Livorno, all’interno del Granducato di Toscana governato dagli Asburgo-Lorena dal 1769, era un emporio marittimo e commerciale molto importante nel Mediterraneo. Essendo un porto franco si prestava bene alle operazioni di scambio, compravendita e cattura di uomini. Ferdinando I, Gran Duca di Toscana, permise in questo modo il passaggio e il rifugiarsi di mercanti provenienti da ogni parte del Mediterraneo: turchi, persiani, ebrei, corsi, armeni, francesi, inglesi e olandesi.532 Il Bagno di Livorno era una
struttura che ospitava forzati provenienti da ogni stato italiano, i quali lavoravano nelle
532 S. F. Ostrow, Pietro Tacca and his Quattro Mori: The Beauty and Identity of the Slaves, in «Artibus et
Historiae», 71 (XXXVI), 2015, pp. 145-180, qui p. 152. Ringrazio il Professor Salvatore Bono per avermi gentilmente indicato l’articolo.
galere a fianco di schiavi che venivano razziati o comprati. Il Bagno venne costruito tra il 1598 e il 1604 per ordine di Ferdinando I, ad imitazione della prigioni schiavili di Algeri e Costantinopoli.533 Esisteva anche un ospedale, inizialmente esterno al Bagno,
poi collocato sopra i magazzini del Bagno e separato in due aree distinte per i pazienti di opposte confessioni.534 Anche Salvatore Bono testimonia la costruzione ad opera di
Cosimo III di un nuovo ospedale per i turchi e l’esistenza di 4 moschee a Livorno nel 1680.535 Dalle relazioni del cappuccino Filippo Bernardi, al pian terreno vi erano i
dormitori di ciurma delle galere che alla fine del XVII secolo presero i seguenti nomi: Bagno di Sant’Antonio, della Concezione, di San Francesco e di San Giuseppe. Esisteva anche una biscotteria, un luogo in cui si fabbricava cibo non solo per il Bagno ma anche per la vendita all’interno della città di Livorno.536 Il Bagno dei forzati cessò di esistere il
13 febbraio 1750 e la storiografia sostiene che la maggior parte degli schiavi venne in seguito liberata.537 La data si ritrova nell’inventario dei forzati, conservato nell’Archivio
di Stato di Livorno, che afferma che da quel momento una parte dei forzati fu esiliata e una parte inviata al Bagno di Pisa per essere impiegata nella costruzione di vascelli, i quali avevano oramai sostituito le galere. I locali del vecchio bagno vennero adibiti a quartiere militare.538
Il problema della schiavitù è stato affrontato da Salvatore Bono e da Renzo Toaff per quanto riguarda la popolazione ebraica. Ancora da Lucia Frattarelli Fischer e recentemente da Cesare Santus per il XVII secolo. Santus ha preso in esame le fonti del Sant’Uffizio.539 Per quanto riguarda la dimensione quantitativa del fenomeno, Vittorio
Salvadorini conta 10.115 schiavi catturati tra il 1568 e il 1668 e 6.175 schiavi tra il 1600
533 Sul bagno di Livorno si veda L. Frattarelli Fischer, Il bagno delle galere in terra ‘cristiana’. Schiavi a
Livorno fra cinque e seicento, «Nuovi Studi Livornesi» VIII (2000), pp. 69-94, qui p. 70.
534 C. Santus, Il ‘Turco’ e l’inquisitore. Schiavi musulmani e processi per magia nel bagno di Livorno
(XVII secolo), «Società e Storia» 133 (2011),pp. 449-484, qui p. 453.
535 S. Bono, Schiavi musulmani in Italia in età moderna, Ankara, Erdem, 1988, pp. 829-838, p. 835. 536 C. Santus, Il ‘Turco’ e l’inquisitore. Schiavi musulmani e processi per magia nel bagno di Livorno
(XVII secolo), pp. 449-484, p. 455.
537 Ibidem.
538 ASL, Inventario dei forzati.; Curiosità Livornesi inedite o rare, in
https://archive.org/stream/curiositlivorn00perauoft#page/312/mode/2up (consultato il 25 Marzo 2016), p. 36.; C. Piazza, Schiavitù e guerra dei barbareschi: orientamenti toscani di politica transmarina, 1747- 1768, Milano, Giuffrè, 1983, pp. 92-93.
539 R. Toaff, Schiavitù e schiavi nella Nazione Ebrea di Livorno nel Sei e Settecento, «Rassegna Mensile
di Israel» (estratto) 51 (1985) n. 1 (gennaio-aprile),pp. 82-95; C. Santus, Il ‘Turco’ e l’inquisitore. Schiavi
musulmani e processi per magia nel bagno di Livorno (XVII secolo), «Società e Storia» 133 (2011),pp.
449-484; sugli schiavi a Livorno, si veda Bono, Schiavi musulmani nell’Italia moderna, pp. 226-232; sui padri cappuccini a Livorno, p. 243; ci sono poi casi di schiavi passati per Livorno in altre pagine dell’opera. Si veda anche la voce “La schiavitù” in M. Lenci, Corsari. Guerra, schiavi, rinnegati nel
e il 1620. Franco Angiolini conta 15.000 prigionieri tra la metà del XVI secolo e la metà del XVII secolo.540 Come scrive anche Cesare Santus, riprendendo i dati quantitativi
della storiografia esistente, la percentuale dei “turchi” sugli abitanti complessivi di Livorno si attesta attorno ad un 20% nel 1601, ad un 10% nel 1622 e ad un 8% all’inizio degli anni 1740. Pertanto si nota una continua decrescita.541
In realtà dalla mia ricerca nell’Archivio di Stato di Livorno, e consultando il fondo del Governatore, risulta una presenza schiavile ancora fino al 1816 e il Bagno veniva ancora citato nonostante avesse perso la sua funzione precedente.542 (si vedano le figure 4 e 5, p. 161). Dunque vorrei cercare di aggiungere qualche tassello alle ricerche sulla
schiavitù a Livorno dimostrando l’esistenza di schiavi tra gli anni 1790 e 1816. Nonostante la chiusura del Bagno esistevano ancora schiavi, anche se il fenomeno è residuale se messo a confronto con i dati già forniti dalla storiografia per il XVII secolo. Un documento stilato a Firenze nel 1790 testimonia la volontà di scambiare 11 schiavi turchi razziati nella cala delle Caldane trattando con il Bey di Tunisi per la restituzione di schiavi toscani.543 Una lettera indirizzata al Padre Ministro della
Redenzione del luglio 1791 tratta del riscatto di Francesco Corridi e del figlio, entrambi schiavi in Algeri. Venne proposta la somma di 1700 zecchini e l’intermediario dell’operazione era l’ebreo Bacrì. Nell’ottobre 1790 venne invece segnalata la presenza di 18 schiavi turchi. Dunque l’ebreo Bacrì avrebbe dovuto scambiare i 18 schiavi turchi con i 6 toscani e chiederne la liberazione al Bey di Tunisi.544 Dei 18 schiavi due erano
levantini, due algerini e due di Morea: Cadur Ben Bellacagi Abdelcaden, d’anni 22, algerino; Ibrahim Ben Iacù Bipimon, d’anni 20, algerino; Ismail Ben Mahamet soldato cannoniere, d’anni 25, di Morea; Mahamet Ben Assemon Soldato, d’anni 27 di Morea; Mahamet Ben Lacagi Amor, d’anni 27, levantino e Achafsen Ben Ibrahim, soldato levantino di 20 anni.545
Nel 1790 arrivarono al Bagno 19 turchi predati all’isola del Giglio. Dodici erano nel bagno anche precedentemente, mentre sei erano di Algeri. La lettera venne inviata al
540 F. Angiolini, Slaves and slavery in the Early Modern Tuscany (1500-1700), «Italian History and
Culture» 3 (1997), pp. 67-82, qui pp. 69-74. V. Salvadorini, Traffici con i paesi islamici e schiavi a
Livorno nel XVII secolo: problemi e suggestioni, in Livorno e il Mediterraneo nell’età medicea. Atti del
convengo, Livorno 23-25 Settembre 1977, Livorno, Bastogi, 1978, pp. 206-255, pp. 218-221.
541 C. Santus, Il ‘Turco’ e l’inquisitore. Schiavi musulmani e processi per magia nel bagno di Livorno
(XVII secolo), pp. 449-484, p. 456.
542 Archivio di Stato di Livorno (d’ora in avanti ASL), Governo Civile e Militare di Livorno, n. 896,
fascicolo 15 marzo 1818, c. 3.
543 Ivi, c. 342. 544 Ivi, c. 344. 545 Ivi, c. 345.
console inglese Nyssen che doveva aiutare i toscani nella liberazione dei loro schiavi. I 12 schiavi tunisini nel Bagno di Livorno erano (si veda tabella 3):
Tab. 3 Lista dei 12 schiavi tunisini nel Bagno di Livorno nel 1790
Schiavi tunisini Età
Mohamed Ben Mustafà 20
Mohamed Ben Mahamet 20
Amon Ben Laeusin 18
Mualy Achamed Ben Mahamet 54
Ottomen Ben Mohamed 34
Elecaufsin Ben Sola 35
Jusuf Ben Salem 25
Luenes Ben Cafsimo 20
Mahamet Ben Amor 20
Mahamet Ben Alì 27
Rehafson Ben Mahsmet 16
Mahamet Ben Lacagi Soliman 27
Fonte: ASL, Governo Civile e Militare di Livorno, n. 896, cc. 349-350.
Nel luglio 1792 arrivarono anche 12 “mori” nel Bagno, anche loro destinati a essere sempre utilizzati per il cambio dei Corridi, ma nell’operazione di scambio non vennero accettati in quanto mori. Quindi anche il secondo tentativo di scambio non andò a buon fine. In una copia della lettera scritta dal padre amministratore dell’Ospedale di Algeri al Priore della Redenzione di Livorno troviamo scritto:
Copia di Lettera Scritta il Pre Amministratore dello Spedale d’Algeri al Pre Prore della Redenz. in Livorno e
Coll’arrivo di una Tartana Francese ho ricevuto la lettera di V.P. coll’annessa istruzione di quell’Illmo Governo per trattare il baratto di alcuni Schiavi toscani descritti nell’accusa nota con Li Turchi che si ritrovano in codesto Bagno. Mi sarebbe di consolazione il poterlo effettuare, ma è superfluo aggiungere questo Trattato con Li Sig.ri Algerini, cui nulla preme di redimere, e cambiare i suoi Schiavi con i Cristiani, e specialmente quando cadono Schiavi sotto altra Bandiera, come è accaduto a quelli; di cui si tratta; se fossero caduti Schiavi, con bandiera Algerina vi sarebbe forse luogo in qualche maniera al Trattato, ma i mori non li considerano, anzi li riguardano con disprezzo, e dicono comunemente che il Regno d’Algeri, abonda di Simil Canaglia: ciò nonostante facendomi un carico di eseguire gli ordini ricevuti, ne ho parlato con questo ministro, ma ha subito risposto di non parlare su tale assunto, non volendo il Bey rilasciare gli Schiavi Cristiani in altra maniera, che a prezzo di danari contanti.
Delli Schiavi Toscani descritti nella trasmessa nota i Soli due Carridi Padre, e Figlio, Sono Schiavi della Reggenza, onde volendo redimerli, penso che costeranno meno di
millecinquecento zecchini di primo costo, gli altri essendo Schiavi di particolari. Sarà facile di averli per quattrocento zecchini, circa uno per l’altro perché è quanto (…).546
Emerge la questione degli schiavi mori che non erano barattabili, pertanto lo scambio doveva essere effettuato solo tramite denaro. In realtà anche il governo toscano era interessato solo ad alcune tipologie di schiavi per i riscatti che si dividevano in tre gruppi: nel primo gruppo erano compresi i sudditi, sia originari che domiciliati, caduti in schiavitù sopra un bastimento toscano; il secondo gruppo era composto da coloro che erano rimasti schiavi mentre navigavano sopra bastimenti esteri. Nel terzo gruppo si contavano anche coloro che servivano sopra i bastimenti toscani come forestieri ma che erano compresi nell’equipaggio. Coloro che facevano parte della prima classe venivano riscattati prima, poi quelli della seconda e infine quelli della terza. Ad esempio in un caso del 1786 venne inviato un passaporto a un padrone di barca perché considerato di prima classe.547 Dunque la questione che riguardava Francesco Corridi, il figlio e i loro
rispettivi riscatti non aveva ancora trovato risoluzione. Intervennero i padri trinitari che commissionarono l’intervento al Padre amministratore dell’ospedale di Algeri. La condizione era che il costo non doveva eccedere i millecinquecento zecchini algerini. Il Carridi si indebitò per il riscatto e dovette supplicare la Casa del riscatto di Algeri di prestargli denaro. Anche l’ebreo Bacrì avrebbe dovuto essere ripagato.548
Per l’aprile del 1792 è testimoniata la presenza di 12 schiavi tunisini, gli schiavi affidati dal governo toscano al capitano Pietro Bratich. Vennero inviati a Tunisi in cambio del rilascio di due prigionieri toscani e uno austriaco.549 Ancora il 25 novembre
dello stesso venne fornito il racconto di un naufragio che si traduceva nella venuta in Livorno di nuovi schiavi. È presente nel racconto anche qualche caso di conversione:
546 Ivi, c. 363r. 547 Ivi, c. 351. 548 Ivi, c. 388.
549 La fonte è già stata utilizzata per una mostra nell’Archivio di Stato di Livorno. ASL, Governo Civile e
25 Novembre 1792 Altezza Reale
E Accompagnati dal maggior riverente rispetto e sommissione. Prostratisi ai Piedi del Reggio Trono, si presentano con le lagrime agli occhi i Poveri et infelicissimi Turchi schiavi. Servi umilissimi di vostra altezza Reale, esistenti tuttora nel Bagno della città di Livorno. Brevemente rappresentano, come trovandosi questi in navigazione dalla parte di spiaggia Romana, in compagnia d’altri suoi consimili ascendenti al numero di 59, e sospettatasi una torre, e terribile intemperie di vento, che in brevissimo tempo gli trasporti vicini all’isola del Giglio et ivi accortisi, che il Loro bastimento incominciava a naufragare, si appigliarono alla massima brevità per procurarsi la loro salvazione, che in parte dei quali restavano preda del proprio Mare, parte pigliorno la terra di Corsica, e finalmente numero 19 pigliorno terra all’isola del Giglio; ove furono fatti Schiavi sotto la piena Potestà di V. R. M., e susseguentemente furono rapportati in questa suddetta città di Livorno, e posti sotto le vigorose forze della M.R.V. che due dei quali hanno abbracciato la santa legge cristiana, ed il restante, in n. di 17 nuovamente, tenutesi a Piedi di V.R.M umilissimamente supplicando la vostra Paterna Bontà, e pia luminosa Clemenza di voler commiserare lo stato deplorabile in cui si ritrovano, e benignamente contribuirli la tanto sospirata Grazia della loro libertà per così potersi ricondurre alla Loro Patria a convivere coi loro consanguinei, che non mancheranno di pregare il grande Iddio per la più longa e prosperosa conservazione di V.R.M e Vostra augustissima Real Consorte per Deus.550
Nel 1816 vivevano ancora 48 schiavi turchi nella darsena di Livorno. La prima trattativa prevedeva il cambio di 5 turchi per un cristiano. Il figlio secondogenito del Bey era il padrone del giovane Simone Sardi che in ogni caso non voleva rilasciare, neanche se gli fossero stati accordati i 48 turchi. Il ministro Soliman Kaya disse che il cambio da amministrare in ragione di 3 turchi per 1 cristiano era a nome della Regina di Sardegna. In realtà il Bey Hassan voleva ripagare i suoi sudditi e non scambiarli con alcun schiavo cristiano. Nell’operazione di riscatto allora vennero chiesti non livornesi ma genovesi. Gli schiavi tunisini lamentavano poi uno stato di penuria a Livorno; erano stati prima schiavi a Genova e in Sardegna dove le condizioni di vita a loro dire erano migliori. Il console Nyssen nonostante queste difficoltà doveva operare il cambio dei 48 e riuscire a riportare nel Regno di Sardegna i 48 schiavi tunisini per ultimare lo scambio.551
550 ASL, Governo Civile e Militare di Livorno, n. 45, c. 232.
551 ASL, Governo Civile e Militare di Livorno, n. 896, fascicolo 15 marzo 1818, c. 6 e altri fascicoli non
Fig. 4 Pianta del Vecchio Bagno, 1798, a
Fig. 5 Pianta del Vecchio Bagno, 1798, b
Fonte: ASL, Governo Civile e Militare di Livorno (1764-1860), n. 895.