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come scienza e come arte

Nel documento Cronache Economiche. N.328, Aprile 1970 (pagine 52-55)

Emanuele Battistelli

Il recente Salone torinese dell'alimenta-zione — un'iniziativa originale che meriterebbe la notorietà di quello dell'Automobile — h a suggerito considerazioni delle quali alcune ap-partengono alla scienza, altre all'arte. C'è pure un lato artistico che investe ovviamente l'este-tica degli alimenti o, meglio, la presentazione degli stessi nei classici contenitori e in quelli moderni, che sono ora di moda, imposti e proposti congiuntamente dall'economia e dal-l'igiene.

Le considerazioni di n a t u r a scientifica ap-partengono alla schiera degli specialisti in fisio-logia alimentare, la sobria prosa dei quali dovrebbe essere ospitata dai grandi giornali di infor mazione, poco poco ne avvertissero l'impor-tanza. Si ha invece l'impressione che in Italia al-l'educazione alimentare sia sufficiente la pub-blicità della Radio TV. Non si esclude che la segnalazione di questo o di quel prodotto ali-mentare possa ridestarne o accrescerne il con-sumo, imprimersi nella memoria visiva e auri-colare meglio, molto meglio, dell'escursione mentale sullo spazio pubblicitario dei giornali, ma è escluso che possa bastare nei suoi scopi e nei suoi effetti. Gioverebbe perciò inquadrare, divulgare, le componenti biologiche degli ali-menti onde evitare, nella utilizzazione dei mede-simi, errori macroscopici. Errori che si commet-tono a p p u n t o perché di ognuno si conoscono a malapena le virtù. Ne viene che si consumano abbondantemente i salumi — alimenti termo-dinamogeni — nella stagione estiva dominata dal caldo, e doviziosamente f r u t t a e ortalizie succolente — debolmente termodinamogene — nella stagione invernale contrassegnata d a l freddo.

La divisione più elementare dei componenti l'alimentazione u m a n a li inquadra in glucidi, lipidi e protidi.

I primi, i quali chimicamente altro non sono che idrati di carbonio (zuccheri, ami-do, ecc.), prevalgono nella maggioranza dei prodotti commestibili della n a t u r a e dell'agri-coltura. Essi forniscono all'organismo, alimen-tandone il glicogeno, gran parte dell'energia

necessaria sia alle funzioni vitali (respirazione, circolazione sanguigna, ecc.) che al ripristino di quella spesa nella quotidiana necessità di movimento e di lavoro. Le quantità eccedenti il bilancio energetico si trasformano in grasso. Ne prendano nota coloro che paventano la pinguedine.

I secondi, di cui sono veicoli t u t t e le sostanze grasse (olio, burro, lardo), si accumulano in particolari sedi ove costituiscono depositi di energia. Ma essi sono per lo più scrigni di vitamine — di quelle beninteso liposolubili -come la A antinfettiva e la D antirachitica. E infine si iegano a nuclei fosforati e azotati per formarne nobili composti a funzione pro-tettiva.

Gli ultimi sono edifici biologici le cui co-lonne portanti sono rappresentate dagli ami-noacidi. I n linea principale essi intervengono nella costituzione e nella ricostituzione tissulari del corpo, e in linea secondaria affluiscono alle riserve energetiche e lipidiche del medesimo.

A questi t r e principali componenti si ag-giungono le sostanze minerali, le vitamine, gli enzimi e l'acqua, ciascuno avendo u n ruolo a carattere costruttivo o a carattere protettivo, e l'uno e l'altro insieme, come l'acqua meta-bolica che li reca in dissoluzione.

A completarne il quadro giova aggiungere l'alcool etilico e i composti alcaloidici che costi-tuiscono l'anima rispettivamente del vino e della birra, del t è e del caffè. Nonché l'acido lattico — il cui effetto antiputrefattivo — imprime una dignità superalimentare al latte fermentato.

Poiché la rassegna, che staremo per affron-tare abbraccerà il diadema enologico è il caso qui di ricordare come l'alcool avochi a se u n complesso di funzioni che lo nobilita. L'alcool etilico — il meno violento della serie alcooli-gena — ha infatti funzioni energetiche, stimo-lanti e digestive. Eccita in dosi morigerate, quali sono quelle contenute dal vino e dalla birra, i centri nervosi, l'apparato muscolare eliminandone le tossine, e l'apparato digestivo facilitando la secrezione peptica.

L'aspetto artistico è nella esteriorità degli alimenti, ossia nella moda di confezionarli e di vestirli. Salumi e salse, marmellate e conserve, succhi e gelati, sono racchiusi in contenitori di vetro, o di plastica, non più nudi e anonimi. Si direbbe che ogni ditta produttrice faccia a gara per affrontare il mercato a viso aperto. L ' a r t e è poi anche nella sostanza degli ali-menti stessi, s o p r a t t u t t o di quelli liquidi: dai vini ai liquori, dalla birra ai succhi di f r u t t a , dal latte alle sue bevande fermentate. È ap-punto nel settore delle bevande che è individua-bile maggiormente l'arte, intesa nel significato contrapposto a «natura», d a t o che questa com-prende t u t t e le produzioni in cui la fantasia e l'abilità dell'uomo non h a n n o nessuna parte. E che altro sono se non prodigio d ' a r t e - altri direbbe di tecnica, per usare u n termine più usato e moderno — le originali edizioni del latte, da quelle sinergizzate alle f e r m e n t a t e ? E che altro sono se non a l t r e t t a n t e opere d ' a r t e le molte edizioni vinicole, nelle quali al prodigio della n a t u r a si aggiunge l'abilità tecnologica dell'uomo ?

P r e n d e t e la sovrana delle bevande: il latte. Tale e quale non offrirebbe al pubblico alcuna seduzione. Suscita invece interesse quello arric-chito di destrina, zucchero e m a l t o : sostanze energetiche che ne accrescono l'appetibilità e il potere nutritivo. Più del latte pastorizzato e omogeneizzato — quindi bactericamente inno-cuo e facilmente digeribile — suscitano interesse la p a n n a pastorizzata; lo y o g h u r t sia normale che magro, sia omogeneizzato che condito alla f r u t t a ; i gelati al latte, il cui consumo non è più limitato ai mesi caldi; i budini al latte, che costituiscono una leccornia non più soltanto per i bambini ed i vecchi.

In t u t t e le rassegne dietetiche, a n c h e nella recente di cui parliamo, n o n c'è s t a t o mai modo di far conoscenza con il kefir e con il koumys, i due derivati del l a t t e n o n meno n u t r i t i v i è igienici dello y o g h u r t . Ne differiscono per il f a t t o che, oltre ad avere in corpo acido lattico, recano anche percentuali di alcool — sia pure minime — e di anidride carbonica che ne f a n n o due b e v a n d e spumeggianti.

P r e n d e t e il vino. Il caleidoscopio italiano dei tipi è t a n t o vario e folto da ingenerare con-fusione. In ogni regione i tipi f o n d a m e n t a l m e n t e si assomigliano — come le canzoni — per cui riesce difficile a distinguerli a n c h e ai più q u a -lificati degustatori. Ogni regione non h a più d ' u n o e vi si riconosce. E s a l t a n d o l i esalta sé stessa, la propria n a t u r a e la propria tecnologia.

Il P i e m o n t e allinea i classici vini del suo cospicuo d i a d e m a : Barolo, Barbaresco, Gattinara, Campiglione, Carema, F a r a ,

Ghem-me, Lessona, Mottalciata, Sizzano, ecc. fin-li aristocratici del Nebbiolo —; Nebbiolo stesso Grignolino, Dolcetto, Brachetto, Freisa, Bo-n a r d a . E iBo-n più i tipi biaBo-nchi: Cortese, Moscato Pinot e Riesling.

Abbiamo enucleato dalla rassegna il Bar-bera, non perché non faccia parte della dina-stia enologica subalpina, di cui anzi è l'espo-nente più rappresentativo — alla maniera del Chianti in Toscana — ma perché merita un discorso a sé. Lo merita per il f a t t o di essere da taluni dissacrato, ritenuto privo di quei q u a r t i di nobiltà che costituiscono a p p u n t o i titoli di merito per la iscrizione nel Gotha enologico regionale e nazionale.

Perfino il Dalmasso — la cui competenza enologica è di f a m a mondiale — preferisce al B a r b e r a gli altri tipi, dal delicato Grignolino al piacevolmente austero Dolcetto, nonché — superfluo è il dirlo —- il Nebbiolo e la sua folta stirpe.

Al Dalmasso sembra eccessiva la produzione di Barbera, al quale addebita esuberanza di composizione che potrebbe però essere atte-n u a t a e smussata dall'iatte-nvecchiameatte-nto, il solo che possa imprimergli, se non delicatezza, per 10 meno a u s t e r i t à p e r f e t t a di p r o f u m o e di sapore.

Che la più p a r t e della produzione di B a r b e r a conservi la originaria asprezza e r u v i d i t à si può anche a m m e t t e r e . Ma nello stesso t e m p o non va escluso che la produzione più tipica, una volta affinata, assume connotati di nobiltà tali rispetto ai quali gli altri dei confratelli regionali, dei congeneri nazionali e stranieri, rimangono offuscati. Prendete, per esempio! 11 « da poco n a t o m a già a f f e r m a t o » Castello di Gabiano, nel quale sono fuse t u t t e le v i r t ù organolettiche del Barolo senza esserlo, t u t t a la maschia a u s t e r i t à del B a r b e r a senza eviden-ziarla. Al pari dei celebri C h a t e a u x francesi il Castello di Gabiano è il B a r b e r a delle mense con-viviali onorate dagli arrosti e dalla selvaggina, quello che — a v r e b b e d e t t o il Bertacchi — induce «alle confidenze care dell'amicizia che si indugia a cena ». Altri su questo vino ha già scritto che è regale e n o n svela la sua p a t e r n i t à viticola, presentandosi come « Castello ». Vino c o m u n q u e prodigioso, che ha peraltro u n solo t o r t o : quello di avere u n a produzione l i m i t a t a A p p e n a 250-300 ettolitri l'anno.

È a p p a r s o anche u n tipo di B a r b e r a bianco: B a r b e r a di Schiavazza. Ma altro è il B a r b e r a rosso, altro è il B a r b e r a bianco. T a n t o è maschile l'uno q u a n t o a p p a r e femminile l'altro. Il Bar-bera bianco h a la stessa a m b i g u i t à dei rosati. Ma c^è chi li preferisce. E la produzione perciò n o n è i m m o t i v a t a .

Come per i vini, cosi anche per i formaggi nessuno più si cristallizza in produzioni plebee. La perfezione è oggi il leitmotiv tecnologico. Nella fitta schiera dei tipi t u t t a v i a emergono quelli di afto lignaggio, di nazionalità italiana, danese, francese, olandese, elvetica, ecc.

Di nazionalità danese è il tenero friabile nonché piccante D a n a b l u ; l'occhialuto H a v a r t i dal sapore pieno con fondo piccante; il Samso dal sapore delicato dolce di nocciola.

Di nazionalità francese il manipolo più assortito capitanato dal R o q u e f o r t che arieggia l'italiano Gorgonzola; dal Cantal che vorrebbe essere un emulo del nostro Grana; dal Marville, la cui originalità la deriva dall'aggiunta di prezzemolo e di altre erbe aromatiche; dal Brie, dal Camembert, e dal Geromé, t u t t i e t r e a pasta molle salata e stagionata.

La celebre g a m m a elvetica ha n e l l ' E m m e n -t h a l il -tipo più acclama-to e, per a n -t o n o m a s i a , « internazionale », superiore perfino ai r i n o m a t i Gruwiera e Sbrinz, ai quali peraltro assomiglia, ma sui quali ha il vantaggio di u n a maggiore s a p i d i t à derivantegli dall'essere figlio di l a t t e intero.

L a stirpe italiana meno folta di quella francese e t u t t a v i a f a m o s a nei suoi 24 tipi classici h a nel Grana il formaggio dal sapore prodigioso. L ' i n v e c c h i a m e n t o triennale ne f a u n tipo di color bianco paglierino, finemente granuloso, con f r a t t u r a a scaglie, f o n d e n t e ,

piccante, sapidissimo. Nel sapore e nell'estetica (le sue forme cilindriche hanno il peso di 25-40 kg ciascuna) non ha che pochi rivali. Anzi per alcuni non ne avrebbe nessuno. Li avrebbe t u t t ' a l più, in sede nazionale, nel Pecorino bianco e nel Fiore sardo.

Anche la produzione casearia, al pari di quella vinicola, obbedisce sempre, a una spe-cifica arte che ha dei segreti e che t u t t a v i a si compendia nel processo più o meno indo-vinato di invecchiamento, di conservazione e di presentazione.

L a moda dell'alimentazione si evolve. Oggi più nessuno si accontenta di vivande e di be-v a n d e mediocri, anonime, pribe-ve di personalità. Perfino nelle ortalizie e nella f r u t t a si ricerca anche la bellezza esteriore — non meno che l'integrità e l ' i m m u n i t à — d a t o che l'aspetto estetico è u n formidabile stimolo all'appetito. Si direbbe che dignità di gusto ed ele-ganza siano nella f r u t t a e nelle ortalizie due valori paritetici. È a p p u n t o per questo che la genetica li persegue, sia che si t r a t t i di pomacee che di drupacee; sia di agrumi che di uve; sia di fragole che di lamponi; sia di peperoni che di melanzane; sia di cavoli che di l a t t u -ghe, ecc.

L a genetica d u n q u e non è impari al com-pito. P i u t t o s t o la commercializzazione aziendale dei p r o d o t t i è deficiente. A sua a t t e n u a n t e sta però la carenza di personale.

Nel documento Cronache Economiche. N.328, Aprile 1970 (pagine 52-55)