• Non ci sono risultati.

Segue: la sanzione della “conversione”

Vincoli e sanzioni nel ricorso al contratto a termine: forma e tetti agli organic

5. Segue: la sanzione della “conversione”

Giungiamo così all’ultimo nodo ermeneutico in materia di c.d. tetti agli organici, cioè quello delle conseguenze connesse alla loro inosservanza. Qui il discorso si fa delicato, per la presenza di una nuova sanzione amministrativa (art. 5, comma 4-septies, d.lgs. n. 368/2001), che i lavori parlamentari attestano esser stata introdotta con intenti di semplificazione: in particolare, a scopi sostitutivi della nullità e della conseguente “conversione” del contratto a termine in uno a tempo indeterminato27.

25 A.P

ANDOLFO, P.PASSALACQUA, op. cit., 43, e già P.PASSALACQUA, Autonomia collettiva e

mercato del lavoro. Autonomia collettiva e mercato del lavoro. La contrattazione gestionale e di rinvio, cit., 204-205.

26

Su cui si veda almeno V. LECCESE, Il diritto sindacale al tempo della crisi. Intervento

eteronomo e profili di legittimità costituzionale, in DLRI, 2012, n. 136, 479 ss.; F.CARINCI (a cura di), Contrattazione in deroga. Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 e art. 8 del

D.L. n. 138/2011, Ipsoa, 2012.

27 Cfr. l’ordine del giorno G/1464/22/11 accolto dalla Commissione Lavoro, ove si sollecita il Governo «ad adottare atti interpretativi utili a chiarire che in ogni caso i contratti a termine

A dispetto degli intenti, tuttavia, la previsione rischia di produrre effetti del tutto antitetici, stanti i dubbi e le incertezze che sono scaturiti.

Ci si è domandati, anzitutto, se la sanzione amministrativa sia deputata a intervenire anche nell’ipotesi di superamento del mero limite percentuale fissato dai contratti collettivi ex art. 10, comma 7, d.lgs. n. 368/2001. Il problema potrebbe effettivamente presentarsi ogni qualvolta il tetto negoziale agli organici fosse fissato in misura inferiore al 20% e la sua violazione non importasse, pertanto, automaticamente, il superamento del tetto legale.

Nonostante qualche perplessità28, l’interrogativo dovrebbe meritare risposta positiva, perché, se è vero che l’applicazione di una sanzione amministrativa «alla violazione di un contratto collettivo» appare di per sé dubbia e che lo stesso art. 5, comma 4-septies, si riferisce al caso di «violazione del limite percentuale di cui all’art. 1, comma 1», è altrettanto vero che quest’ultimo articolo richiama al suo interno anche l’art. 10, comma 7, facendone «salvo» il relativo «disposto», con conseguente estensione anche a quest’ultimo del medesimo apparato sanzionatorio preposto a colpire l’inosservanza dell’art. 1, comma 129.

Ci si è, poi, chiesti cosa ne sarà ora del meccanismo della “conversione”, già chiamato a sanzionare il superamento dei limiti percentuali dell’art. 10, comma 730.

oggetto della violazione della percentuale consentita sono validi e proseguono fino alla scadenza inizialmente stabilita dalle part».

28 F.C

ARINCI, op. cit., 31-32. 29

Si veda anche M.BROLLO, La nuova flessibilità “semplificata” del lavoro a termine, cit., 588, nota 31.

30 Cass. 19 gennaio 2010, n. 839, in RGL, 2010, n. 4, II, 678, con nota di L. M

ENGHINI,

Disciplina del lavoro a termine ed efficacia concreta di alcune norme: limiti numerici e frode alla legge; Trib. Monza 6 ottobre 2009, ivi, n. 1, II, 188, con nota di F. AIELLO, Accordi

separati: casi di prevalenza della precedente disciplina unitaria; in dottrina L.MENGHINI, Il

lavoro a tempo determinato, in C. CESTER (a cura di), Il rapporto di lavoro subordinato:

costituzione e svolgimento, Utet, 2007, 1269 ss.; M. NAPOLI, op. cit., 170 ss.; P. PASSALACQUA, Il ruolo della contrattazione collettiva nella regolamentazione del lavoro a

termine, cit., 398 ss.; L.DI PAOLA, I.FEDELE, Il contratto di lavoro a tempo determinato, Giuffrè, 2011, 361 ss.; A.BELLAVISTA, Lavoro a termine e contrattazione collettiva, in A. BELLAVISTA, A. GARILLI, M. MARINELLI (a cura di), Il lavoro a termine dopo la legge 6

agosto 2008, n. 133. Privato e pubblico a confronto, Giappichelli, 2009, 31 ss.; G.SANTORO

PASSARELLI, Note introduttive, in G. SANTORO PASSARELLI (a cura di), Attuazione della

direttiva n. 70/99/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso dall’UNICE, dal CEP e dal CES (d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368), in NLCC, 2002, n. 1, 28 ss.;

R.ALTAVILLA, I contratti a termine nel mercato differenziato. Dalla L. n. 230/1962 al D.Lgs.

n. 368/2001, Giuffrè, 2001, 251 ss.; contra I.ALVINO, Autonomia collettiva e legge nella

A riguardo, riesce poco persuasiva l’idea di chi ne ritiene scontato il definitivo superamento31. Non sembra, infatti, sufficiente l’introduzione di una sanzione amministrativa come quella dell’art. 5, comma 4-speties, per escludere l’operatività delle regole civilistiche generali32: nella specie, il rimedio della nullità del contratto33, che consegue alla violazione di qualsivoglia norma imperativa di legge (art. 1418 c.c.) inclusi, dunque, gli artt. 1, comma 1, e 10, comma 7, d.lgs. n. 368/2001, il cui carattere imperativo è indiscusso. Lo conferma, d’altronde – semmai ve ne fosse bisogno – lo stesso art. 2-bis, d.l. n. 34/2014, convertito dalla l. n. 78/201434, laddove sancisce, per la fase a regime, un obbligo del datore di rientro nel limite legale del 20%, qualora contratti collettivi nazionali di lavoro già vigenti – e per questo destinati a conservare efficacia «in sede di prima applicazione» – ovvero contratti collettivi stipulati ad hoc per gestire la fase transitoria prevedano diverse (ed evidentemente) più elevate percentuali (commi 2 e 3)35.

rapporti di lavoro a termine, Giuffrè, 2013, 51; S. CIUCCIOVINO, Il sistema normativo del

lavoro temporaneo, Giappichelli, 2008, 264 ss.; C.ROMEO, I limiti percentuali di lavoratori a

termine rispetto al numero di lavoratori con contratto a tempo indeterminato e i casi di esclusione, in L.MENGHINI (a cura di), La nuova disciplina del lavoro a termine, Ipsoa, 2002, 194 ss.

31 Si veda la Denuncia alla Commissione Europea per la violazione da parte della Repubblica

Italiana di obblighi derivanti da fonti normative dell’Unione Europea, cit., 24, ove si parla di «assenza della trasformazione del rapporto», sostenendo «la impossibilità, nel caso di superamento dei “tetti quantitativi”, di ottenere la conversione del contratto a termine in un rapporto a t. indeterminato»; in questa prospettiva, sul versante dottrinale, M.MAGNANI, op.

cit., 8-9; F.CARINCI, op. cit., 31, sulla scorta dell’intentio del legislatore, ma sottolineando «una qualche incoerenza sistematica» a proposito; G.VIDIRI, op. cit., 15 ss.; A.PANDOLFO, P. PASSALACQUA, op. cit., 47; C. SANTORO, Le nuove sanzioni per il contratto a termine, in

GLav, 2014, n. 22, ins., XI ss.; più dubitativi, invece, L.MENGHINI, La nuova disciplina del

lavoro a termine del 2014: una rivoluzione utile, doverosamente provvisoria, cit., 1239 ss.; P.

ALBI, op. cit., 131; M.BROLLO, La nuova flessibilità “semplificata” del lavoro a termine, cit., 589; E. MASSI, Il Limite percentuale per l’instaurazione di contratti a termine, in

www.generazionevincente.it, 16 maggio 2014; mantiene, infine, l’assoluto silenzio sul punto la

circ. Min. lav. n. 18/2014, cit.

32 E. G

RAGNOLI, L’ultima regolazione del contratto a tempo determinato. La libera

apposizione del termine, cit., 436; G.LEONE, op. cit., 740-741, nonché, in ragione del silenzio del legislatore sul punto, M. TIRABOSCHI, P. TOMASSETTI, op. cit., 12; M.TIRABOSCHI, P. TOMASSETTI, Il nuovo lavoro a termine alla prova dei contratti collettivi, in M.TIRABOSCHI (a cura di), op. cit., 31; G.ZILIO GRANDI, M.SFERRAZZA, op. cit., 6-7.

33 S’intende quello che per primo eccede il limite percentuale: G.L

EONE, op. cit., 741. 34 Ivi, 741.

35 Il comma 3 prosegue, sancendo che «in caso contrario, il datore di lavoro», successivamente alla data del 31 dicembre 2014, non potrà «stipulare nuovi contratti di lavoro a tempo determinato fino a quando non rientri nel limite percentuale di cui al citato art 1, comma 1,

Per la sopravvivenza del meccanismo della “conversione” ci si è espressi, del resto, anche con riguardo all’apprendistato, il cui nuovo apparato rimediale, frutto di un mix di sanzioni contributive e amministrative (art. 7, d.lgs. n. 167/2011), non ha impedito ai più di ritenere certe violazioni, come, ad esempio, la mancata erogazione della formazione, passibili della sanzione della trasformazione del negozio in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato privo di causa mista36.

Attesa, dunque, la nullità del negozio concluso nell’inosservanza delle “quote di contingentamento”, non è arduo, a tal punto, sostenerne la “conversione”, destinata, peraltro, a trovare perdurante ed esplicita conferma nell’ipotesi di «superamento del limite meno stringente e rilevante di una durata complessiva di 36 mesi (art. 5, comma 4-bis), oltre che del periodo di tolleranza» previsto per la continuazione di fatto del rapporto (art. 5, comma 2)37.

Non è arduo, perché la “conversione” – secondo quanto già si ammette rispetto alla violazione delle disposizioni sui divieti e sulla proroga del termine (artt. 3 e 4, d.lgs. n. 368/2001)38 – è ricavabile dall’applicazione delle norme civilistiche di cui agli artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c., ossia da quel principio di conservazione del negozio, il quale è regola generale anzitutto nel diritto privato e viepiù s’impone nel diritto del lavoro, ove la nullità non è mai fine a se stessa, ma è posta a tutela del prestatore, sicché sarebbe palesemente irrazionale farne conseguire la completa liberazione del datore da ogni vincolo contrattuale39.

secondo periodo, del decreto legislativo n. 368 del 2001»; questo divieto è stato interpretato anch’esso come il segno dell’impossibilità di escludere «una conseguenza sanzionatoria interna al vincolo contrattuale»: cfr. P.ALBI, op. cit., 131.

36 Sia consentito il rinvio a P.C

AMPANELLA, Prestazione di fatto e contratto di lavoro. Art.

2126, Giuffrè, 2013, 238-239, nota 316, e ivi per i necessari riferimenti dottrinali e

giurisprudenziali. 37

F.CARINCI, op. cit., 31.

38 Si veda Cass. 2 aprile 2012, n. 5241, in olympus.uniurb.it; Trib. La Spezia ord. 28 maggio 2012, n. 533, in RGL, 2012, n. 3, II, 509 ss., con nota di S.FERRARIO, Valutazione dei rischi,

specificazione della ragione sostitutiva e legittimità della clausola appositiva del termine;

Trib. Milano 22 aprile 2011 e Trib. Milano 1o febbraio 2011, inedite a quanto consta, tutte relative ad assunzioni a termine compiute da datore inosservante dell’obbligo di valutazione del rischio ex d.lgs. n. 81/2008, in spregio all’art. 3, comma 1, lett. d, d.lgs. n. 368/2001; in dottrina, L.M. DENTICI, L’articolazione dei divieti nella nuova disciplina del contratto a tempo determinato, in A. GARILLI,M.NAPOLI (a cura di), Il lavoro a termine in Italia e in Europa, Giappichelli, 2003, 101 ss., spec. 109-111;P.PASCUCCI, Flessibilità e sicurezza sul

lavoro, in Diritto e Lavoro nelle Marche, 2009, n. 3, 112 ss.; contra, G.VIDIRI, op. cit., 16. 39 G.F

ONTANA, La conversione legale nei rapporti di lavoro atipico, in RIDL,1993, n. 3, I, 359, il quale osserva che «in linea generale l’effetto invalidante confligge con il sistema

Non ha fondamento la tesi che nega la “conversione” sul presupposto che oggi i vincoli all’apposizione del termine sono concepiti in una logica di controllo complessivo della manodopera a tempo determinato presente nel complesso aziendale, più che in un’ottica protettiva del singolo prestatore coinvolto nell’operazione negoziale40. La ratio cui s’ispirano, infatti, gli artt. 1, comma 1, e 10, comma 7, d.lgs. n. 368/2001, di garantire una certa proporzione tra personale stabile e precario all’interno dell’organico complessivo dell’impresa, non può, infatti, cancellare ogni tutela, anche solo indiretta, a favore del singolo prestatore. E tale tutela sarà, allora, assicurata proprio dal principio civilistico generale di conservazione del negozio, con conseguente “stabilizzazione” del prestatore e contestuale passaggio a quel che, per espressa previsione, rappresenta «la forma comune di rapporto di lavoro», ossia il contratto di lavoro a tempo indeterminato (art. 1, comma 01; v. anche art. 1, comma 1, lett. a, l. n. 92/2012, che lo definisce «contratto dominante»).

6. La forma scritta del contratto e le sanzioni per la sua violazione

Outline

Documenti correlati