Scuola-Città Pestalozzi, di Paolo Orefice
SPAZIATORE
L’esperienza didattica di seguito descritta è stata realizzata con una classe di seconda media di Scuola Città Pestalozzi di Firenze. Vi ha lavorato l'intero consiglio dei docenti.
L’esperienza dimostra che è possibile realizzare l'insegnamento quotidiano nella scuola partendo dall'ambiente, in questo caso l'ambiente culturale di una città, come è la piazza. Non si tratta di evadere dai programmi scolastici delle diverse materie, ma di svolgerli utilizzando i “saperi dell'ambiente”. Si dimostra anche che attraverso un tale metodo, basato sulla ricerca azione partecipativa, migliorano negli studenti il livello di soddisfazione del lavoro svolto, il processo di apprendimento, il rendimento scolastico e, soprattutto, si realizza una formazione globale e integrata.
Nello stesso tempo, si vuole indicare una pista di educazione ambientale. La didattica dell'ambiente è un modo di fare educazione ambientale, in questo caso nella scuola. L'educazione ambientale non viene considerata come una materia ulteriore di insegnamento, ma come un tipo di educazione che passa per tutte le materie: permea l'intera esperienza di formazione degli studenti e tende a qualificare il loro rapporto con l'ambiente. Questo viene esplorato e riscoperto nei suoi diversi significati e nella sua complessità, come luogo di vita dell'uomo, singolo e collettivo: non rimane estraneo, ma diventa parte di se stessi e della ricerca della propria identità. Cambia la conoscenza dell'ambiente, aumenta il senso di appartenenza all'ambiente, sono più personalizzati i propri atteggiamenti e comportamenti rispetto all'ambiente.
Vi è una terza ragione nel presentare l'esperienza di piazza S. Croce. Riguarda il sistema di formazione in servizio degli insegnanti e, più in generale, degli operatori educativi. Il problema di migliorare e allargare le competenze professionali di chi è impegnato giornalmente nel difficile lavoro didattico non si risolve, come si sa, attraverso corsi di aggiornamento fondamentalmente sganciati dalle difficoltà concrete del lavoro in classe:
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richiede una forte saldatura di teoria e pratica didattica e, quindi, un approccio euristico alla formazione, in presenza di precise ipotesi di istruzione. Si tratta cioè di partire dal tipo di esperienza di insegnamento dei docenti, di analizzarla e di ampliarne il potenziale metodologico e tecnico. In questo senso, il metodo della formazione in servizio è sempre di tipo indagativo e collaborativo e si misura sulla capacità di fare realizzare in classe concreti progetti didattici.
Questi sono tre obiettivi centrali dell'esperienza descritta nelle pagine seguenti. Sono sembrati di interesse non solo di chi l'ha realizzata, ma anche di quanti si occupano di formazione e di educazione ambientale, dentro e fuori la scuola149.
La preparazione dell'esperienza da condurre nella seconda media della scuola sperimentale Scuola Città Pestalozzi di Firenze è stata realizzata dal Consiglio di Classe insieme al Gruppo di Ricerca
Università-IRRSAE attraverso una serie di incontri seminariali di formazione in servizio. Una volta esaurita la fase di discussione dell'ipotesi pedagogica e didattica del progetto di Educazione Ambientale che si era deciso di realizzare nella classe, si è passati alla definizione e articolazione del progetto operativo. Questo doveva avere un tema unico, perché tutti gli insegnanti e l'insieme dei ragazzi avrebbero lavorato sul medesimo argomento. Può sembrare una questione ovvia, ma non è stata sottovalutata: la scelta del tema ambientale unico avrebbe condizionato nel bene e nel male l'esperienza comune di lavoro educativo.
Tra i diversi temi emersi si è poi deciso per «Piazza S. Croce» perché rispondeva ai seguenti requisiti. Innanzi tutto, rientrava nel campo del vissuto dei ragazzi della seconda media, essendo conosciuta e frequentata dagli alunni del quartiere, ma anche da quelli che venivano da altre zone. La vicinanza della piazza con la scuola era poi un secondo vantaggio di ordine pratico, perché avrebbe facilitato le uscite dalla scuola nelle condizioni operative del progetto. Inoltre, Piazza S. Croce, per la sua significatività storica e culturale, poteva bene essere presa ad esempio di bene ambientale nel senso più ampio del termine: in quanto piazza si presentava come un caso emblematico di studio per una classe dato il suo carattere di
compiutezza, in quanto poi piazza S. Croce era indubbiamente un caso privilegiato di bene
ambientale di natura culturale su cui lavorare didatticamente. Gli insegnanti hanno discusso dell'idea con gli stessi ragazzi con i quali si era già parlato del progetto, trovando una loro piena adesione.
Si è assunta la piazza come un organismo vitale, un sistema organico che nelle sue varie componenti presenta variazioni, cambiamenti, movimenti ciclici che la rendono viva e palpitante, con i suoi monumenti e situazioni di intensa attività alternati ad altrettanti di stasi e riposo.
Gli insegnanti hanno provato anche a vedere cosa significasse per la loro materia il punto di vista comune da cui leggere la piazza, e ciascuno ha cominciato a riconoscere all'interno del problema comune lo spazio per una sua lettura specifica.
Il percorso metodologico
Non è sufficiente per un progetto didattico che tratti un argomento ambientale: occorre che questo assuma la dimensione problematica. Anche questa è condizione iniziale fondamentale e pone sin dall'inizio il progetto nel solco della metodologia della ricerca.
Realizzare un progetto didattico non significa limitarsi a descrivere l'oggetto di studio, ma occorre interpretarlo e per fare questo bisogna porre degli interrogativi da chiarire, bisogna azzardare delle possibili spiegazioni da passare al vaglio.
In altri termini, impegnare una scolaresca in un lavoro di progetto didattico vuol dire accompagnarla nel viaggio della conoscenza, in un'esplorazione della realtà da disvelare, con
149 Questi obiettivi e risultati ed altri ancora, meno comunicabili perché interni all'esperienza stessa,
sono raccolti nel volume I ritmi di vita di Piazza S.Croce, edito da Liguori.
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cui entrare in contatto diretto. E questo percorso, in ogni processo indagativo che si rispetti, prende l'avvio non dalla presa d'atto di un dato conosciuto, chiaro e preciso, ma dal lasciarsi coinvolgere in una situazione di non conoscenza, che però annuncia la possibilità di pervenire ad una più ampia ed inedita esplorazione del reale.
Solo a questa condizione lo studio può diventare interessante, se non affascinante, soprattutto in un'età come quella scolastica in cui le giovani generazioni hanno bisogno di maturare la passione per il sapere, e non il fastidio o il rigetto di fronte agli oggetti del conoscere, in modo da potere agire consapevolmente e con impegno nel rapporto con la realtà medesima.
Il problema scelto a base del progetto, rispetto all'argomento, non aggiungerà soltanto il carattere interpretativo, ma costituirà anche un'ulteriore delimitazione di campo e manterrà, come quello, il carattere della globalità rispetto alle discipline e della significatività rispetto al mondo esperienziale ed al sistema dei saperi dei soggetti che entrano in formazione. In questo senso la sua definizione, come insieme problematico, continua il percorso partecipativo già adottato per pervenire alla scelta dell'argomento.
Cosa abbiamo fatto
Una volta deciso l'asse problematico del progetto didattico complessivo, con gli insegnanti si è passati a definire le relative unità didattiche da svolgere.
Si è deciso di svolgere una o due unita didattiche esemplari che, senza avere la pretesa di esaurire la problematica dei ritmi di vita, potessero costituire un primo avvicinamento ad essa, ma soprattutto fossero l'esemplificazione di una didattica centrata sull'ambiente.
Vi è stata una discussione sull'ampiezza che poteva assumere una unità didattica.
Certamente la sua durata complessiva può variare a seconda della frequenza delle ore di lezione che un insegnante ha con la classe. Alcuni insegnanti poi preferivano parlare di una unità didattica articolata in sottounità, altri proponevano di farne due o più nel tempo indicato.
E' evidente che ciascuna unità didattica disciplinare doveva interpretare dal suo punto di vista il problema globale dei ritmi di vita, individuandone un sottoproblema particolare. Ogni insegnante si domandava in che senso la propria disciplina poteva essere interessata alla questione e, d'altra parte, quanti spunti di approfondimento il problema poteva offrire alla medesima materia.
Procedendo per approssimazioni progressive, alla fine si è arrivati ad avere, per ogni materia di insegnamento, il quadro delle unità didattiche, riportato qui di seguito: alle singole aree disciplinari corrisponde un'unità didattica che tratta un particolare sottoproblema disciplinare e ambientale nell'ambito della più ampia questione assunta a base dell'intero progetto didattico.
AREE DISCIPLINARI
DIDATTICHE UNITA’ DIDATTICHE
Educazione Artistica Gli edifici della Piazza Educazione Fisica I movimenti delle persone Educazione Musicale Le campane di S. Croce Educazione "Tecnica Un manufatto: la panchina
Inglese I turisti anglofoni
Laboratorio Teatrale La Piazza come evocazione
Lettere La Piazza com'è e com'era
Scienze, Matematica I segni dei ritmi di vita
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Come si può notare, le intitolazioni delle unità didattiche oscillano tra il contenuto disciplinare e i contenuti della piazza: esse testimoniano, al di là dei limiti scontati della rispondenza piena e coerente al principio dell'integrazione all'interno del problema globale di riferimento, l'orientamento comune ai docenti del consiglio di classe di ritagliare un aspetto del problema «ritmi di vita» che avesse a che vedere con la propria materia di insegnamento.
Gli insegnanti hanno individuato alcuni aspetti della piazza, ritenuti in prima approssimazione espressione o indicatori comunque dei suoi ritmi di vita. Tra essi ognuno si è poi orientato a scegliere quello che maggiormente sembrava chiamare in causa la propria area disciplinare.
Nel definire le Unità didattiche delle singole materie gli insegnargli hanno applicato la metodologia dello sfoglio del problema, ripresa dal citato volume Didattica dell'ambiente.
Sfogliare un problema, in questo caso il problema dei ritmi di vita in Piazza S. Croce, significa fare un'operazione logica che richiama quella dello staccare i petali di una margherita: tutti i petali nel loro insieme fanno il fiore, ma ciascuno ha una sua individualità riconoscibile, che però ha ragione di essere in quanto parte di un tutto.
Sfogliare il problema vuol dire allora individuare alcune sue parti costitutive, con la consapevolezza però di non fare un'opera di separazione e di isolamento dell'aspetto individuato, ma di prelevamento momentaneo di quella parte che, anche se esauriente singolarmente, rimane una componente dell'insieme ed all'insieme va ricondotta, senza nulla togliere alla sua particolarità individuale.
Lo sfoglio va operato a livello empirico e disciplinare.
Nel primo caso si tratta di cogliere, sulla base delle conoscenze immediate e più epidermiche di cui dispone il ragazzo, quegli aspetti del problema così come si presentano nella realtà empiricamente data.
Ma lo sfoglio empirico deve essere completato con un primo sfoglio disciplinare. L'insegnante, tra i vari aspetti della piazza, si orienta a scegliere quello che maggiormente gli sembra chiamare in causa la propria area disciplinare.
Allora il problema, per ritornare all'idea del fiore, si presenta come una grande margherita interdisciplinare in cui sono integrati i petali di diversi ambiti disciplinari.
Staccarne uno significa mettere in evidenza una dimensione specifica, disciplinare appunto, dell'intero complesso fenomeno in esame.
In questo procedere attraverso lo sfoglio empirico e lo sfoglio disciplinare di un medesimo aspetto presente nel problema sta il lavoro delicato e, nello stesso tempo, fecondo dell'insegnante: riuscirvi significa porre le condizioni per un reale raccordo tra le discipline, ma soprattutto per una lettura integrata del problema avvicinandosi maggiormente alla complessità della realtà dell'ambiente.
I ritmi di vita in Piazza Santa
Croce Gli edifici nella
Piazza (Ed. Artistica) I movimenti e le persone (Ed. Fisica) La Piazza comìè e com’era (Lettere)
I segni dei ritmi di vita (Matematica, Scienze) Le campane di Santa Croce (Ed. Musicale) Un manufatto: la panchina (Ed. Tecnica) I turisti anglofoni (Inglese) La Piazza come evocazione (Lab Teatrale)
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Va ribadito, infine, che lo sfoglio, nel mettere in evidenza i singoli aspetti, li assume necessariamente in termini problematici, come parte del medesimo problema complessivo.
In questo senso, ogni unità didattica ripropone un sottoproblema: la soluzione dei diversi sottoproblemi porta da sé alla soluzione del problema ambientale metadisciplinare.
In conclusione, la ricaduta metodologica dello sfoglio nella didattica, già a questo primo livello di applicazione, può essere riepilogata nella seguente considerazione che costituisce un orientamento per l'insegnante: attraverso determinati aspetti del problema ambientale, anche essi assunti problematicamente, ciascuno può insegnare la propria materia e nello stesso tempo, suo tramite, fare educazione ambientale.
Una volta chiariti i temi problematici delle unità didattiche, si è trattalo di prevedere e organizzare il lavoro da svolgere in classe e nella piazza.
E' stato necessario disporre di un sistema di programmazione uniforme nelle sue maglie generali, salvo restando la possibilità di ogni insegnante di sagomare nei dettagli il suo spaccato nella maniera più conforme alla situazione contingente.
Ancora una volta la definizione della scalettatura da seguire nell'unità didattica è stata oggetto di riflessione da parte di tutti i membri del gruppo di lavoro: ciascuno ha portalo il suo contributo sulla base della personale esperienza.
Tali contributi sono stati ricondotti dal coordinamento scientifico ad una serie di punti, intesi come capitoletti da riempire nella programmazione della singola unità o sottounità didattica.
Questi punti, rivisti e aggregati attorno ad una serie di voci fondamentali, hanno costituito per tutti la matrice comune della programmazione che viene
qui di seguito presentata
Per poter realizzare un progetto didattico con una serie di
unità didattiche della medesima disciplina e di più discipline,
è evidente che occorre un sistema di impaginazione concettuale comune e uniforme a tutte, altrimenti non è possibile stabilire i raccordi in senso verticale e orizzontale: in caso contrario, infatti, quanto avviene in una unita didattica in termini dl contenuto e di metodo non riesce a essere ripreso nella successiva e nella contigua unità.
D'altra parte, il sistema di programmazione comune non deve essere così rigido da impedire le articolazioni e le differenziazioni all'interno di una singola disciplina. In questo senso, esso va visto più come un criterio di lavoro comune che come una soluzione tecnica univoca e ferrea.
Per questo motivo, a livello di percorso metodologico, non si entra nel merito delle possibili scelte tecniche di un numero maggiore o minore di punti attraverso cui si snoda la programmazione dell'unità didattica: la definizione dei punti da mettere in evidenza è una scelta contingente che ciascun consiglio di classe, gruppo di docenti o singolo insegnante può operare autonomamente secondo che ritenga questa o quella azione più congeniale al suo modo di lavorare ed alla concreta situazione operativa che si trova di fronte, nel rispetto comunque della linea metodologica del percorso didattico. In definitiva, si sottolinea il carattere di flessibilità e coerenza della programmazione dell'unità didattica.
A questo riguardo, ci si sofferma sui parametri metodologici di riferimento che comunque sostanziano questa o quella scelta tecnica di programmazione didattica.