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II Programmi Urbani Complessi negli anni '

III. RIFLESSIONI SUL TEMA

iii.1 - Critiche e perplessità iniziali

In un periodo di evidente crisi nell'attuazione di effi caci politiche urbane, segnato da diffi coltà tecniche e normative nella defi nizione di nuovi assetti insediativi e nel controllo dei mutati processi di trasformazio- ne delle città, il legislatore inter- viene istituendo, in un arco tempo- rale di circa dieci anni, una serie di nuovi strumenti che si inseriscono ad un livello intermedio tra l'or- dinaria pianifi cazione e il progetto esecutivo d'intervento.

Detti strumenti, che si pongono tra gli obiettivi principali quello di agevolare l'istituzione di forme con- certative e/o di partenariato utili alla realizzazione di politiche di carattere edilizio-urbanistico volte alla riqualifi cazione e alla salva- guardia del patrimonio esistente e che non consentono di decidere "tut- to" ma di concentrare l'attenzione su specifi ci programmi d'intervento per i quali vengono defi niti soggetti attuatori, risorse, progetti preli- minari e tempi di attuazione, garan-

tiscono, oltre al necessario snelli- mento amministrativo nella defi nizione dell'iter procedurale, una maggiore e più profi cua integrazione tra ri- sorse pubbliche e private. In par- ticolare, a proposito della citata commistione di risorse economiche, è bene sottolineare come i ridotti fi - nanziamenti pubblici siano pensati, e dunque stanziati attraverso pro- cedure di competizione tra programmi d'intervento, al fi ne di dare impulso alla convergenza di più sostanziosi investimenti privati.

La famiglia dei Programmi Complessi, costituita come detto da strumenti urbanistici operativi di natura ne- goziale che non vengono inizialmente accolti di buon grado in quanto perce- piti come periodica e frenetica rin- corsa da parte dei soggetti pubblici ai fi nanziamenti o, ancor peggio, come pretesto di scardinamento delle "or- dinarie" procedure di gestione urba- nistica e dei piani che esse produ- cono, rappresenta invece l'avvio di diversi percorsi di sperimentazione di nuove pratiche di intervento e di programmazione che hanno sostanzial- mente cambiato le modalità e conte- nuti dell’azione sulla città e sul territorio.

iii.2 - La realtà attuale

Tra gli strumenti costituenti la fa- miglia dei Programmi Complessi, i Programmi di Recupero Urbano (P.R.U), i Programmi di Riqualifi cazione Urba- na (P.RI.U), i Contratti di Quartiere (C.d.Q) e i Programmi di Riqualifi - cazione Urbana e di Sviluppo Soste- nibile del Territorio (P.R.U.S.S.T) rappresentano opportunità "fi nite" nel tempo che, organizzate dall'Am- ministrazione centrale, hanno avuto un inizio e, nei casi di maggiore successo, una fi ne. Gli strumenti di cui sopra, susseguitisi negli anni e declinati in maniera tra loro diff e- rente, oltre a costituire importanti occasioni di sviluppo e riqualifi ca- zione dei contesti urbani più con- gestionati e maggiormente degradati hanno consentito, di volta in volta, di concentrare l'attenzione su dif- ferenti criticità ovvero su diversi aspetti del complesso processo pro- gettuale.

A oggi, delle signifi cative esperien- ze descritte, come testimoniato, tra l'altro, dal recente Decreto del Pre- sidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana 25 maggio 2016 (G.U. n.127 del 1 giugno 2016)

recante "Bando per la riqualifi cazione urbana e la sicurezza", sono soprav- vissute alcune importanti prerogati- ve, un tempo nient'aff atto scontate, ritenute indispensabili per lo svi- luppo della progettualità, delle tec- niche e delle modalità d'intervento. Tra queste, è possibile ricordare: • la necessità di una maggiore inte-

grazione di funzioni ed una maggio- re articolazione dei progetti;

• la previsione prima e successiva- mente l'analisi e il monitoraggio degli eff etti prodotti sull'ambiente e sulla società dagli interventi; • la semplifi cazione e la promozione

delle procedure di negoziazione e dunque delle relazioni tra attori pubblici e privati;

• l'attuazione di forme concorsuali con le quali selezionare le propo- ste meritevoli di fi nanziamento. Ancora poche iniziative, o forse peg- gio sbagliate, sono state promosse al fi ne di garantire l'eff ettiva attua- zione dei programmi ovvero il rispet- to dei tempi nella loro esecuzione. A riprova, purtroppo, di quanto appe- na aff ermato vi sono i numerosi pro- getti che, a quasi un decennio di di- stanza dall'approvazione, non hanno ancora visto "la luce".

Premesso che, nel corso degli anni, l'amministrazione Centrale, anche in materia di pianifi cazione territoria- le, ha trasferito parte delle proprie competenze alle Regioni e che quin- di la legislazione si è sviluppata in maniera disuniforme in relazione alle specifi che esigenze, un discorso a parte merita di essere fatto a pro- posito dei Piani Integrati d'Inter- vento (P.I.I) e delle Società di Tra- sformazione Urbana (S.T.U) che, in un qualche modo, sono entrati nella prassi urbanistica ordinaria.

I primi, rispetto ai quali già ad un mese di distanza dalla pubblica- zione sulla G.U della legge n.179/92 che li istituiva, da parte di alcune Regioni, nelle date del 27 e del 30 marzo 1992, sono stati promossi ri- corsi inerenti a questioni di legit- timità costituzionale in parte ac- colti dalla Corte Costituzionale che con Sentenza n.393/92 (depositata in cancelleria il 19 ottobre 1992) dichiarò l'illegittimità dei commi terzo, quarto, quinto, sesto e set- timo dell'art.16 della stessa leg- ge, seppur modifi cati ed integrati at- traverso specifi che leggi regionali, continuano a rappresentare uno degli strumenti urbanistici più idoneo con

il quale completare o al limite addi- rittura modifi care gli ordinari stru- menti di pianifi cazione.

Il successo dei Piani Integrati d'In- tervento è dovuto, oltre alla loro capacità di registrare prontamente le dinamiche trasformazioni del ter- ritorio e le articolate esigenze del mercato, alla loro intrinseca capa- cità di coordinare complessi inter- venti pubblico-privati.

Le Società di Trasformazione Urbana rappresentano tutt'ora uno strumento molto utile, se non addirittura in- dispensabile, per consentire ai Co- muni di realizzare concreti progetti d'intervento, essenziali per la cre- scita delle comunità.

La sempre ridotta disponibilità eco- nomica delle amministrazioni locali, ad esempio, può essere effi cacemente compensata sfruttando i fondi messi a disposizione dalla Comunità Euro- pea mediante bandi che richiedono la presentazione di progetti esecutivi in tempi tipicamente limitati. Se un tempo i Comuni potevano contare sul sostegno dei professionisti che pre- paravano a loro spese un progetto e che venivano retribuiti solo in caso di ottenimento dei fi nanziamenti, oggi tale strada non è più percorri-

bile in quanto le scadenze tempora- li previste verrebbero disattese in conseguenza del fatto che lo stesso incarico di progettazione deve es- sere aggiudicato attraverso un ban- do pubblico. Non avendo tipicamente a disposizione dei progetti "belli e pronti" le amministrazioni locali, senza il supporto delle Società di Trasformazione Urbana, diffi cilmente potrebbero riuscire a presentare nei 30-60 giorni previsti la documenta- zione richiesta per ottenere i fi nan- ziamenti.

Le S.T.U oltre a costituire la so- luzione atta a garantire la par- tecipazione dei Comuni ai bandi e dunque l'accesso degli stessi agli indispensabili fi nanziamenti, si sono dimostrate un valido strumento per progettare, trasformare e commercia- lizzare le aree urbane da sottoporre a riqualifi cazione.

Infi ne, strumenti quali l'Intesa Isti- tuzionale di Programma (I.I.P), l'Ac- cordo di Programma Quadro (A.P.Q), il Patto Territoriale (P.T), il Contrat- to di Programma (C.d.P) e il Contrat- to di Area (C.d.A) continuano ancora oggi a rappresentare il fondamento per la programmazione negoziata nel nostro Paese.