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Rilievi conclus

Nel documento (Ri?) pensare la maternità (pagine 196-200)

Le sintetiche considerazioni sin qui svolte mostrano quanto sia necessario evitare di irrigidire la discussione sui due estremi, egualmente improduttivi, di una riduzione essenzialistica della dignità femminile e di una declinazione astratta dell’autonomia femminile sul proprio corpo e sul proprio universo relazionale53. Tutto al contrario, la

declinazione del concetto giuridico di dignità quale strumento volto a riconoscere, promuovere e proteggere esperienze incarnate di libertà impone, come si è visto, di

pp. 29 ss. Il rapporto tra dono, relazione e reciprocità è stato tematizzato classicamente - proprio nella prospettiva del mutuo riconoscimento, da Ricoeur 2005, pp. 247 ss., specie pp. 253 ss., 261 ss.

51 Di «pre-birth childcare» come oggetto specifico del compenso nella «responsible surrogacy» parla ad

esempio Welstead 2014, p. 333.

52 In questo senso Saraceno 2017, p. 5.

53 Pezzini 2017a, p. 207, invita ad «assumere problematicamente le opposte dimensioni in cui la condizione

specifica di un essere umano femminile (una donna) viene segnata dal suo corpo sessuato: di

neutralizzazione (che condanna all’irrilevanza la specificità della esperienza della gravidanza) e di essenzializzazione (che ingabbia in una connotazione assolutizzante e totalizzante la condizione della

donna, quasi ancorandola alla sola dimensione della gravidanza, come se potesse definirla interamente ed esaustivamente)».

considerare la dimensione della corporeità, riconoscendone tuttavia la funzione di mediazione nell’articolazione di relazioni54.

In questa prospettiva, a partire dal riconoscimento dell’irrinunciabilità della partecipazione di una donna a qualunque processo generativo di vita umana - e del valore specifico che tale partecipazione esprime, senza tuttavia tramutarsi per ciò stesso in essenza indisponibile o irrinunciabile destino55 - può divenire possibile articolare un

paradigma di comprensione della surrogazione che tenga conto della concretezza delle esperienze e delle specifiche dinamiche di libertà, relazione e cura che la caratterizzano: ciò è possibile, in particolare, se il riconoscimento della posizione femminile e della irriducibile asimmetria tra i sessi nel processo generativo non resti ancorato in una logica essenzialistica, ma includa la dimensione trasformativa implicata dalla scelta, e dalla stessa relazione che essa apre. Di nuovo, vengono in questione le diverse dimensioni della dignità, che è personale, relazionale e concreta, nella misura in cui ad essa dà forma l’esercizio di libertà in relazione, a partire dalle concrete condizioni in cui la libera scelta è esercitata. Il sé e l’altro rappresentano, evidentemente, limiti all’autodeterminazione: ma altro e fondamentale limite è rappresentato dal corpo stesso, che però non è (solo) essenza, ma (anche) veicolo di relazione. In altri termini, nell’articolare - in rapporto alla surrogazione - il complesso rapporto tra dignità, autodeterminazione e rilievo del corpo, non si può rifuggire dal dilemma dato dal fatto che, da un lato, l’esercizio di libertà immette trasformazione nella logica dell’essenza e, dall’altro, che il corpo riemerge continuamente come referente critico (e anche limite) all’esercizio di libertà.

In particolare, l’esercizio di libertà femminile reinterpreta continuamente la differenza, trasformandola secondo i canoni di una costruzione storica e sociale fondata su autonomia e relazione: la costruzione - personale e sociale - del genere come esperienza di libertà e autonomia femminile in relazione trasforma la differenza ed impedisce di opporre all’esercizio di autonomia la rigidità di una essenza predeterminata altrove.

54 Il corpo, in questa prospettiva, non è né oggetto, né soggetto, bensì mezzo di articolazione di relazioni,

«origine di conoscenza, tramite di esperienza, occasione di sorpresa» (così Esposito 2018, p. 82, riprendendo Spinoza) o ancora «un lieu d’interrogation existentielle» (Marzano 2013, p. 51): come osservato ancora da Saraceno 2017, p. 5 nell’esperienza della surrogazione è in gioco la capacità di essere preparate, attraverso il corpo e la mente «a mediare e a partecipare ad un complessa rete di rapporti».

55 Secondo Pezzini 2017b, p. 93, ad esempio «la gravidanza non è destino né funzione biologica, ma

esperienza vitale che si colloca in un complesso sistema di relazioni» ed in particolare la relazione riproduttiva e la relazione genitoriale.

In quest’ottica porre - come invita a fare il titolo di questo volume - la surrogazione di maternità al centro della questione di genere significa anche e soprattutto riflettere, allora, sulla libertà femminile (non come ideale ma) come esperienza, sul suo rapporto con il corpo e le relazioni, o ancora con il corpo-in-relazione, e dunque anzitutto con il corpo gravido. Il corpo della donna in gravidanza, infatti, rappresenta un limite del tutto particolare all’autonomia femminile, nella misura in cui è - appunto - sede irriducibile di una relazione. Autonomia e responsabilità femminile, in questo caso, sono rivolte verso il corpo e verso il nascituro, nella loro irriducibile relazione: come è stato affermato, «il corpo gravido per nove mesi è una donna che intesse una relazione ed in quanto tale si tratta di una esperienza che non può essere rimossa o sottovalutata»56. In altri termini, la

valutazione della scelta femminile di portare avanti una gravidanza per altri non può prescindere dalla considerazione che il corpo gravido è veicolo di relazione e responsabilità, e che quella relazione e quella responsabilità confermano (e conformano) l’esercizio di libertà femminile, nel contesto - però - di un più ampio spazio di esperienza che, non riducendosi alla vicenda procreativa, investe la dignità della donna a partire dalle sue concrete condizioni di vita.

Nel caso specifico della surrogazione, insomma, libertà e responsabilità - come implicate dall’esperienza della gravidanza - si muovono in uno spazio necessariamente più vasto, animato da relazioni complesse e da altrettanto complesse dinamiche di reciproca cura. In questo senso, prendere sul serio il rapporto tra autonomia, corpo e relazioni consente di riconoscere la dignità e il valore femminile che sono al centro della surrogazione - al limite, di riconoscere lo stesso elemento di potere che inevitabilmente è mobilitato nel processo procreativo, e sondare la possibilità di una sua trasformazione, attraverso il reciproco riconoscimento, in relazione di alleanza - senza tuttavia ridurre la maternità a

destino cui l’autonomia femminile non può opporsi.

Si tratta, in altri termini, di riconoscere e nominare il corpo, senza annientarlo e senza reificarlo57, e mettendolo piuttosto al centro di una dimensione di relazione

potenzialmente trasformativa: perché altro è trovarsi di fronte ad una esperienza incarnata di libertà, e altro è trovarsi di fronte ad una esperienza di reificazione58. Si assiste,

56 Così Pezzini 2017a, p. 195.

57 Così ancora, in termini generali, Esposito 2018, pp. 54-55.

58 Suggestiva al riguardo la differenza, tratteggiata da Marzano, tra reificazione - che si ha quando l’altro è

insomma, ad un doppio movimento, intimamente interconnesso: per un verso, la dignità è liberata dal suo ancoraggio esclusivo ad una essenza ideale; per altro verso, analogo processo interessa le interpretazioni della libertà, nella misura in cui da una declinazione astratta dell’autodeterminazione è possibile trascorrere, superando l’immagine di «soggetti disincarnati»59, verso una sua declinazione in concreto, vale a dire attraversata

dal corpo e dalle relazioni che per mezzo del corpo si aprono.

In questo senso, il rapporto tra dignità e libertà si alimenta di equilibri complessi, che devono essere - di nuovo - indagati, verificati e giuridicamente gestiti in concreto. Nell’affrontare le complesse questioni poste dalla surrogazione di maternità sul piano della garanzia della dignità e della libertà dei soggetti coinvolti - ed in primo luogo della donna - il giurista è dunque chiamato a confrontarsi con una fondamentale istanza di equilibrio: è nella ricerca e nella garanzia di equilibri che si nasconde la sfida - complessa e mai del tutto esaurita - di conciliare tutela della libertà e protezione delle specifiche vulnerabilità mobilitate dall’esperienza della surrogazione di maternità.

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persona, e dunque come termine di una relazione (Marzano 2013, p. 112); alla base c’è, come ovvio, una ben precisa declinazione del rapporto tra corpo, persona e libertà, che si traduce nella capacità di comprendere l’azione umana senza mai dimenticare la sua dimensione corporale (ivi, p. 123).

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