2. Le interpretazioni della ricerca anagrammatica di Saussure: funzioni poetiche e componiment
2.4 Il suono e il senso: l’apporto all’analisi linguistica della poesia di Jakobson
Nella prima delle Six leçons sur le son et le sens (1976), Jakobson descrive le tappe fondamentali che hanno condotto lo studio del suono del linguaggio al centro dell’analisi linguistica. I primi criteri di classificazione dei suoni sono stati, ad avviso di Jakobson, introdotti considerando i suoni per il loro aspetto naturale e non funzionale:
«Cette contrebande involontarie était d’autant plus aisée qu’a l’instar des psychologues les linguistes méconnaissaient encore le rôle de l’inconscient et spécialement le grand rôle de ce facteur dans tout traitement du langage» (Jakobson 1976, p. 325).
Verso la fine del XIX secolo la fonetica sperimentale, anche attraverso l’utilizzo delle tecniche radiografiche, si è imposta come strumento di analisi
la découverte et la diffusion des travaux concernant les Anagrammes a troublé profondément la vision que l’on avait du Saussure tel qu’en lui-même l’éternité du Cours de Linguistique Générale l’avait statufié. Ces analyses étaient tout à fait incompatibles avec l’interprétation structuraliste qui dominait alors. Cela s’est traduit par l’hypothèse d’un double Saussure, un mister Hyde et un docteur Jekill, linguiste la journée, chercheur un peu fou la nuit qui torturait les poèmes saturniens. Les deux Saussure, tel était bien le thème du colloque de 1974, et cette vision a eu une incontestable mais souterraine influence, jusq’a nos jours.
On retrouve là cette obsession de la dichotomie. Et si la dichotomie n’était pas là où on la supposait ? En fait, parmi toutes les dichotomies saussuriennes dont on nous a abreuvés, on doit constater qu’il en est au moins une qui est exclusivement du fait de ses commentateurs : celle d’avoir déjà coupé Saussure en deux !».
del suono del linguaggio. Infatti, proprio grazie ai progressi scientifici di cui la radiografia era figlia, tutti i punti di articolazione dell’apparato fonatorio potevano essere sottoposti ad analisi, comprese le fino ad allora inaccessibili componenti relative alla faringe e alla laringe. Nonostante la precisione che gli strumenti di indagine hanno permesso nella descrizione dei processi di produzione del suono articolato, questo tipo di fonetica strumentale non è riuscita a rispondere alla domanda essenziale sul valore che la lingua assegna a ciascuno dei movimenti articolatori e fonatori presi in esame:
«En analysant les divers sons d’une langue ou de diverses langues, la phonétique motrice nous offre une moltitude écrasante de variations et il lui manque le critère pour distinguer les fonctions et les degrés d’importance de toutes ces variantes observées, et pour nous montrer de cette façon les invariants à travers la variété» (Jakobson 1976, p. 326).
A problematizzare questo aspetto della linguistica strumentale è stato proprio Ferdinand de Saussure, a cui Jakobson riconosce il merito di aver compreso, primo fra tutti, che soltanto all’interno della catena della parole si può percepire la variazione del suono linguistico, in quanto nel delimitare i suoni della catena parlata non si ricercano che quelle unità fonetiche portatrici di valore72.
Partendo da questi presupposti e attraversando a mo’ di sorvolo le tesi della fonetica uditiva (cfr. Jakobson 1976, p. 329), il linguista russo-americano conclude sostenendo che
«on peut pas classifier, je dirais même on ne peut pas décrire exactement les diverses articulations sans se poser constamment la question: quelle est la fonction acoustique de telle ou telle action motrice ?» (Jakobson 1976, p. 329).
72 Su questo punto cfr. anche Sasso 1993, p. 21: « L’anagramma, e con esso i fenomeni
intralinguistici, rientrano, per tale tesi, in una chiara tematica di origine formalista, secondo cui l’opera poetica è una struttura funzionale, e i vari elementi non possono essere compresi al di fuori della loro connessione con l’insieme. L’anagramma appare una realizzazione molto concreta, spesso semplice, di questa tesi, avvalorandola in misura inaspettata. L’organizzazione materiale dell’anagramma sembra, d’altra parte, corrispondere felicemente alla definizione jakobsoniana della “funzione poetica”, in cui l’intenzione viene diretta non sul significato, ma sul significante stesso».
Così come proposto da Utaker (2002), Jakobson ritiene che l’avvento delle tecnologie abbia pesantemente influito sulle ricerche in ambito linguistico, e se Arild Utaker si è soffermato sull’influenza che il fonografo può avere esercitato sulla nozione di fonema in Saussure (cfr. Infra, cap. III), Jakobson non trascura gli apporti forniti alla scienza del linguaggio da tutti quegli strumenti quali il telefono o la radio, e ancora una volta il fonografo, che permettono di distanziare fisicamente la parole dal soggetto parlante.
Abbiamo richiamato gli studi di Jakobson sul suono linguistico perché riteniamo che Saussure porti avanti durante la ricerca anagrammatica un tentativo, per quanto non perfezionato, di dare alcune risposte al problema delle articolazioni dei suoni del linguaggio, ponendosi non semplicemente dal punto di vista della produzione articolatoria, ma da quello della ricezione, per studiare il riflesso che l’ascolto o la lettura restituiscono proprio sulla produzione linguistica73. A nostro avviso all’interno dei quaderni manoscritti più densamente teorici (pensiamo in particolare a Ms. fr. 3964 e Ms. fr. 3965) è contenuto uno studio sui suoni della lingua che trova nella poesia e in un certo tipo di prosa letteraria il proprio terreno di applicazione. Uno stesso diphone ritorna col suo suono ascoltato, oppure viene letto in posizioni diverse, esprimendo funzioni differenti: uno stesso significante, ripetuto nella catena parlata, dà avvio a complessi percorsi di significazione. Nel sistema fonologico saussuriano74, in cui i fonemi si caricano del proprio valore per differenza e
73 Cfr. Traina 1982, p. 22: «Un settore particolare è quello degli idionimi, sia antroponimi sia
toponimi: esemplare “Orribile Oreste” di Jakobson. Riprendendo e integrando quanto dicemmo in Forma e Suono (26 segg.) […] si ha un vero e proprio boom del primo caso negli slogans pubblicitari: allitterazioni in “Emerson emerge”, “Buitoni, è buono”, rima in “Chianciano, fegato sano” ma “Boario, fegato centenario” (la parziale identità fonica semantizza l'idionimo). Non diversa funzione psicagogica, a diverso livello, posseggono le figure di suono nei titoli dei libri. Val la pena ricordare le informazioni che Cecchi ci ha dato sulla genesi del titolo “America amara” (Firenze, 1940): “Mi sedusse, per il titolo, un'allitterazione cui davano abbrivio: Amica America di Jean Giraudoux, Amusante Amérique di Adrien de Meeüs, America primo amore di Mario Soldati”».
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Ricordiamo con Jakobson 1976, p. 347, che «Ferdinand de Saussure s’est servi de ces deux termes, phonologie et phonétique, pour désigner d’une part la description des moyens phonique, soit d’une langue donnée soit de la langue en général, et d’autre part l’étude purement génétique, celle des changements des sons du langage».
opposizione rispetto agli altri fonemi, studiare la materia sonora attraverso la poesia antica e moderna è un ulteriore approfondimento della concettualizzazione dell’immagine acustica, ovvero del modo in cui lo stesso Saussure definisce il significante durante i corsi di Linguistica generale. Un’indicazione in tal senso ci è fornita dall’uso che Saussure fa, nei frequenti passaggi dedicati al reperimento di materiale linguistico all’interno della poesia latina (Ms. fr. 3964), dei diagrammi e in generale di tutto ciò che ha più una veste iconica che non descrittiva. In questi brani appare evidente che l’estrapolazione del materiale attribuito al poeta come testo base per la composizione del testo poetico, è tesa ad indagare in quale modo questo si possa combinare nella catena significante per dare vita ad altri significati75.
Il tentativo affrontato da Jakobson e ripreso recentemente da Larue- Tondeur (2010), è a nostro avviso quello di affidare alla ricerca anagrammatica un abbozzo di fonosimbolismo76, in una misura che però nulla abbia a che vedere con la sfera onomatopeica, esplicitamente estromessa dal campo di studi e interessi linguistici da parte di Saussure (cfr. Infra, cap. 1):
«Le symbolisme phonétique, à savoir l’attribution d’un sens aux sonorités, est souvent prudemment écarté des recherches linguistiques sous prétexte de scientificité parce que c’est un sujet délicat. Il mérite pourtant qu’on l’envisage sérieusement car il recèle probablement l’une des clés essentielles au fonctionnement de la parole, qui
75 Cfr. Traina 1975, p. 26: «La connessione degli anagrammi saussuriani con l’iterazione
verbale o “palilalia” (meglio “palillalia”) è una suggestiva proposta di J. Starobinski. Accantonata, com’è noto, dal suo stesso autore l'ipotesi di un artificio esoterico, la ricerca attuale sembra orientata a considerare gli anagrammi, in senso lato, criptomessaggi dell’inconscio: col rischio di una identificazione arbitraria, e comunque incontrollabile, dei segmenti pertinenti. È prudente limitarsi a quei casi che sollecitano il lettore a riconoscere il ricorso delle componenti foniche del termine anagrammato, quei casi, dunque, che hanno rilevanza stilistica, indipendentemente dalla loro intenzionalità».
76 Su questo punto cfr. Sasso 1993, p. 17: «egli (Saussure), inizialmente, era infatti interessato
non ai segni grafici, ma ai fonemi, quelli principali di un nome proprio, separati nel verso da elementi fonici indifferenti; per questi motivi, anche, pensò al termine “anafonia”, o alla “paronomasia”, una figura retorica dell’imitazione fonica. Successivamente gli sembrò poter caratterizzare meglio il modo con cui l’anagramma opera nella scrittura con una nuova definizione, di “ipogramma” e poi ancora di “paragramma”».
n’échappe guère à l’affectivité. Si les phonèmes sont dépourvus de sens dans la langue, ils en véhiculent dans la parole» (Larue-Tondeur 2010, p. 1).
Jakobson ritorna su questi temi all’interno di La charpente phonique du langage (1980), in cui si occupa non solo delle funzioni linguistiche dei suoni e della rete dei tratti distintivi, ma anche di simbolismo fonico e di sinestesia (cfr. Jakobson 1980 cap. IV). In particolare nel paragrafo intitolato «La “poétique phonisante” de Saussure vue d’aujourd’hui» (cfr. Jakobson 1980, pp. 268-270), il linguista russo-americano attribuisce alla ricerca anagrammatica un ruolo benefico e produttivo nell’elaborazione di una scienza dei testi poetici, avendo aperte le porte al langage poétique, il quale
«a fait une entrée en force dans la linguistique, et, en dépit des objections aussi nombreuses […] les linguistes ne cessent de pénétrer de plus en plus profondément dans les problèmes intriqués qui posent la forme phonétique et la grammaire de la poésie, sans oublier les tropes, les figure et la composition» (Jakobson 1980, p. 270).
Linguaggio ordinario e linguaggio poetico coesistono necessariamente, ma in poesia i suoni impiegati agiscono in modo tale che il loro valore semantico sia colto con maggiore intensità e immediatezza, all’udito e alla lettura, in quanto l’attenzione rivolta alla sequenza testuale rafforza il ruolo del significante77. I suoni funzionano così in maniera doppia (cfr. Kristeva 1969): come gli enunciati del linguaggio ordinario e come paratesto, termine che Jakobson riprende da Starobinski78.
L’interesse di Jakobson per questioni relative alla poetica, intesa come funzione del linguaggio e come categoria speciale del linguaggio ordinario, è sempre stato presente anche al di là dei riferimenti alla ricerca anagrammatica,
77 Cfr. Jakobson 1963, p. 190: « La funzione poetica proietta il principio d’equivalenza
dall’asse della selezione all’asse della combinazione. L’equivalenza è promossa al grado di elemento costitutivo della sequenza. In poesia ogni sillaba è messa in rapporto d’equivalenza con tutte le altre sillabe della stessa sequenza; un accento tonico è uguale ad ogni altro accento tonico […] Le sillabe si trasformano in unità di misura, e accade lo stesso delle more e degli accenti».
78 In particolare Jakobson (p. 269) cita Starobinski 1971 p. 31, sostenendo che nel paratesto ai
suoni del linguaggio viene conferita «une seconde façon d’être, factice, ajoutée pour ainsi dire à l’original du mot».
nel celebre Linguistica e poetica (1963), affrontava già temi che in parte sarebbero poi diventati centrali nell’esegesi dei testi saussuriani. Pare particolarmente pregnante in questo senso la riflessione sulla rima al’interno dei componimenti poetici:
«Qualunque sia il rapporto fra il suono e il senso nelle diverse tecniche della rima, le due sfere sono implicate necessariamente. […] La rima non è che un caso particolare, quasi concentrato, di un problema molto più generale, anzi del problema fondamentale della poesia: il parallelismo.
Il parallelismo si basa su due opposizioni: • Opposizione marcata
• Opposizione cromatica
Il parallelismo con opposizione marcata è alla base della struttura del verso: nel ritmo, nel metro, nella allitterazione, nell’assonanza, nella rima […] il parallelismo più marcato nella struttura genera il parallelismo più marcato nelle parole e nel senso.
L’equivalenza del suono, proiettata nella sequenza come suo principio costitutivo, implica inevitabilmente l’equivalenza semantica, e, ad ogni livello linguistico, ogni costituente di una tale sequenza suggerisce una delle esperienze correlative definite finemente da Hopkins: “comparazione per somiglianza” e “comparazione per dissomiglianza”» (Jakobson 1963, pp. 205-206).
All’interno del medesimo saggio appena citato, Jakobson invita la comunità scientifica alla quale si rivolge, a non insistere nella distinzione tra linguistica e poetica, in quanto i due aspetti dello studio delle lingue verbali sono fortemente interconnessi79. Allo stesso modo, come analizzeremo a breve, Ruwet intende instaurare un ponte tra linguistica e musica, fornendo di riflesso delle indicazioni importanti anche sul lavoro saussuriano sugli anagrammi, in quanto utilizza come metodo di approccio ai domini musicale e linguistico, quello già analizzato in altri autori, di promuovere le proprie teorie a partire dai
79 Cfr. Jakobson 1963, p. 184: « L’insistenza nel separare la poetica dalla linguistica è
giustificata solo quando il campo della linguistica viene arbitrariamente limitato; quando ad esempio, certi linguisti vedono nella frase la struttura più complessa che sia analizzabile; o quando il fine della linguistica è confinato nella sola grammatica, o soltanto nelle questioni non semantiche di forma esterna, o infine nell’inventario dei processi denotativi con esclusione delle variazioni libere.».
componimenti (musicali e testuali) per ricavarne delle regole di funzionamento generale.