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CAPITOLO II. UN TENTATIVO DI ASSIOMATIZZAZIONE DELLA TEOLOGIA: LE R EGULAE CAELESTIS

3. Il ruolo di Natura e la sua domus

Il primo libro dell’opera si apre con il personaggio di Natura (Natura) che, pur lamentando i propri limiti, è ormai prossima alla realizzazione di una nuova opera, in cui ritiene di aver superato se stessa al punto tale da non considerarsi in grado di ultimarla. Pur non essendo la protagonista dell’ascesa, Natura è comunque la promotrice dell’impresa9

. Per questo motivo convoca le sue sorelle, le Virtù (Virtutes), perché discendano dal cielo a offrirle il loro sostegno. Le Virtù che processionalmente si apprestano a entrare nella rocca di Natura sono

7 Ibid., 488A-B, p. 56. Sulla necessità di discostarsi dalle immagini per contemplare gli archetipi formali della

realtà, cf. BOEZIO, De Trinitate, 2, 1250B, ed. Moreschini cit. (cap. I, nota 3), p. 169, 78-87: «In naturalibus igitur rationaliter, in mathematicis disciplinaliter, in divinis intellectualiter versari oportebit neque diduci ad imaginationes, sed potius ipsam inspicere formam, quae vere forma nec imago est et quae esse ipsum est et ex qua esse est. Omne namque esse ex forma est. Statua enim non secundum aes, quod est materia, sed secundum formam, quae in eo insignita est, effigies animalis dicitur, ipsumque aes non secundum terram, quod eius materia, sed dicitur secundum aeris figuram». Per un’analisi stilistica del testo, che riporta una proposta di punteggiatura differente rispetto all’edizione critica e che qui viene assunta per consentirne una migliore lettura e comprensione, cf. P.BOURGAIN,On Taking Stylistics into Consideration when Editing Medieval Texts, in «Ars

edendi», I, ed. E. Kihlman - D. Searby, Stockholm 2011, [pp. 113-129], in partic. p. 118. Per un approfondimento dell’espressione «immagine celeste della teofania» si veda lo studio di J. KÖHLER, ‘Theophaniae coelestis emblema’. Zu einem Theoremabegriff bei Alain de Lille, in I.CRÄMER-RÜGENBERG, A. SPEER (ed.), Scientia und Ars im Hoch-und Spätmittelalter, in «Miscellanea Mediaevalia» 22/1, Berlin-New York 1994, pp. 158-170.

8 AnCl, ibid., Prologus, 487, p. 57, 7-9. 9 Cf. A.B

ARTÒLA, Filosofia, teologia, poesia nel «De planctu naturae» e nell’«Anticlaudianus» di Alano di Lilla, in «Aevum», 62 (1988), [pp. 228-258], in partic. p. 242.

l’«alumna Pacis» Concordia (Concordia), Abbondanza (Copia), Favore (Favor), Gioventù (Iuventus), Riso (Risus), Pudore (Pudor), Ragione (Ratio) che è «mensura boni», Onestà (Honestas), Decoro (Decus), Saggezza (Prudentia), Pietà (Pietas), Fedeltà (Fides) e infine Nobiltà (Nobilitas)10. È opportuno notare in proposito la duplice accezione che Alano attribuisce al termine virtus, il quale assume sia una dimensione morale, sia una valenza prettamente antropologica in riferimento alle potentiae dell’anima che l’uomo è chiamato ad attuare.

A questo punto egli descrive la dimora della Natura: si tratta di un giardino rigoglioso i cui fiori non appassiscono mai, capace di produrre spontaneamente i frutti e gli alimenti necessari al sostentamento di tutte le creature che lo popolano. Questo locus amoenus tipico dell’età dell’oro della tradizione classica richiama la condizione originaria del creato nel paradiso terrestre11. Nel cuore di questo giardino si erge la splendida domus della Natura, le cui pareti sono rivestite d’oro e di gemme preziose e s’innalzano fino al cielo. Lungo le pareti di questa reggia sono appesi numerosi quadri che vengono presentati minuziosamente dal filosofo di Lilla per le loro rappresentazioni fortemente simboliche. Tra i personaggi ritratti è possibile individuare lo storico latino Ennio, dietro il quale si cela forse Joseph di Exter, poeta contemporaneo di Alano e autore di un De bello troiano, cui allude il riferimento alla sorte di Priamo; Mevio, un poeta mediocre vissuto all’epoca di Augusto, dietro il quale si nasconde probabilmente Gualtiero di Châtillion, poeta anch’egli di scarsa levatura e alquanto arrogante nei confronti delle auctoritates antiche; e Nerone, assimilato a Enrico II Plantageneto, compiaciuto del proprio crimine, ossia d’aver fatto assassinare il suo cancelliere Tommaso Becket, alla stregua del crudele imperatore romano. Dei quattro figli di Enrico II eredi al trono

10 Cf. AnCl, I, 489A-D, pp. 57-58, 1-54. 11

Cf. ibid., 489D-490D, pp. 58-60, 55-108. Per la descrizione del palazzo di Natura e un approfondimento sulle fonti classiche sottese alle rappresentazioni elaborate da Alano, cf. S.VIARRE, La description du palais de la

Nature dans l’Anticlaudianus d’Alain de Lille (I, 55-206), in Alain de Lille, Gautier de Châtillon cit. (cap. I, nota

vengono invece associati al re Mida, ad Aiace, a Paride e a Davo (nome utilizzato nell’antichità per designare la condizione dello schiavo) rispettivamente Enrico il Giovane; Riccardo I ‘Cuor di leone’ (per il suo coraggio e la sua magnanimità); Goffredo, duca di Bretagna, e Giovanni ‘Senza Terra’12

. Per quanto simboliche, tali rappresentazioni rivelano il ruolo fondamentale della Natura che sovraintende in maniera provvidenziale non soltanto allo svolgimento di ogni evento storico ma, coi suoi immutabili decreti, ordina la materia caotica sottostante attraverso le causae secundae, affinché ogni realtà realizzi quelle finalità proprie di ciascuna cosa:

Ergo Naturae quicquid munuscula plene percipit aut eius modicam subterfugit artem, inscriptum calamis picturae fabula monstrat. Singula decernens sensu Natura profundo, sedibus hiis sua iura tenet legesque figurat

provida, quas toto sparsim promulgat in orbe. Scrutatur rerum causas et semina mundi:

quis Chaos anticum vultu meliore redemit, dum formae melioris opem vultusque decorem quaereret atque suum lugeret silva tumultum13.

Nella concezione della natura elaborata dal filosofo di Lilla è evidente l’influenza del naturalismo scientifico dei maestri di Chartres, per i quali essa è l’insieme delle cause seconde a cui Dio affida la prosecuzione e il compimento della sua opera creatrice. Pur configurandosi come una realtà autonoma ma comunque dipendente dalle leggi del Creatore, l’opus naturae mantiene il suo carattere di teofania: essa è una costante manifestazione di Dio che perpetua il suo atto creativo attraverso il principio della generazione del simile dal simile14.

Collocatasi al centro del consiglio delle Virtù, Natura pronuncia il suo primo discorso

12 Cf. AnCl, ibid., 491D-492B, pp. 61-62, 152-183. Tale identificazione di Nerone, Mida, Aiace, Paride e Davo

con Enrico II e i suoi quattro figli è stata suggerita per la prima volta da C.M.HUTCHINGS,L’Anticlaudianus

d’Alain de Lille. Étude de chronologie, in «Romania», 50 (1924), pp. 1-13. 13 AnCl, ibid., 492B-C, p. 62, 184-193.

14 Cf.C

ILENTO, Medioevo monastico cit. (alla nota 3), in partic. p. 258; A.BARTÒLA, ‘Natura’ e ‘Scriptura’ in

alle sorelle. Dopo aver evidenziato i propri limiti e ricordato gli errori commessi in passato, ella propone come unico rimedio al disordine del creato la propria intenzione di realizzare un

opus che, soprattutto grazie al prezioso contributo delle sorelle, possa avere in sé tutte le virtù,

in modo tale da favorire la partecipazione dell’uomo nuovo alla dimensione divina:

Hoc in mente diu scriptum mihi sedit, ut omnes et simul instanter, caute, solerter, ad unum desudemus opus, in quo tot munera fundat quaelibet, ut post has dotes videatur egere,

nostrorum crimen operum redimatur in uno,

unius probitas multorum crimina penset unaque quam plures exterminet unda lituras. Non terrae fecem redolens, non materialis, sed divinus homo, nostro molimine terras incolat, et nostris donet solatia damnis,

insideat coelis animo, sed corpore terris: in terris humanus erit, divinus in astris. Sic homo sicque Deus fiet, sic factus uterque

quod neuter mediaque via tutissimus ibit,

in quo nostra manus et munera nostra loquantur. Sit speculum nobis, ut nos speculemur in illo

quae sit nostra fides, quae nostra potentia, virtus quae sit et in quantum melius procedere possit15.

Questa nuova creatura di natura umana e divina attuando in sé ogni virtus, ossia ogni potenza positiva insita nell’uomo, opererà la redenzione della stessa natura che l’ha generata, purificandola dai suoi errori. Dalla descrizione iniziale di quest’homo novus traspare una forte allusione alla figura di Cristo, avvalorata anche dall’efficace metafora dello specchio con cui costui dovrebbe consentire alla Natura di riconoscere in lui riflesse tutte le proprie potenzialità al massimo grado della loro piena realizzazione16.

15 Ibid., 493A-C, p. 64, 228-245.

16 Sul problema dell’identità dell’homo novus si veda B

ARTÒLA, Filosofia, teologia, poesia cit. (alla nota 9), in partic. p. 257; L. E. MARSHALL, The identity of the ‘New Man’ in the Anticlaudianus of Alan of Lille, in «Viator», 10 (1979), pp. 77-94; C. VASOLI, Le idee filosofiche di Alano di Lilla nel De planctu naturae e

nell’Anticlaudianus, in «Giornale critico della filosofia italiana» 40 (1961), [pp. 462-498], in partic. p. 498, in

cui l’uomo nuovo viene presentato come il restauratore della virtù umana e cosmica e il segno dell’eterna presenza di Dio nell’universo.