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Strategie ed azioni nel framework anti-contraffazione e di brand protection: monitoraggio delle catene di fornitura

Nel documento Oltre i Confini (pagine 137-141)

Verso un sistema per la brand protection

3.3. Strategie ed azioni nel framework anti-contraffazione e di brand protection: monitoraggio delle catene di fornitura

e distribuzione, formazione del personale e costi sostenuti

La letteratura accademica (Harvey e Ronkainen, 1985, Shultz e Saporito, 1996, Yang et al., 2008), ha identificato una pluralità di strategie anti-contraffazione. In una precedente ricerca (Pastore e Cesareo, 2014), attraverso la combinazione delle suggestioni offer-te dalla letoffer-teratura con le soluzioni pratiche adottaoffer-te dai manager, abbiamo creato un framework unico costituito da quattro direttrici utile per le scelte anti-contraffazione strategiche ed operative delle imprese originali. La Figura 4 riporta tale framework unitamente alle strategie ed azioni che costituiscono ognuna delle quattro di-rettrici: protection, collaboration, in-formation e prosecution (Fig. 4).

COMPLICITÀ DEI CONSUMATORI (contraffazione non-deceptive) NAÏF Acquisti aspirazionali Carenza di consapevolezza dell’illegalità e delle conseguenze negative CINICI

Atteggiamento anti-big business o sin-drome di Robin Hood : giustificazione

per comportamenti errati Rappresaglia contro le imprese

128 OLTRE I CONFINI 1. Protection

(corrisponde in parte alla Assertion

strategy - Harvey,1987)

- Registrazione di tutti i diritti di proprietà intellettuale dell’imprese su scala globale:

Marchi

Disegni e modelli Brevetti

Nomi a dominio

- Deposito dei marchi in dogana.

2. Collaboration (with)

(Partnership strategy - Olsen e Granzin, 1992)

- Autorità governative e giudiziali nazio-nali ed internazionazio-nali (partnership); - Forze di polizia (programmi annuali e

contatti continui);

- Dogane (consapevolezza, programmi di formazione sulle peculiarità e caratteri-stiche dei prodotti originali al fine di bloccare prodotti in entrata ed uscita); - Associazioni anti-contraffazione ed altri

marchi (ottimizzare i costi della lotta al-la contraffazione);

- Attori della catena di fornitura e distri-buzione ( si veda il prossimo §); - Internet Service Providers (ISPs) e siti di

aste online (monitorare il web, oscurare siti illegali, ottenere la loro collabora-zione nelle azioni giudiziarie); - Consumatori (costituire numeri 1-800,

link sui siti web, call center dove pos-sono riportare prodotti falsi) 3. In-Formation

(corrisponde in parte alla Warning strategy - Kaikati e Lagarce, 1980 o alla Awareness

strategy – Harvey, 1987)

- Formazione interna ed esterna sul fenomeno (si veda il prossimo §); - Comunicazione ai diversi pubblici

dell’impresa, specialmente i con-sumatori, in maniera autonoma o con altri brand o con associazioni anti-contraffazione, circa i rischi, i danni e gli effetti negativi causati dall’acquisto di prodotti contraf-fatti.

4. Prosecution

(Kaikati e Lagarce, 1980; Harvey e Ronkainen, 1985)

- Perseguire legalmente tutti coloro che violano I diritti di proprietà intellettuale dell’impresa (contraffattori, siti di aste, ISP, consumatori) attraverso investiga-zioni (effettuate all’interno o con agen-zie esterne), report di esperti, sequestri e raid al fine di ottenere una condanna, sanzioni amministrative, civili, crimina-li e la giusta ricompensa.

Fig. 4. Strategie ed Azioni Anti-Contraffazione: un framework integrale Fonte: nostra elaborazione su Cesareo e Pastore, 2014

All’interno di tale framework, un’attenzione speciale deve essere riposta sugli ‘anelli deboli’, ovvero sulle catene di fornitura e distri-buzione, in quanto sono due elementi chiave nel marketing dei pro-dotti contraffatti (Harvey e Ronkainen, 1985). Gli intervistati e la let-teratura concordano sul fatto che le aziende debbano assegnare un’elevata priorità al monitoraggio di tali catene al fine di ridurre il

6. Il fenomeno della contraffazione nella prospettiva del management 129

rischio di penetrazione di prodotti falsi. Per la catena di fornitura, tut-te le imprese intut-tervistatut-te effettuano dei controlli severi sulla qualità dei materiali grezzi, sulle componenti e sulla produzione tout court, centralizzandola o «avendo prodotti semi-lavorati che vengono riela-borati per la finalizzazione» (Direttore IP, Gioielli). Questo riduce l’utilizzo di licenze e produzioni da parte di terzi. Inoltre, essi stipula-no contratti ed effettuastipula-no investigazioni (direttamente o attraverso agenzie esterne), al fine di evitare o scoprire diversioni di prodotti o fuoriuscita di seconds (prodotti autentici venduti al di fuori dei legitti-mi canali di distribuzione) che alimentano le attività dei contraffattori.

Per la catena di distribuzione, di primaria importanza risultano essere il monitoraggio e la collaborazione dei venditori, in quanto essi sono collocati nella posizione migliore per rilevare informazioni sui prodotti falsi: essi si collocano nell’ultima fase del canale commercia-le e possono fisicamente scannerizzare i flussi di prodotti originali (Olsen e Granzin, 1992). In merito, le problematiche sono diverse nel-le imprese del lusso e del non-lusso. Le prime adottano forme più esclusive o selettive di distribuzione, nel senso che posseggono diret-tamente o controllano negozi monomarca di tipo boutique o flagship o stipulano contratti con partner professionali altamente selezionati, certificati e di qualità, riducendo le possibilità di penetrazione dei contraffattori. Le seconde, invece, possono utilizzare delle soluzioni distributive più polverizzate, anche attraverso il franchising, il che rende i controlli assai più difficili da effettuare ed i rischi di infiltra-zioni molto più alti. Tali imprese devono contare maggiormente sui clienti e i dipendenti per notifiche dirette di prodotti contraffatti.

Al fine di rafforzare le catene di fornitura e distribuzione contro i prodotti falsi, gli intervistati riportano l’utilizzo di diversi strumenti. Im-piegano tecnologie track-and-trace (come ad esempio numeri identificati-vi unici, carte di autenticità o tecnologie RFID), soluzioni covert (stru-menti non visibili ad occhio nudo e percepibili solo da personale auto-rizzato, come ad esempio inchiostri invisibili o parole nascoste), soluzio-ni overt (le più evidenti e identificabili, come codici a barre, etichette spe-ciali con ologrammi o microchip) o una combinazione di queste (per una overview completa sugli strumenti anti-contraffazione si veda Li, 2013). Al fine di ottenere la collaborazione dei fornitori e distributori poi le im-prese effettuano audit e ispezioni non annunciate ed utilizzano schemi premianti per coloro che identificano e notificano fonti di prodotti falsi.

130 OLTRE I CONFINI

Gli intervistati all’unanimità hanno sostenuto che un nuovo cana-le, in continua espansione, per la distribuzione dei prodotti falsi è In-ternet. Attraverso piattaforme sociali, siti web ad hoc, siti di aste o di offerta, dove le difficoltà di legislazione, certificazione e controllo so-no molto alte, i contraffattori commercializzando in misura crescente prodotti non autentici (Chaudhry et al., 2011; Chaudhry, 2012). Inol-tre, visto che i prodotti acquistati attraverso internet non possono es-sere ispezionati prima dell’acquisto (Mavlanova e Benbunan-Fich, 2011), i consumatori che acquistano online sono spesso ingannati dal-la similitudine tra i dal-layout dei siti web originali e non, nonchè dalle suggestioni di prodotto utilizzate dai contraffattori per far passare i propri prodotti come originali (Simpson, 2006).

Data la crescente minaccia della contraffazione online e le difficol-tà di enforcement della legislazione disegnata per ridurre tale fenome-no digitale, le imprese devofenome-no monitorare i mercati virtuali in manie-ra continuativa, informare i consumatori circa i canali legittimi di di-stribuzione ed acquisto, oscurare i siti web e richiedere una maggiore cooperazione dagli Internet Service Providers (si pensi al programma VeRo di eBay, attraverso il quale i titolari dei diritti possono segnala-re post effettivamente o potenzialmente illeciti al fine di ottenerne la rimozione).

Come si è notato precedentemente, i manager hanno anche sotto-lineato il ruolo essenziale giocato dai dipendenti nella lotta alla con-traffazione, e questo rende la loro formazione specifica sull’argomento di importanza vitale. In effetti, tutte le imprese inter-vistate effettuano continuamente sessioni di training al fine di incre-mentare la consapevolezza e la sensibilità dello staff alla tematica. In questo modo i dipendenti comprendono quanto sia importante pro-teggere i marchi dell’azienda (Harvey, 1988) e quali siano le conse-guenze negative della contraffazione, potendo così dare la loro piena collaborazione nell’identificare e riportare prodotti falsi o sospetti fal-si, sia in transito che sugli scaffali dei negozi (Cooper e Eckstein, 2008). Uno dei manager intervistati ci ha addirittura detto che «quando gli impiegati rientrano dalle vacanze, nell’est o ovunque siano stati, riportano sempre indietro campioni di prodotti contraffat-ti che hanno trovato […] essi sono i migliori partner nella lotta al fe-nomeno» (Brand Protection Manager, Abbigliamento e Accessori).

6. Il fenomeno della contraffazione nella prospettiva del management 131

Il monitoraggio e la formazione, insieme con le iniziative di con-trasto alla contraffazione e di protezione della marca, richiedono ri-sorse ingenti. Le imprese allocano budget all’anti-contraffazione in proporzione ai danni causati dal fenomeno ed alle loro dimensioni, fatturato e possibilità.

Le imprese del lusso hanno dei budget specifici dedicati alla pro-tezione della proprietà intellettuale e/o alle strategie anticontraffazio-ne; tali risorse vengono utilizzate per adottare delle misure protettive a favore dei prodotti originali e per la prosecuzione dei contraffattori (in termini di investigazioni, raid, azioni legali, enforcement, ecc.). Tali budget variano dalle centinaia di migliaia fino a diversi milioni (15-20) di euro. Secondo i manager intervistati vi è un problema di ritor-no degli investimenti in quanto «tali attività raramente ripagaritor-no. Ba-sti dire che noi spendiamo 10 e otteniamo indietro 1» (Manager anti-contraffazione, Lusso, Accessori).

Le imprese del non lusso, invece, in genere non hanno un budget dedicato alla lotta ai falsi e destinano a questo scopo una porzione residuale del budget delle funzioni Legali o Proprietà Intellettuale, che può variare da alcune decine di migliaia a poche centinaia di mi-gliaia di euro.

È importante sottolineare come tutti i manager intervistati hanno sostenuto che, nonostante la recente crisi economica, le risorse dedi-cate alla lotta alla contraffazione non sono diminuite, ma sono o ri-maste invariate o aumentate. «I momenti di crisi sono, in effetti, quel-li in cui è più sempquel-lice per i contraffattori emergere e proquel-liferare per cui le nostre risorse destinate alla lotta non devono cambiare» (Diret-tore IP, Abbigliamento e Accessori).

Nel documento Oltre i Confini (pagine 137-141)