II CAPITOLO: CARLO SARACENI E IL CARAVAGGISMO (1606-1619)
2.2 SARACENI E GLI ALDOBRANDIN
Per l'avviamento della carriera del Saraceni a Roma va analizzato un altro importante legame che il pittore strinse nel corso del primo decennio nell'Urbe e che l’aiutò in particolar modo a farsi strada nel competitivo mondo artistico di quegli anni: quello con Olimpia Aldobrandini. Gli Aldobrandini erano aristocratici fiorentini stabilitisi a Roma durante il pontificato di Paolo III Farnese. Durante il Cinquecento mantennero il livello di medio censo ma dal 1585 la loro fortuna cambiò con l'elezione a cardinale di Ippolito Aldobrandini, futuro papa Clemente VIII. Quest'ultimo ebbe come nipoti Pietro Aldobrandini (1571-1621), Cinzio Aldobrandini (1560-1610) e Olimpia Aldobrandini (1567- 1637). Mentre i primi due divennero cardinali particolarmente influenti, Olimpia, nel 1587, sposò Giovan Francesco Aldobrandini, suo lontano parente e governatore delle milizie dello Stato pontificio. Olimpia e Pietro Aldobrandini condivisero l'amore per l'arte. E' noto che Pietro per abbellire le sue residenze a Frascati e Montemagnapoli e il palazzo sul Corso a Roma, creò una
218 Gallo, 1997, p. 10.
219 Ibid.
220 Gallo, 1997, p. 16. 221 Gallo, 1997, pp. 20-21.
ricca collezione costituita principalmente da dipinti di scuola veneta, emiliana e ferrarese da lui acquistati con la consulenza del bolognese monsignor Giovanni Battista Agucchi.
Se la figura di Pietro era già stata indagata in passato, è emerso da uno studio di Laura Testa222 e uno di Francesca Cappelletti223 , che anche la sorella Olimpia commissionò ed arricchì la collezione di famiglia con svariate opere tra cui quelle del Saraceni. E' noto che la donna dopo la morte del marito gestì l'amministrazione delle proprietà e si occupò del rapporto con gli artisti. Olimpia, con il marito e i figli, abitò, fin dal 1596, nel palazzo del cardinale decano Alfonso Gesualdo al Pozzo delle Cornacchie, di fronte alla chiesa di San Luigi dei Francesi. L'Aldobrandini vi rimase sino alla morte del fratello Pietro, nel 1621, per poi trasferirsi nel grande palazzo al Corso (l'attuale palazzo Doria Pamphilj), che Pietro aveva acquistato dal duca di Urbino nel 1601. Saraceni, con ogni probabilità, dovette frequentare entrambi i palazzi ma anche la villa a Frascati. Tra le opere realizzate intorno al 1610 va infatti ricordato il famoso Riposo durante la fuga in Egitto dell' Eremo di Camaldoli a Frascati (cat. 47; fig. 47), commissione che il pittore ottenne proprio grazie alla mediazione di Olimpia.
Come fece Saraceni ad avvicinarsi alla facoltosa famiglia resta ancora da chiarire: potrebbe effettivamente essere stato attraverso la conoscenza del Duca di Urbino, oppure tramite la frequentazione dell'Accademia di San Luca, di cui gli Aldobrandini furono degli assidui sostenitori, o ancora grazie a Paolo Gualdo e Camillo Mariani. Il vicentino effettivamente venne, con ogni probabilità, introdotto a Pietro Aldorandini grazie al suo amico Gualdo. Mariani aveva realizzato alcune statue per San Giovanni in Laterano, per conto di Clemente VIII, in occasione del giubileo nel 1600 e, tra il 1602-1604, realizzò la decorazione della cappella funeraria della famiglia Aldobrandini nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Intorno al 1602-04 anche Saraceni realizzò un dipinto per la cappella del Rosario della chiesa di Santa Maria sopra la Minerva, rappresentante l'Incoronazione di Cristo (cat. 7; fig. 7). Probabilmente fu proprio in questi anni che Camillo Mariani ebbe occasione d'introdurre il veneziano a Pietro e Olimpia e fors'anche al medesimo papa Clemente VIII che, com'è noto da testimonianze documentarie, si recava regolarmente nella cappella di famiglia per constatare l’avanzamento dei lavori in corso224.
Tra le opere collezionate da Olimpia si registra una predilezione per i dipinti di piccolo formato, spesso su rame, e che quindi rientrano esattamente nel tipo di produzione del Saraceni durante il primo periodo di attività romana. Tuttavia i dipinti dell'artista, che si registravano nelle collezioni Aldobrandini nel Seicento, sembrano rientrare più nella fase che va dal 1605-06 al 1612 circa.
222 Testa, 1998, pp. 130-137.
223 Cappelletti, 1998, pp. 341-347.
Infatti, da una nota di beni che va dal 1606 al 1638225, che registrava i quadri della collezione di uno dei figli di Olimpia, erano ricordati «Una Madonna con bambino Giesù imbraccio quale è fasciato di mano di Carlo Venetiano», che molto probabilmente era identico alla versione oggi a San Lorenzo in Fonte (cat. 13; fig. 13), ma che non può essere identificato con quest'opera perché la versione Aldobrandini è ricordata essere su rame, e la «Giuditta con la testa d'Oloferne, et una vecchia di Carlo Venetiano» che abbiamo già ricordato. Va annotato che in un altro inventario Aldobrandini del 1606226, che registrava quanto era rimasto del «Guardaroba» di Olimpia Aldobrandini dopo la sua morte il 25 maggio di quell'anno, era elencata altresì la Marta e
Maddalena di Caravaggio, forse identificabile con il dipinto oggi a Detroit e di cui, come abbiamo
anticipato, Saraceni realizzò molto probabilmente una copia. Il Merisi conobbe sicuramente Olimpia poiché quando nell'ottobre del 1604 venne arrestato con Pietro Paolo Martinelli, corriere di Clemente VIII e di Pietro Aldobrandini, fece chiamare Olimpia per avvertirla dell'accaduto. Come ha proposto Laura Testa anche Caravaggio venne forse introdotto alla famiglia dal Cavalier d'Arpino, amico personale di Clemente VIII e del nipote Pietro.
Un dipinto attribuibile al veneziano, e sicuramente realizzato grazie alla mediazione di Olimpia Aldobrandini, è il Riposo durante la fuga in Egitto dell'Eremo di Camaldoli a Frascati (cat. 47; fig. 47). La tela, solitamente collocata intorno al 1606, in considerazione della data apposta nel margine inferiore destro è stata poi ricollocata da Laura Testa intorno al 1612, quando la studiosa individuò un pagamento, del 5 maggio 1612, in cui Olimpia dava mandato di pagare 40 scudi «a Carlo Saracinj Pittore p. un quadro di un S. Giuseppe e la Madonna havuta da lui per dare ai Padri di San Romualdo a frascati p. la chiesa»227. D'altro canto già nel 1990, in occasione di un intervento di restauro, si era scoperto che la data 1606, riportata sull'opera, era apocrifa. La nuova datazione concorda con lo stile delle opere di questo periodo che a dispetto della lezione elshimeriana, dimostrano una maggiore adesione al caravaggismo. La tela mostra una conoscenza diretta e già datata della maniera intimista di alcune opere del Caravaggio, come la Morte della Vergine realizzata per Santa Maria della Scala e oggi al Louvre (fig.) o il Riposo durante la fuga in Egitto, eseguito forse proprio per la famiglia Aldobrandini, e oggi conservato nella Galleria Doria Pamphilj (fig.). Sono altresì ravvisabili nel dipinto tangenze con opere del veneziano di quegli anni, come la
Madonna con il Bambino e sant'Anna, oggi alla Galleria Nazionale di Palazzo Barberini e
realizzata per la chiesa di San Simeone Profeta tra il 1610 e il 1612 (cat. 45; fig. 45), quando l'edificio fu ristrutturato per volere di Orazio Lancellotti. Nella tela di Frascati, come nella tela di
225 Archivio Doria Pamphilj (ADP), Roma, Fondo Aldobrandini, Aldobrandini, inventario dal 1606 al 1638, busta 30; Testa, 1998, p. 135 nota 33; e cappelletti, 1998, pp. 341-347, si rinvia alla nota 83 per una spiegazione più accurata di questa voce inventariale. 226 AA, Frascati, tomo I, fasc. 7; Testa, 1990, pp. 240-241 e Testa, 1998, pp. 130-135.
227 Archivio Aldobrandini (AA), Frascati, «Libro mastro dei conti propri della Ecc.ma S.ra Olimpia Ald.ni 1606-1619, f. 106 e f. 105 r; Testa, 1998, pp. 132, 135 nota 25.
Palazzo Barberini, Saraceni inscena un momento intimo all'interno di uno spazio saggiamente costruito, sebbene sia questa una nuova prova per Saraceni. In queste esecuzioni, come ha annotato Pallucchini228, il paesaggio, che era il vero fulcro della rappresentazione nelle opere della prima metà del primo decennio del Seicento del Saraceni, non è quasi più presente per lasciar posto al nuovo centro della ricerca del pittore che, secondo il gusto caravaggesco, erano i personaggi e la narrazione dell’avvenimento biblico. Così, nella tela di Frascati il paesaggio, seppur presente, funge ormai quale sola quinta per l’armonizzazione dell’insieme compositivo. Queste tele denotano poi una maggiore adesione al caravaggismo nell'accentuazione del chiaroscuro e nella più attenta caratterizzazione dei volti.
Nel 1610 due avvenimenti dovettero toccare da vicino l'artista. In quell'anno morivano le due personalità che più avevano influenzato lo stile del veneziano: Michelangelo Merisi e Adam Elsheimer. Se è noto che fu proprio dopo la morte di Merisi che il caravaggismo conobbe il momento culminante della propria espansione, non fece eccezione Saraceni che da allora si avvicinò ancor più a questa corrente.
2.3 SANTA MARIA DELLA SCALA, COMMITTENZA E VARIE VERSIONI DELLA MORTE