L’ ALTRA METÀ DEL R ITO
5. Il Rito dell’“Altra Metà”
Il Rito nella Cina antica, per quanto sia spesso stato identificato esclusivamente con i suoi aspetti visibili, in termini cioè di etichetta e cerimoniale, è in primo luogo un principio d’ordine della società, cui tutti sono sottoposti relativamente al proprio ruolo e alla propria posizione sociale o famigliare. È un principio d’ordine fondato sulle differenze (tra i sessi, tra le posizioni sociali e tra i ruoli famigliari), l’intreccio delle quali si esprime in termini di gerarchia. È perciò oggetto primario dell’educazione impartita dalle madri ai propri figli, perfino dalle madri appartenenti ad un’epoca storica in cui il rito non era stato ancora istituzionalizzato in quanto Rito.48 Jiandi, antenata suprema della stirpe Shang: “quando Xie crebbe, gli insegnò i principi delle cose e lo rese obbediente nell’accettare i
ruoli sociali”.49
“Biografie di donne” ripetutamente enfatizza la distinzione primaria nell’ordinamento rituale, quella tra uomo e donna: “uomo e donna sono differenziati [dal punto di vista rituale]” nan nü you bie 男女有别. La donna non è però mai descritta in termini di inferiorità biologica o naturale rispetto all’uomo, è anzi concepita, al pari dell’uomo, come potenzialmente pericolosa ma anche potenzialmente virtuosa. Non v’è traccia in “Biografie di donne” del nanzun nübei 男尊女卑 che avrebbe contraddistinto la rappresentazione della donna ad opera dell’ideologia centrale, in particolare a partire dal periodo Song, periodo in cui si ritiene le condizioni della donna abbiano subito un certo peggioramento. Soltanto una volta, nell’intero “Biografie di donne”, si afferma “la donna è debole nel
pensiero”,50 ma ciò non toglie che anche l’uomo fosse concepito come potenzialmente preda del vizio e non sempre dedito alla condotta virtuosa: come uomini non educati sono uomini dappoco e non junzi, così una donna non educata non può che soccombere alla debolezza di pensiero e diventare anch’ella viziosa.
Il “dovere di donna [in quanto moglie]” furen zhidao 妇人之道, la “correttezza di donna [in quanto moglie]” furen zhiyi 妇人之义 patrocinate in “Biografie di donne” si traducono innanzitutto nella gerarchia di virtù delineata nei sei capitoli, con tutta una serie di sfumature che coinvolgono altri aspetti morali, in particolar modo la frugalità. La donna, una volta inserita nell’universo rituale, doveva obbedire quindi a princìpi rituali che le competevano innanzitutto in quanto moglie, madre o figlia, in secondo luogo in quanto prima, seconda o terza moglie, in terzo luogo in quanto moglie di re, di grande funzionario o di semplice membro del popolo, e così via secondo un fitto intreccio di posizioni e ruoli sociali subordinati e differenziati.
Che l’obbedienza a tali principi si traducesse nella subordinazione della donna nei confronti dell’uomo è una questione più complessa, che non può che coinvolgere l’intero ordinamento rituale. In un mondo ordinato sulla base del Rito, la subordinazione era innanzitutto inerente all’intreccio delle relazioni nella famiglia, nello stato “feudale”, nell’impero tutto. Nasceva nel momento in cui i vari
48 L’istituzionalizzazione del rito è fatta risalire al duca Zhou.
49 Biografia “Jiandi, madre di Xie”, capitolo primo “Modelli materni”.
ruoli, differenziati, si intrecciavano a formare la serie di relazioni da cui scaturiva la società idealmente organizzata; era cioè strettamente connessa al gioco dei ruoli. Di conseguenza, la subordinazione della donna si poneva innanzitutto come controparte della subordinazione dell’uomo: alla subordinazione della donna nei confronti del marito corrispondeva la subordinazione del figlio nei confronti dei genitori, come pure la subordinazione di ogni suddito nei confronti del sovrano, e perfino la subordinazione dell’imperatore nei confronti del Cielo, che era un’entità morale invece che antenato supremo e aveva dunque il diritto di “sostituire il proprio figlio”. In secondo luogo, non essendo tali subordinazioni concepite in termini biologici bensì di ruolo, anche tra le donne, ad esempio tra le donne di una stessa famiglia, erano presenti legami di subordinazione: le mogli di grado inferiore erano sottoposte alla prima moglie, la figlia era sottoposta alla madre, oltre che al padre, e così via. In terzo luogo, come già precedentemente sostenuto, la reale condizione della donna era non solo influenzata da princìpi ideologici più o meno attualizzati o attualizzabili, ma soprattutto era dipendente da fattori di tipo economico-sociale, aveva a che fare cioè con lo status prima ancora che con il genere.
“Biografie di donne” propone tre princìpi in base ai quali si è ritenuto che la donna nella Cina antica fosse in una condizione di totale, o quasi, subordinazione nei confronti dell’uomo: il già menzionato principio del non-spadroneggiare wu
shanzhi zhiyi 无擅制之义, il principio delle tre dipendenze sancong zhidao 三从之道,
e il principio della castità yijiao bu gai 一醮不改.
Tra i tre, il principio che più sottintende ad una condizione di subordinazione è il secondo, in base al quale le donne “da giovani, [sono] dipendenti dai genitori;
sposate, [sono] dipendenti dal marito; una volta morto il marito, [sono] dipendenti dai figli”.51 Non è tuttavia chiaro quali siano i termini di questa dipendenza, se cioè ci si riferisca ad un ambito più propriamente economico invece che decisionale, e quando il carattere cong, che letteralmente significa “seguire”, sia passato ad indicare la sottomissione da un punto di vista spirituale, oltre allo “spostamento fisico” cui era originariamente riferito (nel caso della biografia, di fatto, ci si riferisce allo spostamento della dimora: se Mencio possa abbandonare il paese di Qi con una madre ormai anziana). In misura maggiore, al di là dell’enunciato in via di principio, molte biografie presentano donne che sono andate contro la volontà dei propri genitori, del marito e dei figli: anzi, il compito di queste donne è proprio quello di educare i personaggi maschili che sono loro accanto. In questo senso non vi è traccia alcuna di un’automatica obbedienza della donna all’uomo in quanto uomo.
Il principio della castità era anch’esso probabilmente riconducibile a questioni economiche prima ancora che morali. La donna, per quanto vedova, aveva infatti importanti mansioni nell’ambito dell’economia domestica: “Biografie di donne” più volte enfatizza il compito di sostenere i genitori del marito, preparando loro il cibo o fabbricando gli abiti che avrebbero indossato. Nel caso anche i suoceri fossero morti, la vedova manteneva comunque un proprio ruolo all’interno del
clan ed era inserita in un tessuto sociale più ampio cui attivamente partecipava. La più disperata condizione di vedovanza in “Biografie di donne”, non casualmente, è offerta dalla moglie di Qi Liang di Qi,52 una vedova che non può fare affidamento su alcun congiunto nei cinque gradi di parentela, e a cui non resta altra strada che piangere il cadavere del marito sotto le mura della città, infine suicidarsi gettandosi nelle acque dello Zi. In termini più propriamente ideologici, la castità si rendeva necessaria anche perché faceva da controparte alla fedeltà del funzionario nei confronti del proprio sovrano, era cioè uno strumento per rafforzare l’autorità del potere centrale.
La principale causa di subordinazione, allora, diventerebbe l’impossibilità a partecipare alla vita “esterna” all’ambiente famigliare, ovvero alla vita politica e alla carriera burocratica. Il testo, tuttavia non nega in assoluto alle donne la partecipazione a questioni politiche, purché sia essa appropriata al ruolo di moglie, ovvero indiretta.
La subordinazione della donna nei confronti nell’uomo è da ricercare più a monte dei precetti morali stessi, i quali, come sopra evidenziato, hanno un corrispettivo negli “esterni” e sono parte di una rete più ampia di subordinazioni. Paradossalmente, la subordinazione della donna è da ricercare nella sua stessa elevazione.
L’altra metà del Rito. Conclusioni
Merito principale di “Biografie di donne” è di aver iniziato uno specifico discorso sulle donne, all’interno di un più ampio discorso confuciano. La donna da semplice figura marginale, sporadicamente comparsa nei testi della tradizione o nelle storie ufficiali, in quanto madre di personaggi meritevoli o moglie dissoluta causa della rovina di uno Stato, è elevata al rango di partecipante attiva all’ordine umano. Le è riconosciuto un ruolo nell’ambito famigliare e, per corrispondenza, nell’ambito statale più in generale; partecipa inoltre ad una delle tre relazioni fondamentali, quella tra moglie e marito. La donna virtuosa riceve in tal senso un riconoscimento senza precedenti nella storia cinese.
Paradossalmente, è proprio in questa elevazione che va ricercato il principio stesso di subordinazione della donna: l’elevazione si traduce infatti nella limitazione della propria condotta, nell’inserimento in un universo regolato da una fitta rete di norme comportamentali corrispondenti a quelle che regolano il mondo maschile, nell’aderenza infine a precisi standard morali rispetto ai quali la donna era stata fino ad allora mantenuta in condizione di estraneità.
Il riconoscimento del ruolo dell’“altra metà del Cielo”, si pone quindi come un tentativo, da parte dell’ideologia centrale, di smorzarne la forza distruttiva incanalandola in una più ampia rete di subordinazioni che la rendano “l’altra metà del Rito”.53
52 Inserita nel capitolo quarto “Donne Caste ed Obbedienti”.
53 Un esempio concreto di tali dinamiche è fornito dalla legislazione in materia sessuale di epoca Qing, il
cui principio organizzativo diventa il gender invece dello status sociale (come era stato in precedenza). In epoca Qing, categorie sociali fino ad allora degradate ed emarginate sono abolite, allo scopo di rendere più uniforme l’applicazione di standard morali da cui le classi sociali più degradate erano state fino ad allora esentate. Un processo di livellamento sociale apparentemente dettato da istanze di emancipazione, si traduce nel rafforzamento dell’autocrazia imperiale. Si rimanda a Sommer, 2000.
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