, in maniera diretta o indiretta, le conseguenze negative del comportamento di imprenditori che abbiano fatto abuso, a loro vantaggio o di terzi, di informazioni non accessibili al pubblico; ovvero che abbiano utilizzato tali informazioni per alterare il prezzo di mercato dei beni; ovvero abbiano divulgato informazioni false o ingannevoli. Tutto ciò a dimostrazione della funzione distorsiva del mercato e della libera autodeterminazione dei consumatori, nonché a conferma della necessità, da più parti segnalata, di ridiscutere le relazioni tra micro e macro regolamentazione dei rapporti giuridici tra simmetrie informative da un lato, e contratto e mercato dall’altro, al fine di contribuire alla creazione di un unico mercato europeo, fondato sul principio di parità delle condizioni di concorrenza.

6. Il ruolo dei codici di condotta nelle reti

Nel documento Reti di contratti e reti di imprese (pagine 64-68)