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4. Dalla filologia alla teoria

4.3 Ricerca anagrammatica e Versificazione francese

I rapporti tra la ricerca anagrammatica saussuriana e i corsi di Versificazione francese sono stati analizzati con esiti contrastanti da Shepheard (1990), Choi (1998 e 2002), Testenoire (2010) e solo di passaggio da Starobinski (1971). Le lezioni sulla poesia francese sono state tenute da Saussure tra il 1900 e il 1909, i manoscritti riconducibili ai corsi sono custoditi presso la BGE sotto il numero d’archivio Ms. fr. 3970/f.

Se Shepheard (1990) ha percepito una forte rottura tra questi corsi e la ricerca anagrammatica, ravvisando un’incompatibilità di base tra le posizioni estetiche tradizionali presenti nei corsi di versificazione e il ruolo giocato dal poeta durante la composizione nella ricerca (su questo punto cfr. anche Choi 1998), Testenoire (2010) ha invece notato una certa affinità rappresentata dalla trattazione in entrambi i momenti delle riflessioni saussuriane di tematiche quali rime e assonanze148.

donne par ta + te à amalgamer en un hors du temps comme je pourrais le faire pour 2 couleurs simultanées ».

148

Testenoire (2010), in particolare, fa riferimento a Starobinski 1971, p. 127, il quale a sua volta cita Saussure da Ms. fr. 3964/20: «C’est sur les morceaux de l’anagramme, pris comme cadre et comme base, qu’on commençait le travail de composition. Et qu’on ne se récrie pas, car plus d’un poète français a avoué lui-même que la rime non seulement ne le gênait pas, mais

L’idea di un’attività manipolativa durante la creazione poetica è restituita anche dal termine che indica l’atto stesso della produzione letteraria: comporre (composer) è attività che si compie combinando elementi fra loro diversi con l’intento di creare un tutto omogeneo.

Anche Starobinski (1971) sembra escludere rapporti diretti tra la ricerca e i corsi di versificazione, ritenendo di non aver trovato nei corsi alcun indizio che possa portare a pensare a un rapporto di interdipendenza tra i due studi:

«Saussure donnait presque chaque année, sous le titre général de Phonologie un cours libellé: “La versification française ; étude de ses lis du XVI siècle à nos jours”. Aucun indice, dans les cahiers d'anagrammes, ne prête à croire qu'il songeait à inclure la poésie française dans sa recherche» (Starobinski 1971, p. 158).

Choi sembra occupare una posizione intermedia, in quanto, se in prima istanza confessa una mancanza di collegamento diretto tra i due momenti, in seguito esamina i rapporti tra schema poetico e coscienza del poeta e quelli tra utilizzo quotidiano della lingua e linguaggio letterario (cfr. Choi 1998, p. 275). In particolare Choi si sofferma sulla maniera in cui il poeta segue le regole di composizione durante la scrittura letteraria, scorgendo una questione comune ai due studi nella “difficulté à faire un vers”, affrontata sia nei corsi di versificazione che nella ricerca sugli anagrammi vedici:

«La “difficulté à faire un vers” est liée à la question de “savoir dans quelle position se trouvent les mots vis-à-vis du vers”. On retrouve cette question également dans les recherches sur la métrique védique et sur les anagrammes. Là, Saussure centre ses analyses sur cette mise en rapport d’un vers avec des mots. Dans les recherches sur la métrique védique, il s’agissait d'une distribution régulière des mots (plus exactement, des éléments constitutifs d’un mot) dans un vers; dans les recherches sur les anagrammes, il s’agissait également d’une dispersion des éléments constitutifs d’un mot-thème dans un vers. S’il peut y avoir continuité dans ces trois

le guidait et l’inspirait, et il s’agit exactement du même fait à propos de l’anagramme. Je ne serais pas étonné qu’Ovide et Virgile lui-même, aient préféré les passages où il y avait un beau nom à imiter, et une mesure serrée donnée ainsi au vers, aux passages quelconques où ils avaient la bride sur le cou, et où rien ne venait relever la forme qu’ils avaient choisie».

études d’ordre poétique, on n’aura pas tort de mettre au premier rang cette idée de métrique comme double compte» (Choi 1998, p. 279).

Seguendo gli appunti di Saussure, uno schema metrico astratto deve essere soddisfatto attraverso la composizione di elementi concreti. Choi legge questa realizzazione come quello stesso «processus de temporalisation» (Choi 1998, p. 279) che da una parte permette l’affermarsi dello schema metrico in una poesia ben composta e dall’altra consente la realizzazione della parole attraverso l’attualizzazione della langue. In entrambi i casi Choi ritiene che Saussure spinga gli esiti delle ricerche verso lo stesso obiettivo: indagare il ruolo della coscienza del compositore e avviare un confronto tra linguaggio poetico e uso quotidiano della lingua:

«Que la compréhension de la langue naturelle soit une condition nécessaire à la compréhension de la langue versifiée, cela signifie que la langue versifiée repose sur la langue naturelle. L’argument de Saussure culmine dans sa défense du “ton moyen du discours normal” contre la prononciation anormale lors de la déclamation d’un vers. La relation de la langue versifiée avec la langue naturelle dépasse les limites du champ de la grammaire pour s'étendre à celui de la prononciation». (Choi 1998, p. 286).

Il linguaggio poetico non può che basarsi su quello ordinario e il tempo lineare costituisce una condizione necessaria della messa in opera del tempo diacronico (cfr. Choi 1998, p. 293); la conciliazione tra i due modi di intendere il tempo si conseguirebbe grazie alla stessa possibilità della lingua di realizzarsi a ogni atto di parole. La ricerca anagrammatica ricorre a una diacronia corta (cfr. Starobinski 1971) in cui gli elementi presenti nel verso sono soggetti a una temporalità diversa rispetto a quella propria del linguaggio ordinario. La lingua nel sistema saussuriano non può dirsi stabile se non a condizione che tale stabilità sia perennemente minacciata e messa in discussione.

La questione dell’origine non pare interessare Ferdinand de Saussure e questa attitudine pare essere confermata dalla scarsa attenzione prestata all’origine del linguaggio durante i corsi di Linguistica generale (cfr. CLG/D). Durante la ricerca anagrammatica, però, questo interesse verso il punto iniziale

di una pratica, in questo caso quella che vede il poeta infarcire i versi di materiale fonico, pare essere presente e viva, tanto da meritare una trattazione149. Choi fa notare che anche durante i corsi di Versificazione francese si attesta un interesse di Saussure non solo nei confronti dell’evoluzione dei versi nella poesia, ma anche per la sua origine (cfr. Choi 1998, p. 289). Alcune analogie fra le due attività di Saussure sono da rintracciare anche in un certo modo di procedere da parte del linguista ginevrino: sia nell’uno che nell’altro caso si applica al verso un conteggio rigoroso che viene, una volta terminata l’analisi, sottoposto a commento. La differenza pare sussistere nella misura sottoposta allo studio, in quanto nei corsi di Versificazione francese sono conteggiate le sillabe all’interno del verso, mentre durante la prima parte della ricerca anagrammatica, soprattutto quella relativa al saturnio, il conteggio riguarda le singole occorrenze vocaliche e consonantiche all’interno del verso (cfr. Choi 1998, p. 288). Ancora Choi scorge nella ricerca anagrammatica un’aporia che condizionerebbe buona parte del portato della ricerca stessa150: essa si fonda sulla ricerca della prova, su conteggi e speculazioni che a volte divengono dei veri e propri studi semiologici, ma ciò che tenta di provare è lontano dal suo metodo (cfr. Choi, 1998, p. 293).

Abbiamo compulsato i manoscritti relativi alla Versificazione francese per accertarci se non ci fossero ulteriori elementi degni di nota. Trascriviamo di seguito le parti teoriche a nostro avviso più significative, intervallate da qualche commento in corsivo:

149

Cfr. Starobinski 1971, p. 60, il quale estrae un brano presente in Ms. fr. 3962: «La raison peut avoir été dans l’idée religieuse qu’une invocation, une prière, un hymne, n’avait d’effet qu’à condition de mêler les syllabes du nom divin au texte.

[Et dans cette hypothèse l’hymne funéraire lui-même au point de vue de ses anagrammes est déjà une extension de ce qui était entré dans la poésie par la religion].

La raison peut avoir été non religieuse, et purement poétique : du même ordre que celle qui préside ailleurs aux rimes, aux assonances, etc.».

150 Su questo punto cfr. anche Parret 1996, p. 114: «Confronté à la difficulté de penser en tant

que linguiste le Sujet logique, Saussure se tourne vers d’autres paradigmes (Anagrammes, la Légende) et d'autres cultures (de là son intérêt pour la théosophie et le brahmanisme). Ses “crises” manifestent des inquiétudes théoriques qui ont trait à l'impossibilité de formuler le statut du Sujet logique».

Versification française (Ms. fr. 3970/f)

pp. 3-4 : Hiatus

p. 5r : Accentuation

p. 5v : «Versification française. Théorie de l’ictus. Au moins faudrait-il dire expressément si l’ictus emprunte sa force à la coupe de phrase ou bien à l’accent du mot, deux principes parfaitement différents.

Sans doute très difficile de séparer, parce que si coupe de phrase, il y a également fin de mot, ou (…) fin de mot part (…) accent, etc.

Mais voici l’excellente manière qui permettra d’empêcher une incision de la phrase de tomber après syllabe accentuée, c’est de faire l’incision après paroxyton (après e muet).

(c’est le point qui peut permettre une théorie entière)».

p. 6 : «Toutes ces questions (?) n’ont que l’importance qu’on veut leur donner. S’agit-il de

Mon système ne consiste pas à me faire l’admirateur d’une œuvre, en attendant de cette œuvre des lumières, mais au contraire à m’en faire.

Mon système est au contraire de ne rien admettre que les schémas rationnels, et de voir très froidement si les auteurs poétiques ont suivi ces schémas rationnels ou ne les ont pas suivis. Je m’institue en critique et non en commentaire». Segue trascrizione di Choi 1998, p. 278: «Métrique est un compte en partie double….».

p. 8 r : «Exemples de minima - Valeurs métriques

- Valeur équivalent à zéro - Valeurs prosodiques».

p. 8 v Qualche considerazione su rime e assonanze: «La rime est un moyen de premier ordre quand elle est alternée. Non alternée, on ne lui découvre aucun vertu harmonique. La rime alternée non alternée est une suite

de l’assonance, qui fut une manière ennuyeuse de terminer le vers entre le XI et le XIV et à laquelle on s’est tenu par servilité. Au contraire la rime alternée (…) d’un principe totalement indépendant des racines historiques de l’assonance et esthétiquement approuvables».

p. 9 : « Hors de cette difficulté de ne = ne pas, on peut dire que toute la poésie d XVI siècle est parfaitement claire pour qui a connaissance de celle du XVII [breve commento su Ronsard, Malherbe e Corneille]. Il n’y a presque pas d’autre différence capitale pour la compréhension de la langue que de se rappeler que la négation ne pas, est chez les auteurs du XVI siècle simplement ne. C’est peut-être ce détail qui crée la plus grande difficulté à ceux qui jettent les yeux sur un texte».

p. 12 Il ruolo dell’inversione : « -Inversion, plutôt considérée comme l’ornement. Comme manière de distinguer le langage poétique de la prose

- Inversion, - champ de lutte entre rom. et classiq.».

p. 13 : «[Bousset] a eut la chance de tomber sur une époque de culminance de la langue, et d’en profiter».

p. 14 : [Pascal] «La verité qui est sous la plume de tout le monde et qu’on ne veut pas dire, est que Pascal fut un esprit remarquable en fait de mathématiques, et inventeur, dans cet ordre, de plusieurs choses comme le paradoxe de Pascal, relatif à l’équilibre d’un liquide dans un vase».

p. 15: François Villon (composait ses poesies vers l’an 1456).

p. 18: Vers français Les imparfaits [sauf 3e plur.].

p. 21: Césure.

p. 38 : Saussure propone un elenco di parole rimanti: «mal cal pal aval étal métal animal moral partial… ».

p. 39 Riferimento al termine noyer (cfr. CLG/D): «Le français = Dans noyer (necare) il y a, si je ne me trompe deux faits distincts: 1° Même le fait indépendant de la diphtongaison de *neyer indépendant de la diphtongaison postérieure après (…) en neyier, et qui aurait suffi à lui seul à».

p. 41 Saussure fa riferimento agli esercizi dati ai suoi studenti dichiarando di apprezzare quelli compilati in modo che fossero indirizzati verso trasposizioni di parole : « Versification 4. Pour prévoir le cas de corrections des vers faux par les candidats, je déclare les accepter avec grand plaisir di elles se bornent à de simples transpositions de mots sans changement de texte, mais pas autrement, et sans exclure du maximum l’exercice qui ne corrige pas ».

p. 42 : La Fontaine.

p. 43 : Ancora su La Fontaine, studio su rime e assonanze : « I, fable 6 : - encor - fort - d’abord […] I, 12- haie -vrai -s’effraie».

P. 47: Se per movimento declamatorio intendiamo il ruolo giocato dalla recitazione del componimento, allora diventa interessante quanto affermato da Saussure nel passaggio che ci accingiamo a trascrivere, soprattutto se si considera il ruolo altrettanto preminente concesso all’ascolto durante la ricerca anagrammatica, fonte di quelle impressioni acustiche, indirizzate al riconoscimento del mot-thème, che generano circuiti di significazione i quali a loro volta mettono in discussione una certa idea di linearità del significante (cfr. Infra, cap. 1). In particolare merita attenzione, ancora per il carattere di stretta pertinenza con le questioni sollevate dalla ricerca anagrammatica, il passaggio in cui Saussure fa riferimento alle perturbazioni provocate nel verso poetico dalle sillabe, le quali pronunciate in maniera diversa rispetto al discorso ordinario metterebbero in discussione alcune acquisizioni relative all’uso quotidiano della lingua :

«L’élément du mouvement déclamatoire ne serait (…) à réserver mais à écarter absolument de notre étude. Ce serait mélanger 2 sujets, et se condamner à n’arriver à rien, parce que le m. décl. est pour ainsi dire souverain et sa sphère, et peut tt faire, tout changer, tout transformer, de même qu’il n’est n’est lui- même pas susceptible de formule, pas réductible à la loi, chaque interprète pouvant ordinairement [interruzione] Seulement spécifier certaines points 1° Un des effets remarquables du mouvement déclamatoire est sera de subordonner ou coordonner par la voix les différents vers entre eux, par conséquent de faire une chose dont lae versificationeur ne s’occupe pas, car pour la versification chaque vers est un tout indépendant de ce qui suit ou précède. Il en résulte que tel ou tel vers peut être tout entier jeté dans l’ombre, c. à d. subir une prononciation anormale dans ensemble, et au même moment différente de celle qu’il aurait comme les discours ordinaire, et à ce moment il se produira aussi des perturbations pour toutes les syllabes du vers, rendant en apparence infirmes les faits dont nous parlons […] Si les poètes avaient commencé par se demander comment on déclamerait leurs vers, et à vouloir les construire dans cette vue, il n’y aurait aucune langue de versification, parce que toutes les règles de versification ne sont véritables fiables et sanctionnées que sur le ton moyen du discours. Absolument toutes, et même la rime, car rien n’est plus facile que de dissimuler la rime par la déclamation si on le veut et si on s’en donne la peine, et c’est même une chose recommandée dans bien des cas».

pp. 50-52 : Diérèse et Rime.

p. 54 : Rime.

p. 55 : «Les désaccords du vers avec la prononciation (en général). On peut se poser cette question : y a-t-il un seul moment dans aucune langue, où la prononciation du vers coïncide exactement avec la prononciation courante. Cette question peut devenir très réelle et très grave par exemple quand nous voyons en grec ;

Nota al margine : En général la prononciation du vers repose de moment en moment sur un état antérieur de la prononciation générale, et on peut tout de suite s’en rendre compte en français par ex. en voyant que la vers (…) fait 3 syllabes tandis que (…) ».

p. 56 : Nota sul verso francese : «pour ainsi dire normal, le vers employé à tort ou à raison par tous les poètes qui ne veulent pas être des chansonniers, est régulièrement le vers de 12 syllabes…».

p. 57 : «J’appellerais personnellement toute la poésie française au point de vue de sa forme plutôt une rimerie que des vers, et ne cacherai pas que j’ai en très médiocre estime cette forme. C’est une pitié de voir un génie comme Racine se débattre avec des lois qu’il considérait comme infranchissables, tandis qu’un seul (…) de sa muse aurait peut-être pu briser le moule, et nous donner autre chose».

4.4 Spunti teorici nei manoscritti

4.4.1 Ms. fr. 3965

L’analisi effettuata da Saussure sulle lettere di Cicerone (Epistulae ad Atticum, Epistulae ad Familiares) sembra distaccarsi per metodo e stile da quelle precedenti e successive. Il linguista ginevrino, in questa sede (Ms. fr. 3965/1) non si occupa di poesia, ma del testo delle lettere inviate dal grande oratore latino a Tito Pomponio Attico. Qui lo schematismo che contraddistingue lo studio sulla poesia pare venir meno in favore di un altro tipo di estrapolazione di materiale linguistico, a nostro avviso meno complesso di quello che segue e precede il cahier in oggetto. Una volta indicato il passo sul quale concentrare lo studio, Saussure indica il mot-thème e presenta alcune righe della lettera. Fra le righe vengono estrapolati i componenti fonici del mot-thème prescelto e una volta terminata tale operazione si passa al brano e al mot-thème successivo.

La differenza più importante rispetto all’analisi sulla poesia insiste sul fatto che nelle lettere Saussure non ritorna sulle righe analizzate per cercarvi

altro materiale fonico, come spesso fa nei componimenti, e in secondo luogo manca tutto l’apparato commentario che invece è presente nello studio della poesia151. Presentiamo l’esempio contenuto in Ms. fr. 3965/1 p. 13:

«Cic. Epist. V, 12. Tome 15, p. 396 Panc.

Epaminondas

Etiam ipsa misericordia est jucunda E AM I PA MI (e) NDA

Quem enim nostrum ille moriens apud Mantineam (e) NO (e m i n p) M - IN

Epaminondas non cum quadam miseratione NON DA MI ON

Delectat Qui tum denique sibi anelli jubet spicalum D (a) D A S».

Saussure, in un passaggio altrettanto nitido, posto nelle vicinanze di quello appena trascritto, ricerca il nome dell’amico Tito Pomponio Attico (110 a. C. - 32 a. C), al quale dedica numerose missive e nel passaggio ancora successivo si produce in una ricerca del nome Scipio Africanus, cercando il modo più equilibrato possibile per segmentare e ricomporre il nome del generale romano, utilizzando una sorta di frase cerniera che corrisponda alla fine del nome “Scipio” e all’inizio di “Africanus”:

«Pomponius.

151 Cfr. anche Laplantine 2005, p. 172 : «Après s’être penché sur les traditions poétiques

uniquement, pour y découvrir des règles de composition complexes et continues à des manières de penser, de vivre, de dire et d’inventer une organisation de la vie, Saussure élargit son champ de vision vers d’autres témoignages de la langue-culture, en dehors de la poésie. C’est alors vers les lettres de Pline, César et Cicéron qu’il se tourne, pour finalement découvrir que le phénomène de l’anagramme s’y produit immanquablement encore, et dans les lettres même les plus banales».

Cic. Epist. V, 5. - Page 368, t. 15, Panc. T. Pomponius, homo omnium meorum in O O - NIU N

te studiorum et officiorum maxime cōnscius O - O-M - M ON-IUS

tui cupidus nostri amantissimus ad te (p - n)

proficisceretur aliquid mihi scribendum putavi (P-O) M P

praesertim quum aliter ipsi Pomponio satisfacere non possem ON PO-M

Il faudrait 2 po, et proficiscerentur est faible. On ne peut guère supposer Praesenterim quom

P - OM

Probable que d’autres passages de la lettre donnent Pomponius d’une manière beaucoup plus claire et serré. Pas recherché la chose.

Cic. Epist. V, 7 (fin) - Page 376, t. 15, Panc.

Il nomme l’Africain, et se croit obligé d’ajouter Scipio:

Sed scito ea quae nos pro salute patriae SCI P P I

Gessimus, orbis terrae judicio ac testimonio comprobari O (ic) IO (csi) IO (c) (p-o - i) P I

Probablement judicio ac vise le passage phonique Scipio Africanus. Du reste un des anagrammes d’Africanus paraît commencer avec ce ac, juste à la fin de Scipio :

ac testimonio comprobari. Quae, quum veneris, A P - RI C A (RI)

tanto consilio tantaque animi magnitudine a me gesta esse cognosces ut AN AN AN (n-u) (a) (a) (n) s u

+ fuit pour f?

L’anagramme final d’Africanus dans:

Facile et in re publica et in amicitia adiunctum esse patiare F R ICA N? A A A UN (S)

La a dans a me gesta esse cognoscens comme faisant mannequin et comme antécédente?» (Ms. fr. 3965/1, pp. 16-17).

Commento di Saussure al tenore delle lettere di Cicerone e sul presunto modo di comporre gli hypogrammes da parte dell’autore latino :

«L’occasion et le sujet des lettres - lettres d’affaires ou même d’argent, lettres de badinage, lettres d’amitié, lettres de politique -, plus que cela : l’humeur, quelle qu’elle soit, de l’auteur écrivain, qu’il se montre par exemple