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Review della Letteratura e Domande di Ricerca

Nel documento Oltre i Confini (pagine 129-133)

Verso un sistema per la brand protection

6.1. Review della Letteratura e Domande di Ricerca

Nell’ambito degli studi sulla contraffazione nelle aree del marketing, dell’etica degli affari e del commercio internazionale, la letteratura accademica si è concentrata principalmente sulle determinanti dell’atteggiamento, sul comportamento e sulle intenzioni di acquisto di prodotti contraffatti da parte dei consumatori finali (Grossman e Shapiro, 1988; Bloch et al., 1993; Cordell et al., 1996; Ang et al., 2001; Penz e Stöttinger 2005; Cheung e Prendergast, 2006; De Matos et al., 2007; Gistri et al., 2009; Phau e Teah, 2009; Yoo e Lee, 2009;

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Bian e Moutinho, 2011; Gabrielli et al., 2012; Pastore et al., 2014; Penz e Stoettinger, 2012; Romani et al., 2012; Yoo e Lee, 2012; Liao e Hsieh, 2013). In tali ricerche, la domanda e la complicità dei sumatori sono viste come le principali cause della crescente con-traffazione a livello mondiale. Collegato a tale complicità vi è an-che ciò an-che gli studiosi hanno definito come atteggiamento 'anti-big business' o sindrome di 'Robin Hood' (Nill e Shultz, 1996; Kwong et al., 2003). Questi termini si riferiscono ad un atteggia-mento negativo tenuto dai consumatori finali verso le grandi im-prese multinazionali, percepite come dei ‘giganti’ che applicano prezzi irragionevolmente alti e che sfruttano, in maniera abusiva, la loro posizione sul mercato. Secondo questa interpretazione, questo sentimento di avversione è utilizzato dai consumatori come una giustificazione morale per l'acquisto di prodotti contraffatti.

Un numero inferiore di studi ha analizzato il fenomeno nella prospettiva delle imprese. Ad oggi, tali contributi possono essere ricondotti a due categorie principali: la prima riguarda le ricerche che indagano gli effetti (diretti/indiretti, positivi e/o negativi) della contraffazione sulle imprese e sulle marche originali (Wilke e Zai-chkowsky, 1999; Simone, 1999; Nia e ZaiZai-chkowsky, 2000; Barnett, 2005; Liebowitz, 2005; De Castro et al., 2008). La seconda riguarda ricerche che, con approcci differenti, analizzano strategie, stru-menti e metodi utilizzati dalle imprese originali per proteggersi dai falsi. Nell’ambito di questo filone di ricerca si collocano sia la-vori che seguono un approccio di tipo teorico/prescrittivo (Kaikati e Lagarce, 1980; Harvey e Ronkainen, 1985; Harvey, 1988; Chaud-hry e Walsh, 1996; Shultz e Saporito, 1996; Jacobs et al., 2001; Chaudhry et al., 2005; Zhang et al., 2012) che contributi basati su analisi empiriche, siano esse questionari (Bush et al., 1989; Olsen and Granzin, 1992; Yang et al., 2008; Yang and Fryxell, 2009), casi di studio (Green e Smith, 2002) o interviste ai manager (Yang et al., 2004; Chaudhry et al., 2009; Stumpf e Chaudhry, 2010; Pastore e Cesareo, 2014). In quest’ultimo ambito, la maggior parte delle ricerche indaga quali siano (e quanto siano efficaci) le strategie e le azioni anti-contraffazione utilizzate dalle imprese originali in ri-sposta al fenomeno. Solo Stumpf e Chaudhry (2010) studiano con-cretamente le credenze del management circa le cause del com-mercio illecito, anche se analizzano modelli mentali legati ad un

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paese o una cultura specifica (nel loro studio, Stati Uniti, Austra-lia, Nuova Zelanda, Sud Africa e Tahiti), identificando la contraf-fazione come supplier-driven (guidata dal fornitore) o buyer-driven (guidata dall’acquirente).

Inoltre, un elemento che emerge con chiarezza dalla letteratura è che la contraffazione è una problematica molto costosa per le marche originali, in termini di strategie ed azioni necessarie per costruire un framework di difesa, anche se una diretta quantifica-zione di tali costi non è mai fornita.

Un framework di difesa comprende, ad esempio, la protezione degli asset intangibili, gli strumenti di identificazione dei prodotti originali (soluzioni track-and-trace, overt e covert), le partnership di investigazione e le azioni legali. Generalmente, due delle principa-li debolezze di tale framework sono i network di fornitura e distri-buzione, dove i prodotti contraffatti possono penetrare facilmente (Bush et al., 1989; Olsen e Granzin, 1992; Barnett, 2005), e il livello di formazione del personale sul tema specifico, che risulta essere chiave ai fini della prevenzione e della partecipazione attiva dei lavoratori dipendenti nella lotta alla contraffazione (Harvey, 1988; Cooper e Eckstein, 2008).

Diversi sono dunque i gap nella letteratura che si potrebbero colmare.

Primo, nessun contributo ha in precedenza indagato se, dal punto di vista delle imprese originali, la contraffazione sia, come suggeriscono Stumpf e Chaudhry (2010), solo supplier-driven e buyer-driven, o se vi siano altri fattori, come ad esempio il contesto globale in cui operano o gli avanzamenti tecnologici disponibili, che giocano un ruolo importante nel determinare la dimensione del fenomeno (other factors-driven). Inoltre, nessuna ricerca ha in-dagato come le imprese rispondano alle minacce poste dal feno-meno in termini di gestione dell’atteggiamento ‘anti-big business’, monitoraggio dei canali di fornitura e distribuzione, formazione del personale e costi sostenuti.

Questo studio vuole colmare tali gap attraverso la creazione di un framework qualitativo sulle reali percezioni e risposte delle marche originali al fenomeno, integrando i risultati esistenti in letteratura con nuovi approfondimenti forniti dai professionisti direttamente coin-volti nella protezione delle marche originali (i.e. anti-contraffazione

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e brand protection manager; specialisti di proprietà intellettuali, IP). L’obiettivo principale di questo lavoro è quello dunque di ri-spondere alle seguenti domande di ricerca:

DR1: al punto di vista delle imprese originali, le cause della con-traffazione sono supplier-driven, buyer-driven o other factors-driven?

DR2: La complicità del consumatore influenza la crescita del fenomeno della contraffazione? Come gestiscono le imprese l’atteg-giamento ‘anti-big business’?

DR3: Come gestiscono le imprese gli ‘anelli deboli’ del framework di brand protection / anti-contraffazione, i.e. monitoraggio delle catene di fornitura e distribuzione, formazione del personale?

DR4: Di che entità sono le risorse economiche destinate dalle im-prese originali al presidio dei propri asset intangibili ed alla lotta alla contraffazione?

6.2. Metodologia

La presente ricerca utilizza un metodo qualitativo esplorativo ap-plicato attraverso interviste telefoniche in profondità (Hesse-Biber e Leavy, 2011). Il campione target comprende imprese del fashion vittime della contraffazione, operanti in quei comparti più colpiti dal fenomeno a livello Europeo, i.e. abbigliamento, accessori, gioielli, occhialeria e calzature1. Diciotto imprese sono state con-tattate: Alviero Martini, Bulgari, Furla, Geox, Gucci, Louis Vuitton (LVMH), Luxottica, Moncler, Moschino, Nike, Pirelli (PiZero), Prada, Ralph Lauren, Richemont, Salvatore Ferragamo, Trussardi and Versace. Attraverso delle interviste semi-strutturate in pro-fondità con domande a risposta aperta (King e Horrocks, 2010), condotte in Italia, abbiamo analizzato il punto di vista sul feno-meno dei manager anti-contraffazione, brand protection e proprie-tà intellettuale.

Agli intervistati è stato inviato per e-mail l’invito a partecipare al-la ricerca in via anonima, insieme alal-la presentazione degli obiettivi della ricerca e la traccia d’intervista. L’intervista era organizzata per sezioni: le cause della contraffazione; il ruolo della complicità

1 European Commission (2013). Report on EU Customs Enforcement of Intellectual

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del consumatore; strategie, strumenti ed azioni anti-contraffa-zione; implicazioni della difesa contro i falsi come monitoraggio delle catene di fornitura e distribuzione, formazione del personale, costi sostenuti; ed infine rilevazione delle informazioni personali dell’intervistato. I manager intervistati ricoprono i seguenti ruoli: Chief Executive Officer (n=1), Manager o Direttore per l’Anti-Contraffazione e la Brand Protection (n=4), Manager o Direttore Affari Legali (n=4), Legal Counsel (n=1), Manager per la Proprietà Intellettuale (n=6) e Specialista di Proprietà Intellettuale (n=2). I manager intervistati sono principalmente donne (64%), con educa-zione universitaria (88%) ed hanno una media di 9 anni di espe-rienza nel campo dell’anti-contraffazione.

Ogni intervista, della durata media di 60 minuti, è stata inte-gralmente registrata e successivamente trascritta. I testi sono stati analizzati attraverso una analisi del contenuto qualitativa (Krip-pendorff, 2004) e, più in dettaglio, attraverso una analisi delle te-matiche (Braun and Clarke, 2006; Corbin and Strauss, 2008). L’analisi è stata condotta separatamente dai due autori e solo suc-cessivamente i risultati sono stati comparati ed unificati. Sono stati sviluppati modelli e categorizzazioni derivanti dalle evidenze em-piriche offerte dai manager comparati poi con la letteratura di ferimento (Spiggle, 1994). Al fine di aumentare la validità dei ri-sultati, dei member checks sono stati effettuati con alcuni dei mana-ger intervistati (Yanow and Schwartz-Shea, 2006).

6.3. Risultati, evidenze empiriche e implicazioni

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