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Il secondo exemplum tratta del «diletto de’ demoni» e narra la storia del re degli Assiri Sardanapalo. Il re Sardanapalo chiese una volta a un indovino quanto tempo gli rimanesse da vivere. Questi, per ispirazione diabolica, gli rispose che la sua vita sarebbe stata breve e che se avesse voluto scongiurare l’imminente morte avrebbe dovuto travestirsi da donna e vivere tra le donne e non tra gli uomini. Sardanapalo, volendo sfuggire alla morte, accettò il consiglio dell’indovino: si travestì e «stava in una camera con donne e con le loro fanti, e filava come loro».

Seguendo il consiglio dell’indovino di non stare con gli uomini, il re respingeva quelli che volevano incontrarlo e parlare dei loro affari. La situazione si protrasse fino a quando un altro re dichiarò la guerra a Sardanapalo. La notizia della guerra fu portata a Sardanapalo dal suo «maggiore barone».

Il barone, però, non fu ammesso al cospetto del re. Gli fu solo risposto, per mezzo di una fante, di prendere il comando dell’esercito e di sostituire il re nella guerra. Il barone ottenne la vittoria, e quando tornò trionfante, di nuovo non gli fu permesso di vedere il re. Allora il barone, sdegnato e deriso, irruppe con i suoi uomini nella camera del re e, trovandolo vestito da donna, lo uccise.

Sardanapalo in questo modo «volendo col Demonio menare sua vita, pagò lo scotto».

La rappresentazione di Sardanapalo come re femmina, edonista e lascivo, pare trarre origine dall’opera di Ctesia (tramandata in parte da Diodoro Siculo) e, come si suppone, funzionò nella letteratura greca come exemplum morale dal IV secolo a.C.437. Lo stereotipo negativo di Sardanapalo è comune anche nella letteratura latina (Giovenale, Giustino, Orosio). La storia del re assiro non ebbe però molta fortuna come exemplum medievale e non compare nelle raccolte più importanti (ma la ritroveremo nella trecentesca raccolta di lingua basso-tedesca Der Grosse Seelentrost438). Ciò non vuol dire che Sardanapalo diventa nella cultura tardomedievale, specie quella italiana, un personaggio oscuro. Anzi, i riferimenti alla sua viziosa vita sono numerosi: ne

437 D. Lenfant, De Sardanapale à Élagabal: les avatars d’une figure du pouvoir, in: Images et représentations du pouvoir et de l’ordre social dans l’Antiquité, éd. M. Molin, Paris, De Boccard, 2001, pp. 45-55.

438 Der Grosse Seelentrost, Ein niederdeutsches Erbauungsbuch des vierzenhnten Jahrhunderts, hrsg. von M. Schmitt, Köln-Graz, Böhlau Verlag, 1959. La storia di Sardanapalo compare nella parte in cui sono raccolti gli exempla che raccontano di quelli che contravvengono al sesto comandamento (VI, 13, p. 207). La mia insufficiente conoscenza della lingua basso-tedesca mi impedisce di prendere in esame questa versione dell’exemplum.

parlano esplicitamente sia Dante (il racconto di Cacciaguida nel Paradiso) sia Boccaccio439. Il riferimento più suggestivo è sicuramente quello dantesco in cui Sardanapalo viene indicato come simbolo di corruzione della nuova Firenze:

Non avea case di famiglia vòte;

non v’era giunto ancor Sardanapalo a mostrar ciò che ‘n camere si pote440.

I commentatori trecenteschi della Commedia riproponevano lo stereotipo classico di Sardanapalo.

Pietro Alighieri chiosava:

Fuit enim iste Sardanapalus quidam rex 38.us et ultimus Assyriorum, valde in feminilibus et voluptuosis implicitus; de quo Juvenalis ait: Et Venere et caenis et plumis Sardanapali. Propter quod semel dum circa talia instaret more femineo, et negligeret virilia opera, occisus est a quodam Medo nomine Arbacto, et translatum est tunc imperium Assyriorum ad Medos441.

Nel commento di Pietro l’effeminatezza di Sardanapalo spicca come il suo tratto caratteristico. Una versione simile a quella raccontata da Pietro, ma incentrata di più sui comportamenti lussuriosi del re e non sulla sua effeminatezza viene narrata nel Del reggimento de’ principi (volgarizzamento del De regimine principum di Egidio Romano). Nel Del reggimento Sardanapalo che «s’era tutto dato ai diletti de le femmine e de la lussuria» viene ucciso da un suo «barone»442. Sardanapalo vuole parlare con il barone e questi, quando vede «la viltà e la lussuria» del re, decide di dichiarargli la guerra. Il re fugge, si rifugia in un castello e alla fine viene arso con tutti i suoi tesori. Vediamo che l’immagine di Sardanapalo comprende sostanzialmente due elementi: l’effeminatezza e la lussuria.

Gli autori medievali sottolineavano ora uno ora l’altro aspetto.

Le versioni medievali della storia divergono anche su un altro punto: il ruolo dell’uccisore del re. Franco Sacchetti stesso narra la storia di Sardanapalo due volte: nel Libro delle rime e nelle Sposizioni di vangeli. Soffermiamoci ora sulla versione raccontata nel Capitolo degli re di Siria:

439 La vita di Sardanapalo viene narrata nel De casibus virorum illustrium (II, 12). Cfr. L. Terrusi, Sardanapalo in Boccaccio. Risonanze nascoste di un Exemplum medievale, in: Filologia e Linguistica. Studi in onore di Anna Cornagliotti, a cura di L. Bellone et al., Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2012, pp. 617-633.

440 Par., XV, 106-108. Cfr. G. Mazzotta, Sardanapalo, in: Enciclopedia dantesca,

<http://www.treccani.it/enciclopedia/sardanapalo_%28Enciclopedia-Dantesca%29/>.

441 Pietro Alighieri, Petri Allegherii super Dantis ipsius genitoris Comoediam Commentarium..., Florentiae, Piatti, 1845. Citato da: Dante Lab, <http://dantelab.dartmouth.edu>.

442 Del Reggimento de’ Principi di Egidio Romano, volgarizzamento trascritto nel MCCLXXXVIII, a cura di F.

Corazzini, Firenze, Le Monnier, 1858, I, Cap. XVI, p. 52.

ed a lui [al re Agazopesso] suc<c>edeo quel re cattivo, come femina sempre dimorando,

Sardanapalo, che mai non fu vivo, il qual mandò a combatter Arbace, di Medïa prefetto, in vizii schivo.

Tornato con vittoria al re fallace, con femine trovò filava a rocca, onde l’uccise quivi per più pace,

dicendo, come l’ira degna tocca, che non volea signore re feminile443.

Nel componimento Sardanapalo è rappresentato come «re feminile». Arbace (il «barone» delle Sposizioni) uccide Sardanapalo proprio per la sua effeminatezza, mentre nelle Sposizioni è l’onore offeso del barone la causa scatenante della morte del re («avendo data così grande sconfitta a’

nemici, mi serà favellato per fante?», chiese il barone nell’exemplum). Nelle Sposizioni poi, ed è la modificazione più significativa, tutta la narrazione è subordinata alla questione del «diletto de’

demoni». Sacchetti introduce la figura dell’indovino che consiglia al re di evitare la presenza maschile e di stare soltanto con le donne. La presenza diabolica nell’exemplum si riduce solo alle parole dell’indovino che «per arte di demonio dicea»444. È chiaro però che Sardanapalo deve morire, non solo per la sua lussuria, ma anche per aver prestato fede alla divinazione ispirata dal diavolo. In questo senso la sua effeminatezza deve essere vista solo come un travestimento, un accorgimento per scongiurare la morte.

La descrizione di Sardanapalo nel Libro delle rime («che mai non fu vivo») rievoca esplicitamente il passo dantesco: «Questi sciaurati, che mai non fur vivi»445. Gli sciagurati, incontrati da Dante nel vestibolo dell’Inferno, sono gli ignavi che vissero «sanza ‘nfamia e sanza lodo»446. L’ignavia di Sardanapalo, che nel Capitolo degli re di Siria consiste nella sua rinuncia ai compiti reali, assume nelle Sposizioni un carattere diverso e denota la sua indolenza, la sua mancanza di forza spirituale447. Nell’exemplum di Sacchetti, a differenza della versione del Del

443 Libro delle rime, CXCVIII, vv. 113-122.

444 Non pare comunque che Sardanapalo abbia stretto un patto con il diavolo. Come ha rilevato Wojciech Brojer negli exempla duecenteschi che trattano del patto col diavolo il personaggio del mediatore tra l’uomo e il diavolo ricopre un ruolo marginale (Brojer, Diabeł w wyobraźni średniowiecznej, p. 225).

445 Inf., III, 64.

446 Ivi, III, 36.

447 È interessante notare che Boccaccio narra nel De casibus come Sardanapalo, vedendo l’avanzata dell’esercito nemico, si sia svegliato da un lungo torpore in cui era caduto: «Inde fere sui nescius, cernens victorem Arbatum propius admovisse exercitum, longi ignavique soporis postremo torpedine pulsa oculos mentis aperuit» (De casibus

reggimento, viene introdotta la figura di un altro re che dichiara la guerra a Sardanapalo. Si presenta così a Sardanapalo un’occasione di combattere la propria battaglia: sia quella militare che spirituale.

L’ignavo re decide però di rimanere nascosto e per questo motivo il barone è costretto a combattere al posto suo. Questa sostituzione diventa la causa della morte di Sardanapalo. Ma forse la sua battaglia era già persa nel momento in cui aveva creduto nella divinazione ispirata dal diavolo.