In merito alla protezione ambientale nelle parte che riguarda la pianificazione viene dato risalto alle problematiche dell’accessibilità fisica tra territorio protetto sia per quel che concerne la penetrabilità sia per quel che riguarda l’infrastrutturazione verde tra il parco e l’esterno e ove possibile tra differenti aree protette indipendentemente dalla natura delle stesse. Tale impianto inftastruttutale prevede però anche l’accessibilità per e all’interno dei parchi, che dovranno garantire penetrabilità e percorribilità al parco in maniera egregia, anche per vie convenzionali di sistemazione canonica dei percorsi stradali esistenti, auspicabilmente ove necessario, optando per interventi di ingegneria naturalistica per la sistemazione dei tracciati e delle opere d’arte sul percorso. Tutto il sistema interno di viabilità va integrato on una sentieristica che non sia solo basata sull’approccio didattico di conoscenza delle meraviglie ambientali o ludico ricreativo, ma deve evolversi in vera e propria rete interna infrastrutturale sostenibile, posta a raggiera dal nucleo
fino a lambire i poli di aggregazione esterni ovunque essi siano collocati. Se dal dopoguerra ai parchi spettano le politiche ambientali e questi sono additati come modelli nelle innovatività verdi e in cui normative e attori coinvolti auspicano il tracimare di tali politiche oltre confine, tutto quanto viene imbastito al loro interno deve essere improntato alla estrema sostenibilità, nonché esportabilità nei principi e nei metodi attuativi.
Le azioni in pianificazione andranno inoltre ad intervenire sulla matrice verde comune delle aree parco soprattutto nella ridefinizione delle aree agricole, nell’idea di omogeneizzare le colture secondo le vocazioni del sito e della bioregione di appartenenza.
La gestione del substrato agricolo è un delicato aspetto delle pianificazione nella quale molto dipende dalle peculiari conformazioni delle aree protette. Il novero delle caratterizzazioni statutarie dei diversi delle diverse tipologie di parchi dà l’idea di quanto importante sia il ruolo del primario nelle aree protette tanto che l’ordinamento giuridico di molte regioni Italiane ha posto nei parchi agricoli un accento assai marcato, soprattutto per quel che concerne il tema del blocco dell’uso sconsiderato di suolo nelle realtà periurbane, in contesti fluviali che più di tutti manifestano l problematiche relative all’inquinamento dei siti e dei fiumi deputati all’agricoltura, e negli ambiti di prossimità ai grandi agglomerati come forma di contenimento allo sprawl urbano.
Le proposte emanate da Federparchi e dalla Associazione dei Parchi Nazionali e Regionali abitati dell'Unione Europea in merito alle aree protette rientrano appieno nelle azioni del protocollo che propone però qualche aggiustamento di rotta in merito.
• Adozione di criteri di qualità ambientale e paesaggistica nella
definizione degli azzonamenti strutturali e per l'eleggibilità dei perimetri dei parchi naturali ai fini di reperimento fondi mirati del dipartimento agricoltura della comunità Europea
• riconoscimento dei parchi come scala appropriata per la definizione e
messa in atto dei piani di sviluppo rurale
• applicazione del principio di sussidiarietà in materia di norme
sanitarie, al fine di consentire alle produzioni tradizionali di qualità di continuare ad esistere
• istituzione a scala comunitaria di una riserva di diritti patrimoniali a
produrre
• raddoppio del budget relativo alle misure agroambientali
Oltre a questa azioni evidentemente necessarie il protocollo inserisce il tema del sistema di consulenza colturale del parco nei suoi ambiti. Se federparchi generalmente si preoccupa per la non aggregazione su ampia scala delle
colture e per il permanere di una distribuzione quanto più ampia nonché parcellizzata delle realtà agricole evitando gli accentramenti latifondistici, nel protocollo si dà l’accento sulla distribuzione equa e sostenibile delle colture in un piano che incameri le stesse in un coordinamento tra attori coinvolti che si prefiguri non solo come la camera consultiva per spuntare crediti e suoli agricoli ma che sia l’organo di indirizzo, consulenza e integrazione e convergenza di intenti nel primario, fruibile da tutti i portatori di interesse gravitanti all’intero e al di fuori dell’area protetta.
In maniera correlata per questo come per altri ambiti all’aspetto della programmazione è demandata a responsabilità di stabilire le prospettive unitarie tra i due livelli di pianificazione a cavallo della frontiera, con una sistema ampio di azioni che contemplino non solo interventi su uno dei due sistemi interessati ma che piuttosto si configurino come reale tentativo di superamento dell’isolamento e l’autonomia in cui si trovano spesso i parchi provando a passare dalla perseverante politica “per isole” ad una politica di sistema orientata alla formazione di una vera e propria “infrastruttura ambientale” del territorio nazionale, collegata e interagente con le complessità di prossimità e con le altre reti. Infrastruttura che non sia solo connettiva per funzioni unilaterali, ma che inglobi tutto il sistema complessivo degli spazi verdi, ambiti umani inclusi.
La sponda applicativa è fornita dalle politiche messe in atto da parco dei monti Sibillini, che nel 2002 arrivava all’approvazione del suo piano del parco, basato su un'interpretazione del territorio dell'area protetta mirata a fare emergere in ambiti territoriali dalla forte e consolidata identità, le unità di paesaggio, indifferentemente dai confini amministrativi.
Ai fini della realizzazione della continuità ambientale, tale approccio è rilevante da almeno due punti di vista: in primo luogo, il fatto che il riconoscimento di relazioni ambientali, storico-culturali, paesistiche e fruitive sia effettuato prescindendo dalle delimitazioni di tipo amministrativo e basandosi invece sostanzialmente su criteri di relazione e funzionalità permette di indagare quella zona particolarmente sensibile che sono i "bordi" del parco e di fare emergere la varietà di legami che intercorrono fra dentro e fuori l'area protetta. Per ciascuna unità di paesaggio, il protocollo individua concentra proprio sui "sistemi di relazioni", individuando quelli da conservare, rafforzare, riqualificare, o trasformare in funzione delle loro specifiche funzioni
- ecologiche, - paesistiche, - ambientali - socio-culturali.
Il secondo aspetto riguarda invece la ricerca di modalità per la realizzazione della continuità ambientale. Dal momento che è interesse per il parco (ma non solo) realizzare interventi unitari coerenti ove perseveri omogeneità di contesto il piano prevede l'elaborazione di programmi di valorizzazione "in rete", volti a promuovere e coordinare interventi per realizzare, potenziare o qualificare le reti di risorse, servizi ed infrastrutture da cui dipendono le continuità ecologiche, la funzionalità e la fruibilità sociale del parco, coinvolgendo la pluralità dei soggetti istituzionali ed, eventualmente, di operatori ed attori locali interessati"
In generale nel rapporto tra piano del parco e piani urbanistici soprattutto in relazione alle nuove forme di piano comunale, ed in particolare nell'articolazione dei diversi aspetti (strutturali, strategici, normativi ed operativi), si riscontrano interessanti punti di contatto con la natura integrata e multisettoriale del piano per il parco.
Ritrovare spazi e tempi per favorire feconde interazioni evitando inutili sovrapposizioni, diseconomie e conflittualità, significa definire, almeno concettualmente i limiti entro cui si esplica l'azione sostitutiva del piano per il parco rispetto agli altri strumenti della pianificazione ordinaria e quindi i supporti conoscitivi, valutativi ed interpretativi (di tipo strutturale e strategico) che il Piano per il Parco mette a disposizione del piano comunale sulla base del principio di sussidiarietà stabilito in mille sacrosanti riferimenti di legge.
Si tratta, dunque, di sottolineare il "valore aggiuntivo" del Piano per il Parco nel processo di pianificazione nel momento in cui esplica un ruolo informativo, formativo e normativo a livello d'indirizzo generale, con indirizzi definiti ma non strettamente regolamentativo ed operativo, lasciando al governo locale il compito di assumersi le proprie responsabilità decisionali. I contenuti strutturali, previa certificazione sociale dei caratteri territoriali "scientificamente" riconosciuti , introducono opzioni irrinunciabili relative alla conservazione di risorse, dinamismi ed equilibri essenziali ed opzioni suscettibili di un'interpretazione più flessibile e quindi oggetto di negoziazione.
In tal senso è evidente che delineare il quadro strutturale non è operazione di mera elencazione di oggetti ed aree; si tratta invece di costruire interpretazioni cariche di progetto che in taluni casi richiedono metodiche ed approcci innovativi di tipo analitico. È quanto ad esempio si è registrato nella Regione Liguria, dove l'intera collettività, nelle sue espressioni sociali e culturali viene chiamata a pronunciarsi su una elementi fonanti che non riguardano tanto la realtà territoriale esistente quanto le prospettive di una sua evoluzione, "una descrizione che non è solo qualitativa e prestazionale, ma è anche
un'intepretazione della realtà tutt'altro che nutra elargita da soggetti terzi, ma al contrario fortemente compromessa e impegnata".
Si tratta dunque di stabilire interazioni tra i diversi saperi tecnici anche introducendo concetti che talora rappresentano sostanziali novità rispetto alla pratica urbanistica tradizionale (ecosistemi ambientali locali, vulnerabilità, identità, potenzialità innovative, stabilità ambientale e suscettività alle trasformazioni). Ma di questo più in dettaglio si tratterà nella parte a se dedicata.
Risulta importante citare anche quanto avviene nella Regione Toscana, la descrizione identitaria, interna allo Statuto dei Luoghi, rappresenta, argomenta e certifica dal punto di vista sociale valori ritenuti intrinseci del territorio, al fine di delineare scelte di scenario e di sviluppo sostenibile "ovvero di valorizzazione del patrimonio e dunque degli attori e delle energie sociali locali portatori di patti evolutivi verso la sostenibilità.
In questo senso, costruire lo Statuto dei Luoghi per lo sviluppo sostenibile significa fare società locale per l'autosostenibilità". Non intesa come l’ennesima lista di vincoli urbanistici ma piuttosto, evocando lo statuto della città medioevale, all'esito di "una fase costituente che produce un patto condiviso per lo sviluppo".
Va allargata la gamma degli attori che in tal senso contribuiscono alla definizione dei documenti citati soprattutto in relazione alle scelte non prorogabili di connessione alle grandi linee direttrici Europee in tema di allargamento dello spazio vincolato come quella per esempio di annessione alla Rete Ecologica Nazionale, ormai ampiamente condivisa a livello europeo (e con avanzate esperienze applicative a livello regionale), che pur se con qualche problema attuativo, è l’unica maniera per attuare un’efficace politica di ricostituzione di una matrice ambientale di fondo alla cui formazione le varie componenti del numeroso sistema delle aree protette (dai parchi alle aree SIC e ZPS), opportunamente interpretate e collegate, potrebbero contribuire assumendo il ruolo di “core areas” “corridors” o “stepping zones”, a seconda della loro disposizione spaziale insieme a molti altri ambienti e paesaggi silvo-pastorali, rurali e periurbani che mantengono ancora una certa naturalità. Le reti ecologiche servono quindi alla costruzione di apparati paesistici complessi nei quali le are protette sono uno delle componenti, dare valore a queste componenti è il segno marcato della qualità nella gestione dei parchi.
Il tema allora evidentemente si allarga all’istituto che dovrebbe garantire il collante di base tra tutte queste azioni mettendo in rilievo di unitarietà tra politiche di conservazione della natura e quelle di tutela e valorizzazione paesistica; (ben delineata nella Convenzione Europea del Paesaggio, siglata a
Firenze nell’ottobre del 2000). Ove possibile la compenetrazione tra i due livelli della pianificazione d’area vasta, dovrebbe essere massima, e tutelare tutte le forme organizzative fin qui descritte. La componente paesaggistica deve unitariamente al parco fondersi a questa ed espandere i livelli di protezione e le politiche a corredo oltre il parco nelle aree che presentano caratteristiche non dissimili e non in discontinuità con quanto avviene nel parco per la definizione di una matrice verde comune, che comprenda parchi, spazi liberi non urbanizzati, reti ecologiche e infrastrutture verdi.
Le azioni sul piano faunistico vanno calibrate sia al monitoraggio costante delle popolazioni e dei gruppi di specie viventi nei parchi sia al controllo del numero di capi presenti in maniera tale da definire un livello di equilibrio dove una specie non vada ad intaccare l’habitat e le risorse ambientali di specie analoghe nella catena alimentare. Il controllo delle specie a più alta proliferazione come i cinghiali, spesso a causa degli inopportuni ripopolamenti per i sollazzo venatorio possono essere cautamente tenuti sotto controllo proprio dai cacciatori per come avvenuto in molti parchi ma soprattutto i quello dei monti Sibillini.
Il tema non è banale perché spesso tali e illegali ripopolamenti avvengono oltre i confini dei parchi in aree che risultano affatto sconnesse naturalisticamente. Questo fa in modo che gli elementi di disturbo fuori dai parchi incidano profondamente sull’equilibrio faunistico specie ove aree il bordo del parco non sia troppo esteso. Disturbo che spesso invade ambiti molto differenziati che vanno dall’equilibrio ambientale, sensibilissimo specie nelle aree di ripopolamento, ai coltivi e alle aree agricole.
La qualità ambientale poi sarà ciclicamente tenuta sotto osservazione con gli strumenti che i parchi possiedono, comprovate scientificamente ed estese a tutti gli ambiti, alvei fluviali e zone di impluvio che entrano in contatto con l’ambiente del parco e con le zone di impluvio e i bacini idrografici che vengono solo a contatto con i territori vincolati.
Allo stesso modo la qualità della vita nei parchi verrà opportunamente monitorata tramite opportuni indicatori, forniti al parco da n sistema convenzionato di consulenza e scambio di informazioni che monitorerà il livello sociale e della qualità della vita delle popolazioni stanziate nel parco.