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Cronache Economiche. N.328, Aprile 1970

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CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

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cronache

economiche

sommario

mensile a cura della camera di commercio industria artigianato e agricoltura di forino

numero 328 aprile 1970

Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni deb-bono essere i n d i r i z z a t i alla D i r e z i o n e della Ri-vista. L'accettazione degli a r t i c o l i dipende dal giudizio insindacabile della D i r e z i o n e . Gli s c r i t t i f i r m a t i e^ siglati rispecchiano s o l t a n t o il pen-siero dell'autore e non impegnano la D i r e z i o n e della Rivista nè l ' A m m i n i s t r a z i o n e Camerale. Per le recensioni le pubblicazioni d e b b o n o es-sere inviate in duplice copia. É vietata la ri-p r o d u z i o n e degli articoli e delle n o t e senza l ' a u t o r i z z a z i o n e della D i r e z i o n e . I manoscritti, anche se non pubblicati non si restituiscono.

Direttore responsabile: Primiano Lasorsa

Vice d i r e t t o r e : Giancarlo Biraghi

L. Mallè

3 Gérard Schneider: retrospettiva alla Galleria Civica di Torino G. M. Vitelli

15 n momento economico e l'attività delle Camere di commercio del riemonte

G. Cansacchi

21 La fusione delle comunità economiche europee P. Cazzola

2o La Russia all'Esposizione Internazionale di Torino del 1911 G. Biraghi

32 La disputa del commercio A. Trincheri

37 Un sistema economico per la gestione della prosperità F. M. Pastorini

40 Possibilità produttive e prospettive di sviluppo dell'agricoltura cen-trafricana

M. Moro Visconti

44 Campagna dividendi e autofinanziamenti U. Bardel.'i

46 Confronti di programmazione E. Battistelli

50 L'alimentazione come scienza e come arte A. Vigna

53 Moda e Vacanze nelle mostre al Palazzo del Valentino G. Lega

60 Note di documentazione tecnica 65 Tra i libri

69 Dalle riviste

Direzione, redazione e amministrazione

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C A M E R A D I C O M M E R C I O

I N D U S T R I A A R T I G I A N A T O E A G R I C O L T U R A

E U F F I C I O P R O V I N C I A L E I N D U S T R I A C O M M E R C I O E A R T I G I A N A T O Sede: Palazzo Lascaris - Via V i t t o r i o Alfieri, 15.

Corrispondenza: 10121 Torino - Via V i t t o r i o Alfieri, 15 10100 T o r i n o - Casella Postale 413.

Telegrammi: Camcomm. Telefoni: 55.33.22 (5 linee). Te/ex: 21247 CCIAA Torino C/c postale: 2/26170.

Servizio Cassa: Cassa di Risparmio di Torino - Sede Centrale - C/c 53.

B O R S A V A L O R I

10123 Torino - Via San Francesco da Paola, 28. Telegrammi: Borsa.

Telefoni: Uffici 54.77.04 - Comitato Borsa 54.77.43 - Ispettore Tesoro 54.77.03.

B O R S A M E R C I

10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.

Telegrammi: Borsa Merci - Via Andrea Doria, 15. Telefoni: 55.31.21 (5 linee).

G A B I N E T T O C H I M I C O M E R C E O L O G I C O

Laboratorio analisi chimiche - 10123 Torino - V i a Andrea Doria, 15. Telefono: 55.35.09.

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Gérard Schneider :

retrospettiva alla Galleria Civica

<1 i Torino

In copertina a colori: Gérard Schneider - Opus 44 i, peinture

mu-rale 1969 - Coli, privata. (Foto Arch. Museo Civico, Torino). Luigi Malie

Schneider in mostra a Torino alla Galleria Civica d'arte mo-derna, compare con numero to-tale di opere anche inferiore a quanto sia avvenuto in alcune grandi mostre dedicate all'artista

in Europa negli ultimi dieci anni. Ma diversamente da quan-to accadde pressoché sempre e cioè che egli compariva come se la sua attività avesse avuto inizio con la sua pittura precisamente

astratta o più, esattamente in-formale, si è voluto qui che la retrospettiva fosse vera?7iente tale, fuori da chissà qual timore di mettere sotto gli occhi il « prima ». E se a Torino questo «

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Schneider Gérard

ma » dell'ormai troppo mitizzato « après 1945 » è rappresentato da un numero in sé ristretto d'opere, ciò tuttavia consente di farsi

percorso una esatta idea del globale deli'artista.

Non per nulla si è voluto partire da un dipinto come la N a t u r e m o r t e , 1924 - Parigi - Propr. dell'artista.

(Foto Arch. Museo Civico, Torino).

« Nature morte » del 1922, cioè proprio dell'anno in cui l'artista si stabili definitivamente a Pa-rigi; quando era ancor fresco — nonostante un quadriennio parigino ancora in parte in clima di guerra — di quella educazione neuchàteliana e artigianesca in un certo senso, che gli aveva dato basi solidissime, anche se si-lenziose e ritrose, di mestiere. E in verità, senza bisogno di parlare con la sapienza del poi, quella « Nature morte » del pittore ventiseienne e ancora legato alle cose nelle loro parvenze esteriori, conteneva già bene in nuce e dichiaratamente — lo Schneider successivo, anche il più eversivo e audace.

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Schneider Gérard - Opus 45 i, N . 442, 1950 - Parigi, Musée National d ' A r t Moderne.

(Foto Arch. Museo Civico, Torino).

libere « forze », tanto il dipinto è impostato su una vicenda parca e grandiosa di forze, per ora dominate da. una partitura di verticali e da una insistenza a riferimenti di peso che ancora trattengono un'urgenza dinami-ca. E la pennellata, anzi la tavolozza da cui attingerla, è generosa; la mano è franca, larga, opera già, più che con il tocco, con un perentorio gesto.

Aìicor più chiaro è l'orienta-mento con « Nature morte » del 1924; e già si vede come è molto relativo — anche se intrinseca-mente giusto — e imprudente il parlare di eredità postimpressio-niste che, ove vi siano, toccano soltanto il particolare di gusto o di esecuzione, ma non sotten-dono più affatto ima sensibilità. La composizione qui, infatti, nel giro di due anni, si è già am-piamente disgregata come

raffi-gurazione di oggetto, per dar adito ad un'aperta organizza-zione di masse cromatiche che stanno imponendo la necessità d'esser considerata strettamente forme in se stesse e di valere come elemento generatore di per sé, come oggetto esse stesse: ele-menti di una nuova natura — e che « nature vivante ! — che è tutta « natura pittorica ». A que-sto punto Schneider può anche permettersi di rivolgere quell'ar-ditezza che disgrega tradizionali concetti di forma e di oggettività, applicando quel suo fare peren-torio (e superbamente sempli-ficante una verità naturale nei suoi elementi basilari di masse e di forze) al ritratto, con la « tète de jeune fìtte » del 1925, in cui eventuali richiami picas-siani o d'altri grossi nomi con-temporanei o appena scomparsi, vengono infranti nello stesso

as-sumerli, grazie soprattutto ad una sinfonialità cromatica e ad una regia delle luci, da appa-rizioni fantastiche, che son tutto Schneider già individuato e ca-ratterizzato a fondo.

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vastità di respiro e la sete di libertà di quel bisogno di « prise de conscienee d'une manifesta-tion de Vinfini » che in Schneider fu la molla, sempre, dell' operare ; se mai, agli inizi, solo relati-vamente segreta o non esplici-tamente messa a nudo.

Quando nel 1928 egli di-pingerà « Les Pélerins », sarà una tela di un addirittura vio-lento espressionismo a venirci incontro, ma di un espressio-nismo che è giunto a mordere non le apparenze delle cose o a distorcere i valori materiali e morali di cose e persone (o a mostrare come essi, da sé, si siano distorti) ma a sconvolgerne la sostanza, a toccare l'immer-sione in una linfa della realtà, dove non son più carni a esser macerate e tormentate o

disprez-zate, né oggetti a venir beffati e maledetti ma, su un piano quan-to mai drammatico e che però non esclude una ritrovata fiducia nella vita, le cose stesse — o le persone — son colte nelle mate-rie vitali che le compongono e che per il pittore si fanno colore, ritmo, rabbrividente lam-peggiamento, riassuntivo segno che supera già di tanto ogni tradizionale valore di tecnica pittorica, per dare la sensa-zione netta del largo movi-mento del braccio che dà vita d'un colpo a larghi squarci di visione.

È quanto va sempre meglio confermandosi negli anni suc-cessivi, di cui la mostra a To-rino presenta « Le concert » del 1933, che rivolge a propri esclu-sivi fini la più ampia cultura

parigina del momento o « Com-position immaginane » del 1934 che spinge tale progresso a un violentamento estremo, disgregan-do anche spunti di surrealismo.

Ma cosa ancora si può tro-vare di legato al figurativo — se non siano relitti d'immagine appella riconoscibile — in tele come la « Composition » 1936, qui presente, che è un esaltato pro-rompere di forme esclusivamente pittoriche, in un dinamismo ur-gente, in un entusiasmo energe-tico giovanile? Schneider aveva allora, giusti, quarant' anni.

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Schneider Gérard - Opus 35 D, 1959 - Parigi, Coli, privata. (Foto Arch. Museo Civico, Torino). mentre è invece esaltante nello

stupito possesso d'una esistenza autonoma pittorica.

È un cammino che Schneider percorre a passo lungo e fermo e tuttavia senza frettolosità; pare anzi quasi, il suo, un attento sostare a ogni successivo mo-vimento, ad accertarsi di uno stabile terreno con cautela e in-sieme sicurezza di passo d'al-pigiano.

La sua non figuratività espres-sionistico-informale è ormai pie-namente enucleata, anche se tut-tora i dinamismi sono rattenuti da un crescere, allungarsi, spez-zarsi delle forme molto squa-drato e greve; soprattutto im-ponendosi queste forme in sé, più che per una libera illimitatezza di spazio che le accolga (più tardi non solo le accoglie ma vi si

integra); e basta osservare, per cogliere quel percorso unitario, accanto alla composizione ora citata, opere come una « Com-position » del'40 esposta accan-to. D'altronde la « Composition » 1944 del Musée National d'art moderne di Parigi, è ancora perfettamente su quella linea di condotta.

Può parere, intorno al 1943-44, quasi un ritorno addietro una tela come Z'« Opus 202 », come per un riprender piede d'una figurazione sia pur al massimo schematizzata; e la ragione ne è chiara, ma non come un passo indietro, bensì come sperimen-tazione d'un differente comporta-mento, tuttavia destinato a non metter radice, in quanto l'ar-tista ora, vuol provare l'elabo-razione di forme geometriche e

par quasi sentirvi il bisogno di riappoggiarsi al personaggio umano per trasporlo superan-dolo; o meglio, è solo ad una allusione ch'egli si appoggia. Certo, se Z'« Opus 202 » non è forse una delle cose più riu-scite sul piano della coerenza di percorso, lo è moltissimo come coerenza singola, del pezzo; e per di più l'autore vi raggiunse un esito dinamico quanto mai elastico e legato. C'è, anzi, un coinvolgersi reciproco di primi piani e fondo, che per un po' ancora Schneider non ritroverà cosi naturale e pieno: ma, quando avverrà, dovrà esser su un'altra via che non quella di astratti geometrismi.

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opere come « Opus 316 »; oppure — e siamo già al 1948 — come « Opus 375 » in cui, peraltro, un geometrismo torna ad insinuarsi ma frammentato e privato di rigorismi, nel giro piuttosto d'una diffusa sensibilità dell'École de Paris eli quegli anni, a mezzo

- senza voler propendere né per l'ima né per l'altra parte — tra definizione elementare, quasi matematica, per spirito di chia-rezza, e intensità ed interezza di emozione aperta, in un incontro singolare tra modulo e libertà. Al 1950 tele come Z'« Opus 45 1 » segnano Vammorbidirsi, il disciogliersi di certe esperienze che potremmo chiamare astratto-concrete, che avevano toccato il loro punto di maggior freddezza mentale nel 1947-48 (ad esem-pio in « Opus 30 F » o « Opus

Schneider G é r a r d - Opus 42 E, I960 - Bergamo, Galleria Lorenzelli. [foto Arch. Museo Civico, Torino).

Bergamo, Collez. B. Lorenzelli Jr.

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Schneider Gérard - Opus 95 E, 1961 - Parigi, Musée National d ' A r t Moderne.

(Foto Arch. Museo Civico, Torino)

37 C », non in mostra), in cui veramente V artista, sottolineando Vintenzione, lasciava dominare lo spirito di strutturazione sul-l'empito delle sensazioni, e aveva dato prova d'una singolare inven-tiva che, senza ombre d'imita-zioni o ricalchi, gli permetteva di spingersi fino alle soglie del geo-metrismo puro senza cadere in formule; e in lui freddezza non voleva dire mai frigidità; anzi quelle prove di Schneider ci attraggono per la rara limpi-dezza d'impaginazione e l'as-senza di accento teorico o, peggio, teorematico.

Ma in « Opus 45 I » quella tendenza si rinfresca e si muove tramite una avvertibilissima e tuttavia discreta immissione di una tipologia e d'una ritmica surrealista e, s'intende, del

sur-realismo nei suoi modi più astratti, alla Mirò in certo senso, ma lasciando o ridando al segno una capacità embrionale di ge-sto. È un avanzare che si pre-cisa, qui in mostra, attraverso « Peinture murale opus 404 » del 1951 e trova uno sbocco esube-rante e magnifico in cose come « Opus 443 » 1952, oppure « Opus 507 » dello stesso anno, tela che in una dilacerata traina, la quale può anche ammettere ancora qual-che frammento di surreale, im-mette una primigenia sponta-neità gestuale, con l'esattezza dell'immagine pensata di colpo nella sua inevitabilità e compiu-tezza. I rapporti cromatici sono semplicissimi e sontuosi, su po-che note ma non senza timbri rari, in un accordo generale perentorio ma con sottili

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sfumature, o relazioni timbri-che •— l'esistenza d'una strati-ficazione di piani eh'è allusione esplicita ma dominata di spazio e di tempo.

Quett'urgere di elementi nu-merosi e frammentati, qua e là filamentosi, si condensa in altre opere dello stesso anno e del 1955, in cui, ad esempio, lo « Opus 92 B » trova — e proprio grazie ai vasti movimenti dei neri — grandiose riassunzioni ; e la materia acquista sempre più in rapidità di scorrevolezza, il gesto è sempre più sintetico, la sostanza pittorica più madida, in una parola il dipinto, spin-gendo più in là la nota infor-male, diventa sempre più « na-tura ». Nella serie dell'« Opus C », di cui è a Torino esposto tra l'altro il n. 18, si trovano

solu-zioni la cui irruenza è pari solo alla elementarità immediata degli effetti, per un'azione di poche forze poche masse, pochi valori di luce e ombra in contrasto: luce e am-bi 'a, s'intende, non come regia soppesata né con alcun riferi-mento a fonti luminose o ad un buio, ma come diretto con-trasto di zone cromatiche, per consonanze e dissonanze nette, o qua e là sottilmente preziose, ma quasi come concessioni da na-scondere e che agiscono come valori che l'occhio — stavo per dire l'orecchio — fonde insen-sibilmente.

Certo, di questa serie, Z'« Opus 12 C » è uno dei raggiungimenti più felici, esultanti, dove le cor-posità densissime e perfino ostrut-tive del colore trovano al tempo stesso l'apertura d'un respiro.

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masse quasi bloccantisi l'uria al-l'altra. E cosi -portata alle estreme conseguenze, in termini di in-solita ampiezza formale e di quasi travolgente dinamismo (co-m'è pure per « Opus 76 D », una delle tele più possenti, già nel 1960), la vivezza gestuale che ancora si esprimeva per fasci maggiori e minori di segni trac-cianti, in tele come « Opus 33 D », « Opus 35 1) », « Opus 40 D », e quelle immediatamente succes-sive, scalate nel tardo 1959. Ma, come al solito, nell'interno della serie che scorre lungo il 1958-59, le esperienze non sono mai in sviluppo rettilineo e quindi pre-vedibile ma presentano spesso singolari anticipazioni, oppure tornano a riprendere prove di qualche poco precedenti per rie-laborarle e magari rinforzarle di

nuovi fermenti spuntati nel frat-tempo.

È proprio per questo che, in tal tempo, possono anche già ap-parire primi accenni ad una tecnica di spruzzature fortemente espressionistiche e drammatiche (ad esempio in « Opus 61 D » e che vediamo configurarsi sem-pre più coscientemente nella se-rie successiva, ad esempio negli « Opus 11 e 12 E », dove è rinnovato ancora una volta il rapporto forme-fondo ; cade ogni sia pur lontano aspetto di strut-turazione a favore d'un libero disporsi di clementi dilacerati, slabbrati, smangiati, in pieno contrasto direzionale fra loro e in analoghe situazioni di falsa sta-ticità e falso dinamismo, mentre s'insinuano nuove preziosità di colore e di illuminazioni, entro

cui paiono agire suggestioni di tecniche pittoriche dell'Estremo Oriente.

Su questa via le composizioni assumono sempre più una vastità di moto e di respiro, facendo agire grandi chiazze attive su un fondo che sempre meglio si risolve dietro ad esse in gorghi di aria e di luminosità: e cosi è in « Opus 29 E », ad esempio, o n 33 E », o nel bellissimo « Opus 42 E » qui esposto, in cui si concentra con straordinaria sobrietà e pregnanza un dipin-gere che ha la sua componente di « automatismo », senza che l'artista soggiaccia ad una schia-vitù del gesto casuale né ad un'alienazione.

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di-ventando più cariche ed impo-nenti, quasi massicce sul fondo altrettanto addensato. È un di-verso manifestarsi di dinamismi che coinvolge tele del 1961, come la superba tela « 95 E » del Musée d'art moderne di Parigi, da cui non sono lontane come sensibilità, fra le cose ora in mostra a Torino, gli « Opus 91 E » e « 1 E », pur senza toccare il vertice di impulsi-vità e di sfogaiura torrenziale del pezzo al Museo parigino, di cui forse si potrebbe affermare quanto mi par giusto per molte opere di Schneider: e che cioè il dipinto sfrutta, ancora una volta rinnovandole, interpretan-dole in senso strettamente la-tino, esperienze espressionistico-astratte statunitensi le quali, però, non sarebbero esistite senza un precedente europeo di cui Schneider, dall'immediato dopo-guerra, era fra i protagonisti (e penso a certe cose, proprio del 1960-62, di Franz Kline e so-prattutto di Hof mann; mentre per qualche effetto di lacerazione di massa e spruzzature sui fondi si può pensare, ma molto limita-tamente, a qualche Motherwell).

Il fatto dominante è che la pittura di Schneider va ormai « liberandosi » sempre più aperta, sempre più assetata d'infinito, d'illimitato, e compone, come per un getto inesorabile di riversa-menti e colate di materia, visioni cosmiche in cui il caos non si ordina ma semplicemente vive e agisce la propria vicenda esisten-ziale e di trasformazioni in im-mani àmbiti, dove il concetto di spazio è completamente su-perato per tutto quanto può es-servi mentalmente e meschina-mente connesso di misurabile. La forza del pittore, della sua immaginazione già completa, del suo gesto balenante, dà luogo a pagine avventurose che si com-pendiano con eccezionale senso di sintesi ma che non gli impe-discono di sostare in una innu-merevole serie di dettagli che sono, al tempo stesso, gettati con

sprez-zo, meditati con previdenza e saggezza, curati con amorevo-lezza e in cui non mancano raffi-natezze squisite di toni, di urti e variazioni timbriche. Si può dire che, in quest'ordine d'atti-vità, l'anno 1963 (di cui qui esponiamo tele coinè « Opus 97 F » e « Opus 6 G ») sia addirit-tura straordinariamente felice per l'impeto creativo che lascia pa-gine indimenticabili per il potere trascinante e la capacità di equi-librare l'istintività perfino esube-rante, baldanzosa, con una luci-dità organizzativa degli elementi più contrastati e informi. Sono, davvero, grandi poemi, d'una orchestrazione straricca di valori, su cui dominano, avventanti, essenziali note tese, vibranti, in-candescenti o razzanti.

Direi che nel corso del 1964 — se non m'inganna un'im-pressione soggettiva — si avvera, da parte di Schneider, in una produzione forse numericamente meno folta, una nuova conquista

di valori in quanto, attorno alle masse cromatiche, evidenziate con sempre più largo gesto e con una sicurezza di raggiungimento immediato la cui efficacia è come già scontata, si viene a intro-durre, attorniare, espandere un sempre più illimitato sfondo che è, ad un tempo, concretizzazione pittorica d'un illimitato valore cromatico astratto e allusione di-screta e però potentissima di « natura » sentita nei suoi più immateriali coefficienti: quelli, direi, non solo non tangibili, ma perfino più ancora che visibili, solamente respirabili. Gli « Opus 35 G » e « 37 G » sono, al riguar-do, esemplari. Il secondo però costituisce a certe serenità del primo una ripresa di empito più espressionistico ma non sotto il segno d'un'ansia, bensì d'una pienezza di vita sana e serena.

In verità, pare che gli anni di Schneider, accumulandosi — so-no settantaquattro ormai, a og-gi — gli tolgano sempre di più Schneider Gérard T o r i n o , Galleria Martano.

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il senso d'una vita come grava-me; d'una vita di cui egli intende le complicatezze, le tempeste, le angosciosità, i complessi, ma come osservandoli ormai da un piano di superamento che tutti quei fatti di difficoltà e di pro-blematiche esistenziali li consi-dera dall'alto, oggetto di presa completa di conoscenza fuor da turbamenti: una esistenza ac-cettata per quello che è, un gorgo, una massa di ineluttabili, che la coscienza — e l'arte che l'esprime — discioglie nel quoti-diano percorso vitale con tran-quillità di accostamenti, anche se sempre con la stessa giovanile foga, con l'immersione integrale, con la partecipazione di senti-menti e, quasi, forse, anche uno stato permanente di pathos che non sconfina mai in psicologismi né in compiacimenti morbidi, né in eccitazioni provocatorie o tanto meno in autoprovocazioni che sono spesso un finto nodo d'ostentare forze o meglio di nascondere impotenze.

Per questo è inutile che pro-lunghiamo il nostro discorso che

non intendeva, in partenza, sot-toporre Z'« oeuvre » di Schneider, ad alcuna lettura sistematica per l'intero iter. Basti aggiungere che tra 1965-1966-1967, Schnei-der dà prova d'una giovinezza riaffermata, in tele che sono visioni di frammenti cosmici di sinteticità eccezionale, dove la concisione delle immagini trova riscontro néll'intensificarsi cro-matico, risolto per lo più nei contrasti di pochi timbri pe-rentori. Il gesto è ora d'una padronanza dei mezzi tipica di chi tiene in pugno la vita e si intromette, fa parte, si integra, con la più istintiva fiducia nel « libero ordine » degli elementi che co?npongono l'uni-verso.

Davvero ora si sente che non v'è più alcun diaframma tra l'immagine mentale e la resa manuale; la visione balenata fa corpo col gesto pittorico com-piuto. E questo non significa che un processo meditativo dello spirito non sia sempre presente ma si compie con fulmineità di comparizione e di trascrizione esattissima.

Non c'è bisogno di citare opere singolarmente: si scorre dall'una all'altra sospinti dall'impressio-ne d'una creatività che già si conosceva come estremamente im-pulsiva e spontanea, ma che, in questi ultimi anni, si è fatta addirittura di un'ardimentosità da neofita, da scopritore alle prime entusiastiche sorprese.

Una creatività letificante. È quello che, ancora una volta, dopo le opere freschissime del 1968-69, ci si offre nei recenti guazzi del 1970, che si può dire vennero eseguiti espressamente per la mostra di Torino. Una carriera dunque, quella di Schnei-der, che, a ripercorrerla riassu-mendo mentalmente le tappe, presenta un'omogeneità rara nel-la pittura del secolo XX; e entro quell' omogeneità, conosce l'arte affascinante delle infinite variazioni. E, per un seguito che ci auguriamo ancor lungo, è una carriera che promette, anzi garantisce, entro le fila ordinatrici di quell'omogeneità e grazie alle improvvise e continue diversioni di quell' « arte del va-riare », molte altre sorprese.

Schneider G é r a r d - Opus 21 y, 1968 - T o r i n o , Galleria Martano.

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Il momento economico

e l'attività delle Camere di commercio del Piemonte*

Giovanni M. Vitelli

La nostra Assemblea si riunisce a conclu-sione di un anno che è stato, sotto il profilo civile, sociale ed economico estremamente con-tradditorio e sullo scorcio di un altro che rap-presenta la conclusione dell'arco quinquennale di validità del primo Piano nazionale e del primo P r o g r a m m a di sviluppo piemontese.

Questa circostanza mi impone di soffer-marmi alquanto sulle vicende che h a n n o carat-terizzato u l t i m a m e n t e il sistema p r o d u t t i v o regionale e sul grado di aderenza che la situa-zione a t t u a l e presenta rispetto alle prospet-tive a suo t e m p o formulate nel progetto di piano.

L'andamento produttivo regionale.

Il 1968 si era chiuso con la dolorosa vicenda delle alluvioni che avevano sconvolto l'econo-mia del biellese e delle altre zone colpite ed a d o m b r a t o l'intero bilancio p r o d u t t i v o della regione. Nel 1969, p r o v v e d u t o celermente e soddisfacentemente alla ricostruzione grazie al coraggio, operosità e senso organizzativo dei piemontesi, il sistema economico ha ripreso a funzionare a pieno ritmo. Sino all'agosto l'in-tonazione congiunturale a p p a r i v a n e t t a m e n t e positiva: d o m a n d a interna di beni di consumo e d ' i n v e s t i m e n t o in vigorosa espansione, mar-cato accrescimento delle vendite all'estero, at-tività p r o d u t t i v a tesa a superare nuovi tra-guardi.

Le massicce astensioni dal lavoro dell'au-t u n n o per i rinnovi c o n dell'au-t r a dell'au-t dell'au-t u a l i — e con quesdell'au-to non intendo esprimere un giudizio ma solo constatare u n f a t t o — h a n n o s m o r z a t o la carica di dinamismo a c c u m u l a t a nei mesi pre-cedenti e costretto ad un ridimensionamento, su livelli più modesti del previsto, i risultati d e l l ' a n n a t a . D u r a n t e l'ultimo q u a d r i m e s t r e la produzione ha subito forti r a l l e n t a m e n t i e talvolta consistenti flessioni, m e n t r e le consegne sul mercato nazionale e all'estero sono dimi-nuite. Gli effetti si sono propagati, per l'inter-dipendenza s t r u t t u r a l e che caratterizza

l'appa-rato economico, anche in settori non diretta-mente coinvolti, creando u n a situazione di disagio generale.

A conti f a t t i t u t t a v i a qualche passo in a v a n t i rispetto al 1968 l'economia piemontese 10 ha ugualmente compiuto. Secondo u n a stima di larga massima il saggio di incremento del reddito, ai prezzi costanti, non dovrebbe essersi discostato molto dal 4 % .

Questa la visione globale. G u a r d a n d o ai singoli settori, l'agricoltura ha o t t e n u t o risul-t a risul-t i poco soddisfacenrisul-ti. Per il m a l risul-t e m p o dei mesi primaverili i raccolti del f r u m e n t o , di taluni altri cereali e di diverse specie di orto-frutticoli sono diminuiti più o meno sensibil-mente. D i m i n u i t a è anche la produzione d ' u v a , q u a n t u n q u e notevolmente migliorata sotto il profilo della qualità. Nell'insieme, considerati gli sviluppi registrati negli allevamenti bovini e s o p r a t t u t t o l ' a u m e n t o dei prezzi, è probabile che la produzione lorda vendibile del settore agricolo-zootecnico abbia all'incirca eguagliato 11 valore dell'anno precedente.

E veniamo all'industria, che fornisce il mag-gior c o n t r i b u t o alla formazione del reddito del Piemonte. Gli scioperi dell'autunno h a n n o eroso gran p a r t e del margine di incremento p r o d u t -tivo g u a d a g n a t o d u r a n t e i primi otto mesi dell'anno. Si calcola che da u n 8 % / + 1 0 % a t u t t o agosto, si sia discesi a non p i ù di u n 3 % a fine 1969. P a r t i c o l a r m e n t e inciso dalla perdita di ore lavorative è risultato il g r u p p o metal-meccanico: l'industria automobilistica, per fare l'esempio più significativo, ha d o v u t o regi-strare u n calo di produzione dell'ordine del 4 % .

(*) Riportiamo il testo della relazione tenuta dal presidente cav. del lav. dr. G. M. Vitelli, alla V Assemblea ordinaria dell'Unione delle Camere di commercio industria artigianato e agricoltura del Piemonte, svoltasi a Torino il 13 marzo 1970. Sulla relazione Vitelli sono intervenuti il dr. G. Chiesa presi-dente della CCIAA di Cuneo, il dr. M. Biginelli presipresi-dente della CCIAA di Vercelli, il dr. D. Appendano della Giunta camerale di Torino, l'ing. G. M. Capuani presidente della

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Migliore invece il bilancio dei r e s t a n t i set-tori. Il tessile h a finalmente i m b o c c a t o la s t r a d a della ripresa, d o p o la crisi degli a n n i p r e c e d e n t i . Il chimico, sebbene p u r esso intral-ciato dalle agitazioni sindacali, h a c o m p i u t o di-screti progressi. A n i m a t e d a u n b u o n slancio o p e r a t i v o sono r i s u l t a t e a n c h e le concerie e le cartiere, m e n t r e l'edilizia, s t i m o l a t a a n c h e p i u t t o s t o a r t i f i c i o s a m e n t e dalle n o t e disposi-zioni della legge-ponte u r b a n i s t i c a , h a svolto u n ' a t t i v i t à assai i n t e n s a a m p l i a n d o la d o m a n d a di m a t e r i a l i d a costruzione e a t t r e z z a t u r e .

Gli s c a m b i con l'estero, n o n o s t a n t e le incertezze della c o n g i u n t u r a m o n e t a r i a i n t e r n a z i o -nale, h a n n o c o n t i n u a t o a d intensificarsi e a d e s p a n d e r s i d u r a n t e il p r i m o s e m e s t r e : le im-p o r t a z i o n i im-p i e m o n t e s i sono a u m e n t a t e del 23 % e le e s p o r t a z i o n i del 2 5 % . P e r il secondo seme-stre i d a t i n o n sono a n c o r a disponibili, m a è i n d u b b i o che la flessione degli a p p r o v v i g i o n a -m e n t i e degli invii all'estero deve a v e r e sensi-b i l m e n t e r i d o t t o q u e s t i tassi di espansione. Ri-flessi n o n positivi si sono a v u t i a n c h e nel com-mercio i n t e r n o , sia all'ingrosso sia al m i n u t o , e ciò a p p a r e chiaro ove si pensi d a u n l a t o al r a l l e n t a m e n t o della p r o d u z i o n e i n d u s t r i a l e e d a l l ' a l t r o alle d e c u r t a z i o n i degli s t i p e n d i e salari e q u i n d i alle m i n o r i possibilità di c o n s u m o .

A l t r a n o t a poco c o n f o r t a n t e del q u a d r o c o n g i u n t u r a l e è r a p p r e s e n t a t a dall'ascesa dei prezzi, che nel 1968 si e r a n o m a n t e n u t i rela-t i v a m e n rela-t e srela-tabili. A T o r i n o l'indice generale dei prezzi al c o n s u m o per le famiglie di operai e i m p i e g a t i , t r a il d i c e m b r e 1968 e lo stesso m e s e del 1969, è salito del 4 , 6 % , m e n t r e a fine 1968 a v e v a s e g n a t o u n i n c r e m e n t o del-l ' I , 6 % . Nei c o n f r o n t i dei r e s t a n t i c a p o del-l u o g h i p i e m o n t e s i , poi, i d a t i p i ù r e c e n t i — che risal-g o n o a d o t t o b r e — p r e s e n t a n o le serisal-guenti v a r i a z i o n i : -f 2 , 6 % per Vercelli, + 3 , 3 % p e r N o v a r a , + 3 , 5 % per Cuneo, + 3,3% p e r A s t i e 2 , 6 % p e r A l e s s a n d r i a . I m o t i v i sono di v a r i a n a t u r a : i n n a n z i t u t t o la f o r t e pressione e s e r c i t a t a dalla d o m a n d a d u r a n t e il p r i m o s e m e s t r e d e l l ' a n n o , specie nel c a m p o dei pro-d o t t i sipro-derurgici e pro-dei m a t e r i a l i pro-d a c o s t r u z i o n e , poi i r i n c a r i i n t e r v e n u t i sui m e r c a t i esteri delle m a t e r i e p r i m e , infine il « v u o t o » d ' o f f e r t a p r o d u t t i v a c a u s a t o dagli scioperi. L a lievita-zione dei prezzi n o n p u ò n o n i m p e n s i e r i r e , t a n t o p i ù se si c o n s i d e r a n o i n u o v i e l e m e n t i inflazionistici p r e s e n t i nel s i s t e m a , ossia gli a u m e n t i di costi del d e n a r o e del l a v o r o .

P e r q u a n t o c o n c e r n e gli i n v e s t i m e n t i è a r d u o f o r m u l a r e u n a s t i m a del v o l u m e p r o d o t

-tosi nel 1969, in a s s e n z a di d a t i a g g i o r n a t i a livello regionale. T u t t a v i a sulla b a s e di ele-m e n t i i n d i r e t t i , quali gli s v i l u p p i r e g i s t r a t i nel

p r i m o semestre dalla d o m a n d a di beni s t r u m e n -tali e dalla produzione m e t a l m e c c a n i c a e la d i n a m i c a s o s t e n u t a dell'industria edile, si p u ò d e s u m e r e che essi sono cresciuti e in m i s u r a apprezzabile. Se ne t r o v a in certo m o d o con-f e r m a a n c h e nelle s t a t i s t i c h e sui depositi e im-pieghi delle aziende di credito o p e r a n t i nel P i e m o n t e . D a l 31 o t t o b r e 1968 al 31 o t t o b r e 1969, m e n t r e i depositi sono saliti del 10,7%, gli impieghi h a n n o p r e s e n t a t o u n a u m e n t o del 1 4 , 3 % . Il r a p p o r t o f r a gli u n i e gli altri si è q u i n d i elevato, p a s s a n d o d a 50,2 a 51,8.

I n m e r i t o agli i n v e s t i m e n t i i n d u s t r i a l i si h a n n o notizie a b b a s t a n z a d e t t a g l i a t e . Nel 1969 si sono costruiti in P i e m o n t e circa 130 nuovi s t a b i l i m e n t i , che h a n n o a s s o r b i t o i n t o r n o agli 8 mila a d d e t t i , m e n t r e gli a m p l i a m e n t i sono r i s u l t a t i poco m e n o di c e n t o per complessivi 4 mila a d d e t t i . Le n u o v e iniziative sono s t a t e realizzate p r i n c i p a l m e n t e nel s e t t o r e m e t a l m e c -canico, in quelli delle m a t e r i e plastiche, della g o m m a , dei tessili e degli a l i m e n t a r i .

Q u a n t o allo s t a t o occupazionale, occorre a n a l i z z a r e i d a t i sulle rilevazioni delle forze di lavoro e f f e t t u a t e dall'ISTAT, d a t i che g i u n g o n o a coprire i p r i m i t r e t r i m e s t r i del 1969. R i s p e t t o a l l ' a n a l o g o p e r i o d o d e l l ' a n n o p r e c e d e n t e gli o c c u p a t i in P i e m o n t e sono d i m i n u i t i di 35 mila u n i t à , essendo p a s s a t i d a 1.764 a 1.729 mila. D i s a g g r e g a t e le cifre a livello settoriale, si con-s t a t a i n n a n z i t u t t o u n a n u o v a flecon-scon-sione delle forze di l a v o r o o c c u p a t e n e l l ' a g r i c o l t u r a , p a r i e s a t t a m e n t e a 35 m i l a u n i t à . Gli a d d e t t i a q u e s t a a t t i v i t à r a p p r e s e n t a n o o r m a i solo il 1 6 % del t o t a l e , a l i q u o t a che c e r t a m e n t e è desti-n a t a a r i d u r s i a desti-n c o r a . Sodesti-no idesti-nvece a u m e desti-n t a t i di 20 mila u n i t à gli o c c u p a t i n e l l ' i n d u s t r i a , grazie s o p r a t t u t t o al f a v o r e v o l e a n d a m e n t o con-g i u n t u r a l e della p r i m a m e t à del 1969. I n f i n e , h a n n o r e g i s t r a t o u n calo di 20 mila u n i t à le forze di l a v o r o o c c u p a t e nelle a t t i v i t à terziarie.

P e r c o m p l e t a r e il q u a d r o del l a v o r o r e s t a d a p a r l a r e delle forze di l a v o r o i n o c c u p a t e , cioè i d i s o c c u p a t i e le p e r s o n e in cerca di p r i m a o c c u p a z i o n e . Nel 1969 gli i n o c c u p a t i sono u l t e -r i o -r m e n t e d i m i n u i t i di 4 mila u n i t à , s e g u e n d o la p o s i t i v a t e n d e n z a in a t t o dal 1966. Si r i c o r d e r à che in q u e l l ' a n n o si a r r e s t ò il processo di incre-m e n t o della incre-m a n o d o p e r a i n o c c u p a t a d o v u t o alla recessione e c o n o m i c a del b i e n n i o p r e c e d e n t e .

Le ipotesi del piano e la dinamica effettiva.

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L a previsione di un a m m o n t a r e di 275 mila occupati in agricoltura al 1970 sembra con-f e r m a t a con sucon-fcon-ficiente approssimazione, ove si consideri che gli a d d e t t i a questa a t t i v i t à sono risultati nel 1969 285 mila, 35 mila in m e n o dell'anno precedente, e che l'esodo dalle cam-pagne prosegue t u t t o r a .

Non paiono invece raggiungibili gli obiet-tivi del Piano riguardo all'occupazione indu-striale e terziaria. Come si è visto, d u r a n t e il 1969, a n n o che ha p u r sempre registrato un certo sviluppo, gli a d d e t t i all'industria sono au-m e n t a t i soltanto di 20 au-mila unità, portandosi a q u o t a 915 mila. È impensabile che nel corso del 1970 il sistema industriale piemontese, anche nelle condizioni più favorevoli, possa creare 135 mila nuovi posti di lavoro, q u a n t i cioè grosso m o d o ne occorrono per vedere a t t u a t a l'ipotesi del Piano di 1 milione e 51 mila occupati.

P a r i m e n t i , l'occupazione del settore ter-ziario a v r e b b e d o v u t o raggiungere nel 1970 i 579 mila a d d e t t i . Ma dal 1968 al 1969 la m a n o d o p e r a è discesa d a 519 a 529 mila unità, allontanandosi anziché avvicinarsi alle linee previsionali del P i a n o . Questa diminu-zione, f r a l'altro, c o n t r a s t a con q u a n t o si os-serva nelle economie più a v a n z a t e , dove lo sviluppo si a c c o m p a g n a a d u n a sempre maggior rilevanza del settore terziario. Ci p u ò essere u n solo m o t i v o di soddisfazione: c e r t a m e n t e il d e c r e m e n t o r i g u a r d a le f r a n g e di s o t t o c c u p a -zione e occupa-zione marginale.

E c c e s s i v a m e n t e ottimistiche a p p a i o n o a n c h e le previsioni del P i a n o nei c o n f r o n t i della dina-mica del valore aggiunto. Q u e s t ' u l t i m o , espresso in t e r m i n i m o n e t a r i costanti, a v r e b b e d o v u t o registrare, t r a il 1965 e il 1970, u n a u m e n t o medio a n n u o d e l l ' 8 % per il complesso delle a t t i v i t à economiche. S e t t o r i a l m e n t e si s a r e b b e d o v u t a avere u n a sostanziale s t a b i l i t à l'agricoltura ed i n c r e m e n t i pari al 10,5% nel-l ' i n d u s t r i a e anel-l 7 , 3 % nei servizi.

Nella r e a l t à invece, come si r i c a v a dai conti economici elaborati d a l l ' U n i o n e i t a l i a n a delle Camere di commercio per gli a n n i 1965-'68 e d a stime e f f e t t u a t e dall'Ufficio s t u d i della C a m e r a di commercio di Torino per il 1969, il valore a g g i u n t o ha p r e s e n t a t o le seguenti variazioni medie a n n u e : -f 6 % in totale, + 2 % per l'agri-coltura, + 6 , 5 % per l ' i n d u s t r i a e -f- 6 % per il s e t t o r e terziario.

T r a n n e che p e r l'agricoltura, lo sviluppo effettivo è s t a t o d u n q u e a b b a s t a n z a al di s o t t o di quello ipotizzato, ed è difficile che nel 1970 l'economia p i e m o n t e s e sia in grado, a n c h e se s o s t e n u t a d a u n r i t m o elevato di espansione, di colmare il divario che la s e p a r a dagli obiettivi del P i a n o .

Ci si potrebbe d o m a n d a r e a questo p u n t o le ragioni del divario t r a ipotesi di piano e risultati effettivi. Sono s t a t i f o r m u l a t i male, o in maniera semplicistica, i t r a g u a r d i che s i volevano raggiungibili oppure vi sono stati fattori, e quali, che h a n n o impedito il conse-g u i m e n t o di risultati miconse-gliori?

La discussione porterebbe molto l o n t a n o e t u t t o s o m m a t o sarebbe p i u t t o s t o accademica. Quello che mi sembra di poter dire, senza per questo p r e t e n d e r e di fare u n a diagnosi esau-riente, è che nella n o s t r a organizzazione civile e sociale si h a l'impressione di u n a certa assenza di due componenti, o se vogliamo a t t i t u d i n i psicologiche, essenziali: m a n c a il t e n t a t i v o di i n q u a d r a r e il progresso economico nei termini di u n a jiolitica dei redditi e m a n c a il gusto per la politica delle cose. Il significato di queste d u e esigenze è fin t r o p p o chiaro, anche se a f u r i a di sentirlo ripetere è d i v e n t a t o quasi u n insignificante luogo comune. R i m a n e però il f a t t o che n o n ci p o t r à essere vero sviluppo economicosociale se n o n si cercherà u n ' a r m o -nizzazione, o q u a n t o m e n o u n certo coordina-m e n t o , nella d i n a coordina-m i c a dei redditi di categoria e di settore e se d ' a l t r o lato n o n la si finirà di indulgere a grandiosi p r o g r a m m i tracciati s o l t a n t o c o n f u s a m e n t e a parole o sulla c a r t a e si disdegnerà di ricorrere a concrete e circo-s t a n z i a t e f o r m e di iniziativa e di i n t e r v e n t o . T u t t o s o m m a t o , ci v o r r e b b e u n p o ' di PPBS ( P l a n n i n g - P r o g r a m m i n g - B u d g e t i n g - S y s t e m ) in-t r o d o in-t in-t o s o p r a in-t in-t u in-t in-t o nella gesin-tione della cosa p u b b l i c a : sarà l'unico m o d o per p o t e r p u n t a r e , non s o l t a n t o velleitariamente, verso certi t r a -g u a r d i .

L'attività dell' Unione.

T r a c c i a t a , per s o m m i capi, la linea delle vicende economiche della regione, mi c o m p e t e di esaminare, a n c h e qui in f o r m a sintetica, gli a s p e t t i organizzativi della n o s t r a associazione. P e r q u a n t o concerne le singole iniziative, mi limiterò a r i c o r d a r e le p i ù significative a s s u n t e in q u e s t o periodo, prescindendo dall'or-d i n a r i a a t t i v i t à dall'or-di c o o r dall'or-d i n a m e n t o , che p u r e costituisce m o m e n t o essenziale del f u n z i o n a -m e n t o dell'Unione.

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l'inserimento di u n sempre maggior n u m e r o di aziende nelle correnti e s p o r t a t i v e ; e ciò m e d i a n t e u n a f a t t i v a opera di assistenza e di i n f o r m a -zione a f a v o r e degli o p e r a t o r i economici. Al rio-uardo v a segnalato che, al fine di rendere o p e r a n t e nel più breve t e m p o possibile il Cen-tro, sono s t a t i organizzati i n c o n t r i t r a i respon-sabili dei c o m p e t e n t i uffici camerali del Pie-monte, m e n t r e t e m p e s t i v i c o n t a t t i sono s t a t i presi con altre Unioni regionali. È s t a t o cosi possibile delineare u n p r i m o p r o g r a m m a di a t t i v i t à che, seppure a n c o r a in fase di p r o p o s t a , p o t r e b b e c o m p r e n d e r e lo s v o l g i m e n t o di u n corso per il commercio estero, su scala regionale, la pubblicazione di u n notiziario di i n f o r m a -zione, la p a r t e c i p a z i o n e a m a n i f e s t a z i o n i fieri-stiche all'estero.

S e m p r e n e l l ' a m b i t o delle iniziative finaliz-zate alla miglior conoscenza dei m e r c a t i esteri, v a r i c o r d a t a la missione di o p e r a t o r i economici piemontesi in E s t r e m o Oriente, o r g a n i z z a t a nello scorso mese di o t t o b r e dalla Camera di c o m m e r c i o di Vercelli, s o t t o l'egida di q u e s t a U n i o n e . I n quella occasione è s t a t o possibile a v v i a r e con i Paesi visitati concreti r a p p o r t i che, in relazione s o p r a t t u t t o ai loro f u t u r i possibili sviluppi, p o t r a n n o r i s u l t a r e di sensi-bile v a n t a g g i o per la stessa e c o n o m i a i t a l i a n a oltre che p i e m o n t e s e .

Nel corso del 1969 l ' U n i o n e h a a t t u a t o il p r o g e t t o , di cui si era già f a t t o cenno in occa-sione di u n a n o s t r a p r e c e d e n t e Assemblea, di u n corso per i s t r u t t o r i p r a t i c i ai quali affidare s u c c e s s i v a m e n t e corsi di a d d e s t r a m e n t o pro-fessionale per macellai. Il corso, che si è arti-colato i n lezioni teoriche e in lezioni p r a t i c h e di mestieri t e n u t e d a d o c e n t i u n i v e r s i t a r i , esper-ti, v e t e r i n a r i h a r e g i s t r a t o il v i v o consenso dei n u m e r o s i iscritti ed h a conseguito r i s u l t a t i v e r a -m e n t e positivi, t a n t o che è s t a t o d a noi recen-t e m e n recen-t e disposrecen-to l'invio degli allievi p i ù meri-tevoli alla Scuola superiore di macelleria di Parigi.

L ' a t t i v i t à d e l l ' U n i o n e si è a n c h e esplicata nella p a r t e c i p a z i o n e collettiva, regionale, alla M o s t r a i n t e r n a z i o n a l e d e l l ' a l i m e n t a z i o n e , che si è t e n u t a nel m a r z o dello scorso a n n o e che h a a v u t o lo scopo, t r a l'altro, di r i c h i a m a r e l ' a t t e n -zione della s t a m p a e dei c o n s u m a t o r i sui vini p i e m o n t e s i , al fine di u n a loro m a g g i o r e divul-gazione.

P a r t i c o l a r m e n t e per q u a n t o r i g u a r d a il set-t o r e viset-tivinicolo e r e l a set-t i v a m e n set-t e alla a set-t set-t u a l e , delicata fase eli r i c o n o s c i m e n t o delle d e n o m i -nazioni d'origine, v a s e g n a l a t a l'azione svolta, a t t r a v e r s o il C o m i t a t o Vitivinicolo P i e m o n t e s e , per il s u p e r a m e n t o di c o n t r a s t i locali al fine di meglio o r i e n t a r e il c o n s u m a t o r e .

Nel c a m p o della zootecnia, la presenza del-l'Unione è d i m o s t r a t a , t r a l'altro, dall'azione svolta per il miglioramento ed il potenzia-m e n t o degli a l l e v a potenzia-m e n t i avicoli in P i e potenzia-m o n t e , da realizzarsi a t t r a v e r s o u n a a d e g u a t a prepa-razione professionale degli allevatori, dei tec-nici e degli specialisti in a v i c o l t u r a . Al riguardo sono s t a t i presi c o n t a t t i con i più i m p o r t a n t i enti cittadini per l'istituzione, presso la F a c o l t à di medicina v e t e r i n a r i a dell'Università di To-rino, di u n a C a t t e d r a di patologia aviare, stan-ziando u n a congrua s o m m a per le spese di c o n v e n z i o n a m e n t o .

A l t r e t t a n t o valido è s t a t o il c o n t r i b u t o d a t o dall'Unione per la soluzione di quei pro-blemi che, a v e n d o rilevanza nazionale oltreché regionale, h a n n o f o r m a t o oggetto di a t t e n t o esame e studio da p a r t e di commissioni all'uopo costituite ed o p e r a n t i presso l'Unione italiana delle Camere di commercio. A questo proposito è o p p o r t u n o ricordare che l ' U n i o n e ha a v u t o r e c e n t e m e n t e m o d o di occuparsi dello schema di p r o g e t t o di legge sul n u o v o o r d i n a m e n t o e le a t t r i b u z i o n i delle Camere di commercio. Su di esso sarà bene c o n c e n t r a r e i nostri sforzi al fine di d a r e la giusta i m p o s t a z i o n e ad u n pro-b l e m a che investe lo stesso m o d o di essere degli enti camerali e dalla cui soluzione d e r i v e r a n n o i m p o r t a n t i conseguenze per l'economia della n o s t r a regione.

D a u l t i m o è necessario a c c e n n a r e all'atti-v i t à della Conferenza p e r m a n e n t e delle Camere di c o m m e r c i o italiane e francesi di f r o n t i e r a che, p u r n o n f a c e n d o p a r t e di q u e s t a Unione, ne costituisce in certo m o d o un'espressione.

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permettendo lo scambio di informazioni, di esperienze e di nozioni tecniche utili.

L ' a t t i v i t à dell'Unione si è estrinsecata anche sul terreno della ricerca mediante le realizza-zioni conseguite dal Centro studi e ricerche eco-nomico-sociali del Piemonte. Nel corso del 1969 è stato pubblicato il quaderno n. 5 della collana del Centro studi, sui beni culturali ambientali del Piemonte, per il quale ha d a t o la sua opera il prof. arch. Giampiero Vigliano. Il lavoro è stato largamente apprezzato e direi che noi stessi oggi ne valutiamo più a p p r o p r i a t a m e n t e l'importanza alla luce della recente iniziativa del Consiglio d ' E u r o p a per la difesa dei valori naturali e ambientali. Tra qualche decennio, ove non si ponga decisamente mano a un'opera di salvaguardia e di conservazione in questo campo, rischiamo di vedere per sempre com-promessi beni essenziali alla stessa sussistenza fisica e mentale dell'uomo.

Sono state p r a t i c a m e n t e concluse due fon-damentali ricerche, l'una sull'assetto commer-ciale della regione e l'altra sui problemi della viabilità e dei trasporti, le cui risultanze saranno pubblicate nel giro dei prossimi mesi. Si t r a t t a di due indagini di grande m o m e n t o relative al settore terziario, che presenta ancora notevoli aspetti di carenza nell'economia della nostra regione. Un n u m e r o speciale di « Mondo Eco-nomico », uscito agli inizi di quest'anno, è a p p u n t o dedicato alle a t t i v i t à terziarie negli anni s e t t a n t a , considerate come il pilastro del-l'economia del prossimo decennio. Con le due ricerche, i cui f r u t t i saranno entro breve vol-gere di t e m p o messi a disposizione del pubblico, riteniamo di avere ancora u n a volta d a t o prova di sensibilità e t e m p e s t i v i t à e di poter offrire agli organi di governo regionale, q u a n d o s a r a n n o costituiti, una precisa e preziosa d o c u m e n t a -zione u n i t a a d u n a organica « outline » di orien-t a m e n orien-t i operaorien-tivi, in due campi di specifica competenza della regione.

Considerazioni finali.

L a mia relazione sarebbe monca se m a n -casse u n cenno alle condizioni storiche in cui le Camere di commercio si t r o v a n o osrei ad

ì • • o o operare e quindi ai problemi che devono

af-f r o n t a r e e alle prospettive che s e m b r a n o loro aprirsi. È inutile nasconderlo: si sta a t t r a v e r -sando, non soltanto nel nostro Paese, u n pro-fondo travaglio oltre il quale è difficile in-travedere l'assetto verso cui si m u o v o n o non solo i r a p p o r t i economici m a la stessa società civile dei prossimi decenni. È stagione di con-trasti, di insoddisfazioni, di confuse aspira-zioni da cui d o v r e b b e emergere la società

matura, ordinata e razionale alla quale t u t t i aspiriamo.

In tali circostanze mi pare che dovrebbe essere chiarita con una certa urgenza la parte che le Camere di commercio dovranno inter-pretare nel contesto economico e sociale del Paese, e questo s o p r a t t u t t o in ordine a due strumenti innovativi di particolare momento quali la programmazione e l'ordinamento re-gionale.

In relazione a tali esigenze e prospettive si avverte sempre più la necessità di uno speciale impegno da p a r t e del nostro personale. È vero che la volontà delle Camere di commercio si esprime attraverso le giunte e i presidenti, ma alla sua formazione concorre l'attività dei funzionari, in r a p p o r t o all'individuale grado di preparazione e di dedizione.

Non c'è che rallegrarsi quindi dell'accordo raggiunto nei primi giorni dell'anno in corso tra i Ministeri dell'industria e del tesoro e le organizzazioni sindacali dei dipendenti came-rali in merito al Regolamento-tipo da ema-narsi in forza dell'art. .3 della legge 23 febbraio 1968 n. 125. Ci auguriamo che il più soddisfa-cente assetto giuridico ed economico conseguito dal personale valga a meglio garantire quelle possibilità di selezione e di valorizzazione dello stesso che sono ormai indispensabili.

L a discussione politica delle s t r u t t u r e del potere locale è d i v e n t a t a particolarmente accesa e concreta da q u a n d o a p p a r e sicura la prossima costituzione delle Regioni a s t a t u t o ordinario. In questo clima è necessario da p a r t e nostra chiarire la funzione delle Camere di commercio e chiedere che sia realizzata u n a s t r u t t u r a a d e g u a t a alla funzione stessa. U n ' i s t a n z a di questo genere è indirizzata, non già alla difesa di interessi particolari, bensì alla ricerca di un'organizzazione che giovi allo S t a t o e ai cittadini t u t t i .

Il Presidente nazionale, prof. Stagni, ha enunciato nella sua relazione alla X L V Ì l I As-semblea degli a m m i n i s t r a t o r i delle CCIAA, t e n u t a a R o m a il 14 gennaio scorso, alcuni p u n t i fermi, che ritengo d e b b a n o essere con-divisi:

a) le Camere d o v r a n n o restare costituite come enti pubblici su base provinciale ed essere r a p p r e s e n t a t i v e degli interessi delle varie categorie p r o d u t t i v e o p e r a n t i nell'ambito pro-vinciale;

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c) al vertice della piramide, l'Unione nazionale dovrà continuare ad essere organismo centrale per lo studio dei problemi di comune interesse e di propulsione delle iniziative intese a potenziare l'ordinamento camerale.

Per quanto concerne l'ordine interno da dare alle Camere, è necessario anzitutto sotto-lineare l'esigenza che esse realizzino una effet-tiva rappresentatività delle categorie produttive da inserire nell'amministrazione. Occorre dun-que un allargamento della partecipazione delle forze economiche (ivi compresi i lavoratori) ai consigli camerali.

Con una s t r u t t u r a di questo genere le Ca-mere potranno sempre meglio realizzare la propria finalità di punto di incontro e luogo di sintesi delle forze produttive della provincia, ed un riconoscimento delle Unioni regionali permetterà alle stesse di assumere la veste di «consigli economici» a servizio delle Regioni. Loro compito precipuo dovrebbe perciò essere ria un lato l'impegno nella ricerca, nello studio

e nella documentazione e dall'altro l'attività di consulenza per gli organi regionali per t u t t i i provvedimenti in materia economica. Si ver-rebbe cosi ad attribuire alle Camere una fun-zione, a livello regionale, analoga a quella svolta dal CNEL sul piano nazionale.

Rafforzare il carattere di rappresentatività degli istituti camerali e dare veste giuridica alle Unioni regionali sono dunque i due punti fondamentali che, se a t t u a t i tempestivamente, permetteranno alle Camere di commercio di partecipare con piena legittimità e con adeguati strumenti alla vita della regione, nel quadro della politica di programmazione che ne rea-lizza un momento oggi insostituibile, ed in tal modo garantire il contributo delle forze economiche locali alla formazione dell'indirizzo di politica economica.

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La fusione delle comunità economiche europee

Giorgio Cansacchi

L ' l l - 1 2 dicembre del decorso anno (1969) si tenne a Milano sotto gli auspici dell'Ufficio romano di s t a m p a e j^ropaganda delle Comu-nità europee e del Centro di cultura dell'Uni-versità cattolica u n a « tavola rotonda » fra i cattedratici italiani di diritto internazionale sul problema, di viva a t t u a l i t à , della « fusione delle Comunità economiche euroj^ee ». Sullo stesso argomento si erano svolti, negli anni decorsi, incontri, convegni e conferenze, f r a i quali per l'autorità degli interventi e per la profon-dità delle discussioni, devono ricordarsi parti-colarmente i « convegni di Liegi » del 1965 e del 1967.

Questo problema della « fusione », poco noto negli ambienti economici e politici italiani, merita di essere illustrato, in questa rivista, almeno nei suoi p u n t i più i m p o r t a n t i .

Com'è noto le Comunità economiche eu-ropee sono a t t u a l m e n t e tre: la Comunità eco-nomica del carbone e dell'acciaio (CECA), costi-t u i costi-t a con il T r a costi-t costi-t a costi-t o di Parigi del 18-4-1951, ed indirizzata, nel suo scopo principale, a rea-lizzare f r a i sei Stati contraenti (Italia, Francia, Germania occidentale, Belgio, Olanda e Lus-semburgo) u n unico mercato per la produzione e lo smercio del carbone e dell'acciaio; la Comu-n i t à ecoComu-nomica europea (CEA) — p r o p r i a m e Comu-n t e d e t t a — costituita con il T r a t t a t o di R o m a del 25-3-1958, ed indirizzata p r e v a l e n t e m e n t e a creare u n unico mercato economico europeo f r a i s u d d e t t i sei paesi, ad armonizzare le loro politiche economiche, a liberalizzare nell'am-bito del territorio comunitario la circolazione delle persone, dei prodotti, dei servizi e dei capitali; la Comunità economica per l'energia atomica (CEEA) — d e t t a anche Euratom •— costituita con il coevo T r a t t a t o di R o m a del 25-3-1958, destinata, sempre f r a i s u d d e t t i sei paesi, a sviluppare le ricerche nucleari, ad agevolare gli investimenti per i m p i a n t i indu-striali di s f r u t t a m e n t o nucleare, a creare anche in questo settore u n m e r c a t o unico comunitario. Le due C o m u n i t à europee n a t e nel 1958 m u t u a r o n o dalla C o m u n i t à europea sorta nel 1951 due organi: l'Assemblea p a r l a m e n t a r e e la Corte di giustizia. Gli organi « esecutivi »

(cioè quelli destinati a realizzare in concreto gli scopi delle istituzioni) furono, invece, distinti: l'Alta a u t o r i t à e il Consiglio dei ministri per la CECA; due Commissioni e due Consigli di ministri rispettivamente per la CEE e per la CEEA.

Con il T r a t t a t o di Bruxelles dell'8-4-1965 gli organi esecutivi delle tre Comunità vennero, a loro volta, unificati di modo che, a t t u a l m e n t e , le tre Comunità sono azionate soltanto da or-gani comuni: l'Assemblea parlamentare, la Corte di giustizia, la Commissione, il Consiglio dei ministri. È rimasto comune a due sole Comunità, la CEA e la CEEA, il Consiglio eco-nomico e sociale e alla sola CECA il Comitato esecutivo. I bilanci delle tre Comunità, pur venendo r e d a t t i distintamente, sono ora riuniti in u n unico atto, p r e s e n t a t o a n n u a l m e n t e alla Assemblea p a r l a m e n t a r e .

Queste modificazioni dello status precedente delle tre Comunità europee f u r o n o modeste, in q u a n t o , in concreto, soltanto le competenze e i poteri dell'Alta a u t o r i t à della CECA e della Commissione della CEEA vennero a t t r i b u i t i alla Commissione della CEE ed analogamente quelli dei due Consigli dei ministri della CECA e della CEEA al Consiglio dei ministri della CEE; nono-s t a n t e ciò, enono-snono-se diedero luogo a prolungate e difficili negoziazioni f r a i sei governi p r o t r a t -tesi dal giugno 1961 all'aprile del 1965. I n seguito a l l ' e n t r a t a in vigore del surricordato T r a t t a t o di Bruxelles si previdero tre anni di t e m p o per addivenire all'integrale fusione delle tre Comunità e alla formulazione di u n unico T r a t t a t o regolante la C o m u n i t à unificata; a t u t t ' o g g i , però, n o n o s t a n t e i relativi progetti e discussioni il periodo di preparazione della fusione non è s t a t o conchiuso ed anzi non si possono fare pronostici sul t e m p o ancora ne-cessario per raggiungere la m e t a .

Vediamo quali sono le difficoltà del ne-goziato.

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comu-nitari, le Comunità europee possono ancora considerarsi tre istituzioni distinte, con propria personalità internazionale e con scopi diffe-renziati, oppure ci si trova di già di f r o n t e ad un'unica Comunità i cui organi hanno unica-mente direttive, competenze e poteri diversi a seconda che agiscano nel campo generale, in-differenziato, dell'economia europea, o nei tre settori economici particolari del carbone, del-l'acciaio e dell'energia nucleare ?

L a prevalente corrente dottrinaria ritiene — e a me pare e s a t t a m e n t e — che le tre Co-m u n i t à siano t u t t o r a distinte e costituiscano ancora, ciascuna, un'istituzione a sé stante, con propria personalità, proprio ordinamento, propri fini; ciò dichiara, in modo esplicito, 10 stesso T r a t t a t o di Bruxelles e ciò presuppon-gono chiaramente i sei governi costitutori; ancor'ora — d ' a l t r a p a r t e — a b b i a m o atti comunitari (regolamenti, decisioni, raccoman-dazioni, sentenze) che vengono i m p u t a t i di-sgiuntamente alla CECA, alla CEE O alla CEEA, e non congiuntamente alle tre Comunità (an-corché gli atti che c o m u l a t i v a m e n t e sono ema-nazione di t u t t e e tre le Comunità siano ora la maggioranza). Il problema della fusione, quindi, non è soltanto sostanziale, m a anche formale; u n a sola istituzione deve rimanere, m e n t r e le altre due — CECA e CEEA — devono estinguersi. Qui giova rilevare come la maggior p a r t e dei giuristi e dei diplomatici veda la fusione più come un'annessione della CECA e della CEEA per p a r t e della CEE, che non come u n a fusione in senso tecnico e cioè come crea-zione di un n u o v o ente « successore » dei tre enti precedenti che si estinguerebbero.

A questo problema se ne allaccia u n secondo: 11 T r a t t a t o di fusione dovrà essere semplice-mente un T r a t t a t o modificativo del T r a t t a t o di R o m a del 25-3-1958 già costituente la CEE o non p i u t t o s t o u n T r a t t a t o t o t a l m e n t e nuovo ? E in questo secondo caso con quali caratteri-stiche? L a maggior p a r t e dei giuristi e degli economisti propende per la sostituzione inte-grale dei tre T r a t t a t i ora vigenti, sia quello di Parigi del 1951, sia i due di R o m a del 1955. Vi d o v r à essere u n n u o v o T r a t t a t o — d e t t o di fusione, m a più p r o p r i a m e n t e di assorbi-m e n t o — indirizzato a costituire u n ' u n i c a Co-m u n i t à — che si chiaCo-merà essa sola CoCo-munità E c o n o m i c a E u r o p e a — la quale Comunità, sul piano giuridico, d o v r à considerarsi la « conti-n u i t à » dell'attuale C E E . Si è pure a f f e r m a t o che, essendo il T r a t t a t o i s t i t u t i v o della C E E il più p e r f e t t o tecnicamente, il più generaliz-zato ed anche quello predisposto fin dalla sua origine a realizzare un'integrazione in t u t t i i settori economici d e l l ' E u r o p a dei sei, le sue

norme debbono essere essenzialmente mante-nute o, comunque, servire di base per la com-pilazione del f u t u r o T r a t t a t o di fusione. In conclusione questo nuovo T r a t t a t o dovrebbe pervenire a far assorbire per annessione le altre due Comunità nella CEE, divenendo esse soltanto particolari settori economici del-l'azione comunitaria, unificata.

Senonché la predisposizione di u n siffatto T r a t t a t o di fusione incontra una non piccola difficoltà nelle differenti finalità ancora attual-mente perseguite dalle tre Comunità e nei diversi poteri a t t r i b u i t i agli organi delle mede-sime in ordine a p p u n t o agli scopi difformi per i quali esse furono costituite.

La Comunità europea del carbone e del-l'acciaio h a realizzato, nel quasi ventennio del suo funzionamento, un'integrazione economica — l i m i t a t a m e n t e al settore carbo-siderurgico — assai più p e n e t r a n t e ed efficente di q u a n t o finora non abbia compiuto la C E E nell'ambito generale dell'economia europea.

D a t e le esigenze della produzione e della distribuzione del carbone e dell'acciaio, quali esistevano nel 1951 allorché f u concluso il T r a t t a t o di Parigi, la CECA venne piuttosto i m p r o n t a t a al principio del dirigismo econo-mico, sulla base di una ben definita e preventiva programmazione. Conseguentemente il Trat-t a Trat-t o isTrat-tiTrat-tuTrat-tivo di Parigi ebbe il conTrat-tenuTrat-to di u n T r a t t a t o normativo, con norme precettive indirizzate a concreti obiettivi, alle quali norme gli organi esecutivi comunitari erano t e n u t i ad attenersi s t r e t t a m e n t e . L ' A l t a a u t o r i t à della CECA divenne, cosi, u n organo essenzialmente esecutivo di questa programmazione economica settoriale sotto la vigilanza ed il controllo del Consiglio dei ministri, essendole a t t r i b u i t i speci-fici mezzi di investigazione, di intervento azien-dale, di imposizione fiscale, di sovvenzione fi-nanziaria, di costrizione e di sanzione pecunia-ria, ecc.

Assai diversa la Comunità economica eu-ropea.

(25)

•— essenzialmente mediante regolamenti comu-nitari — destinati ad attuare successivamente e gradualmente sia un mercato unico dei pro-dotti, dei servizi e dei capitali, sia, in seguito, una politica economica unitaria.

Anche attualmente, dopo la fine del periodo transitorio e la realizzazione dell'unione doga-nale fra i sei paesi, rimane pur sempre carat-teristica della CEE la sua possibilità di continua evoluzione normativa, mediante l'emanazione di successivi regolamenti comunitari nei vari settori della produzione e degli scambi.

Uguali considerazioni possono farsi nei ri-guardi della CEEA. Il Trattato di Roma del 1958 che ha creata questa Organizzazione pre-senta pur esso caratteristiche particolari che la differenziano dagli altri due Trattati. Essendo peculiari le finalità di questa istituzione, anche i poteri e le competenze assegnate ai suoi organi appaiono diversi da quelli riscontrati nei riguardi della CEE e della CECA. Negli artt. 4-106 del T r a t t a t o CEEA — ad esempio — si contemplano particolari poteri di intervento degli organi comunitari per lo sviluppo delle ricerche nucleari, per le concessioni di licenze d'uso, per predisporre un'adeguata protezione sanitaria, per l'approvvigionamento dei com-bustibili nucleari e la loro distribuzione, per i c.d. diritti di opzione, per il regime di pro-prietà delle materie fissili speciali, per la crea-zione di un mercato comune nucleare, ecc.

Nel settore dell'incentivazione e dello sfrut-tamento dell'energia nucleare a scopo indu-striale le direttive e i mezzi d'azione assegnati agli organi comunitari presentano peculiarità che non si riscontrano negli altri settori eco-nomici. Si è giustamente osservato che la Comunità economica dell'energia nucleare pre-senta un grado di integrazione economica supe-riore a quello della CEE e, invece, infesupe-riore a q u e l l a d e l l a CECA.

In conclusione le tre attuali Comunità, sulla base dei tre T r a t t a t i costitutivi, presen-tano finalità diverse, organi con competenze e poteri differenziati, livelli differenti di inte-grazione fra i sei Stati costitutori nell'ambito comunitario.

Ed allora ecco il grave dilemma che si presenta ai negoziatori della fusione: dovendosi, con la fusione, ridurre le tre Comunità ad una sola ed unificare le direttive, le competenze e i poteri degli organi comunitari, si dovrà scegliere il modello normativo CECA o quello C E E ?

Se si scegliesse questo secondo modello e quindi non si riproducessero nel nuovo Trat-t a Trat-t o di fusione le peculiari compeTrat-tenze e i numerosi e perspicui poteri che gli organi CECA

avevano ed hanno tutt'ora sulla base del Trattato di Parigi, si farebbe un grave passo indietro nella procedura di integrazione econo-mica europea, giacché nei settori del carbone e dell'acciaio — e parzialmente in quello nu-cleare — non potrebbero più avere attuazione quei processi integrativi che fino ad ora si erano realizzati con buoni risultati. Innegabil-mente la produzione carbo-siderurgica e la sua distribuzione commerciale conseguirebbero un danno rilevante. Se, d'altra parte, si preferisse il primo modello e si volessero estendere a t u t t o il mercato europeo, nella sua generalità, nessun settore escluso, le direttive, i poteri e le com-petenze degli organi esecutivi CECA, ora limi-tati ai due succilimi-tati settori, si perverrebbe in un sol t r a t t o ad un'integrazione economica fra i sei paesi assai maggiore di quella fino ad ora realizzata.

È poco realistico ritenere — e le lungaggini dei negoziati lo confermano — che i governi dei sei Stati membri acconsentano a t a n t a novità date le remore finora frapposte ad ogni passo, anche limitato, verso forme di maggiore integrazione economica.

Questa difficoltà è anche acuita dalle pro-spettive della prossima ammissione dell'Inghil-terra nella Comunità (e all'Inghildell'Inghil-terra segui-rebbero certamente la Danimarca, la Norvegia e l'Irlanda e probabilmente anche altri Stati dell'EFTA). Il negoziato per l'ammissione in-glese, già difficile di per se stesso e implicante, in caso di adesione accettata, a d a t t a m e n t i dei T r a t t a t i istitutivi e periodi di deroghe, sarebbe reso anche più difficile e di dubbio esito qualora ci si dovesse muovere sulla base di un T r a t t a t o di fusione che avesse realizzato uno stadio di integrazione economica assai più avanzato di quello attualmente in vigore nell'ambito CEE.

D'altra parte se i particolari e notevoli poteri che gli organi esecutivi comunitari ora possiedono nel solo settore del carbone e del-l'acciaio, dovessero estendersi a t u t t i i settori economici in cui opera la CEE, occorrerebbe che, preventivamente, i sei paesi concordassero fra di loro una programmazione economica unitaria in ciascuno di tali settori, acconsen-tendo che tale politica venga prevalentemente svolta dagli organi comunitari e non — come fin'ora avviene — da ogni singolo Stato unila-teralmente, senza coordinazione con gli altri.

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