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1. Materia 2. U. D. 2.1 SubU.D. 3. Obiettivi - conoscenze - competenze - operatività 4. Tempi 5. Attività - tipo - metodi e tecniche - mezzi 6. Contenuti - piazza - ragazzi - materia 7. Prodotti 8. Valutazione

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Il primo parametro di riferimento riguarda gli obiettivi.

Senza entrare nella problematica più vasta della loro definizione, qui ci si limita a precisare alcune questioni più direttamente connesse con la didattica dell'ambiente.

La prima riguarda la natura degli obiettivi formativi: questi si riferiscono al processo formativo che si .intende sviluppare nello studente.

Pertanto, gli obiettivi non possono essere formulati solo in termini di contenuti della materia, che comunque è necessario precisare, come viene detto più avanti: attraverso i contenuti è possibile definire ciò che si vuole venga raggiunto dal soggetto in formazione. In questo senso, si può parlare di obiettivi relativi alla materia in termini di aspetti strutturali che l'insegnante deve fare emergere dal lavoro didattico: ma da tali aspetti, che richiamano il modo di ragionare della materia, bisogna passare a definire cosa lo studente deve ricavarne, non tanto e soltanto in termini di cose da imparare, ma soprattutto in termini di competenze

da acquisire.

In altri termini, l'insegnante si chiede: il modo di ragionare della materia a quali modi di

ragionare dello studente deve approdare? Qui si usa l'espressione “modo di ragionare”, ma di

fatto non si tratta solo di competenze logiche e, quindi, di obiettivi solo cognitivi.

Infatti, è la seconda questione da precisare: insieme agli obiettivi cognitivi vi sono gli

obiettivi non cognitivi che riguardano altre sfere dell'apprendimento e che si appoggiano anche

su altre peculiarità esplorative della disciplina: possono essere competenze di ordine percettivo o emotivo, di ordine relazionale o sociale, di ordine tecnico o operativo, con evidenti risvolti anche sul piano dell'agire.

Tutte le sfere di apprendimento hanno diritto di cittadinanza nel quadro degli obiettivi: anzi più quelli cognitivi si intrecciano con gli altri, più sia i primi che i secondi sono di più facile raggiungimento in quanto si rinforzano a vicenda e consentono lo sviluppo di un apprendimento significativo e integrato.

Questa integrazione è particolarmente importante e necessaria nella didattica dell'ambiente, perché, come è stato già sottolineato, essa coinvolge il soggetto in tutti i suoi saperi partendo dai saperi pregressi che utilizza senza esclusione per poter accedere ai saperi dell'ambiente. Le stesse discipline, a loro volta, sono portatrici di saperi che, nel rapporto con la realtà, nell'interpretarla, nel raffigurarla e nel modificarla, adottano linguaggi e approcci compositi e differenziati.

Legata agli obiettivi vi è la variabile dei contenuti.

Per classificarli si fa riferimento, anche sul piano tecnico della programmazione didattica, alla cosiddetta trilogia dei saperi: i saperi degli studenti, i saperi dell'ambiente, i saperi delle discipline.

AMBIENTE

STUDENTI DISCIPLINE

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Nel primo caso, i saperi degli studenti aprono e chiudono l'intero percorso didattico: essi appaiono, all'inizio, come saperi pregressi su cui gli insegnanti costruiscono l'azione didattica, poi come l'oggetto costante da promuovere nel corso dell'azione didattica e, alla fine, come gli esiti cui arriveranno gli studenti terminato il percorso di apprendimento. In altri termini, i contenuti fondamentali a cui mira lo sviluppo dell'unità didattica e dell'intero progetto, sono quelli che interessano i soggetti in formazione e che si traducono poi in apprendimenti significativi.

Vi sono poi i saperi dell'ambiente che l'insegnante definisce e articola con gli allievi attraverso l'azione didattica.

Sono quei contenuti, in termini di oggetti, situazioni, dimensioni, che interessano le varie aree disciplinari: si possono chiamare i saperi dell'ambiente, nel senso che quei contenuti su cui lavora l'unità didattica sono strettamente legati agli aspetti dell'ambiente presi in considerazione.

Vi sono, infine, i saperi della materia che attingono ai contenuti dell'ambiente: sono quei contenuti e quelle strutture disciplinari che l'insegnante riconosce come fondamentali da trattare nell'unità didattica.

I contenuti, da un lato, si riferiscono a parti del programma scolastico da svolgere e, dall'altro, a informazioni inerenti la lettura del bene ambientale in questione.

E' evidente che l'insegnante non si fermerà alle nozioni in quanto tali, altrimenti cadrebbe nel cosiddetto nozionismo che non è formativo, ma selezionerà e organizzerà quelle informazioni che meglio possano far emergere la prospettiva della disciplina, la sua grammatica interpretativa della realtà, come si è detto anche a proposito degli obiettivi.

Questo rimando agli obiettivi, che vale anche per gli altri due tipi di contenuti, è la conferma che obiettivi e contenuti - e tra poco lo si riscontrerà anche per i metodi e le tecniche - sono e devono restare profondamente legati: è evidente che i contenuti sostanziano di concretezza gli obiettivi enunciati e questi, a loro volta, indirizzano la scelta e il taglio da dare a quelli.

Valga il rapporto tra contenuti strutturali e competenze apprenditive a cui gli uni e gli altri fanno riferimento: i primi esprimono il modo di ragionare della disciplina, i secondi il modo di ragionare dello studente secondo la disciplina; come è stato già anticipato, si usa l'espressione «modo di ragionare» nel significato più esteso, che include il campo del pensare, ma anche campi di altra natura come quello del sentire e dell'agire.

Il contenuto ambientale, come è stato già sottolineato, costituisce il catalizzatore tra gli altri due tipi di contenuti o saperi, che consente quindi il raggiungimento del quadro completo degli obiettivi di interesse specifico dell'unità didattica.

Il terzo parametro di riferimento, strettamente connesso ai precedenti, riguarda l'attività

didattica vera e propria.

Essa traduce in azione concreta i contenuti annunciati ed è la via per raggiungere gli obiettivi. In questo senso essa corrisponde ai metodi ed alle tecniche di lavoro adottati nell'azione didattica.

Vi sono sempre un metodo e una tecnica nell'operare concretamente, anche senza esserne consapevoli. Ogni azione esprime in sé un modo di compierla.

Il metodo e la tecnica sono infatti un “come fare”: il primo nel senso che esprime i principi operativi informativi dell'azione, la seconda nel senso che applica tali principi attraverso scelte e strutturazioni operative specifiche e dettagliate.

Per questa ragione, nella scheda di programmazione si è preferito usare il termine «attività» con le diverse sottotitolazioni, in cui strutturalmente campeggiano i metodi e le tecniche.

Anche la definizione dei mezzi è molto importante perché consente di precisare in particolare cosa serve per potere operare, nel nostro caso didatticamente: è un aspetto che spesso viene trascurato, bloccando poi l'azione alla prima mancanza di supporto operativo.

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Anche i mezzi ovviamente sono funzionali ai metodi e alle tecniche adottati.

Nel caso specifico del progetto di S. Croce la linea metodologica che ha poi indirizzato le tecniche e i mezzi rientra nell'orientamento della ricerca azione partecipativa. Se ne riepilogano le linee fondamentali adottate dagli insegnanti nelle unità didattiche, pur con tutti i limiti operativi che testimoniano inevitabilmente uno scarto rispetto al modello di riferimento.

Innanzi tutto, l'attività didattica viene condotta secondo il metodo della ricerca.

Si è già detto che l'unità didattica – come l'intero progetto nel suo disegno complessivo - è impostata in termini di problema da risolvere: è questo il primo passo del processo di indagine, a cui fanno seguito gli altri: analizzare il problema/sottoproblema ambientale con i saperi di ingresso, farsi un'idea (ipotesi) delle sue soluzioni con il contributo dei saperi disciplinari, verificare il punto di vista disciplinare direttamente sul terreno, quindi trarne le opportune conclusioni in termini di valutazione dell'ipotesi interpretativa e acquisizione dei contenuti utili per la spiegazione e risoluzione del problema/sottoproblema.

Ciascun docente utilizza questo percorso metodologico in relazione alla specificità della sua materia: ma al di là delle singole soluzioni tecniche seguite, resta il criterio di fondo di svolgere l'attività in classe e nell'ambiente come un lavoro di esplorazione, di qualcosa da scoprire, partendo da una non conoscenza e attrezzandosi per pervenire a nuove acquisizioni.

Il lavoro di ricerca non procede a sé stante, ma si sviluppa secondo la logica partecipativa. Questa non sta tanto ad indicare che gli studenti sono chiamati a prendere materialmente parte attiva nella didattica, quanto soprattutto esige che attraverso tale parte attiva siano coinvolti i loro saperi e questi siano via via collegati con i nuovi saperi disciplinari.

È in questo movimento continuo tra i saperi dei ragazzi (le loro competenze iniziali e in

progress) e i saperi delle materie (contenuti e strutture), richiamati dagli aspetti ambientali

presi in considerazione, che si svolge l'azione didattica: gli insegnanti, seguendo diverse soluzioni tecniche, coinvolgono sistematicamente gli allievi nell'esplorazione del problema e danno loro via via gli input disciplinari del caso. In questo senso, partecipazione e ricerca, procedono in maniera indivisibile. L'una e l'altra non sono però sufficienti a realizzarsi se non c'è il terzo aspetto: il metodo dell'azione.

Nel lavoro esplorativo, in cui sono chiamati in causa i diversi saperi, viene da sé che gli studenti non possono non essere chiamati a fare, ad agire, a praticare operativamente il rapporto con l'ambiente attraverso le azioni dirette richieste dal lavoro di indagine disciplinare. È un agire attorno al tema dell'ambiente, che viene fatto insieme agli altri studenti, con l'assistenza degli insegnanti e di altri eventuali esperti, chiamati in causa per l'occasione. Ma è anche un agire per l'ambiente, come azione didattica che, attraverso la scoperta e la conoscenza, mira a creare la consapevolezza dell'interrelazione tra uomo e ambiente e a promuovere atteggiamenti, comportamenti, scelte di tutela e valorizzazione di quest'ultimo.

Si riporta qui di seguito una tabella comparata della ricerca azione partecipativa: le fasi del processo di ciascuna variabile, anche se possono essere individuate singolarmente, di fatto procedono di concerto in modo integrato.

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La ricerca azione partecipativa: il Flusso metodologico integrato Ricerca (logica e dinamica del pensare) Azione (logica e dinamica dell’agire) Partecipazione

(logica e dinamica del sentire)

Saperi del soggetto

(in – out)

Problema Attivazione Sensibilizzazione Saperi pregressi

Analisi Agire ricognitivo Coinvolgimento

Saperi pregressi Saperi disciplinari

ipotesi Agire previsionale Affezione

Saperi disciplinari +

Saperi pregressi

Verifica Agire attuativo Soddisfazione Nuovi saperi

disciplinari del soggetto

Valutazione Agire migliorativo Presa a carico Saperi integrati del

soggetto

II lavoro di programmazione ha costituito la traccia per svolgere le unità didattiche secondo la previsione concordata. Nello svolgimento concreto essa ha trovato degli inevitabili adattamenti, ma si può dire che per lo più è stata confermata nel momento applicativo.

Del resto, la programmazione era stata fatta in modo aperto: le previsioni del lavoro venivano risagomate sulla base delle esigenze concrete che sorgevano nel corso delle attività.

Pertanto, il resoconto delle attività svolte corrisponde alle programmazioni riviste a posteriori.

In questo lavoro di ulteriori periodiche messe a fuoco non sono cambiati i principi metodologici di riferimento, che infatti restano quelli appena descritti al punto precedente, ma sono state apportate quelle modifiche tecniche e strumentali richieste dall'insorgere di particolari condizioni operative non previste.

I risultati delle unità didattiche sono riconoscibili nei lavori didattici realizzati dagli studenti: sono i prodotti previsti nelle tabelle di programmazione. Essi, oltre ad essere la testimonianza del lavoro fatto, costituiscono i materiali su cui gli insegnanti hanno potuto riscontrare il raggiungimento degli obiettivi posti inizialmente.

In questo senso, hanno contribuito a completare la valutazione formativa da parte degli insegnanti; questa infatti, da un lato, ha considerato il processo di lavoro seguito dagli studenti e, dall'altro, il prodotto da loro realizzato nella specifica area disciplinare.

Le competenze e i contenuti acquisiti dagli studenti nei diversi piani del lavoro compiuto hanno investito gli ambiti delle singole discipline e dei singoli aspetti studiati della piazza, ma c'è da sottolineare anche che il loro apprendimento è stato rinforzato sia dal lavoro di gruppo, sia particolarmente dal lavoro collaborativo degli insegnanti e dal confluire delle materie nel medesimo tema problematico di natura ambientale.

La metodologia della ricerca azione partecipativa, da una parte, ha interessato l'esperienza di apprendimento della classe, dall'altra ha anche contribuito non poco al miglioramento della pratica professionale del consiglio di classe che l'ha applicata su se stessa nel lavoro collaborativo di tipo scientifico all'interno del gruppo di lavoro.

E' evidente, e l'esperienza di Piazza S. Croce ne è un'ulteriore conferma, che soltanto attraverso la messa in relazione della teoria e della pratica didattica si possono avvantaggiare l'una e l'altra: la prima perché dispone di un terreno operativo che la mette alla prova e la rende più credibile, la seconda perché riesce a passare dalla pura empiria alla gestione controllata e perfezionabile dell'esperienza.

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Per quanta riguarda infine i risultati attesi negli apprendimenti degli studenti, la ricerca azione partecipativa conferma la sua vocazione teorica e metodologica di iscriversi tra gli approcci mirati alla creazione dei saperi.

Infatti, essa senza nulla togliere al compito dell'esperienza formativa di trasmettere i saperi accreditali in una data società, si occupa particolarmente dell'elaborazione personale che i soggetti fanno di quei saperi in relazione al proprio sistema di rappresentazione e trasformazione della realtà.

In questo senso i risultati formativi cui pervengono i soggetti sono liberati da ogni pedissequa aderenza a canoni formali e ad ogni burocraticismo formativo: la didattica dell'ambiente, come stravolge il metodo della didattica formale che si consuma sui libri nel chiuso dell'aula, così non persegue i risultati del conformismo dell'apprendimento che la didattica formale produce.

Essa, invece, tende a inserirsi nel solco più generale della creazione della cultura, che è una componente fondamentale dello sviluppo delle società e si esprime a diversi livelli e campi delle attività umane.

La scuola non può evadere - come del resto altri settori, quali il lavoro, la politica, il tempo libero - da questo imperativo: anch'essa deve contribuire, dal suo versante e nei suoi confini, alla realizzazione di una produzione culturale in cui i soggetti possano esprimere la propria originalità utilizzando i diversi saperi disponibili.

Ne beneficiano i soggetti stessi che si sentono realizzati; se ne avvantaggia lo stesso ambiente, naturale e culturale, che avendo dei partner maturi restituisce a questi stessi, ma anche alle generazioni successive, il meglio di se stesso.

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Capitolo 1.2

“Tra sentire e pensare”: laboratorio sul sistema dei saperi

personali nel processo formativo, di Maria Rosaria Musella

SPAZIATORE

“Tra sentire e pensare” e’ un laboratorio che intende porre in primo piano il sistema dei saperi personali, focalizzando la centralità dei saperi sensomotori, emozionali, razionali nel processo formativo di costruzione della conoscenza150. I sentimenti e i pensieri sono strettamente collegati ed intrecciati tra loro, tutto ciò che si fa, si pensa, si immagina, si ricorda è da ricondurre ad una sensazione, ad un’emozione, ad un sentimento. Affettività e cognizione sono pertanto due modalità di funzionamento delle mente strettamente connesse, intelligenza emotiva e cognitiva interagiscono in ogni momento della vita dell’individuo e quindi vanno entrambe sviluppate negli interventi formativi, sia formali che non formali.

Il laboratorio proposto è un’attività individuale e collettiva, complessa e dinamica che permette di dare forma ai pensieri e alle emozioni suscitate da una narrazione; mira a far prendere consapevolezza agli studenti delle proprie sensazioni, emozioni, stati d’animo indirizzandoli a trasformare in pensieri e parole le proprie risonanze, i vissuti rimossi, i propri sentimenti, le proprie conflittualità, ma anche a far discutere sui significati scoperti, sui messaggi interpretati, sulle relazioni evidenziate integrando il piano affettivo-emotivo con quello noetico della persona.

Partendo da un brainstorming sulle anticipazioni e le aspettative suscitate dal titolo proposto, si procede con la lettura ad alta voce del racconto di Banana Yoscimoto “Moonlight

Shadow” chiedendo di annotare le parole-eco più significative ed un’immagine particolarmente

150 Orefice P., Pedagogia Scientifica, Roma, Editori Riuniti, 2009. Per approfondimenti delle tematiche presentate si rimanda a: Bruner J., La fabbrica delle storie, Laterza, Roma, 2002; Chambers A. Come imparare a leggere i libri con i ragazzi, Sonda, Torino, 2000; Goleman D., Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1996; Gordon T., Relazioni efficaci, La Meridiana, Molfetta, 2005; Levorato M.C., Le emozioni della lettura, Il Mulino , Bologna, 2000; Morin E., La testa ben fatta, Cortina, Milano, 2000; Pennac D., Come un romanzo, Feltrinelli, Milano , 1993.

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coinvolgente. Attraverso un debriefing emozionale si invitano gli studenti a mettere in gioco le emozioni percepite e con domande–stimolo a costruire i propri significati e poi a metapensare, a ripensare il pensato, riflettendo così sui propri pensieri. Il racconto diventa quindi uno scrigno vitale perché in grado di creare intime corrispondenze con il “felt sense” di ciascuno, un’esca emotiva per avviare gli studenti ad un processo di contatto e di conoscenza del proprio mondo interiore, che attraverso la parola si svela alla consapevolezza. E’ soltanto quando si ascolta la propria voce parlante che si sa veramente ciò che si pensa.

Poter entrare nella narrazione dalla propria porta emotiva utilizzando la chiave di accesso personale permette di avviare processi di proiezione e di identificazione fondamentali nel percorso di crescita.

Il raccontarsi attraverso l’esperienza laboratoriale evidenzia come la narrazione sia uno degli strumenti più potenti attraverso cui l’individuo dà significato al mondo e alla propria esistenza. E’ noto come alcune forme di disagio si evidenziano quando un individuo non riesce più a “raccontarsi”, a dare significato e parole a ciò che è successo nella propria vita.

Il gruppo, come comunità ermeneutica, procede nella discussione attraverso una conversazione cooperativa sui singoli significati costruiti sul testo, nel rispetto della pluralità delle interpretazioni, della varietà dei punti di vista ed avvia un processo di negoziazione e di ricostruzione di significati effettuando un decentramento cognitivo. Parlarne insieme e ascoltare gli altri può indurre nuove intuizioni, permette di verificare le proprie cognizioni, di arricchirsi delle idee altrui, di scoprire segreti testuali, di condividere sensazioni, emozioni, pensieri, attraverso un confronto dialettico tra testualità narrativa e testualità esistenziale.

Figura 26 – Grafico del processo integrato di cognizione

“Tra sentire e pensare”, in base al percorso didattico tracciato, può essere definito come il laboratorio della pedagogia dell’espressione, dove appunto si intrecciano i domini conoscitivi, il sentire e il pensare, i significati dell’emozione e i significati della ragione.

I riferimenti teorici su cui si fonda il laboratorio sono : il costruttivismo (Bruner), i fondamenti della comunicazione (Watzlawich, Rogers, Gordon), l’intelligenza emotiva (Goleman), la conversazione cooperativa (Chambers).

Nel caso di un gruppo molto numeroso si propone di far svolgere l’attività laboratoriale a 20 studenti, mentre i rimanenti assumono il ruolo di osservatori, che sostenuti da schede-

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guida, alla fine del lavoro procedono alla metaosservazione del funzionamento gruppale. In base alle annotazioni degli osservatori è possibile ricostruire il ruolo del conduttore, del comportamento del gruppo, della sequenza dell’incontro. A questo punto il baricentro del laboratorio si sposta dal contenuto alla centralità delle persone. Nell’articolazione di tale dinamica fondamentale è la funzione svolta dal conduttore che applica un ascolto incoraggiante e riflettente, facilita l’espressione di ciascuno, rispecchia, condivide, non commenta, non giudica.

Ciascuno studente, attraverso la partecipazione a questo laboratorio, ha la possibilità di sperimentare:

• il contatto con le proprie emozioni, significati, scopi

• la scoperta di sé, delle proprie risonanze e delle proprie risorse

• la comunicazione con se stesso, con l’altro, con il gruppo

• l’apprendimento cooperativo, che sviluppa abilità cognitive, ma anche emotive, relazionali, comunicative e metacognitive

• l’utilizzo di metodologie e tecniche didattiche come il brainstorming, la didattica laboratoriale, il circle time, la didattica conversazionale, la narrazione autobiografica.

Figura 27 – Traccia di lavoro per la conversazione cooperativa

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Capitolo 1.3