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Capitolo V: Social Impact Bond (SIB)

7. Terzo Settore e finanza sociale

7.2. La riforma del Terzo settore

La necessità di una riforma della disciplina sul Terzo settore era stata rilevata già da tempo e nell’ultimo ventennio diversi sono stati i tentativi fatti ma mai nessuno purtroppo è confluito in norme vigenti. Da tempo, infatti, per gli addetti ai lavori e non la disciplina del Codice Civile risultava ormai anacronistica, in quanto elaborata in un periodo storico in cui non si prevedeva che gli enti con finalità sociale potessero svolgere attività imprenditoriale. Infatti per poter effettuare una distinzione riguardo alla natura degli enti senza scopo di lucro e alla loro classificazione si è fatto ricorso alla normativa fiscale e a norme che ne individuano la natura commerciale o meno. Ciò ha generato incertezza e ha dato luogo a interpretazioni e modalità operative poco trasparenti (Randazzo and Taffari 2015).

L’ultimo tentativo di riforma, che sembra destinato ad avere esito positivo, è stato annunciato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi durante la Festa del Volontariato a Lucca il 12 aprile 2014. Successivamente, il 13 maggio 2014, il Governo Italiano ha lanciato una consultazione pubblica sul tema della riforma del Terzo settore. Con l’operazione di consultazione pubblica il governo ha inteso coinvolgere nella riscrittura della normativa di settore la società civile. La riforma punta dunque a una semplificazione, riorganizzazione e promozione del terzo settore affinché se ne riconosca la rilevanza sia nel processo economico, che in quello sociale, anche in vista di un maggiore coinvolgimento nella progettazione delle politiche sociali. Il passaggio fondamentale si ravvisa nel superamento della distinzione tra i soggetti del Libro I e V

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del Codice civile, tecnicamente dal carattere “commerciale” e “non commerciale”, che non si basa più sulla non lucratività dell’attività svolta, ma sulla rilevanza sociale del fine perseguito (Mancini, Menegatti, and Ranieri 2014).

La consultazione, che ha visto una numerosa adesione da parte delle organizzazioni del non profit, si è svolta secondo delle Linee guida (Governo Italiano. Presidenza del Consiglio dei Ministri 2014) fornite dal governo e suddivise in cinque aree principali, a loro volta articolate in sottopunti, che concernono le fondamenta giuridiche; la valorizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale e verticale; l’impresa sociale; il Servizio civile universale e il sostegno economico pubblico e privato degli enti del Terzo settore. Concluse le consultazioni, il Consiglio dei Ministri il 10 luglio 2014 ha approvato il Disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale. Tale testo conferisce al Governo una delega ad adottare entro dodici mesi dall’entrata in vigore della stessa legge, uno o più decreti legislativi concernenti il riordino e la revisione della disciplina legislativa in materia (art. 1 del Disegno di legge delega n. 2617).

L’iter di tale riforma è proseguito poi in seno alla Commissione Affari Sociali e, infine, la Camera dei Deputati, dopo aver apportato significative modifiche al disegno di legge governativo, ha approvato nell’aprile del 2015 un testo di legge delega, che si trova attualmente in discussione al Senato della Repubblica.

Nel testo approvato dalla Camera la riforma è chiamata, pertanto, sia a modificare una specifica parte del codice civile italiano (il Titolo II del Libro Primo) sia a dar vita ad un codice c.d. di settore (in questo caso, del Terzo settore) che raccolga e coordini tutte le disposizioni delle discipline vigenti in materia, tanto sostanziali quanto tributarie, e faccia ad esse precedere disposizioni generali e comuni (Fici 2015).

Tutto l’intervento normativo ruota intorno alla transizione dalla logica del non-profit alla dimensione del low profit; ciò sia per quanto riguarda la possibile coesistenza della remunerazione dell’investimento privato con la fiscalità di vantaggio sia, e soprattutto, in punto di diversificazione delle forme di accesso alle risorse finanziare da parte dei soggetti che perseguono, come obiettivo primario, il raggiungimento di obiettivi sociali in luogo della semplice massimizzazione del profitto (Mignone 2015).

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Passando ad analizzare i punti più significativi della riforma, il nuovo testo si apre con una definizione molto articolata e chiara di Terzo settore, termine con il quale ci si riferisce al:

«… complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche e solidaristiche che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività di interesse generale, anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale realizzati anche attraverso forme di mutualità, in attuazione del principio di sussidiarietà».

La finalità generale presa di mira dalla riforma, in attuazione del principio di sussidiarietà, è quella di sostenere la «libera iniziativa dei cittadini che si associano per perseguire il bene comune», coniugando «la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona» con l’obiettivo di valorizzare «il potenziale di crescita e occupazione» del settore (art. 1)(Mancini, Menegatti, and Ranieri 2014).

L’articolo 2 contiene i principi e i criteri direttivi generali sulla base dei quali stabilire le forme organizzative, amministrative e le funzioni degli enti del Terzo settore. Qui la modifica più significativa adottata riguarda l’esplicita previsione di un Codice specifico relativo al Terzo settore. Tra i principi e criteri enunciati, il Disegno di legge prevede (per l’impresa sociale) «forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione degli utili» nel rispetto di condizioni e limiti prefissati, in deroga alla previsione del divieto di distribuzione anche in forma indiretta degli utili (art. 2, lett. g), insieme all’introduzione di una disciplina delle «modalità di verifica dell’attività svolta e delle finalità perseguite» (art. 2, lett. l). Nel caso di esercizio di attività di impresa da parte dell’ente, inoltre, dovranno essere definiti criteri e vincoli per assicurare la «strumentalità dell’impresa rispetto agli scopi istituzionali», anche mediante l’introduzione di un regime di contabilità separata per distinguere la gestione istituzionale da quella imprenditoriale (art. 2, lett. h). Nella medesima prospettiva si prevede una disciplina specifica degli obblighi di controllo interno e di informazione nei confronti degli associati e dei terzi, obblighi che dovranno essere differenziati in ragione della «dimensione economica dell’attività» e dell’«impiego di risorse pubbliche» (art. 2, lett. i).

Nella sua analisi Mignone (2015) evidenzia come nel nuovo testo sono previsti anche correttivi strutturali finalizzati a realizzare la semplificazione burocratica ed a riorganizzare, semplificandolo, il sistema di registrazione di tutti gli enti e degli atti di gestione mediante un registro unico del Terzo settore (art. 2, lett. n).

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Nell’ottica del superamento del modello di Welfare omologante, sono altresì previsti:

 strumenti atti a valorizzare il ruolo degli enti «nella fase di programmazione a livello territoriale, relativa anche al sistema dei servizi socio-assistenziale e alla tutela del patrimonio ambientale e culturale, individuando criteri per l’affidamento agli enti dei servizi di interesse generale» (art. 2, lett. o);

 strumenti per favorire i «processi aggregativi» degli enti del Terzo settore (art. 2, lett. p);

 da ultimo, il coordinamento delle azioni di promozione e vigilanza delle attività degli enti, che dovrà essere assicurato, in raccordo con i Ministeri competenti, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, «anche mediante l’istituzione di un’apposita struttura di missione» (art. 2, lett. q).

Infine, in merito al tema del Servizio civile universale nel testo definitivo, emendato dalla Commissione, si ribadisce che «con il decreto legislativo di cui all’articolo 1, co 2, lettera d), si provvede alla revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 1 della Legge n. 66 del 6 marzo 2001» (Mancini, Menegatti, and Ranieri 2014).