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Sanità

Nel documento Relazioneannuale 2015 (pagine 60-63)

18.1. Andamento della conflittualità e cause d’insorgenza del conflitto

In questo comparto, deve registrarsi una sensibile riduzione della conflittualità rispetto all’anno precedente. Infatti, il numero complessivo delle proclamazioni di sciopero, tra quelli riguardanti il personale del Servizio Sanitario Nazionale e quelli riguardanti la Sanità privata, è sceso da 142, dell’anno 2013, a 102 dell’anno 2014, con una flessione totale, quindi, di più del 28%.

Quest’ultimo dato merita, invero, una precisazione. Infatti, va evidenziato che mentre nella Sanità privata il numero delle proclamazioni, rispetto all’anno precedente, è rimasto pressoché invariato (43 azioni di sciopero per il 2014 e 46 azioni di sciopero per il 2013), diversamente, nell’anno 2014, nel Servizio Sanitario Nazionale, sono state poste in essere solo 59 azioni collettive (rispetto alle 96 del 2013), con un decremento, pertanto, di quasi il 40% rispetto all’anno 2013.

Non è mutata, anche per l’anno esaminato, la differenziazione tra le cause di conflittualità nel settore della sanità pubblica e quello della sanità privata.

Infatti, nella sanità pubblica si può osservare come, nel corso del 2014, le rivendicazioni dei lavoratori sono state correlate, in minima parte, ad aspetti di natura economico/retributiva (con particolare riferimento all’applicazione dei meccanismi premianti relativi alla produttività, derivanti dalla contrazione aziendale) e, in gran parte, sono state legate alle problematiche relative all’organizzazione del lavoro interna alle strutture sanitarie, per questioni inerenti ai carichi di lavoro e alla, conseguente, tutela psico-fisica dei lavoratori.

Sostanzialmente diverso è stato, invece, il quadro della sanità privata: quasi tutte le azioni collettive proclamate sono state la diretta conseguenza dei gravi ritardi nella corresponsione delle retribuzioni.

Tale fenomeno, che ha interessato principalmente Case di Cura e Centri di Riabilitazione convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, trova fondamento proprio nei mancati/ritardati rimborsi alle strutture private da parte di quest’ultimo. Una situazione, quest’ultima, collegata ai persistenti tagli alla Spesa Pubblica, che vede diverse regioni prive di fondi per la Sanità convenzionata.

18.2. Interventi della Commissione

Nel periodo di riferimento, nonostante il numero ridotto di scioperi proclamati (102 tra sanità pubblica e privata), gli interventi preventivi della Commissione, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera d), della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni, rispetto all’anno precedente, sono stati ben 27 (ovvero è risultato non regolare uno sciopero su quattro proclamati) ma, in ogni caso, vi è stato un pronto riscontro agli inviti della Commissione, attraverso la revoca o l’adeguamento delle

proclamazioni viziate da illegittimità.

Da ultimo, si vuole evidenziare come, in questo settore, nel corso dell’anno 2014, la Commissione ha proceduto, esclusivamente, all’apertura di un solo procedimento di valutazione del comportamento (invero riferito ad uno sciopero avvenuto, irregolarmente, nell’anno 2013), ai sensi degli articoli 4, comma 4 quater e 13, comma 1, lettera i), della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni.

Il caso che ha occupato la Commissione è stato quello relativo ad uno sciopero, regolarmente proclamato dalle Organizzazioni sindacali Fp Cgil, Fp Cisl e Fpl Uil, di due giorni (19 e 20 dicembre 2013), riguardante i lavoratori delle strutture sanitarie del Gruppo Silba di Salerno, che però, in occasione dell’astensione, non hanno garantito tutte le prestazioni indispensabili precedentemente concordate.

Effettuata, pertanto, l’opportuna istruttoria, l’Autorità ha potuto escludere la responsabilità delle Organizzazioni sindacali proclamanti che: “hanno inoltrato il preavviso nei termini di legge, hanno comunicato con nota del 18.12.2013 l’integrale rispetto delle norme contrattuali nel garantire i livelli minimi assistenziali ed hanno precisato che lo sciopero sarebbe stato attuato con le medesime modalità di quello del 4.12.2013…hanno posto in essere, correttamente, tutta l’attività necessaria, secondo legge e contratto, per garantire i livelli di assistenza minimi indispensabili e per erogare i servizi minimi essenziali…nessuna responsabilità può essere addebitata alle OO.SS. che, pubblicamente, hanno esercitato tutta l’influenza di cui dispongono nei confronti degli iscritti per garantire i livelli minimi assistenziali”.

Conseguentemente, la Commissione ha invitato l’azienda ad adottare i provvedimenti disciplinari a carico di tutti quei lavoratori addetti ai servizi di portierato, lavanderia e cucina che si sono astenuti dalle prestazioni lavorative nelle giornate del 19 e 20 dicembre 2013.

18.3 L'attività consultiva della Commissione

Nel periodo esaminato, la Commissione è stata interessata da alcune richieste di parere e/o di intervento da parte di Prefetture, di Organizzazioni sindacali e di aziende.

In particolare, degna di menzione, è stata una richiesta di parere da parte della Prefettura di Parma, che ha interessato la Commissione per chiarire se le cure termali, a fini terapeutici, fossero o meno ancora un servizio pubblico essenziale e, come tale, fosse assoggettabile alla disciplina di cui alla legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni.

Secondo l’Organo territoriale di Governo, infatti, non sarebbero più un servizio pubblico essenziale in ragione sia della privatizzazione del servizio, sia della circostanza per la quale, dal 2009, non veniva più aggiornato l’elenco delle patologie curabili attraverso le cure termali.

Al riguardo, l’Autorità ha, contrariamente, ribadito come sia ancora attuale la tradizionale funzione medico-terapeutica delle cure termali e, conseguentemente, come la relativa erogazione del servizio sia assoggettabile alla normativa sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

La nota prefettizia, poi, poneva un ulteriore quesito in ordine alle “potenziali interferenze tra la legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni, e la procedura prevista dalla legge 23 luglio 1991, n. 223”.

Sul punto, la Commissione ha precisato, richiamando due precedenti delibere in materia, come non si evidenzi alcuna possibile interferenza tra le due citate discipline, in quanto: in caso di conclusione della procedura di licenziamento collettivo, la stessa può ritenersi valida ai fini delle prescritte procedure di raffreddamento e conciliazione ex articolo 2, comma 2, della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni, mentre, in caso in cui la procedura di licenziamento collettivo non si sia ancora conclusa, il tentativo di conciliazione di cui alla legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, deve essere necessariamente espletato.

In un altro caso, la Commissione è stata interessata, da parte di due aziende operanti nei servizi di manutenzione degli impianti di condizionamento, elettrici e tecnologici presso le strutture ospedaliere della provincia di Teramo, per ottenere un’ordinanza di precettazione del proprio personale, in occasione dello sciopero generale CGIL del 12 dicembre 2014, al fine di evitare un’interruzione del servizio.

L’Autorità ha, invero, fornito opportuno riscontro alle doglianze aziendali precisando che in occasione di uno sciopero che riguardi servizi pubblici essenziali, devono essere comunque garantiti i servizi minimi indispensabili previsti dalla legge, non attraverso il ricorso all’ordinanza di precettazione, ma bensì attraverso l’individuazione di appositi contingenti di personale, secondo le modalità stabilite dall’articolo 3 dell’Accordo nazionale per la regolamentazione del diritto di sciopero nel comparto del Servizio Sanitario Nazionale del 20 settembre 2001 (valutato idoneo con delibera n. 01/155 del 13 dicembre 2001, pubblicato nelle G.U. - Serie Generale n. 34 del 28 febbraio 2002 e n. 265 del 12 novembre 2002).

Nella stessa nota di riscontro la Commissione ha, altresì, evidenziato che l’ordinanza di precettazione di cui all’articolo 8 della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni, costituisce uno strumento adottabile solo qualora “sussista il fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati”, condizione che non è stata ritenuta ravvisabile nel caso di specie.

Nel documento Relazioneannuale 2015 (pagine 60-63)