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Capitolo 1.

I modelli della programmazione curricolare

*

, di Maria Luisa

Iavarone

SPAZIATORE

Dalla progettazione alla programmazione: una questione non solo terminologica Nel corso dell'evoluzione dei modelli pedagogici e didattici si sono spesso verificate vere e proprie contrapposizioni ideologiche e metodologiche tra chi sosteneva la necessità di organizzare ed articolare, anche in maniera estremamente dettagliata, il lavoro educativo e chi, invece, predicava e praticava lo spontaneismo pedagogico56.

In seguito è maggiormente prevalsa l'idea che bisogna lasciare libertà di movimento a gruppi o a singoli alunni, anche se la maggior parte degli esperti e degli educatori ritiene necessaria un'“analisi-previsione” dell'incidenza che può avere l'itinerario didattico stabilito, del suo svolgimento e della sua verifica. In altri termini, si ritiene ormai fondata l'idea che esista uno stretto rapporto tra programmazione e valutazione, da un lato, e sperimentazione e ricerca, dall'altro. Allo stesso modo si può affermare che c’è sicura correlazione, ad esempio, tra termini come progettazione, programmazione e valutazione.

* Il presente contributo riprende il II capitolo del volume di M.L.Iavarone, F.Sarracino, I saperi

dell’insegnamento. Strumenti per la didattica, PensaMultimedia, Lecce, 2010.

56 L'idea di spontaneismo pedagogico è sviluppata da Rousseau J.J., Emilio, a cura di De Anna L., sta

in AA.VV., Opere di J.J. Rousseau, Sansoni, Firenze, 1972, vol. II; cfr., anche: A.Illuminati, J.J. Rousseau, La Nuova Italia, Firenze, 1975. Il testo contiene una delle più ricche bibliografie sul pensatore di Ginevra. Per gli aspetti pedagogici dell'opera del Rousseau, si vedano, tra gli altri, gli scritti di W.Boyd, , (Armando Roma), di J. Bowen (Mondadori, Milano), di E. Codignola (La Nuova Italia, Firenze), di C. Motzo Dentice di Accadia (ESI, Napoli), di M. Casotti (La Scuola, Brescia). Sulla stessa scia della concezione del pedagogista ginevrino può essere collocata la pratica educativa del Tolstoj di Jasnaja Poljana, il cui “anarchismo pedagogico” può essere messo in qualche modo in relazione con “...certo permissivismo sessantottesco”, con la produzione della cosiddetta “gioventù perduta” (cfr. R. Leoni, Insegnare come, Le Monnier, Firenze, 1984, pag. 8).

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Progettare, ad esempio, rimanda ad un concetto più ampio e generale, relativo all’acquisizione di un vero e proprio habitus mentale, ovvero dell’organizzazione sistematica di una ipotesi di lavoro, della relativa gestione e verifica nel corso dell’intervento57.

L’analisi dei termini

Progettare è da considerarsi soprattutto un “criterio generale” di lavoro: è teorizzazione, ma anche indicazione di massima su come procedere. Programmare, invece, vuol dire chiedere all’operatore di considerare tutte le variabili possibili a livello locale: vuol dire, tra l’altro, chiedergli di lavorare collegialmente a tutti i livelli

- per l’acquisizione di conoscenze

- per la revisione critica di quelle possedute.

Gli obiettivi della programmazione devono condurre, attraverso l’informazione/formazione, ad esiti educativi opportunamente vagliati e valutati.

La progettazione: un viaggio a tappe libere

Dalla progettazione educativa come “finalizzazione astratta” è interessante passare all’idea di viaggio finalizzato a “tappe libere”. Progettare è come viaggiare: è considerare la meta, ma soprattutto le stagioni e i paesaggi, il generale e il locale, l’asse dei tempi e quello dei luoghi.58

In altre parole, la progettazione può essere considerata quel "contenitore" più ampio, di natura educativa, maggiormente focalizzato sugli scopi della formazione59 generale e quindi sugli aspetti finalistici, etici e valoriali dell'educazione. La progettazione educativa contiene, spesso, al suo interno aspetti legati ai problemi del territorio, dei rapporti interpersonali ed interculturali, delle esperienze politiche sociali e della loro incidenza sui processi apprenditivi e formativi e, nella scuola, dei problemi dell'organizzazione e della sua gestione che, come si sa, sono attribuiti al dirigente scolastico e agli organi collegiali.

La programmazione didattica60 è, invece, un sottoinsieme della progettazione educativa; un "contenitore meno esteso", ma più concreto, che persegue, in maniera maggiormente analitica e dettagliata rispetto alla progettazione, obiettivi di carattere apprenditivo e strumentale per il tramite di contenuti disciplinari, sempre però in vista e nell'ottica delle finalità della progettazione educativa. In altre parole, la progettazione didattica, nel caso della scuola elementare, attraverso gli strumenti della "prima alfabetizzazione culturale" (leggere, scrivere e far di conto) persegue l'obiettivo educativo di pervenire a quella formazione del cittadino, così come sancito dalla Costituzione Italiana.

Un ulteriore sottoinsieme della programmazione didattica generale è rappresentato, infine, dalla programmazione didattica individualizzata, ovvero un percorso didattico differenziato

57 Si confronti in proposito: Sarracino V., La progettazione in ambito formativo, in Sarracino V. (a

cura di), La formazione, Liguori, Napoli, 1997, pp.159-180 e dello stesso autore La progettazione didattica. Teoria e metodi, in Sarracino V. (a cura di), Progettare la formazione, Pensa Multimedia, Lecce, 1997, pp.23-34; Sarracino V., Iavarone M.L., La scuola elementare come scuola di base, Laterza, Roma-Bari, 1999.

58 Cfr.: Peters R.F., Phylosophy of Education, Oxford University Press, Oxford, 1973

59 Scopi d'altra parte sanciti dalla stessa Costituzione Italiana agli artt. 3, 33 e 34, nei quali

ribadisce che la finalità della Scuola è appunto quella di "concorre alla formazione dell’uomo e del cittadino".

60 La letteratura sulla programmazione didattica è ampia, tuttavia, tra gli altri, si vedano in

particolare: De Bartolomeis F., Programmazione e sperimentazione, La Nuova Italia, Firenze, 1983; Maragliano R., Vertecchi B., La programmazione didattica, Editori Riuniti, Roma, 1978; Frabboni F., Manuale di didattica generale, Laterza, Bari, 1998; Sarracino V. (a cura di), Progettare la formazione. Teoria e pratica dell’intervento formativo, Pensa Multimedia, Lecce, 1997; Cottini L. (a cura di), Progettare la didattica: modelli a confronto, Carocci, Roma, 2008.

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normalmente destinato ad alunni con particolari necessità di apprendimento, perchè in condizioni di disabilità o perchè provenienti da culture diverse o con specifici bisogni di integrazione socio-ambientale.

Figura 21 – Dalla programmazione alla progettazione

Tuttavia, l'aspetto che forse restituisce maggiore senso e concretezza al significato di programmazione risiede, forse, in quello che per molti anni è stato un autentico slogan: "passare dalla scuola del programma alla scuola della programmazione". In effetti, la programmazione acquista il suo principale connotato innovativo proprio perché supera la tradizionale nozione di programma, facendo maturare nei docenti la “cultura del curricolo”, inteso come l'itinerario che considera tutte le variabili del processo educativo. Di fatto, la programmazione, introducendo strategie strutturalistiche di tipo bruneriano di insegnamento- apprendimento con l’acquisizione del relativo concetto di “trasferibilità” delle conoscenze in altri contesti similari, consente di considerare tutti quei fattori, situazioni, esigenze che condizionano i vari aspetti economici, sociali e culturali della realtà scolastica e formativa.

Si realizza, in altri termini, uno shift interpretativo ed operativo dal significato di programma, in senso statico e monodisciplinare, a quello di programmazione intesa come processo dinamico ed interdisciplinare; quest'ultima deve poter garantire, infatti, l'autonomia della pianificazione didattica da parte di singoli docenti e/o gruppi di essi e, al tempo stesso, considerare opportune e calibrate soluzioni dei problemi, centrate sulle esigenze e sui bisogni di contesti locali storicamente e geograficamente consolidati e di singoli soggetti, anch’essi frutto dell’esperienza locale e dell’epoca storica alla quale appartengono61. In questo senso la programmazione si trasforma in attività sperimentale e, nello stesso tempo, diventa ricerca di strategie e di itinerari apprenditivi e formativi in grado di offrire gli esiti migliori del processo62.

Essa risponde, inoltre, più di quanto possa fare lo “storico” programma prescrittivo, allo sviluppo attuale delle autonomie locali e del decentramento economico, sociale e culturale e si adegua ai risultati favorevoli di alcune esperienze europee di avanguardia.

La programmazione, rispetto al programma, significa quindi:

a) coordinare a fini unitari il complesso dei fattori educativi e formativi in sede locale;

61 Sarracino V., La programmazione didattica come strumento di mediazione pedagogica tra

spontaneismo e direttività, in Sarracino V., Iavarone M.L., La scuola elementare come scuola di base, op.cit., p.42.

62 Cfr. Sarracino V., Orientamenti di pedagogia scolastica, Ferraro, Napoli, 1984 (in particolare, si

veda il cap. VI della prima parte dal titolo: Ricerca e sperimentazione: alcune riflessioni, pp. 45-55) e dello stesso a.: Insegnare per unità didattiche in Sarracino V. (a cura di), Progettare la formazione. Teoria e pratica dell’intervento formativo, op.cit. pp. 35-56.

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b) tenere presente le materie e le discipline di studio di una determinata scuola e utilizzarle all’interno del contesto di vita sociale e culturale;

c) esaminare le risorse territoriali e le istanze sociali che, direttamente o indirettamente, incidono sui processi apprenditivi e formativi e partire da esse per costruire un curricolo scientificamente vagliato.

I modelli di programmazione didattica

Nella letteratura pedagogica e didattica la prassi del programmare gode di una 'pluralità' di modelli operativi tutti di indiscutibile rigore epistemologico (teorico) e prasseologico (empirico)63. Alla luce di tale considerazione, il presente paragrafo ha lo scopo di prospettare un ventaglio di opzioni circa le possibili strade per pianificare un percorso didattico: basti pensare che oggi, oltre alla classica programmazione per obiettivi cognitivi (di matrice montessoriana) e per mappe concettuali (di matrice bruneriana), sempre più spesso si parla di

programmazione per sfondo integratore64 (di matrice deweyana), di programmazione per

problem solving65 (di matrice piagetiana) e di programmazione per dinamiche cliniche66 (di

matrice rogersiana)67. L'obiettivo sarà, quindi, quello di delineare non tanto un "percorso privilegiato" o auspicabile quanto piuttosto una serie di strade possibili da considerare come opzioni non alternative ma complementari, la cui scelta avrà successo nella misura in cui ciascuna verrà razionalmente vagliata in rapporto a variabili contestuali, contenutistiche, individuali, sociali e storico-cronologiche. In particolare, ci si soffermerà soprattutto sui primi due modelli (programmazione per obiettivi e per mappe concettuali) allo scopo di tracciare un'analisi critico-comparativa relativa a vantaggi e criticità di ciascuno dei due modelli.

Come si è già accennato in altre parti di questo scritto, la cultura della programmazione e del curricolo è soprattutto di origine anglosassone per cui gli studi più accreditati in questo campo si riferiscono, naturalmente, alle condizioni storico-sociali e culturali di questi Paesi68;

63 Cfr. Frabboni F., Programmare per mappe concettuali e per obiettivi cognitivi. Due facce della

stessa medaglia didattica?, in «Scuola Se», 1995 (8)

64 Lo sfondo integratore è uno strumento di organizzazione del contesto educativo, utilizzato,

soprattutto, nei nidi e nelle scuole d'infanzia. È stato elaborato, agli inizi degli anni 1980, nell'ambito del gruppo di lavoro di Pedagogia speciale dell'Università di Bologna che faceva riferimento ad Andrea Canevaro, al quale si deve l'invenzione del termine. Si tratta di uno strumento pensato per favorire l'integrazione di bambini con disabilità o con disturbi della comunicazione. Lo sfondo integratore è stato pensato come strumento per sostenere l'autonomia del bambino disabile e la sua integrazione.

65 La programmazione per problem solving si costruisce sul principio che "apprendere per risolvere

problemi" sia il modo più semplice e naturale per apprendere e pertanto tale approccio va sicuramente preferito alla didattica tradizionale, strutturata in modo gerarchico su rigide tassonomie. L'apprendimento per problemi si fonda, infatti, sui principi di: Autenticità, Intenzionalità, Significatività, Necessità, Sviluppo cognitivo, Ontologia, Apprendimento, Economicità.

66 La programmazione per dinamiche cliniche, coerentemente all'impostazione rogersiana, è centrata

sul rapporto che il docente ha il compito di costruire con l'alunno; un rapporto autenticamente empatico, fondato su un dialogo in profondità del tipo "one-to-one" senza che il soggetto percepisca il giudizio dell'insegnante.

67 Cfr. Frabboni F., Scuola del progetto e programmazione per obiettivi cognitivi. I no e i si della

programmazione per obiettivi, in «Scuola Se», 1995 (3)

68 La programmazione educativa e didattica è stata introdotta nel nostro Paese, tenendo conto

soprattutto delle ricerche e delle esperienze effettuate nei Paesi anglosassoni. L'errore da parte di alcuni studiosi e sperimentatori sta spesso proprio qui: nel voler applicare, ad una situazione storico- culturale, politico-economica ed educativo-scolastica così diversa come la nostra, modelli troppo distanti tra loro per concezioni e metodi applicativi.

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sarebbe, pertanto, un errore voler tradurre le loro indicazioni ed esperienze nella realtà del nostro sistema educativo e scolastico.

Si tratta, invece, di considerarle un necessario punto di riferimento per conoscere l'esito di procedimenti, di sperimentazioni, di itinerari formativi attraverso l'adozione di particolari sussidi e strumenti, per utilizzare, in altri termini, tutti quei risultati già verificati nella prassi che possono ritornare utili per lo sviluppo dei processi formativi nella scuola e nella società.

Ad una lettura critica degli autori stranieri va affiancata, quindi, quella degli italiani, soprattutto di quelli che si rifanno alle esperienze concrete di programmazione e di sperimentazione educativa e didattica e che hanno ricavato dalla pratica una serie di considerazioni, di criteri e di ipotesi generalizzabili69.

Ad ogni modo, non si può procedere a costruire nessuna corretta programmazione didattica senza aver considerato almeno tre aspetti che riguardano la realtà scolastica: il primo, riferibile alla conoscenza del territorio e dei suoi problemi; il secondo, all'organizzazione della scuola; il terzo, agli esiti formativi.

Figura 22 – La programmazione didattica come dispositivo regolativo

69In questa direzione si collocano, tra gli altri, gli studi e le ricerche di Bertolini P., Frabboni F.,

Laporta R., Maragliano R., Orefice P., Pinto Minerva F., Pontecorvo C., Semeraro R., Tornatore L., Vertecchi B.. In particolare, tra gli autori citati, si vedano: Maragliano R., Vertecchi B., La programmazione didattica, op. cit.; Orefice P. et all., La programmazione educativa nel sistema del decentramento, op. cit., Semeraro R., L'interdisciplinarità nell'insegnamento medio, op. cit.; Azzali F., Cristanini D., Programmare oggi, Fabbri, Milano, 1995, Pontecorvo C. (a cura di), Un curricolo per la continuità educativa dai quattro agli otto anni, La Nuova Italia, Firenze, 1989, Vertecchi B. (a cura di), Formazione e curricolo, La Nuova Italia, Firenze, 1994.

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La programmazione per obiettivi

A partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, soprattutto nei Paesi anglosassoni, si sviluppa un importante dibattito sul tema del curricolo70. Lavorare intorno a un curricolo significa generalmente delineare percorsi educativo-fomativi scientifici e pianificati71. Coerentemente a questa impostazione, nonostante nella tradizione angloamericana curricolo assuma significati anche assai differenti72, nel nostro Paese il termine trova riscontro nel concetto di programmazione educativa e didattica o di programmazione curricolare appunto. Prima di inoltrarci nel discorso sulla programmazione curricolare è bene, tuttavia, soffermarsi brevemente sul significato del termine curricolo.

«Il termine “curricolo”, per quanto poco usato in Italia fino a qualche tempo fa, è molto diffuso in paesi come quelli anglosassoni, nei quali ha assunto significati molto differenti fra loro, aventi però tutti in comune l’idea di una organizzazione del processo educativo in vista di determinate finalità. Nelle versioni filosofiche di esso, è il tema delle finalità e dei contenuti culturali utili a realizzarle, a prevalere; nelle concezioni più pragmatiche, date sovente per accettate finalità suggerite da una tradizione culturale consolidata [...], si insiste molto sull’organizzazione delle procedure didattiche adeguate a perseguirle; delle procedure fanno parte materiali didattici, tecniche di impiego dei medesimi, valutazioni iniziali e finali [...] destinate a stabilire i progressi realizzati, e così via. Questa è tutta materia della didattica oggi più diffusa (in Italia trova eco nel concetto di programmazione didattica ed educativa) [...].Il concetto di curricolo, mentre è utile a rappresentare l’attuale fisionomia del rapporto e del processo educativo, almeno nella teoria, era anche la via più diretta per mettere in luce un tema essenziale dell’educazione, -quello delle sue finalità- più volte sfiorato nel nostro discorso, e senza il quale essa, pur mantenendo il suo significato vitale dal punto di vista dell’individuo (in quanto apprendimento), non avrebbe l’altro, quello che rispecchia la sua natura sociale e culturale che segna tutta la storia della società occidentale».73

Abbiamo visto come il termine curricolo risponda ad un’ampia gamma di significati, ciascuno dei quali fa riferimento alla teoria curricolare che vi fa da sfondo. Tali teorie di riferimento possono essere schematicamente raggruppate, secondo N. Paparella, in “quattro distinte prospettive che rinviano ad altrettante matrici teoriche con il loro corredo di riscontri filosofici e di opzioni pedagogiche”74.

70 I primi studi pionieristici sul curricolo furono condotti negli Stati Uniti intorno agli anni Quaranta

del Novecento. Si pensi, ad esempio, alle ricerche di Tyler R.W. del quale si veda: Tyler R.W., Basic Principles of Curriculum and Instruction, Chicago, Chicago University Press, 1949.

71 Uno tra gli studiosi più attenti alle questioni connesse alle teorie del curricolo, in Italia, è Clotilde

Pontecorvo, la quale sostiene. che il curricolo si attua attraverso una programmazione scientifica, cercando, cioè, di individuare e di legittimare “obiettivi e modi della realizzazione educativa della trasmissione culturale”. (Pontecorvo C., Teoria del curricolo e sistema scolastico italiano, in AA.VV., Teoria della didattica, Roma, Editori Riuniti, 1978, p.32; Pontecorvo C., Concetti e conoscenza, Torino, Loescher, 1983).

72 Il curricolo, al di fuori del nostro Paese, ha assunto accezioni anche assai diverse; ultimamente,

anche in Italia, il termine curricolo non è più legato esclusivamente al concetto di programmazione educativa e didattica, intesa come processo eterodiretto, guidato dal docente, ma sta prendendo sempre più piede un’idea di curricolo come processo autonomo, autoformativo costruito sul recupero dei saperi impliciti (implicit learning). In proposito si confronti: Connelly F.M., Clandinin D.J., Il curriculum come narrazione, (a cura di) Striano M., Napoli, Loffredo, trad.it., 1997.

73 Laporta R., Natura e finalità dell’educazione, in AA.VV., Fondamenti di pedagogia e di didattica,

Laterza, Bari, 1993, p.28

74 Paparella N., Il curricolo e i campi di esperienza, in Paparella N. (a cura di) Progetto scuola

materna, La Scuola, 1992, Brescia, p.107.

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Un primo ambito di significato è quello che attribuisce al termine curricolo il valore di percorso formativo. In questa accezione di senso si utilizza la parola curricolo quando si valuta la qualità di un determinato percorso di studi (es. regolare, discontinuo, ecc.) o una particolare opportunità formativa offerta da un determinato tipo di scuola (professionalizzante, abilitante, ecc.).

Un secondo ambito di riferimento attribuisce al curricolo il significato di progetto educativo nazionale a livello formale, quando cioè ci si riferisce a quei contenuti disciplinari che devono essere insegnati in rapporto ai processi di apprendimento/sviluppo. Questi contenuti sono fissati dal programma ministeriale nazionale.

Una terza accezione di significato stabilisce che per curricolo si debba intendere l’attività di programmazione, ossia tutto quanto attiene al lavoro svolto dal docente, dal team, dal collegio ecc. nel definire obiettivi, scopi, finalità del processo formativo.

Nella quarta accezione di senso, infine, per curricolo si intende la gestione dell’attività di programmazione, cioè il lavoro di controllo-valutazione-correzione degli obiettivi75.

In questa sede al termine curricolo viene attribuito un significato che si colloca a metà strada tra la terza e la quarta prospettiva su indicata e più precisamente viene inteso come: “una sorta di schema concettuale capace di organizzare il discorso sulle finalità, sui contenuti e sui metodi della scuola”76.

Uno schema che, in sostanza, offre agli insegnanti una guida per il lavoro di programmazione alla quale spetta, come afferma Frabboni, “il delicato compito (la “finalità” formativa) di contestualizzare il programma ministeriale e dare intenzionalità ai percorsi formativi dei singoli gradi scolastici”77. Continua ancora Frabboni: «contestualizzare il programma [...] significa modellarlo e dimensionarlo alle “variabili” (stili cognitivi degli allievi, strutture edilizie, servizi extrascolastici, antropologie e valori della comunità locale), di cui è testimone il plesso scolastico; connotare di intenzionalità i percorsi formativi della scuola significa dare finalità-traguardo-significato, pedagogico e didattico, al viaggio dell’insegnamento-apprendimento: significa costruire una scuola del progetto, e non una scuola del caso»78.

La necessità, quindi, che la scuola delinei il proprio progetto attraverso una serie di obiettivi, è ormai divenuta ineludibile. Anzi, «il modello curricolare centrato sugli obiettivi assume appunto gli obiettivi come fattore di regolazione delle successive fasi del curricolo»79 e contenuti e metodi vengono considerati validi nella misura in cui sono coerenti con gli obiettivi che si è deciso di far conseguire ai bambini.

75 Ibidem, p.108. 76Ibidem, p.109.

77F. Frabboni, Programmare per mappe concettuali e per obiettivi cognitivi, in «Scuola se», 8, 1995. 78Ibidem.

79F. Azzali, D. Cristanini, Programmare oggi, Milano, Fabbri, 1995, p.79.

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Figura 23 - Le fasi di sviluppo della programmazione curricolare

Il lavoro di selezione degli obiettivi è strettamente connesso alla valutazione: definire gli obiettivi, infatti, significa già programmare che cosa si vuole raggiungere al termine dell’intervento didattico così come valutare significa accertare lo scarto tra obiettivo e risultato al fine di pervenire ad una ridefinizione degli obiettivi.

Le fasi di sviluppo della programmazione curricolare sono di seguito riportate secondo il