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Scena XI VENCESLAO , CASIMIRO ,

S CENA S ETTIMA E RENICE , E RNANDO

ERENICE ERENICE ERENICE

Ernando, a cercar vengo 425 Ernando, a cercar vengo 425 Ernando, a cercar vengo

nel piacer de’ tuoi lumi nel piacer de’ tuoi lumi nel piacer de’ tuoi lumi

una parte del mio. [...] una parte del mio. una parte del mio.

A un esame attento di questo terzo segmento ci si accorge che nel libretto di VE03 erano previste due arie consecutive, complete di da capo, entrambe destinate a un solo personaggio. Sebbene nei precetti esposti nei trattati dell’epoca due ariette cantate di seguito da un solo interlocutore fosse ancora un numero tollerato, tuttavia agli occhi del «letteratissimo»85 drammaturgo veneziano sarà parso più opportuno e

conforme ai principi del «chiaroscuro» e della varietà sopprimere uno dei due pezzi chiusi destinati al generale.

Le modifiche nell’ossatura delle scene provocano, di conseguenza, un’alterazione anche a livello delle arie. Ogni scena soppressa di VE03 infatti contiene un pezzo chiuso che in W25 è stato eliminato:

1. la soppressione dell’elemento soprannaturale nelle scene iniziali ha determinato l’eliminazione del coro d’apertura, un pezzo d’assieme polistrofico col da capo, di quattro strofe isometriche di ottonari, A B C D A’, cantate rispettivamente dal coro (A, A’), da Venceslao (B), da Alessandro (C) e da Casimiro (D),86 e il taglio dell’aria «Care spiagge, amato regno» cantata

dalla Pace in II.2;

2. l’omissione di II.5 ha provocato la soppressione dell’aria di entrata di Casimiro «Vo gustando più veri piaceri» nella quale il principe dichiara di non cedere l’impero del suo cuore a una o a un’altra beltà perché doveva pensare, per dirla con dei decasillabi ben più famosi: «Questa o quella per me pari sono»;87 si tratta della solita arietta di paragone, bistrofica (A B), isometrica, in

decasillabi, che il principe canta mentre abbandona la scena, discettando sulle abitudini di un insetto della famiglia degli imenotteri aculeati (apis mellifera).

VE03 II.5 CASIMIRO

Vo gustando più veri piaceri, quella amando ed or questa beltà. 485 Così l’ape i suoi favi soavi

da più fiori succhiando sen va.

Nel libretto non compare alcuna indicazione per l’esecuzione del da capo ma l’assenza della partitura di Pollarolo non consente, ancora una volta,

85 P. J. MARTELLO, Della tragedia antica cit., p. 158.

86 L’intercalare, strofa A, e le altre tre stanze sono separate da tredici versi di recitativo sempre omessi. 87 F. M. PIAVE, Rigoletto, Venezia, Gaspari, [1850], I.1.

di accertare se questa sia la volontà del poeta o una mancanza dello stampatore;

3. il taglio di II. 6 concepito da Zeno sottrae a Ernando un’aria di entrata intera «Mio cor piagato»; un brano languido completo di da capo, bistrofico (A B), isometrico, in quinari, nella quale Ernando, solo, canta il suo amore sfortunato.

VE03 II.6 ERNANDO Mio cor piagato, cor sventurato, il sangue in lagrime 500 non dei versar.

In sì ria sorte, sarai men forte,

505 non meno misero

col lagrimar.

Per quanto riguarda gli altri pezzi chiusi, essi sono tutti fedelmente ripresi nella versione viennese e il dettato di tutti e sei coincide perfettamente. La distribuzione delle arie del second’atto risulta così estremamente varia, dal momento che i sei brani sono cantati da interlocutori diversi.

Anche il recitativo risente delle modifiche nell’ossatura. Molti versi sono stati omessi, fusi e diversamente ricombinati, molti sono stati aggiunti.

Nella scena iniziale di W25 Zeno, cassando tutti i versi che contengono un’allusione alla sontuosa apertura d’atto di VE03, fonde parte del recitativo di II.2 e II.3 di VE03.

VE03 MS W25

II.2 II.1 II.1

Antisala regia con due porte, l’una delle quali

corrisponde agli appartamenti reali. Antisala con due porte, l’una delle quali corrisponde agli appartamenti reali. LUCINDA con seguito e li suddetti VENCESLAO, CASIMIRO con seguito da una

parte; poi LUCINDA con seguito dall’altra Vparte; poi LENCESLAO, CUCINDAASIMIRO con seguito con seguito da una dall’altra

VENCESLAO VENCESLAO

320 S’introduca il messaggio. 320 S’introduca il messaggio.

Non partir, Casimiro. Ei te pur chiede. Non partir, Casimiro. Ei te pur chiede.

CASIMIRO CASIMIRO

Ubbidisco. (E sin quando Ubbidisco. (E sin quando dipender io dovrò da l’altrui legge?) dipender io dovrò da l’altrui legge?)

LUCINDA LUCINDA LUCINDA

380 Del sarmatico cielo inclito Giove, Del sarmatico cielo inclito Giove, Del sarmatico cielo inclito Giove, per cui la fredda Vistula è superba 325 per cui la fredda Vistula è superba 325 per cui la fredda Vistula è superba più dell’Istro e del Tebro; più de l’Istro e del Tebro; più de l’Istro e del Tebro; re, la cui minor gloria è la fortuna; re, la cui minor gloria è la fortuna, re, la cui minor gloria è la fortuna,

[...] [...] [...]

VENCESLAO VENCESLAO VENCESLAO

390 Di sì illustre regina, Di sì illustre regina, Di sì illustre regina,

la cui virtù sublime 335 La il cui virtù subl merto sublime 335 il cui merto sublime

è fregio al debol sesso, invidia al forte, è fregio al debol sesso, invidia al forte, è fregio al debol sesso, invidia al forte, ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte. ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte. ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte. Piacciati sol per poco

395 sospenderne il contento a’ voti miei, nobil stranier. Qui meco

spettatore ti assidi e andran più gonfi de l’onor di tua vista i miei trionfi. Aprendosi il prospetto si vede nell’alto la Pace in macchina e nel basso montuosa orrida, dal cui seno esce la Discordia sopra spaventoso dragone. PACE

400 ferme gioie a voi prometto. Qui sia riso e qui diletto, né lo turbi invidia o sdegno. DISCORDIA

No, no; pace non abbia questo cielo nemico.

400 Voi mostri miei, voi lo agitate. Il vostro velen l’aure ne infetti.

Qui spargete i tumulti, popolate la guerra

e del vostro furor s’empia la terra. PACE

410 Tanto, o Discordia, ardisci? E ancor resisti? Torna, o mostro spietato,

a le torbide rive onde sortisti. [...]

II.3

VENCESLAO, CASIMIRO e LUCINDA

CASIMIRO CASIMIRO CASIMIRO

Parte il rival, l’orme ne sieguo. (Meglio è ch’io parta inosservato.) (Meglio è ch’io parta inosservato.)

LUCINDA LUCINDA LUCINDA

Parte il rival: l’orme ne sieguo. Arresta (Meglio è ch’io parta inosservato.) Arresta, (Meglio è ch’io parta inosservato). Arresta, principe, i passi. A quanto principe, i passi. A quanto principe, i passi. A quanto

415 dir mi riman, te vo’ presente. 340 dir mi riman, te vo’ presente. 340 dir mi riman, te vo’ presente.

CASIMIRO CASIMIRO CASIMIRO

dir mi riman, te vo’ presente. (O inciampo!) dir mi riman, te vo’ presente. (O inciampo!) dir mi riman, te vo’ presente. (O inciampo!) Costui, signor, mente l’uffizio e ’l grado. Costui, signor, mente l’ufficio e ’l grado. Costui, signor, mente l’ufficio e ’l grado.

LUCINDA LUCINDA LUCINDA

Io mentir, Casimiro? Io mentir, Casimiro? Io mentir, Casimiro?

Questo che al re presento Questo che al re presento Questo che al re presento

foglio fedel, questo dirà s’io mento. Luc.‹inda› porge al re una lettera che sembra essere di credenza. Il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figliuolo.

foglio fedel, questo dirà s’io mento. Luc.‹inda› porge al re una lettera che sembra essere di credenza. Il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figliuolo.

foglio fedel, questo dirà s’io mento. Luc.‹inda› porge al re una lettera che sembra essere di credenza. Il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figliuolo.

CASIMIRO CASIMIRO CASIMIRO

420 Legge e minaccia. 345 (Legge e minaccia.) 345 (Legge e minaccia.)

[...] [...] [...]

I versi di recitativo di II.4 cantati a Venezia da Venceslao prima dell’aria «Armi ha ’l ciel per gastigar» alludevano, come si è detto, all’episodio soprannaturale d’inizio d’atto. Ciò ha costretto il poeta a modificare interamente il recitativo di II.2 di W25. Zeno ha aggiunto parecchi versi e ha sfruttato l’occasione per trarre ispirazione in parte dalla sua fonte francese e in parte, forse, addirittura dalle regole disseminate nel famoso trattato sull’arte rappresentativa dal napoletano Andrea Perrucci, conservato negli scaffali della propria biblioteca.88

VE03 MS W25

SCENA QUARTA SCENA SECONDA SCENA SECONDA

VENCESLAO e CASIMIRO VENCESLAO e CASIMIRO VENCESLAO e CASIMIRO

VENCESLAO VENCESLAO VENCESLAO

Casimiro, poc’anzi Sotto il peso degli anni Sotto il peso degli anni

fulminato, atterrato 395 già mi s’imbianca il crine; e mi si aggrava, 395 già mi s’imbianca il crine e mi si aggrava, degli empi mostri il folle ardire hai scorto. Casimiro, la fronte. Casimiro, la fronte.

Tal (da le altrui ruine Breve Corto termine avanza a la mia vita; Corto termine avanza a la mia vita; saggio se apprendi!) è de’ superbi il fine. ma tu ’l soffri con pena; e non osando ma tu ’l soffri con pena; e non osando

insultar l’egra salma, insultar l’egra salma,

400 vuoi che un cruccio mortal mi abbrevi i giorni 400 vuoi che un cruccio mortal mi abbrevi i giorni

e ti affretti il comando. e ti affretti il comando. Indegno erede sperasti successor, pensi sul trono Indegno successor, pensi sul trono vizio portare il vizio. Ma gli dii son giusti portare il vizio. Ma gli dii son giusti e stan sopra i regnanti. e stan sopra i regnanti.

CASIMIRO CASIMIRO

405 Che sofferenza! 405 (Che sofferenza!)

VENCESLAO VENCESLAO

Che sofferenza! A le passate colpe (Che sofferenza!) A le passate colpe tu questa aggiugni, o ciel! D’una delusa tu questa aggiugni, o ciel! D’una delusa

real donzella... real donzella...

CASIMIRO CASIMIRO

88 Cfr. A. PERRUCCI, Dell’arte rappresentativa premeditata ed all’improvviso, parte II, regola II Dei soliloqui

delle parti toscane, Disperazione d’amante tradito con figure ritrovate per aggiungere energia, Napoli, Michele

Luigi Mutio, 1699; la copia proveniente dalla biblioteca di Zeno è conservata presso la biblioteca Nazionale Marciana di Venezia.

real donzella... Eh! Sire, real donzella... Eh! Sire, smentirà il mio valor le indegne [illeggibile]

accuse, smentirà il mio valor le indegne accuse,

sosterrà mia innocenza e avrà propizi sosterrà mia innocenza e avrà propizi 410 gli dii. Ma s’anche fosse 410 gli dii. Ma s’anche fosse

ver che a Lucinda io fé giurata avessi, ver che a Lucinda io fé giurata avessi,

colpa sol giovanile colpa sol giovanile

se pur è colpa saria, se pur è colpa. Degli amanti saria, se pur è colpa. Degli amanti son vani i giuramenti e spergiurato son vani i giuramenti e spergiurato 415 Giove sen ride e amore. Parte 415 Giove sen ride e amore Parte.

VENCESLAO VENCESLAO

Giove sen ride e amore.O scellerato. Giove sen ride e amore. O scellerato.

Il riferimento alla vecchiaia del sovrano e al passato macchiato di colpe di Casimiro trovano giustificazione nella requisitoria pronunciata da Venceslas nella scena d’apertura della tragicomédie di Rotrou mentre gli ultimi versi cantati da Casimiro (413-415), in cui si prende gioco della disperazione di un amante tradito, sono attinti dalla seconda regola della seconda parte del manuale di Perrucci intitolata Disperazione d’amante tradito con figure ritrovate per aggiungere energia:

Sì t’intendo o barbara, vuoi dirmi e non sai ch’ogni bellezza è volubile, ogni donna incostante e degli giuramenti degli amanti Giove sen ride in cielo. 89

Il manoscritto marciano come sempre risulta una guida preziosa per mettere a fuoco le modifiche, i ripensamenti e i tagli concepiti dal poeta e via via accolti nella redazione viennese. Talvolta il codice svela il risultato di un lavoro lungo e accurato in cui la soluzione finale arriva dopo diversi ripensamenti, come nei versi di encomio di Lucinda, in disguise, rivolti al sovrano all’inizio del second’atto, in cui affiora l’indecisione del poeta, incerto se sia più opportuno sottolineare la fama, la virtù o la giustizia di Venceslao:

VE03 MS W25

II.2 II.1 II.1

Antisala regia con due porte, l’una delle quali

corrisponde agli appartamenti reali. Antisala con due porte, l’una delle quali corrisponde agli appartamenti reali. LUCINDA con seguito e li suddetti VENCESLAO, CASIMIRO con seguito da una

parte; poi LUCINDA con seguito dall’altra Vparte; poi LENCESLAO, CUCINDAASIMIRO con seguito dall’altra con seguito da una

[...] [...] [...]

LUCINDA LUCINDA LUCINDA

Del sarmatico cielo inclito Giove, Del sarmatico cielo inclito Giove, Del sarmatico cielo inclito Giove, per cui la fredda Vistula è superba 325 per cui la fredda Vistula è superba 325 per cui la fredda Vistula è superba più dell’Istro e del Tebro; più de l’Istro e del Tebro; più de l’Istro e del Tebro; re, la cui minor gloria è la fortuna; re, la cui minor gloria è la fortuna, re, la cui minor gloria è la fortuna, quella ch’estinto il genitor Gustavo quella che estinto il genitor Gustavo quella che estinto il genitor Gustavo

385 di Lituania or regge di Lituania or regge di Lituania or regge

le belle spiagge e ’l fertil suol, Lucinda, 330 le belle piagge e ’l fertil suol, Lucinda, 330 le belle piagge e ’l fertil suol, Lucinda, a te, la cui gran fama a te la cui gran giusti fama giustizia e per

virtude

a te che per giustizia, che per la cui gran fama

a te, che per giustizia e per virtude,

a te, che per giustizia e per virtude,

non v’è cui nota, o Venceslao, non sia, non v’ha cui noto, o Venceslao, non sia, non v’ha cui noto, o Venceslao, non sia, per alto affar me suo ministro invia. per alto affar me suo ministro invia. per alto affar me suo ministro invia.

Atto III

Poiché l’ossatura del terz’atto non presenta variazioni, le due versioni procedono in parallelo. È il momento in cui la regina Lucinda, finora en travesti, svela

la sua identità, Casimiro commette l’efferato delitto e prende coscienza dell’errore, mentre cresce fra «cento pensieri e cento»90 il dilemma interiore del sovrano. L’atto, il

più lungo, contiene cinque episodi successivi individuati da due mutazioni sceniche.

Steccato. [VE03] / Steccato chiuso con balaustri e cancelli all’intorno e ringhiere al di sopra, fra le quali nel mezzo v’ha luogo più degli altri nobilmente preparato ove siede il re. [W25]

III.1-6: Lucinda e Casimiro si sfidano a duello; la regina viene vinta e svela la sua identità; il principe nega ogni affermazione di lei ma, colpevole, rapidamente si dilegua per evitare di incontrare il padre; Venceslao, minacciando il figlio, promette giustizia alla regina.

Notte. Stanza di Casimiro con tavolino. [VE03] / Stanza di Casimiro con tavolino. Notte. [W25]

III.7-8: Venceslao e Gismondo sono nella stanza di Casimiro e hanno strani presentimenti; entra Casimiro, sconvolto e con la spada insanguinata; Venceslao chiede spiegazioni al figlio che, esitante, alla fine confessa di aver ucciso Ernando; il sovrano disperato promette vendetta;

III.9: entra, lasciando tutti attoniti, Ernando; Venceslao, sorpreso ma felice, si rivolge con aria interrogativa al figlio che, confuso, non sa darsi una spiegazione;

III.10-11: compare Erenice che, dopo aver svelato tutto ciò che era accaduto nella notte, si getta ai piedi di Venceslao implorando vendetta contro Casimiro colpevole della morte di Alessandro; Casimiro si rende conto dell’accaduto; Venceslao gli ordina di deporre la spada e invita Gismondo a rinchiudere il figlio in prigione; III.- 12-14: Venceslao è lacerato dal dolore per un figlio morto e per un altro assassino; sopraggiunge Lucinda che strenuamente difende Casimiro e rammenta a Venceslao il suo impegno; il sovrano decide allora di adempiere alla sua promessa; Ernando, in dubbio se vendicare se stesso, l’amico Alessandro ed Erenice, alla fine risolve di concedere il perdono al principe.

Prima di esaminare le varianti a livello delle arie e del recitativo, occorre sottolineare l’attenzione rivolta dal drammaturgo in questo segmento alle didascalie sceniche. La prima descrive il luogo in cui il sovrano assisterà al duello tra il principe e la regina. In VE03 compare un’indicazione generica per l’allestimento di uno «steccato», zona o piazza destinata ai combattimenti, in W25 Zeno arricchisce la didascalia di molti particolari. L’intervento del poeta rientra, sebbene con qualche sfumatura, nella tipologia delle varianti politiche, in quanto si tratta di approntare uno spazio destinato al sovrano. Per questioni dunque di bienséance, visto il dedicatario e il luogo di rappresentazione dell’opera, al poeta sarà parso più

90 A. ZENO, Mitridate, Venezia, Pasquali, 1744, V.1, aria di Aristia; espressione ripresa in P.

opportuno descrivere in maniera molto più dettagliata il luogo assegnato al sovrano durante la sfida.

VE03 MS W25

III.1 III.1 III.1

Steccato. Steccato chiuso, con balaustri e cancelli all’intorno e logge e ringhiere al di sopra, fra le quali si nel mezzo v’ha luogo più degli altri nobilmente preparato ove siede il re. Gran porta nel mezzo, Due porte laterali per le quali entrasi nello steccato.

Steccato chiuso, con balaustri e cancelli all’intorno e ringhiere al di sopra, fra le quali nel mezzo v’ha luogo più degli altri nobilmente preparato, ove siede il re.

La seconda didascalia invece, identica nelle due versioni, permette di seguire lo svolgimento temporale della narrazione: è ormai notte.

Per quanto concerne le arie in questo terzo atto mette conto osservare tre interventi del poeta:

1. la soppressione dell’aria di entrata di Venceslao «Nel seren di quel sembiante» (III.5) che il sovrano canta rivolto a Lucinda promettendole il proprio aiuto; 2. la sostituzione dell’aria di entrata di Lucinda (III.6) «Più fedele e più amoroso»

di VE03 con «Egra e languente» di W25;

3. la trasformazione dell’aria mediana di Casimiro (III.8) «Dolci brame di vendetta».

La prima modifica va annoverata tra le varianti di tipo emendativo. L’esame dei pezzi chiusi solistici di questo primo episodio in VE03 mette in evidenza l’esecuzione di due arie consecutive destinate a Venceslao: «S’errasti, o figlio» di III.3, che è anche la prima aria cantata in questo terz’atto, e «Nel seren di quel sembiante» di III.5. Con buona probabilità Zeno ha deciso di mantenere la prima e omettere la seconda perché, sebbene la prima scena contenga un recitativo «accompagnato da strumenti»91 e vi sia un’aria mediana in III.2, la prima aria di entrata di questo

terz’atto sarebbe stata cantata solamente alla fine della quinta scena.

Si tratta di un brano col da capo, bistrofico, isometrico, in ottonari (a8 x8 | a8 x8).

VE03 III.5

VENCESLAO

Nel seren di quel sembiante 805 riso e gioia brillerà.

E saprà di un incostante trionfar la tua beltà.

Questo taglio non lascia senza conseguenze l’entrata nelle quinte del sovrano che abbandona il palcoscenico senza un appropriato gorgheggiamento.

91 Una nota autografa di Zeno, in apertura del terz’atto, nel manoscritto precisa: «Questo recitativo va accompagnato da strumenti», I-Vnm Cod. It., cl. IX 478 (=6237), c. 77r.

VE03 W25