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Nelle realtà prese in esame, al di là degli intermediari privati, esistevano arciconfraternite religiose o istituzioni che si occupavano del riscatto degli schiavi o di integrare le somme di denaro messe da parte dai familiari dei captivi al fine della redenzione.387 Sin dal XII secolo erano due gli ordini religiosi che si occupavano dei

387 Sugli intermediari laici e religiosi per il riscatto di schiavi, seppur circoscritti al caso maltese, si veda.

A. Brogini, Intérmediaires de rachat laïcs et religieux à Malte, in J. Dakhlia, B. Vincent (a cura di), Les

musulmans dans l’histoire de l’Europe. I. Une intégration invisible, Paris, Albin Michel, 2011, pp. 47-63,

riscatti: quello dei Trinitari e dei Mercedari.388 L’Ordine della Santissima Trinità venne

fondato nel 1198 dai francesi Jean de Matha e San Félix de Valois, mentre l’Ordine di Santa Maria della Mercede venne istituito da San Pietro Nolasco, originario della Linguadoca.389 In area italiana sorsero poi, a partire dal XVI secolo, istituzioni e

confraternite che avevano l’obiettivo di riscattare i conterranei: la Redenzione dei Cattivi di Palermo, la Santa Casa della Redenzione dei Cattivi di Napoli, l’Arciconfraternita del

Gonfalone di Roma, il Magistrato per il Riscatto di Genova.390 In Toscana vi era una

cassa granducale per il riscatto e nel 1665 l’Ordine dei Trinitari ebbe la facoltà di stabilirsi a Livorno. A fianco di queste istituzioni i mercanti cristiani ed ebrei avevano un importante ruolo.391

A Palermo, già dalla metà del XV secolo, l’ordine religioso di Santa Maria della Mercede si assunse il compito di reperire fondi per il riscatto degli schiavi siciliani negli Stati barbareschi. In un secondo momento, imitando il modello dei mercedari, nacquero in Sicilia molte altre opere pie e specificamente a Palermo: il Monte di Pietà, la Congregazione dell’Oratorio, la Casa di Santa Maria la Catena, la Compagnia della Mercè, il Rifugio delle Sette Opere della Misericordia.392 Il gran numero di opere per la

redenzione però non si rivelò efficace a causa della rivalità tra i vari organi e della dispersione dei fondi raccolti mediante elemosine. Nel 1585 il parlamento siciliano chiese a Filippo II di intervenire. Il re concesse allora, sul modello delle Redenzioni dei Cattivi già esistenti a Napoli e Venezia, di fondare una Redenzione a Palermo attraverso la conferma dei capitoli eseguita dal viceré nel 1595. Nella premessa dei capitoli erano elencati i nomi dei presentatori incarnati da quattro rettori. L’obiettivo della nuova creazione era quello di coordinare le attività inerenti al riscatto degli schiavi siciliani in mano nemica. La redenzione deteneva un gran numero di privilegi che andavano dall’esclusività della raccolta di elemosine alle norme particolari di intervento in caso di

388 A. Pellizza, Schiavi e riscatti: alcuni cenni al caso veneziano nel contesto europeo d’età moderna, in

M. P. Casalena, (a cura di), Luoghi d’Europa: spazio, genere, memoria, Storicamente, Archetipolibri, 2011, pp. 22-34, p. 22.

389 S. Bono, Istituzioni per il riscatto di schiavi nel mondo mediterraneo. Annotazioni storiografiche, in I

Trinitari, 800 anni di liberazione. Schiavi e schiavitù a Livorno e nel Mediterraneo, «Nuovi Studi

Livornesi», Atti del Convegno (Livorno, 3 dicembre 1999), vol. VIII, 2000, pp. 29-43, qui p. 30.

390 A. Romano, Schiavi siciliani e traffici monetari nel Mediterraneo del XVII secolo, in M. Mafrici (a

cura di), Rapporti diplomatici e scambi commerciali nel Mediterraneo Moderno, Atti del convegno internazionale di studi Fisciano 23-24 ottobre 2002, Salerno, Rubettino, pp. 275-301, qui p. 276.

391 L. Frattarelli Fischer, Il bagno delle galere in ‘terra cristiana’. Schiavi a Livorno fra Cinque e

Seicento, in I Trinitari, 800 anni di liberazione. Schiavi e schiavitù a Livorno e nel Mediterraneo, «Nuovi

Studi Livornesi», Atti del Convegno (Livorno, 3 dicembre 1999), vol.VIII, 2000, pp. 69-94, qui p. 78.

392 G. Bonaffini, La Sicilia e i barbareschi, incursioni corsare e riscatto degli schiavi (1570-1606),

ostacoli all’opera del riscatto.393 Dunque i mercedari furono formalmente esautorati dal

ruolo di raccolta delle elemosine ma insistettero nella raccolta arbitraria delle elemosine, dando origine così a un contenzioso che andrà avanti sino alla prima metà del XVIII secolo.394

Per quanto riguarda Napoli, la Santa Casa della Redenzione dei Cattivi – la prima istituzione laica a occuparsi di riscatti – nacque nel 1548 per riscattare i cristiani resi schiavi dai musulmani. L’istituzione che fu, come abbiamo visto, modello per il sorgere di quella palermitana, coordinava gli enti caritativo-assistenziali di Napoli che riscattavano i napoletani in mano ai barbareschi.395 Una prassi sulle modalità del riscatto

degli schiavi venne istituzionalizzata solamente nel 1648, momento in cui la Santa Casa iniziò a operare tramite albarani. Un albarano era una sorta di impegnativa per il rimborso del prezzo di riscatto di uno schiavo a chiunque in Barberia o Levante avesse effettivamente anticipato la somma di ricatto.396 La città principale in cui avvenivano le

transazioni per i riscatti era Costantinopoli nell’Impero Ottomano. Il motore economico di tali scambi, tra le due sponde del Mediterraneo, non era solamente nelle mani degli emissari della Redenzione e dunque circoscritto geograficamente a una realtà specifica, ma anche nelle mani di operatori finanziari che agivano a Venezia o in altre città strategiche.397

Un’altra importante istituzione era il Pio Monte della Misericordia che nacque nel 1602. Il Monte conteneva al suo interno sei opere di misericordia e tra queste L’Opera

della Redenzione dei Cattivi venne istituita nello stesso momento della fondazione del

Pio Monte.398 Quando venne fondata la Santa Casa della Redenzione dei Cattivi, il Pio

Monte forniva, sotto forma di donazioni, diverse somme alla Santa Casa. In ogni caso

l’Opera della Redenzione continuò a operare autonomamente. Anche il Pio Monte

utilizzava l’albarano come strumento di riscatto.399

393 Ivi, p. 25. 394 Ivi, p. 33.

395 G. Boccadamo, I « Redentori » napoletani. Mercanti, religiosi, rinnegati, in W. Kaiser, (dir.), Le

commerce des captifs. Les intermédiaires dans l’échange et le rachat des prisonniers en Méditerranée, XVe –XVIIIe siècle, Ecole française de Rome, 2008, p. 220.

396 Ivi, p. 219. 397 Ivi, p. 221.

398 G. P. Leonetti di Santo Janni, Il Pio Monte della Misericordia tra passato e futuro, in M. Pisani

Massamormile, (a cura di), Il Pio Monte della Misericordia di Napoli nel quarto centenario, Napoli, Electa Napoli, 2003, pp. 15-32, qui p. 17.

399 R. D’Amora, Il Pio Monte della misericordia di Napoli e l’opera della redenzione dei cattivi nella

prima metà del XVII secolo, in W. Kaiser, (dir.), Le commerce des captifs. Les intermédiaires dans l’échange et le rachat des prisonniers en Méditerranée, XVe –XVIIIe siècle, Ecole française de Rome,

A Roma l’Arciconfraternita del Gonfalone nacque nel 1581 grazie alla bolla papale Christianae nobiscum di Gregorio XIII. Dopo la fondazione, l’Arciconfraternita prese in prestito i Capitoli dell’opera napoletana per trarne suggerimenti e norme per l’attività.400 L’Arciconfraternita era fra le più antiche e aveva sede presso la Chiesa di

Santa Lucia, il suo compito consisteva nel procurare le somme necessarie all’attività redentrice.401

A Genova, dato le continue razzie di persone sulla costa ligure, nel 1597 nacque il

Magistrato per il Riscatto degli Schiavi, un’istituzione laica sorta allo scopo di ottenere

con tutti i mezzi opportuni il maggior numero di riscatti.402 Prima della nota istituzione

esisteva un istituto risalente al 1403, Il Magistrato di misericordia, che raccoglieva elemosine per liberare gli schiavi. È testimoniata l’esistenza di altre opere come la Compagnia dell’Ufficio di Pietà e i Consortia Charitatis Jesus Mariae dalla cui fusione nacque l’Opera del riscatto di schiavi. Probabilmente alla fine del XV secolo l’Opera venne inglobata dal Magistrato di misericordia.403 Infine per affrontare al meglio il

problema della schiavitù, il Minor Consiglio e il Gran Consiglio approvarono la fondazione dell’istituzione del Magistrato per il Riscatto degli Schiavi che rappresentava la prima istituzione non religiosa, in area italiana, a detenere ampi poteri esecutivi e giudiziari per dirimere qualsiasi questione concernente la schiavitù.404

A Livorno operavano i trinitari dalla metà del XVII secolo. Sulle motivazioni che spinsero l’ordine religioso francese a insediarsi a Livorno, e non ad esempio a Firenze, vi era l’interesse geopolitico francese sulle sponde mediterranee. Per effetto della neutralità toscana, dopo la cessione della flotta alla Francia qualche anno prima dell’insediamento dell’ordine medesimo, l’ordine religioso francese traeva un enorme vantaggio nel riscattare gli schiavi da quella località geografica. Dal punto di vista delle attività redentive, la comunità ebraica e lo spirito cosmopolita livornese rappresentavano una ulteriore facilitazione sia per l’acquisto di schiavi sia per il commercio dei captivi.405

400 S. Bono, I corsari barbareschi, Torino, Eri, 1964, p. 286. 401 Ivi, p. 287.

402 A. G. Capini, E. Lucchini Aronica, M. G. Buscaglia, Immagini di vita tra terra e mare, la Foce in età

moderna e contemporanea (1500-1900), Mostra storico-documentaria, 1984, p. 75.; S. Bono, I corsari barbareschi, p. 308.

403 E. Lucchini, L’istituzione del Magistrato per il Riscatto degli Schiavi nella Repubblica di Genova, in

«Critica Storica», n. 3 (1986), pp. 375-386, qui p. 376. Ringrazio Andrea Zappia per avermi gentilmente consigliato la lettura dell’articolo.

404 Ivi, p. 379.

405 G. Panessa, L’insediamento dei Trinitari e l’interculturalità di Livorno, in I Trinitari, 800 anni di

liberazione. Schiavi e schiavitù a Livorno e nel Mediterraneo, «Nuovi Studi Livornesi», Atti del

Oltre ai trinitari operavano altre compagnie religiose come la Compagnia della Natività di Maria Vergine e della Santissima Trinità del riscatto che avevano l’appoggio granducale. Per dirimere la rivalità che sorse tra le varie compagnie si decise di istituire una Cassa Granducale per il riscatto degli schiavi per la Toscana. A Livorno rimase la confraternita della Natività e del riscatto che doveva rendere conto del suo operato alla nuova Cassa Granducale. In ogni caso le altre confraternite continuarono ad operare, in particolare i Trinitari. La Cassa di fatti non obbligava il confluire di tutte le elemosine religiose in essa.406 Infine a Livorno esisteva una Compagnia per il riscatto degli schiavi

livornesi in favore esclusivamente degli ebrei.407 Dunque dal proliferarsi di queste

società di redenzione, di istituzioni laiche e religiose, comprendiamo la portata degli interessi economici in gioco nel commercio di uomini tra continente europeo e africano. Gli schiavi che ritroviamo in area italiana non provenivano solamente da questi scambi “reciproci” nel Mediterraneo e non erano solo cattivi. Seppur non numerosi, nell’eterogeneo gruppo di persone non libere ritrovate nelle fonti, troviamo schiavi provenienti dalle più variegate zone geografiche e che frequentemente non ritornavano più nel loro territorio di origine, sempre che un territorio di origine lo avessero come nel caso di uno schiavo nato su un vascello.