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I SIDORO DI S IVIGLIA : E TIMOLOGIE

Torniamo ora ad occuparci della penisola iberica, questa volta con un personaggio che visse più o meno due secoli dopo Orosio, il cui culto e forma sono tuttora molto forti nella coscienza del popolo spagnolo.

Isidoro, vescovo di Siviglia, nacque in una Spagna ormai libera dall’eresia ariana. Nel 589 re Recaredo abbracciò ufficialmente e definitivamente il cattolicesimo e la reazione contro gli ariani dovette essere particolarmente intensa se addirittura scomparve anche solo la menzione di essi. Tuttavia il cattolicesimo si mostrava ora sotto molteplici forme esattamente come accadeva in Africa. Persistevano le credenze in indovini che consultava non solo il popolo, ma anche gli alti membri del clero. La consultazione degli astri era all’ordine del giorno, si impiegavano forme di esecrazione e maledizione, nelle quali si invocavano angeli e demoni alla pari.

Per quanto riguarda la figura di Isidoro, è piuttosto strano il fatto che non ci sia stata trasmessa una sua biografia dettagliata scritta dai suoi contemporanei. Cronologicamente, la prima testimonianza della quale disponiamo è una notizia redatta da un diacono della Chiesa di Siviglia, di nome Redempto, che sotto forma di lettera descrisse gli ultimi momenti della vita di Isidoro.

Isidoro è il minore di quattro fratelli. Rimase orfano in giovane età, per cui suo fratello Leandro si fece carico di lui e della sua formazione. Senza dilungarci ora sulle questioni biografiche, l’altro aspetto d’interesse riguarda la sua istruzione. Probabilmente egli la ricevette nella scuola episcopale di Siviglia. In essa professori ed alunni vivevano in una specie di comunità. Tutte le descrizioni di quel tempo tendono a rappresentare gli ecclesiastici ben formati e dotati di una doppia educazione: quella delle conoscenze intellettuali e l’acquisizione delle virtù. È importante sottolineare che indipendentemente dalle influenze, Isidoro acquisì un profondo senso del valore e delle virtualità della lingua e la convinzione che le opere profane come tali avrebbe potuto essere dannose e pericolose, ma i dati scientifici, storici, morali e filosofici che contenevano, offrivano enormi possibilità all’interno di una retta applicazione.

La grande opera di Isidoro, quella che gli conferì prestigio e fama per secoli e con la quale lo si identifica ancora oggi, sono le Etimologie.

Questa vasta enciclopedia rappresenta un compendio delle conoscenze classificato secondo temi generali, con interpretazione delle designazioni che ricevono gli esseri e le istituzioni

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mediante meccanismi etimologici, cercando nella forma e nella storia delle parole una doppia chiave: quella della denominazione in sé e, attraverso di essa, quella dell’oggetto o essere che la riceve. Costituisce così una sorta di spiegazione per procedimenti linguistici di quanto esiste e un mezzo profondo per un’intelligenza più completa dei testi antichi.

Se non prima, molto probabilmente già a partire del 615 Isidoro si occupò della composizione della sua enciclopedia. Il contenuto dell’opera ricopriva moltissimi campi del sapere, la grammatica, la retorica, la matematica, l’astronomia, la medicina, il diritto, le scritture sacre, le religioni, lo studio sugli animali e sull’uomo, la geografia, la mineralogia, l’agricoltura, la guerra etc171.

Dei venti libri trasmessi, quello su cui ci soffermeremo è il libro VIII. In esso Isidoro tratta della Chiesa, della sinagoga, dei filosofi, dei poeti e di altre religioni.

La discussione sugli dei muove i passi da una prima definizione di “pagani”. Il termine paganus deriva dunque da pagus, villaggio, in cui stabilirono i loro boschi sacri e i loro idoli. Segue la definizione del termine gentiles: essi sarebbero coloro che non conoscono la legge e che ancora non hanno ricevuto la fede.

Nel paragrafo XI inizia finalmente la lunga disquisizione sugli dei pagani. Essi in principio furono uomini che dopo la morte furono venerati d’accordo con il tipo di vita e i meriti che avevano ottenuto nel corso della propria esistenza. Così Minerva di Atene, Giunone di Samo, Venere di Pafos, Vulcano di Lemno, Libero di Naxos e Apollo di Delos e numerosi altri furono celebrati dai poeti che li elevarono al cielo. Dopo le definizioni etimologiche di “Satana” e “anticristo”, il primo dio pagano di cui viene fornita la spiegazione è proprio Bel/Bal.

Bel, idolo babilonese, il cui nome vorrebbe dire “il vecchio”, era conosciuto in realtà come Belo, padre di Nino, primo re degli assiri, che alcuni chiamano Saturno172. In seguito con il nome di Bel ricevette il culto tra gli assiri e gli africani e per questo nella lingua punica, con la variante Bal, significa “dio” e aggiunge infine che tra gli assiri, per le loro credenze, viene nominato Bel, ma anche Saturno e Sole. Nei paragrafi successivi vengono prese in considerazione le varianti del nome Bel: Belfegor “immagine di ignominia”, idolo del Moab è

171 San Isidoro de Sevilla, Etimologías, texto latino, version española y notas por Jose Oroz Reta y Manuel – A.

Marcos Casquero, p. 95 e ss.

172 Belo è il nome di vari re dell’Oriente. Di Belo come primo re assiro non è possibile stabilire una data precisa,

tanto che se ne mette in dubbio l’effettiva esistenza. Un altro Belo, figlio di Libio e padre d’Egitto, Danao e Cefeo regnò nella Fenicia verso l’anno 1500 a.C. Erodoto parla di un altro Belo, figlio d’Alceo e padre di Nino, uno degli antenati degli Eraclidi, che divennero re della Lidia. Cfr. Biografia universale antica e moderna ossia Storia per alfabeto della vita pubblica e privata di tutte le persone che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti. Opera affatto nuova compilata in Francia da una società di dotti ed ora per la prima volta recata in italiano con aggiunte e correzioni. Volume V, 1882, p. 249.

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conosciuto come Baal sul monte Fegor e corrisponde a Priapo per i Latini. Il nome “Belzebù”, idolo di Accaron, significa invece “signore delle mosche”. Come si può constatare, a Bel non viene associato nessun tipo di sacrificio umano, viene fatto un generale riferimento alle credenze e al culto che assiri e africani avevano stabilito tra di loro.

Il dio successivo di cui egli parla è proprio Saturno; purtroppo per noi Isidoro non cita mai gli autori delle proprie fonti, ma per questo passo molto probabilmente egli si ispirò al passo già analizzato di Sant’Agostino nella Città di Dio.

Il primo dato riportato riguarda le origini del dio, egli è il principio, da lui derivano tutti gli dei e la sua discendenza. Sull’etimologia del nome viene effettivamente ripresa la variante proposta da Agostino, concordemente con quanto diceva Varrone, secondo la quale il nome Saturno derivava da satus, semina, come se a lui appartenessero i semi di tutte le cose. Tuttavia Saturno non è solo il dio della semina e del raccolto nell’immaginario pagano, ma anche del tempo che passa. A tal proposito, a questa variante ne viene aggiunta un’altra, questa volta appartenente a Cicerone per la quale il nome Saturno deriverebbe dal fatto che il dio è “saturato” di anni per la sua lunga vita173

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Per questo motivo i Greci lo chiamano Cronos, perché divorò i suoi figli, ossia gli anni che passano ma che tornano nuovamente a lui o forse perché i semi tornano là dove sono nati. Il sacrificio dei bambini viene inserito in maniera poco approfondita e viene associato alla tradizione trasmessa dai poeti secondo la quale Saturno divorò i suoi figli. Così in alcune città, delle quali non viene specificato nulla, né la posizione geografica né tantomeno il periodo storico, i pagani sacrificavano i propri figli seguendo l’esempio del dio.

Il contesto in cui rientra il sacrificio dei bambini è assai diverso rispetto a quelli finora visti. L’intento, nel farne menzione, non è apologetico, risponde semmai alla volontà dell’autore di abbracciare il sapere in maniera enciclopedica, con la raccolta di moltissime nozioni, unificate da una tecnica comune, che consisteva nel fondare la conoscenza sull’etimologia delle parole.

173 Cic. Nat. Deor. II, XXV, 64: Κρόνος enim dicitur, qui est idem κρόνος, id est spatium temporis. Saturnus

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