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Nel documento combattente 9 (pagine 104-107)

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Forma, funzione e bellezza

Eva Filoramo

Il mondo è un luogo complesso e affascinante, reso tale dai colori, dalle forme e dalla consistenza delle superfi ci che avvolgono gli oggetti che ne fanno parte. Come riesce la nostra mente a dare un senso a tutto ciò che ci circonda? Il nostro cervello “vede” forme e colori diversi e li dispone in schemi semplifi cati. Sap-piamo che la nostra mente apprezza particolarmente le semplifi cazioni per il semplice fatto che, per esempio, siamo suscettibili alle illusioni ottiche. Quando guar-diamo un’immagine come quella mostrata in fi gura 1, detta triangolo di Kanizsa, vediamo un triangolo bianco che si sovrappone sia a un triangolo delineato da tre lati neri sia a tre cerchi neri. In questo caso vi è un completamento del triangolo bianco, del quale non sono tracciati i contorni e che, di fatto, non esiste. Se poniamo un foglio sopra la fi gura e lasciamo scoperto un cerchio nero, noteremo subito che questo cerchio incompleto non è un indizio della presenza percettiva di un triangolo (che emerge, percettivamente, sola-mente quando sono presenti tutti e tre i cerchi). Questa preferenza per le semplifi cazioni, in aggiunta, non è limitata agli esseri umani; lo prova l’esistenza del mi-metismo, quel fenomeno per cui alcune specie animali o vegetali assumono colori e forme dell’ambiente in cui vivono, per esempio per trarre in inganno i predatori o per ottenere qualche altro tipo di vantaggio. Nelle due

immagini (fi gg. 2 e 3) sono mostrati, rispettivamente, un esempio di mimetismo su un fondale marino e un caso di mimetismo “rivelato” di un geco che cerca di sfuggire ai predatori confondendosi con la corteccia di un albero.

La capacità della nostra mente di catturare immagini di forme complesse e dare loro un senso è un’abilità che si è evoluta nel corso di un tempo lunghissimo e risale

Fig. 1

Fig. 2

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a ben prima della comparsa sulla Terra dell’Homo sa-piens; si tratta di una capacità che si basa in gran parte sulla distinzione tra simmetria e asimmetria ed è stata espressa forse nel modo più eloquente dal fi losofo e matematico francese Blaise Pascal, secondo il quale “la simmetria è ciò che abbracciamo d’un solo sguardo”. Sulla simmetria sono stati scritti fi umi di parole da matematici, critici d’arte, fi losofi ed esperti di vario genere. Ciò che però è interessante, in questa sede, è analizzare alcuni esempi in cui la simmetria di un og-getto, ossia la sua forma, si sposa con la sua funzione per dare vita a un tipo di bellezza che va molto al di là dei banali attributi solitamente associati al concetto di “bello”.

A caccia della simmetria

Il primo posto in cui guardare per andare alla ricerca della simmetria, ovviamente, è la natura stessa. In-troducendo un esempio un po’ diverso dai soliti, pro-viamo ad analizzare gli elementi simmetrici che ca-ratterizzano un cactus come quello mostrato in fi g. 4. Le foglie crescono, nella maggior parte delle piante, seguendo una spirale allungata intorno allo stelo; nel caso dei cactus questo è ancora vero, anche se quello che salta all’occhio in prima battuta, più delle spirali lungo cui si avvolgono le spine, sono le coste della pianta. Il cactus si è evoluto organizzando gli elementi delle spirali che giacciono lungo una stessa verticale; di fatto, come si può vedere in fi g. 5, si tratta di singoli gruppi di spine. Questi elementi sono disposti lungo questi elementi, le coste, che svolgono una duplice funzione. Da un lato, quando la pianta ha poca ac-qua, le coste possono contrarsi, per poi espandersi quando l’acqua torna; un movimento a fi sarmonica che può tornare molto utile per conservare l’acqua

al proprio interno se si vive in un ambiente secco, caldo e soleggiato. Le coste offrono anche un esempio di simmetria particolarmente utile, perché grazie alla loro disposizione garantiscono che, col moto del Sole nel cielo durante la giornata, ciascuna parte del cactus riceva la propria porzione di luce giornaliera ma, al contempo, svolga un ruolo protettivo nei confronti delle altre altre, facendo loro ombra: ogni parte della pianta può mettere in atto i processi di fotosintesi ma senza rischiare di esporsi troppo al Sole lancinante degli ambienti desertici.

Quello del cactus non è certo l’unico caso in cui forma e funzione si uniscono per dare risultati degni di nota. Tra i fi ori, un caso interessante è sicuramente quello delle orchidee. Le orchidee hanno una simmetria bila-terale: come mostrato in fi g. 6, esiste un unico piano lungo cui è possibile tagliare il fi ore per ottenere due metà tra loro identiche, il piano verticale.

Quale vantaggio ha questo tipo di forma? Una possibile spiegazione dei motivi per cui tali fi ori si siano evoluti in questo modo ha a che fare con il meccanismo di riproduzione di quella che è una delle famiglie più diversifi cate di tutto il regno vegetale (tanto da essere protagoniste di un libro, I vari espedienti mediante i quali le orchidee vengono impollinate dagli insetti, scritto nientemeno che da Charles Darwin).

La simmetria bilaterale potrebbe infatti aiutare gli in-setti, quando devono raggiungere le parti più interne del fi ore, ad allinearsi nel modo corretto per raccogliere la maggior quantità possibile di polline da depositare poi altrove, nelle parti femminili di un altro fi ore; es-sendo anche gli insetti dotati di simmetria bilaterale, infatti, il meccanismo funzionerebbe in modo analogo a come avviene l’atterraggio di un aereo sulla pista aeroportuale.

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Fig. 6

Da sempre, l’uomo si ispira alla natura per creare manufatti che, oltre a essere utili, ossia ad assolvere lo scopo per cui sono stati ideati e fabbricati, siano anche piacevoli alla vista. Questo purtroppo non sempre succede; con un esempio particolarmente eclatante, è suffi ciente pensare a certe zone peri-feriche (o meno) di alcune città per capire che non sempre forma e funzione danno luogo a qualcosa di gradevole. La simmetria è una chiave utilissima per interpretare, creare o ricreare il mondo che ci circonda, ma non è suffi ciente. Se è vero che, come

sostiene l’adagio “la bellezza è nell’occhio di chi guarda”, è altrettanto vero che non sempre l’uomo è riuscito nell’intento di coniugare i diversi aspetti, estetici e funzionali, di un manufatto, sia esso un quartiere cittadino oppure un oggetto piccolo e di uso quotidiano come un cucchiaio. Un rapporto ide-ale tra questi aspetti, tendenzialmente, si ha quando esiste un equilibrio, ossia quando le scelte estetiche sembrano conseguenti alla funzione e viceversa, senza prevaricazioni o forzature.

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