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La sentenza C-129/2018 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

3. La Kafala in Francia

4.2 La sentenza C-129/2018 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Emblematico è il caso giunto fino alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea deciso con sentenza C- 129/18.

Due coniugi di nazionalità francese ma residenti nel Regno Unito hanno richiesto l’ingresso, in qualità di adottata, di una bambina algerina affidatagli in kafala dalle Autorità Algerine competenti.

Il Tribunale inglese competente ha rigettato la domanda di permesso d’ingresso, così la minore ha proposto il ricorso giurisdizionale

55 UNHCR, Immigration Appeal Tribunal vs Tohur Ali, sentenza 18 dicembre 1987 Court of Appeal, in Refworld

opponendo la direttiva 2004/38/CE approvata dal Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo, con riguardo al diritto dei cittadini europei e dei loro famigliari di circolare e soggiornare liberamente sul territorio europeo.

Dopo il ricorso la Supreme Court of the United Kingdom interpella la Corte di Giustizia Europea, chiedendo una delucidazione in merito al riconoscimento del minore quale discendente diretto dei “nuovi genitori” ai sensi della direttiva 2004/38/CE, in merito alla quale godrebbe del diritto d’ingresso in territorio inglese.

La suddetta direttiva, infatti, disciplina due alternative per l’ingresso in un Paese membro dei minori non cittadini dell’Unione Europea insieme ai propri famigliari.

La prima ipotesi è quella del minore discendente diretto dei suoi familiari, per cui l’ingresso e il soggiorno nel Paese membro è praticamente automatico.

La seconda ipotesi concerne i minori che siano a carico di familiari o convivano con cittadini dell’Unione Europea o titolari di permesso di soggiorno, a cui viene concesso il diritto di ingresso e soggiorno previo esame del caso concreto.

In questo caso la Corte si è trovata ad argomentare l’eventuale estensione della discendenza diretta ad un minore preso in carico con la kafala algerina sottoposto a tutela legale permanente di un cittadino europeo.

Ha, dunque, affermato che per ottemperare alle esigenze di uniformità del diritto e al principio di uguaglianza occorre fornire un’interpretazione autonoma e omogenea per tutti i Paesi membri, valutando anche il caso concreto e gli scopi stessi della normativa.

Partendo da questo presupposto, la Corte di Giustizia ha ribadito la posizione assunta dal Regno Unito secondo cui la nozione di discendente diretto presuppone un legame di filiazione naturale o giuridico.

Da ciò discende che il minore preso in carico sotto kafala non è ascrivibile ad uno status di filiazione, non essendo annoverabile nella discendenza diretta del kafil europeo o residente in Europa.

Il makful, al contrario, si annovera nella seconda casistica disciplinata dalla direttiva sulla libera circolazione che qualifica il minore come “altro familiare”.

La Corte ha ricondotto la sua decisone all’obiettivo principale della direttiva, “preservare l’unità famigliare in senso più ampio” per favorire l’ingresso e il soggiorno dei familiari aventi un legame stretto con il cittadino europeo previa valutazione da parte del Tribunale di circostanze specifiche tra cui, una dipendenza a livello economico e gravi motivi di salute.

Opera, quindi, un rinvio ai Tribunali nazionali competenti a cui è affidato il compito di esaminare i singoli casi controversi alla luce della direttiva sulla libera circolazione, agevolando l’ingresso su suolo europeo dei famigliari dei suoi cittadini, perseguendo sempre il best interest dei coinvolti, soprattutto dei minori, come in tal caso.

Questa analisi deve prendere in considerazione anche i possibili rischi che il minore possa essere oggetto di tratta o sfruttamento o che subisca abusi.

Si noti che siffatti pericoli prescindono dalle valutazioni di idoneità del

kafil e del minore ottenute dal procedimento di assoggettamento al

ma devono dedursi dal medesimo procedimento effettuato dal Paese europeo ospitante, in questo caso il Regno Unito, al fine di assicurare il best interest del minore attraverso l’adozione e l’inserimento in un nuovo nucleo familiare.

Qualora, effettuati i dovuti controlli, dovesse accertarsi che tra il minore e il suo tutore c’è un rapporto di interdipendenza sia economica che affettiva, al minore deve essere rilasciato dal Tribunale un permesso di soggiorno per consentirgli di vivere con il suo tutore nello Stato membro di cui questo è cittadino.56

5.La Kafala in Spagna

La Costituzione spagnola prevede all’art. 39, comma 4, che “L’infanzia godrà della protezione prevista negli accordi internazionali che ne tutelano i diritti”.

La protezione dell’infanzia non si basa sul requisito della cittadinanza ma, al contrario, rinvia al rispetto delle leggi internazionali che hanno provveduto a colmare le lacune dell’ordinamento interno.

56 Sentenza nella causa C-129/18, in Curia Europa,

In particolare, assumono grande rilievo la Convenzione dei Diritti del Fanciullo del 1959 e la successiva Convenzione del 1989, ratificate senza riserve. Figurano tra i trattati ratificati dalla Spagna, inoltre, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione sulla legge applicabile alla protezione dei minori del 1961, la Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozioni internazionali del 1993, le norme del Consiglio Europeo e dell’UE in materia e le regole delle organizzazioni internazionali, alle quali fa riferimento il Tribunale Costituzionale, che si occupano delle regole

minime per l’amministrazione della giustizia minorile, ossia le regole

Beijing.57

La legge interna all’ordinamento posta a tutela del minore è la legge organica n. 1/1996, che si applica a tutti i minori di diciotto anni che si trovino sul territorio spagnolo, indipendentemente dalla regolarità del loro soggiorno.

In base a questa legge lo Stato deve tutelare il minore, optare per il mantenimento del minore, se possibile, all’interno del nucleo famigliare d’origine, provvedere alla sua integrazione.

Inoltre, ha riformato anche i tradizionali istituti posti a tutela del minore, predisponendo misure di protezione alternative a quella della famiglia biologica, tra cui l’affidamento in tutte le sue varianti e l’adozione.

57 Le regole Beijing sono le “Regole minime per l’amministrazione della Giustizia”

disposte dall’Onu il 29 novembre 1985 a New York. La normativa si compone di sei parti, disciplinanti in ordine il benessere del minore e della famiglia, l’istruzione e il processo del minore, il giudizio del minore, il suo trattamento in libertà, il

trattamento in istituzione, la ricerca, pianificazione, elaborazione di politiche e valutazione.

La posizione dello Stato in merito ai diritti del minore è stata rafforzata, successivamente, dalla legge organica n. 4/2000 che disciplina i diritti dello straniero in Spagna e promuove politiche volte alla sua integrazione58.

Con riguardo nello specifico all’istituto della kafala islamica la Spagna, rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, si è subito dotata di una legge che riconosca la kafala andando quasi ad “anticipare” la Convenzione dell’Aja del 1996.

Questa legge è la n. 54/2007 del 28/12/2007 sull’adozione internazionale.

All’interno dell’ordinamento spagnolo l’istituto dell’adozione e quello della kafala non sono assimilabili sotto il profilo giuridico ma sono ugualmente riconosciute, posto che siano legittimate dall’autorità pubblica competente quali mezzi di protezione internazionale del minore.

I requisiti fondamentali per parificare la kafala con l’affidamento familiare o le altre forme di tutela sono date dall’art. 34 della legge e prevedono che l’istituto islamico sia autorizzato dalla autorità straniera competente sia essa amministrativa o giudiziaria, la concessione del provvedimento deve essere conforme alle leggi interne del Paese d’origine del minore e non essere manifestatamente contraria alle norme di ordine pubblico spagnolo e alle norme internazionali in materia di tutela del minore.

58 Passaglia P. Pico’ C. G., La presenza del minore straniero nel territorio nazionale,

Il documento attestante la kafala, inoltre, deve essere valido ai fini della legge spagnola, contenere dunque i requisiti formali dell’autenticità ed essere tradotto in lingua spagnola.

La priorità del giudice, infatti, è sempre il best interest del minore.

L’ordinamento in questo caso legittima l’istituto islamico attraverso una “nazionalità anticipata del minore”, distinguendo i due casi principali per richiedere il permesso di soggiorno del minore preso in carico con kafala.

Il primo caso riguarda un cittadino spagnolo che richiede l’ingresso di un minore straniero in seguito alla sua adozione o presa in carico con

kafala. In questo caso si applica la legge interna sulla tutela

dell’infanzia secondo cui una coppia di nazionalità spagnola può richiedere il permesso di un minore straniero preso in carico tramite

kafala quando dai documenti pervenuti dal Paese d’origine del

bambino si attesti lo stato d’abbandono in cui versava.

Il secondo caso riguarda i minori presi in carico da kafil straniero residente in Spagna, il cui Paese d’origine non riconosce l’istituto dell’adozione.

In quest’ultima ipotesi, qualora il minore non si trovi in stato d’abbandono, il permesso di soggiorno non può essere rilasciato, poiché non può ritenersi sussistente il consenso dei genitori biologici del minori, o chi ne detiene la potestà genitoriale.59

59“Kafala: l’altra Europa, quella dei Diritti.”, in Confini Online