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Scena XI VENCESLAO , CASIMIRO ,

SINTESI DELLA SINOSSI DELLA TRAMA

CES CN TF OTI VE03

I.1a ● ● I.1b I.2 ● ● ● I.3 ● I.4 I.5 ● ● I.6 I.7 ● ● ● I.8 I.9 ● I.10 ● I.11 ● ● I.12 ● I.13 II.1 ● II.2 ● II.3 ● II.4 ● II.5 ● II.6 ● II.7 ● II.8 a ● ● II.8 b ● ● II.9 II.10 ● III.1 ● III.2 ● III.3 ● III.4 ● ● III.5 III.6 ● ● ● III.7 ● ● ● III.8 ● ● ● III.9 ● ● ● III.10

III.122 ● III.13 III.14 ● IV.1 ● IV.2 ● ● ● IV.3 IV.4 ● IV.5 ● ● IV.6 ● IV.7 ● IV.8 ● V.1 ● ● ● V.2 ● ● ● V.3 ● ● V.4 ● ● ● V.5 ● ● ● ● V.6 V.7 ● V.8 ● ● ● ● ● V.9

Capitolo III

Le varianti e le costanti d’autore: Venceslao in laguna (1703) e Venceslao a corte (1725) III.1 VE03 e W25: le varianti del riformatore, le varianti del drammaturgo e le varianti del censore

La première(1703)

Il Venceslao di Apostolo Zeno, rivestito di musica da Carlo Francesco Pollarolo,1

va in scena come seconda opera nella stagione di carnevale 1703, more veneto 1702, al teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo di Venezia. Il cartellone era stato inaugurato dal dramma a lieto fine di Matteo Noris L’odio e l’amor, intonato con buona probabilità sempre dallo stesso Pollarolo.2 Stravagante poeta di teatro,

l’incomparabile Noris,3 nella dedica al lettore, dopo aver dichiarato che il suo

dramma, «povero e mendico», è utile solo come «introduzione alle recite carnevalizie nel grande famosissimo e glorioso teatro Grimano in San Giovanni Grisostomo», preannuncia con tono velatamente sarcastico, per le settimane successive, opere di contenuto ben più elevato:

Supliranno ben tosto nel venturo carnevale l’idee più vaste, solite a farti vedere nell’invenzione il nuovo perregrino; la condotta del sogetto e innanellatura delle scene con proprietà ed artificio; la bella forza di esse e vestite d’ellocuzione ellevata, nobile, chiara, poetica ed armoniosa e forte nella

1 Pollarolo è in questi anni quasi una sorta di compositore ufficiale del teatro più in vista della famiglia Grimani, cfr. VE03, p. 11 n.n.: «La musica è del signor Carlo Polaroli, ventesima sua fatica in questo solo teatro», cfr. qui Appendice A; per la biografia di Carlo Francesco Pollarolo, cfr. almeno O. ASCHER TERMINI, Carlo Francesco Pollarolo: his life, time, and music with emphasis on the operas, dissertazione dottorale, Ann Arbor, Michigan, University of Southern California, 1970; O. ASCHER TERMINI, voce Pollarolo Carlo Francesco, in Grove music on line, Oxford Music Online, accesso del 2 dicembre 2016; M.

BIZZARINI, voce Pollarolo Carlo Francesco, in Dizionario biografico degli italiani (Treccani.it), accesso del 24

dicembre 2016; il Venceslao è l’ultima opera di Zeno intonata da Pollarolo, che aveva in precedenza rivestito di note Gli inganni felici (1696), Il Faramondo (1698) e Lucio Vero (1699), cfr. O. ASCHER TERMINI, voce Pollarolo Carlo Francesco cit.

2 Cfr. G. C. BONLINI, Le glorie della poesia e della musica contenute nell’esatta notizia de’ teatri della città di

Venezia e nel Catalogo purgatissimo de’ drami musicali quivi sinora rapresentati con gl’auttori della poesia e della musica e con le annotazioni a suoi luoghi proprii, Venezia, [1730], p. 141; A. GROPPO, Catalogo

purgatissimo di tutti li drammi per musica recitatisi ne’ teatri di Venezia dall’anno MDCXXXVII sin oggi da Antonio Groppo accresciuto di tutti gli scenari, varie edizioni, aggiunte a drammi e intermedi con la notizia di alcuni drammi nuovamente scoperti e di altre rare particolarità, Venezia, per Antonio Groppo, MDCCXLI, I-

Vnm Cod. It., cl. VII 2326 (=8263), c. 146; Indice de’ drammi di S. Gio. Grisostomo, I-Vnm Cod. It., cl. IV 748 (=10466), d’ora in poi Indice, p. 27; O. ASCHER TERMINI, Carlo Francesco Pollarolo cit., part II, Appendix, pp. 312-313; H. S. SAUNDERS, The repertoire of a Venetian Opera House (1678-1714): The teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo, dissertazione dottorale, Harvard University, 1985, p. 432 [il

musicista compare tra parentesi quadre];E. SELFRIDGE FIELD, A new chronology of Venetian opera and related genres 1660-1760, Stanford, Stanford University Press, 2007, p. 254: «Carlo Francesco Pollarolo

and others».

3 Cfr. L. BIANCONI, Il Seicento, Letture 7: Barthold Feind Gedanken von der Opera, Torino, EdT, 1991, p. 334; N. BADOLATO, voce Noris Matteo, in Dizionario biografico degli Italiani (Treccani.it), accesso del 28 novembre 2016.

espressione dei naturali affetti, senza traduzioni, né imitazioni, né furti e senza spolpar Cornelio comico e

sviscerar Seneca tragico [il corsivo è mio]. Questa veramente è la vera dottrina per ben fare tali

componimenti; e se questa non hanno, anche i più dotti in ciò sono i più ignoranti.4

Un’allusione maliziosa al Venceslao di Zeno? Non si può escludere, certamente non una novità dal momento che questa non è la prima volta che Noris dichiara la sua avversione per le traduzioni e le imitazioni.5 Uno sguardo alla cronologia del San

Giovanni Grisostomo consente di verificare che, dopo quella di Noris, è prevista nella stagione corrente, come di consueto, un’unica altra opera: il Venceslao.6 Di quale

natura fossero i rapporti tra i due poeti è una questione di lana caprina ma stando a una serie di gustose storielle raccontate nel Diario zeniano di Marco Forcellini, il giudizio di Zeno nei confronti di Noris non appare particolarmente lusinghiero.

Si parlò de’ suoi drami e de’ poeti de’ suoi primi tempi, e ci raccontò mille pazzie del Noris, poeta dramatico il più noto d’allora; di lui il Dotti: «Le sbrigliate idee del Noris»; che promessa la figliuola a un Trivigiano da lei amato la chiamò in camera, e sedendo tra due tavolini, «Sel vuoi», disse, «fa conto che su questo ci sia una tazza di veleno, su questo uno stilo; e con lo sposo prendi ciò che vuoi»; che a Gio. Carlo Grimani disse in conversazione una sera: «Ora mi viene in mente una idea da far cascar il teatro per istupore: fare che mentre si recita, all’improviso si volga la scena ove sono i palchi, e i palchi ove la scena, la quale intanto tutta si cangi»; e udendo che ciò era impossibile: «Sì» disse; «ma se si potesse fare, saria bellissima cosa». E qual pensava tal componeva: ecco il fanatismo. Un’altra volta Apostolo lo pregò che gli spiegasse tre versi d’un suo drama, perché ognuno l’importunava della spiegazione, ed ei non la sapea. Vi pensò un poco; e poi disse: «Quanti versi sono in un drama?» Ap‹ostolo›: «Ordinariamente 1500». Noris: «Or bene: 1497 s’intendono da tutti; perché non posso farne tre che non s’intendano da tutti, né da voi, né da me?».7

Il Venceslao viene rappresentato durante le feste veneziane più mondane dell’anno e ottiene «un applauso superiore al suo merito»8 come dichiara il poeta,

affrettandosi a mandare una copia dell’ultima sua fatica ai molti amici letterati sparsi in giro per l’Italia:

4 M. NORIS, L’odio e l’amor, Venezia, Marino Rossetti, 1703, pp. 2-3 n.n.

5 Cfr. M. NORIS, Il ripudio d’Ottavia, Venezia, Nicolini, 1699, Lettore, p. 9: «Da chi ha scritti [sic] storici avvenimenti e fantasie poetiche, altro io non ho preso che i nudi fatti della storia e nulla ho preso per vestirli, poiché nel modo che più volte in altri miei drami ti ho detto, io mai non fui, né son vago d’imitazione, né di traduzione»; cfr. H. S. SAUNDERS, The repertoire of a Venetian Opera House cit., pp. 95- 97.

6 Cfr. Indice cit., pp. 27-28; H. S. SAUNDERS, The repertoire of a Venetian Opera House cit., p. 432.

7 M. FORCELLINI, Diario zeniano, a cura di C. Viola, Pisa – Roma, Fabrizio Serra Editore, 2012, p. 137; cfr.

Dal Diario forcelliniano, I-Vmc, cod. Cicogna 3430/15, paragrafo 207; M. BIZZARINI, Griselda e Atalia cit., pp. 153-154. Marco Forcellini (1712-1793), poeta ed erudito, frequentò a lungo la casa di Zeno e ne raccolse le confidenze; dopo la morte di Apostolo, Forcellini raccolse la sua corrispondenza chiedendo in prestito le lettere zeniane a quanti avevano corrisposto con lui, pubblicandone 962 (Lettere di

Apostolo Zeno cittadino veneziano istorico e poeta cesareo. Nelle quali si contengono molte notizie attinenti all’istoria letteraria de’ suoi tempi; e si ragiona di libri, d’iscrizioni, di medaglie, e d’ogni genere d’erudita antichità, 3 volumi, Venezia, Pietro Valvasense, 1752) e conservandone molte di inedite, cfr. G.

RONCONI, Il «ricovrato» Marco Forcellini familiare di Apostolo Zeno, in «Atti e Memorie dell’Accademia

Patavina di Scienze, Lettere ed Arti già Accademia dei Ricovrati», CVII, pp. 39-68 e M. BIZZARINI, L’epistolario inedito di Apostolo Zeno, «Studi Musicali», XXXVII, 2008, pp. 101-141.

8 Lettere di Apostolo Zeno cit., vol. I, lettera 76, a Lodovico Antonio Muratori, Venezia 24 febbraio 1702

Riceverà V. S. Ill.ma con la presente franco di porto un invoglietto segnato col suo stimatissimo nome, con entro la scansia X del Cinelli, e sei copie del mio ultimo dramma del Venceslao che qui universalmente è stato compatito. Mi favorirà trasmetterne una al Sig. Cav. degli Azzi, una al Sig. Baldinotti, una al Sig. Marchetti, una di consegnarne al Sig. Marmi e le altre due saranno per lei affinché onori questo mio debole parto col solito suo generoso compatimento [...].9

GLI INTERPRETI

Le due opere in cartellone vanno in scena con un cast quasi completamente identico: il soprano Diamante Maria Scarabelli10 è Tomiri, la «bellicosa reina» dei

Massageti, e Lucinda, la pertinace regina di Lituania; il soprano Cattarina Azolini11 è

Telesia, la principessa scitica fedele sposa di Ciro, ed Erenice, la costante ma sfortunata principessa polacca; il castrato Nicola Grimaldi12 è Ciro re di Persia,

l’uccisore del figlio di Tomiri, e Casimiro principe di Polonia, il fratricida innocente; il basso Pietro Moggi,13 perseguitato dalla sfortuna, è la vittima innocente in

9 I-Fl ms. Ashburnham 1788, lettera 57, c. 53v, ad Antonio Magliabechi, Venezia 10 febbraio 1720 m.v.; cfr. anche Lettere di Apostolo Zeno cit., vol. I, lettere 74, a Giusto Fontanini, Venezia 10 febbraio 1702

m.v., lettera 75, ad Anton Francesco Marmi, Venezia 24 febbraio 1702 m.v. e lettera 76 cit., pp. 142-146.

10 Per la biografia e l’attività di Diamante Maria Scarabelli, soprano bolognese, attiva fra il 1692 e il 1718, cfr. W. DEAN, voce Scarabelli Diamante Maria, in Grove music on line, Oxford Music Online, accesso del 2 dicembre 2016; Sartori registra il debutto veneziano di Scarabelli proprio nel Venceslao di Zeno e Pollarolo; l’Indice attesta invece la presenza del soprano non solo nel precedente dramma di Noris ma già nel 1695 (Deianira in Irene e Clizia nel Pastore d’Anfriso entrambi drammi del conte Girolamo Frigimelica Roberti, con musica di Pollarolo) e poi ancora nel 1701 (Efigenia in Il delirio

comune per la incostanza de’ genii e Flaminia in Catone entrambi drammi di Noris, con musica di

Pollarolo), cfr. Indice cit., pp. 17-18 e 25-26.

11 Per la biografia e l’attività di Cattarina Azolini, soprano attivo tra il 1698 e il 1708, specialista del ruolo en travesti, cfr. W. DEAN, voce Azzolini Caterina in Grove music on line, Oxford Music Online, accesso del 2 dicembre 2016; Sartori registra il debutto veneziano anche di Azzolini nel Venceslao di Zeno e Pollarolo; l’Indice attesta invece la presenza del soprano già nel precedente dramma di Noris, cfr. Indice cit., p. 27.

12 Per la biografia e l’attività di Nicola Grimaldi (1673-1732), contralto napoletano, cfr. W. DEAN, voce

Nicolini in Grove music on line, Oxford Music Online, accesso del 2 dicembre 2016; KUTSCH-RIEMENS, voce Grimaldi Nicola, in Grosses Sängerlexikon, Band I, Bern, Francke, 1987, coll. 1158-1159; Sartori registra il debutto veneziano anche di Grimaldi nel Venceslao di Zeno e Pollarolo; l’Indice attesta invece la presenza del contralto già nel precedente dramma di Noris, cfr. Indice cit., p. 27.

13 Per la biografia e l’attività dell’irrequieto Pietro Moggi (o Mozzi), basso senese, attivo tra il 1686 e il 1729, ricordato nella cronaca nera bolognese perché «volle sparare un’archibugiata a Restorino altro musico, ma per sua fortuna la pistola non incannò» (C. RICCI, I teatri di Bologna nei secoli XVII e XVIII, Bologna, Monti, 1888, p. 378), cfr. P. BESUTTI, voce Mozzi Pietro, in Grove music on line, Oxford Music Online, accesso del 2 dicembre 2016; Sartori registra il debutto veneziano anche di Moggi nel Venceslao di Zeno e Pollarolo; l’Indice attesta invece la presenza del basso fin dal 1692 (Orcano in Ibraim dramma postumo di Adriano Morselli, con musica di Pollarolo, e Stilicone in Onorio in Roma di Matio Zanin [Giovanni Matteo Giannini], con musica di Pollarolo) e poi ancora nel 1693 (Sancio in La forza della

virtù di Domenico David, con la musica di Pollarolo), nel 1694 (Ugone in Ottone di Frigimelica Roberti,

con la musica di Pollarolo) e nel 1702 [m.v.] nel dramma di Noris, cfr. Indice cit., pp. 15-17 e 27; Quadrio registra due entrate, una per Moggi Pietro e una per Mozzi Pietro entrambi virtuosi del duca di Mantova, cfr. F. S. QUADRIO, Della storia e della ragione cit., vol. III, parte II, distinzione IV, capo VI, particella II, pp. 529 e 531; anche Sartori registra due entrate separate: Moggi Pietro di Siena cui attribuisce cinque ruoli, tra cui, unico sulla piazza veneziana, quello di Alessandro e Mozzi Pietro di

entrambe le opere: Ciro, il capitano delle truppe persiane ucciso dai Massageti, e Alessandro, l’infante di Polonia ammazzato preterintenzionalmente dal fratello; poiché, nei panni del capitano Ciro canta solo nella prima scena, assume, nel dramma di Noris, anche la parte di uno dei personaggi ancillari.14 Il soprano

Francesco De Grandis,15 elevato al grado di generale ma sfortunato in amore in

entrambe le opere, è Arbace, generale di Tomiri innamorato non corrisposto di Telesia, ed Ernando, «generale e favorito di Venceslao» innamorato di Erenice che lo ricambia ma solo per ripiego; infine il contralto Giovanni Battista Tamburini16 è

Silace, il principe africano amante costante di Tomiri, e Gismondo, il fedele confidente di Casimiro. L’unica significativa differenza è la partecipazione del tenore Giovanni Buzzoleni17 scritturato per il title-role zeniano.

Salvador nel 1690 (Romerico in Brenno in Efeso di Antonio Arcoleo, con musica di Giacomo Antonio Perti).

14 Nel cast dell’Odio e l’amor compare anche Pietro Baldasari, cfr. Indice cit., p. 27; per un errore di diplografia nell’elenco dei personaggi dell’Odio e l’amor sono riprodotti, al posto di Miceno e Gildo, i nomi di Giuliano e Lucio, personaggi del Catone, dramma che precede quello di Noris nell’Indice. 15 Per la biografia e l’attività di Francesco De Grandis, soprano veronese, noto anche come Cecchino o Checco De Grandis o Grandi, attivo fra il 1685 e il 1729, cfr. D. LIBBY, voce De Grandis Francesco in Grove music on line, Oxford Music Online, accesso del 2 dicembre 2016; L. VON KÖCHEL, Die Kaiserliche Hof-Musikkapelle in Wien von 1513 bis 1867, Wien, Beck’sche Universitäts-Buchhandlung (Alfred

Hölder), 1869, p. 68, voce Franz Grandis, nell’elenco dei soprani della cappella di corte tra il 1687 e il 1692; H. SEIFERT, Texte zur Musikdramatik im 17. und 18. Jahrhundert, Wien, Hollitzer, 2014 p. 651; Sartori registra il debutto veneziano di De Grandis come interprete di Endimiro in Brenno in Efeso di Antonio Arcoleo nel 1690 al San Salvador e poi come interprete di Ernando nel Venceslao di Zeno; l’Indice attesta la presenza di De Grandis nel 1689 (Amulio in Amulio Numitore di Adriano Morselli con musica di Giuseppe Felice Tosi), nel 1700 (title role in Lucio Vero di Apostolo Zeno con musica di Pollarolo e Adelasio in Il colore fa la regina di Noris con la musica di Pollarolo), nel 1701 (Dione in Il

delirio comune per la incostanza de’ genii e Cesare in Catone entrambi di Noris con la musica di Pollarolo)

e nel 1702 [m.v.] anche nel dramma di Noris, cfr. Indice cit., pp. 12, 24- 27.

16 Per la biografia e l’attività di Giovanni Battista Tamburini, contralto senese, attivo tra il 1690 e il 1719, al servizio del cardinale Francesco Maria de’ Medici, cfr. C. REARDON, Launching the career of a secondo uomo in Late Seventeenth-Century Italy, in «Journal of Seventeeth-Century Music», 16, 1, 2010, consultato online http: //sscm-jscm.org /v16/no1/reardon .html e F. FANTAPPIÈ, Dalla corte agli impresari. Giovan Battista Tamburini: strategie di carriera di un contralto tra Sei e Settecento, in «Musica e

Storia», XVII/2, 2009, pp. 293- 352; Sartori registra il debutto veneziano anche di Tamburini nel

Venceslao di Zeno; l’Indice attesta la presenza di Tamburini già nel precedente dramma di Noris, cfr. Indice cit., p. 27 e F. Fantappiè, Dalla corte agli impresari cit., p. 350.

17 Per la biografia e l’attività di Giovanni Buzzoleni, tenore bresciano, attivo tra il 1682 e il 1722, virtuoso del duca di Mantova e, tra il 1692 e il 1700 musico alla corte dell’imperatore, cfr. P. BESUTTI, voce Buzzoleni Giovanni, in Grove music on line, Oxford Music Online, accesso del 2 dicembre 2016; L.

BIANCONI, Il Seicento cit., pp. 218-219; S. DURANTE, Alcune considerazioni sui cantanti di teatro del primo

Settecento e la loro formazione, in Antonio Vivaldi teatro musicale cultura e società, a cura di L. Bianconi e G.

Morelli, Firenze, Leo Olschki, 1982, p. 472; F. FANTAPPIÈ, Dalla corte agli impresari cit., p. 337; H. SEIFERT, Texte zur Musikdramatik cit., p. 171; cfr. anche F. S. QUADRIO, Della storia e della ragione cit., vol. III, parte II, distinzione IV, capo VI, particella II, p. 528: «Giovanni Buzzoleni o Buceleni, bresciano, uomo di vaglia e virtuoso prima del Duca di Mantova e poi dell’Imperadore. Continuava egli a cantare nel 1701. Tenore».

LA SUDDIVISIONE IN ATTI E LE MUTAZIONI SCENICHE

Dopo ben otto opere suddivise nei canonici tre atti,18 Apostolo Zeno decide di

articolare il suo nuovo dramma in cinque parti,19 secondo le buone regole della

drammaturgia classica e incontrando in seguito la piena approvazione di Francesco Saverio Quadrio.

L’uso ha introdotto che il melodramma sia diviso in tre atti. E per quanto i critici abbiano fatto strepito che le rappresentazioni drammatiche non possano, né debbano avere altra divisione che di cinque atti, non hanno potuto ciò ottenere in questa fatta di poesia, dove per altro pretendevano i compositori di esporre al popolo o tragedia o pastorale [...].

Non voglio però qui tacere che questo abuso altresì di dividere il melodramma in tre soli atti, è stato in questi ultimi anni da alcuni corretto. Così per benefizio del cielo, ogni genere di poesia va a poco a poco migliorando a’ dì nostri, tanto che speriamo mediante i saggi poeti del nostro secolo di vederla a tutta l’antica sua bellezza tornata.

Sia il melodramma diviso in tre atti, o sia in cinque partito, bisognerà ognora aver mente che ciaschedun atto contenga una di quelle che si chiamano scene di forza. Ciò avverrà, quando in ciascun de’ medesimi qualche scena vi sia, dove qualche violento ed insolito impegno di passioni contrarie campeggi; o qualche incontro ed avvenimento, non aspettato dagli uditori, intervenga.20

Ogni segmento drammaturgico prevede due mutazioni sceniche, ad eccezione del quarto che ne contiene tre. Le didascalie riportate qui di seguito, più ricche di particolari, sono quelle indicate nel libretto in capo alle scene, mentre quelle elencate nella pagina dei paratesti iniziali sono più stringate e senza suddivisione per atti.21

I.1

Piazza Real di Cracovia, con archi trionfali e con un ramo della Vistula che le scorre per mezzo. Macchina trionfale che viene sul fiume avanzando e da cui dovrà scendere Ernando, accompagnato dal suono de’ militari strumenti. Siegue

l’esercito polacco con molti schiavi in catene e fra loro vedrassi alzato sopra di un’asta il tronco teschio di Adrasto, già capo de’ rubelli moldavi. Ad un lato della scena vedesi una scalinata del Palazzo Reale, da cui dovranno scendere

Venceslao e i due principi suoi figliuoli.

I.8

Atrio di fontane corrispondente agli appartamenti di Erenice.

18 Cfr. G. G. SALVADORI, Poetica toscana all’uso, Napoli, Gramignani, 1691, p. 80: «Primieramente si consideri che il drama in musica dev’esser brevissimo, pochi gli atti, meno le scene, pochissimi i versi. Lodo sommamente l’opere di soli tre atti e ogni atto non più di dodici scene in circa».

19 Prima del Venceslao, solo Il Tirsi, dramma pastorale in scena al teatro San Salvador nel 1696, e Il

Narciso, pastorale per musica in scena al teatro di corte di Ansbach nel 1697, erano stati concepiti con

una scansione in cinque atti. Circa i 2/3 dei libretti di Zeno, considerando quelli dovuti esclusivamente alla sua penna e quelli composti a quattro mani con Pietro Pariati, sono suddivisi in tre atti, il rimanente in cinque. Di questi ultimi, circa la metà è stata composta per un allestimento al teatro di corte di Vienna.

20 F. S. QUADRIO, Della storia e della ragione cit., vol. III, parte II, distinzione IV, capo II, particella III

Spiegansi quelle parole “In tre atti divisa”; e dimostrasi qual esser debba l’economia dell’azione scompartita alla misura dei detti tre atti, pp. 439-440.

II.1

Anfiteatro per gli spettacoli.

II.6

Loggie

III.1

Steccato

III.7

Notte. Stanza di Casimiro con tavolino.

IV.1

Viale di verdura contiguo agli appartamenti di Erenice, con urna sepolcrale nel mezzo che si va fabbricando da scultori polacchi i quali intrecciano il ballo.

IV.3

Torre che serve di prigione corrispondente al palazzo reale.

IV.5

Sala di regie nozze.

V.1

Galleria di statue.

V.8

Luogo magnifico con trono reale.

Siccome l’azione è ambientata tutta a Cracovia, le mutazioni determinano solo uno spostamento tra luoghi esterni e interni. La sequenza ordinata dei cambiamenti di scena consente di articolare lo svolgimento della vicenda in due macro-sezioni