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O ROSIO : L E STORIE CONTRO I PAGAN

La nostra posizione geografica si sposta nuovamente e si dirige ora alla penisola iberica, insieme alla figura di Orosio presbitero, storico e apologeta romano, nato probabilmente tra il 375 e il 380.

Le province spagnole intorno al 380 godevano assai più di altre dei benefici della pax romana. Città come Braga, Cartagena, Cordova, Merida, Terragona, Toledo e Saragozza erano testimoni di una fiorente cultura e, insieme, di una romanizzazione assai avanzata. La Spagna soffrì meno di altre regioni dei conflitti religiosi del IV secolo; la cristianizzazione in forte espansione a partire dal 310, si era attuata a senso unico, tanto che si professava quasi esclusivamente il Credo formulato a Nicea nel primo concilio ecumenico (325 d.C.).

Tuttavia al tempo della nascita di Orosio si diffondeva, proprio nella sua provincia, la setta fondata nella Spagna meridionale del fanatico Priscillano, imbevuto di dottrine gnostiche e manichee.

Certo è che una grande inquietudine si diffuse assai rapidamente al passaggio del Reno delle moltitudini germaniche. Nel 408 Costantino, che era giunto al potere grazie all’invasione barbarica della Gallia, inviò il figlio Costanzo alla conquista della Spagna. Nell’autunno del 409 Alani, Svevi e Vandali invasero la parte nord – occidentale della penisola iberica. Già alla

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fine del 409, poi dal 411 in avanti, l’ovest e soprattutto il nord – ovest dovettero essere abbandonati ai barbari.

Per gli avvenimenti spagnoli, Orosio è un testimone importante coinvolto in prima persona. Quanto egli dice sulle invasioni barbariche nella sua patria, è da considerare sotto il duplice aspetto del carattere apologetico della sua opera e della sua esperienza personale. Poiché vuole dimostrare che i mali del passato sono peggiori di quelli del presente deve trovare momenti positivi anche nell’invasione barbarica. Tuttavia secondo una sua propria testimonianza, egli stesso non riuscì a trovare un accordo con essi. Sappiamo da alcuni accenni di Agostino che egli si recò in Africa per ricevere illuminazioni di carattere teologico per combattere i Priscillianisti, che stavano diventando sempre più forti.

L’arrivo di Orosio in Africa è da collocarsi prima del 415; in quello stesso anno egli intraprese il viaggio di ritorno, nel tentativo di assolvere i suoi incarichi in Spagna, ma la situazione del paese era tale che si vide costretto a tornare in Africa.

Come egli stesso ci racconta, prese a lavorare alle Historiae e lavorò molto intensamente dato che dopo un anno e mezzo, o al massimo due, l’opera era terminata. La versione definitiva, quella che ci è pervenuta, fu redatta rapidamente tra la primavera del 416 e la fine dell’autunno del 417, con tutta verosimiglianza a Cartagine. Il progetto di Orosio, sotto incarico di Agostino, era quello di redigere con intento apologetico una storia universale dalle origini fino all’età contemporanea, nella quale dominava, ovviamente, una visione degli eventi per cui fino a quando il cristianesimo rimase sconosciuto regnò nel mondo la morte assetata di sangue (Prologo, 14-6). Alla componente cristiana si lega tuttavia quella romana; già dal primo capitolo (I, 1, 14) Orosio fa intendere che per lui Roma è in qualche modo il perno della storia del mondo. Dobbiamo ricordare che per l’autore l’imperium Romanum è il massimo potere sulla terra e che il suo ideale è di essere a un tempo cristiano e cittadino romano. Tuttavia, ribadendo il fine apologetico, l’opera non soddisfaceva solo l’intento di costruire una concezione teologica della storia, ma, attraverso di essa, esaudiva il proposito di rivolgersi polemicamente ai pagani che nel 410 erano ancora una presenza degna di seria considerazione169.

Secondo quanto viene dichiarato nel Prologo (par. 10), Orosio avrebbe dovuto raccogliere materiale da tutte le storie e gli annali disponibili, ma, come viene ribadito più volte dall’autore, dovendo egli limitarsi a un semplice compendio, attuò una scelta mirata sulle fonti che rispondesse al criterio di brevità.

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La fonte principale di Orosio per la storia dell’antico Oriente, come per la storia greco – macedone e cartaginese è Marco Giuniano Giustino, vissuto probabilmente nel secondo secolo d.C. e non meglio conosciuto. L’Epitoma di Giustino, tratta dalle Historiae Philippicae di Pompeo Trogo, scrittore d’epoca augustea, viene così ricopiata da Orosio pressoché fedelmente per interi passi, ma l’andamento freddo di Giustino viene ora immerso in un quadro più emotivo e pittoresco con l’impiego di parole ricercate e immagini originali.

Il libro IV è interamente consacrato alla storia di Roma, dalla guerra di Taranto alla fine della terza guerra punica. Oltre all’Epitoma, l’altro fonte principale è rappresentata dagli Annali di Tito Livio e data la mole dell’opera si dubita molto che effettivamente Orosio possa averla esaminata nella redazione integrale170.

Proprio dal paragrafo VI, Orosio inizia col trattare la questione delle guerre puniche dove dichiara esplicitamente di utilizzare i già citati Pompeo Trogo e Giustino. Prima di dedicarsi all’argomento, l’autore pronuncia poche parole riguardanti Cartagine, che viene rappresentata come una città problematica, da sempre segnata dalla discordia in patria e nel rapporto con gli stranieri.

In questo caso specifico, l’uccisione di esseri umani tra cui i bambini viene invece legata a eventi eccezionali di carattere non rituale, come le epidemie, la cui soluzione erano appunto i sacrifici.

Di nuovo gli dei pagani vengono chiamati demoni, di nuovo sono essi i colpevoli di tali sacrilegi. L’osservazione che Orosio formula successivamente riguarda la logica del sacrificio. Dal suo punto di vista, l’uccisione di esseri umani sani per espiare la morte di altri uomini non serviva ad altro se non a fomentare le conseguenze della pestilenza.

Aggiunge inoltre che gli dei sarebbero stati in collera con loro per questi sacrifici e che per questo motivo le spedizioni in Sicilia e in Sardegna ebbero esito negativo. (CFR Diodoro Siculo)

Come per Teodoreto di Cirro e Cirillo d’Alessandria, anche per quanto riguarda il contributo di Orosio alla questione dei sacrifici possiamo dire che esso non contenga notizie di particolare novità dato che viene ribadito esattamente quanto le fonti prima di lui avevano riportato. Certo è che rispetto ai due autori analizzati precedentemente, egli faccia emergere maggiormente la propria opinione personale e un senso critico della questione, sempre attenendosi ai testi delle proprie fonti.

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