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al servizio della domanda e dell'offerta degli operatori

Nel documento Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1978 (pagine 28-39)

Fig. 1. Il manifesto realizzato per pubblicizzare l'iniziativa dell'istituto camerale.

C a r t a e c a r t o n e

Una prima categoria di offerte/richieste apparse inizialmente in grande numero sotto tale voce nei bollettini delle borse rifiuti estere ha riguardato carta e car-tone riciclabili nei cicli di produzione delle cartiere, nonostante esistessero già dei canali istituzionalizzati per il recu-pero di tali scarti.

Tenendo presente che circa il 60% del-la carta e del cartone fabbricati in Ita-lia sono destinati ad usi industriali, ri-sulta evidente come ogni aumento nel recupero dei residui in carta e cartone prodottisi in tale settore sia di notevole importanza e comporti dei notevoli be-nefici sia dal punto di vista economico — nel 1976 sono state importate in Ita-lia circa 620.000 tonnellate di carta da macero con un'incidenza sulla bilancia dei pagamenti di quasi 54 miliardi — sia in merito a risparmi energetici.

A tale riguardo è interessante far rile-vare come, da stime riportate in una re-lazione di E. Todisco sulla carta da ma-cero, l'impiego di carta recuperata fac-cia diminuire da 10.000 a 3000 kcal l'energia complessiva necessaria a pro-durre un chilogrammo di carta.

Dalla relazione sopracitata riportiamo, a titolo illustrativo, uno schema a bloc-chi molto semplificato delle varie fasi della produzione cartaria e dei rispet-tivi consumi energetici (Fig. 4).

Un altro fattore di notevole importanza per ottenere il miglior riciclo di tali re-sidui consiste nel separare fra loro quelli che presentano caratteristiche qualitative differenziate, in particolare per quanto riguarda la lunghezza delle fibre che li costituiscono e l'eventuale presenza di

sostanze nocive per il successivo impie-go. In Italia non esiste ancora una clas-sificazione standard dei vari tipi di carta da macero, che viene pertanto definita localmente con modalità diverse. Per quanto riguarda più da vicino la carta recuperabile all'interno delle aziende, in uno stabilimento del Lazio vengono fra loro separati e venduti a prezzi varia-bili dalle 160 L./kg alle 40 L./kg i seguenti tipi di scarti: schede meccano-grafiche, tabulati puliti senza carta

car-Fig. 2 e 3. Due metodi

bone, tabulati con carta carbone, carto-naggio.

Altre offerte/richieste pubblicate nei bollettini delle borse estere sotto tale categoria hanno riguardato materiali re-sidui e giacenze di magazzino, dovute a cambio di lavorazione, per i quali si cercavano forme di recupero o mediante un loro reimpiego tal quali o dopo un eventuale trattamento preliminare. Sono stati ad esempio offerti carta e cartone in ròtoli di diverse dimensioni, colori e grammature; carta impregnata da resina; carta crespata bituminata; carta da tappezzeria.

A titolo illustrativo nelle figure 2 e 3 vengono rappresentati due metodi di-versi per conseguire lo stesso scopo: il recupero di carta e cartone.

C u o i o e p e l l i

La produzione di scarti, cascami e rita-gli in cuoio ed in pelle è notevole sia all'interno delle concerie — nel corso della lavorazione con pelle bovina essi possono giungere sino al 50% del grez-zo acquistato — sia nei successivi processi di trasformazione da parte del-le industrie manifatturiere (calzaturifici, confezioni, pelletterie). Teoricamente vi sono numerose possibilità per la valoriz-zazione di tali scarti che vanno dal re-cupero delle proteine dai ritagli solidi, opportunamente trattati, alla loro tra-sformazione in grassi, gelatine, mangi-mi, fertilizzanti e cartoni-cuoio. In pratica vi sono sovente delle difficoltà a realizzare i precedenti recuperi o per il basso valore commerciale dei prodotti ottenibili o per l'alto costo dei processi necessari.

In una relazione tenuta nel 1975 da L. Del Pezzo e G. De Simone in merito all'interesse merceologico dei residui proteici conciari, dopo aver fatto una distinzione iniziale fra scarti non con-ciati e scarti concon-ciati, per i primi viene prospettata la possibilità di una prima trasformazione in dispersioni collageni-che omogenee « ogni uso » da destinare successivamente ad una grande varietà di utilizzazioni (vedi fig. 7) mentre per i secondi si fa riferimento ad esperienze estere relative alla produzione di car-toni-cuoio e cuoio fibroso, alla sintesi di

ENERGIA SOLARE 4000 Kcal/Kg.

ENERGIA UMANA MECCANICA, ELETTRICA 3000 Kcal/Kg.

ENERGIA UMANA, MECCANICA ELETTRICA, TERMICA 3000 Kcal/Kg. FORESTA IN PIEDI

,

LEGNAME FABBRICA DI PASTE CARTIERA INDUSTRIA

DELLA COMMERCIO CONSUMATORE FINALE FORESTA

IN PIEDI

PER CARTA TRASFORM.

CONSUMATORE FINALE

CARTA RECUPERATA

CARTA DESTINATA ALLA CONSERVAZ.1

CARTA DISPERSA NEI RIFIUTI Fig. 4.

Fig. 5. Schema a blocchi

dei processo per ii recupero di rame e di cromo da fanghi industriali.

prodotti tensioattivi da croste al cromo non utilizzabili ed a processi per decon-ciare il materiale con conseguente recu-pero del cromo e fabbricazione di colle e prodotti affini.

Abbastanza esiguo risulta essere il nu-mero delle offerte/richieste per tali resi-dui pubblicate sui bollettini delle borse rifiuti estere, che hanno in particolare riguardato articoli di rimanenza in cuo-io, croste al cromo, cascami di cuoio finito.

F a n g h i - m e l m e - p o l v e r i

In tale categoria si intende prendere in esame i residui formatisi nel corso dei trattamenti di depurazione di effluen-ti inquinaeffluen-ti sia liquidi che gassosi, pra-ticati in aziende appartenenti a nume-rose categorie industriali differenti (me-tallurgica, meccanica, chimica, ecc.). Lo smaltimento finale di tali prodotti, che si presentano in varie forme e con caratteristiche qualitative molto diverse fra loro, sta diventando un problema sempre più urgente e in molti casi di non facile soluzione: per tale motivo si sono ultimamente intensificati gli stu-di volti a trasformare per quanto possi-bile i residui da « rifiuti » a « materie prime secondarie recuperabili ». I principali metodi di recupero, già rea-lizzati o che potranno diventare opera-tivi nei prossimi anni, si riferiscono a:

a) fanghi da trattamenti superficiali:

ot-tenuti in gran quantità nel corso della depurazione dei bagni concentrati esau-sti e delle soluzioni di lavaggio di pezzi sottoposti a trattamenti di galvanica e superficiali quali cromatura, ramatura, nichelatura, zincatura, decapaggio, pas-sivazione, fosfatazione, ecc., possono presentare un interesse per il recupero o dei metalli presenti sottoforma di os-sidi, idrosos-sidi, sali o di altre sostanze, quali ad esempio sali di fosforo conte-nuti nei fanghi di fosfatazione.

Le effettive possibilità di recupero dei metalli dipendono dal tenore percentuale e dal numero di essi contemporaneamen-te presenti nei fanghi: mentre risulta già fattibile il recupero da residui

con-tenenti un solo tipo di metallo, in parti-colare zinco e rame, sono in fase di avanzata sperimentazione processi di ti-po idrometallurgico o basati su estra-zioni con solventi selettivi per i fanghi composti da più metalli.

A titolo illustrativo riportiamo lo sche-ma relativo ad un possibile impianto per il recupero iniziale di rame e cromo da tali fanghi, per il quale si sono otte-nuti in laboratorio notevoli risultati po-sitivi (Fig. 5).

Per i fanghi di fosfatazione, come già precedentemente accennato, sembra pos-sibile un impiego come fertilizzanti men-tre non pare molto realizzabile un riu-tilizzo di quelli contenenti metalli nella produzione di materiali per l'edilizia — mattoni, piastrelle — non tanto per dif-ficoltà tecniche quanto per l'andamento del mercato.

b) fanghi di verniciatura: vengono

pro-dotti negli impianti di verniciatura che utilizzano un dispositivo « a velo di acqua » per abbattere i fumi di vernice; si stima che in tali operazioni si abbia una perdita di vernice intorno al 40%. La componente principale della loro par-te solida risulta formata da resine par- ter-moplastiche non ancora sottoposte a trattamento termico e che pertanto pos-sono essere ancora utilizzate.

I metodi per il recupero di tali residui si basavano prevalentemente su un loro reimpiego per la produzione di miscele antirombo e di vernici di basso pregio: ultimamente sembra possibile ottenere degli sbocchi molto più promettenti me-diante un loro riutilizzo come materiale per stampaggio, una volta miscelatili con altri scarti di produzione ed in partico-lare con sfridi di resine termoindurenti, 0 per la produzione di pannelli trucio-lari.

c) melme e polveri da abbattimento fu-mi: costituiscono un altro tipo di

resi-duo molto diffuso e di difficile smalti-mento finale a motivo dei grandi quanti-tativi giornalmente prodotti.

1 trattamenti di bonifica riguardano solitamente effluenti gassosi in cui pos-sono essere presenti: polveri silicee, ne-rofumo, fumi di carbone, fumi con os-sidi di metalli pesanti, polveri e trucioli di legno.

Per quanto riguarda più da vicino i fan-ghi e le polveri prodottisi nelle industrie siderurgiche e nelle acciaierie, sono in fase avanzata di studio processi per la fissazione ed il recupero dello zinco e del piombo in essi presenti, mentre risul-tano essere operanti in Canada processi che permettono di riciclare gli ossidi di ferro, componenti principali di tali re-sidui.

Oltre a quelle sopra accennate, altre pos-sibili modalità di recupero sono conti-nuamente oggetto di studio o vengono applicate per particolari tipi di residui in determinate condizioni: fanghi con-tenenti un alto contenuto di sostanze organiche possono ad esempio essere de-stinati alla produzione di composti o ve-nir utilizzati come combustibili, sempre che il loro tenore di umidità lo per-metta.

Per quanto riguarda l'attività delle « bor-se rifiuti » già operanti, risultano esbor-sere stati pubblicati vari annunci per tali resi-dui: a titolo di esempio in Olanda sono stati offerti fanghi contenenti idrossido di cromo con umidità del 65-70% mentre in Germania sono stati richiesti liquidi e fanghi contenenti metalli pesanti, cianuri e nitriti. In Italia sulla rivista « Inqui-namento » che da marzo del 1977 pub-blica una rubrica dal titolo « riciclo » per gli scarti di lavorazione, è comparsa un'offerta di fanghi di vernice, mentre nei bollettini dell'Aschimici nel corso del 1977 sono state pubblicate due of-certe, la prima relativa a residui a base di solfato di calcio e la seconda per fan-ghi prevalentemente composti da zinco e anidride fosforica.

G o m m a

Il tipo di rifiuti in gomma più appari-scente è senza dubbio costituito dai nu-merosi pneumatici usati che vengono abbandonati un po' ovunque. A questa particolare categoria di scarti si debbo-no aggiungere quelli formatisi nelle di-verse fasi di produzione, trasformazione ed eventuale rigenerazione di manufatti in gomma.

I principali metodi di recupero per tutti questi scarti sono:

a) pneumatici usati: una buona parte

di essi può venir reimpiegata dopo esse-re stata sottoposta ad un processo di « ricostruzione ».

In Italia nel 1976 risulta che a fronte di una vendita di 12,2 milioni di peu-matici nuovi sono stati immessi sul mer-cato 9,8 milioni di gomme ricostruite;

b) cascami e scarti di gomma già vulca-nizzata: rientrano in questa categoria

anche le circa 200.000 tonnellate di pneumatici usati annualmente scartati in Italia e che in termini energetici rappre-sentano circa 50.000 tonnellate di com-bustibile.

Per il loro recupero vengono sperimen-tate due vie differenti: la prima ne pre-vede un riutilizzo per ottenere del com-bustibile, dopo averli sottoposti ad un processo di pirolisi che consiste pratica-mente in una distillazione condotta in assenza di ossigeno, mentre la seconda, oggetto di uno studio finanziato nel 1977 dal CNR nell'ambito dei programmi fi-nalizzati, esamina la possibilità di de-polimerizzare tali residui al fine di riot-tenere materie prime per i normali cicli di produzione.

In Germania è stato messo a punto un processo per la macinazione di pneuma-tici, resa difficile dall'intelaiatura in ac-ciaio con cui vengono costruiti i nuovi copertoni, al fine di ottenere un granu-lato che sembra poter trovare diversi impieghi successivi, tra i quali l'uso di-retto come combustibile dato l'elevato potere calorifico della gomma;

c) cascami di gomma non vulcanizzata:

da tali scarti è possibile ottenere delle gomme rigenerate, che possono essere impiegate, ad esempio, nella produzione di tubi.

I cascami ed i rifiuti di gomma-para co-stituiscono le materie prime nella fab-bricazione dell'ebanite, mentre vengono utilizzati come additivi per riempimento residui di gomma polverizzati.

Le offerte/richieste pubblicate sui bol-lettini delle « borse rifiuti estere » hanno riguardato ritagli di gomma-para dalla fabbricazione delle scarpe, residui di gomma dalla produzione di cinghie di trasmissione, pneumatici e camere d'aria di autovetture e camions.

I m b a l l a g g i

L'alto numero di offerte/richieste pub-blicate sotto varie voci nei bollettini del-le borse rifiuti estere per tali prodotti fa ritenere utile mettere inizialmente in risalto questo genere di rifiuti, conside-randolo come una categoria a sé stante. In particolare i diversi tipi di imballag-gio e di contenitori offerti e richiesti possono essere cosi schematizzati:

a) taniche, fustini, canestri, scatole in

plastica con o senza tappi a vite od altro tipo di chiusura, puliti o sporchi, di diverse dimensioni;

b) scatoloni usati in cartone e cartone

ondulato, di vario colore e dimensioni, con o senza stampigliatura;

c) sacchi usati in polietilene, polivinclo-ruro e iuta in condizioni utilizzabili;

d) botti, fustini e cassette in legno; e) fusti e contenitori metallici;

/) bottiglie, damigiane, fiaschi in vetro. Il recupero di questi materiali avviene per la maggior parte attraverso alla via del reimpiego, eventualmente dopo alcu-ne operazioni preliminari di lavaggio e rigenerazione, e solo per una limitata quantità con il riciclaggio.

A titolo indicativo ricordiamo come esi-sta già un fiorente commercio relativo ai fusti metallici usati da 200 litri che ven-gono acquistati a 1300/2000 lire da dit-te che provvedono a rigenerarli median-te successive operazioni di lavaggi ripe-tuti con acqua, solventi ed alcali; rimes-sa a nuovo della bordatura; lucidatura interna con sfere; sverniciatura e river-niciatura finale, per poi rivenderli al prezzo di 6-7000 lire.

Nella fotografia 8 è possibile osservare dei fustini metallici « prima e dopo la cura ».

L e g n o

I principali residui in legno sono costi-tuiti da scorze di cortecce d'albero, se-gatura, trucioli, scarti di lavorazione di varie dimensioni, imballaggi fuori uso, modelli in legno e prodotti finiti usati. Esiste già un mercato per tali scarti, che però non sempre trovano una facile col-locazione: anche in questo settore un

aumento dei quantitativi recuperati pro-durrebbe dei positivi effetti nei conti con l'estero; ricordiamo infatti come nei primi 6 mesi del 1977 siano state im-portate in Italia circa 72.000 tonnellate di segatura ed altri cascami di legno con una spesa di circa 3 miliardi di lire.

I principali metodi per il loro recupero ne prevedono l'impiego o come materie prime per la produzione di pasta di car-ta, pannelli truciolati ed altre lavorazioni dell'industria chimica, o come sostanze combustibili.

Abbastanza numerosi sono gli annunci di richieste/offerte per tali materiali pubblicati dalle borse rifiuti in Italia e all'estero; la loro attività ha permesso un notevole aumento nel reimpiego di prodotti finiti usati con particolare ri-guardo, oltre che agli imballaggi in le-gno già precedentemente citati, a travi ed assi da cantiere, bobine avvolgicavo e pallets che consistono in piattaforme di carico per carrelli sollevatori. A titolo illustrativo nella figura 6 è possibile notare delle cataste di pallets disponibili per un reimpiego.

M a t e r i e p l a s t i c h e

La grande diffusione che ha avuto ne-gli ultimi anni l'impiego delle materie plastiche in molteplici settori industriali ha fatto nascere come logica conseguen-za il problema dello smaltimento di un ingente quantitativo di rifiuti originatisi nelle diverse fasi di produzione, distri-buzione ed utilizzo dei vari manufatti in plastica.

Ricordiamo brevemente come le resine sintetiche o sostanze plastiche siano dotti artificiali ottenuti mediante pro-cessi di polimerizzazione, condensazio-ne e modificaziocondensazio-ne di sostanze semplici o di macromolecole già esistenti in na-tura e possano essere suddivise in due grandi categorie:

a) termoplastiche, della quale fanno

par-te ad esempio il polivinilcloruro o PVC, il moplen, il politene ed il plexiglas, che raggiungono lo stato plastico per azione del calore ed induriscono nel successivo raffreddamento, con la possibilità di es-sere sottoposte più volte a tale ciclo;

Fig. 6. Cataste di pallets in legno reimpiegabili.

Fig. 7. Schema di processi per l'utilizzazione di dispersioni coiiageniche.

b) termoindurenti, quali la bachelite, la

formica, il nailon ed i poliesteri, che induriscono per azione del calore e non tornano più morbide.

La precedente suddivisione è molto im-portante al fine del successivo recupero in quanto mentre gli scarti delle termo-plastiche, dopo eventuali processi di ri-generazione, possono essere in buona parte riciclati nei cicli produttivi* di pro-venienza od usati per la fabbricazione di nuovi prodotti, quelli delle termoin-durenti sono quasi unicamente utilizzati come cariche inerti.

Risulta pertanto evidente come sia con-veniente, al fine del miglior utilizzo suc-cessivo, tenere possibilmente separati fra loro i diversi scarti a seconda del tipo di resine che li compongono.

Ultimamente sono stati messi a punto dei processi che permettono di lavorare miscele eterogenee di sostanze termo-plastiche e termoindurenti, ottenendo un film plastico omogeneo con il quale è possibile realizzare dei semilavorati e dei prodotti finiti utilizzabili nell'edili-zia, in agricoltura e nell'industria can-tieristica quali ad esempio paletti di va-rie dimensioni, bobine avvolgicavi, tubi, fondi stradali antisdrucciolevoli. L'alto interesse per i residui di tale ca-tegoria, per il cui recupero sono sorte delle aziende apposite, trova riscontro nei bollettini delle borse rifiuti estere nei quali le off erte/richieste di residui e prodotti usati in materie plastiche, oc-cupano sempre un notevole spazio ed hanno ad esempio riguardato:

sfridi e ritagli di plexiglas, polistirolo, PVC, morbido e duro, polietilene e po-liuretano; fogli residui di poliammidi e di PVC stabilizzato al piombo; lastre fotografiche usate; residui di nailon e caprolattame da scarti di produzione e di filatura; polietilene rigenerato in for-ma granulare: PVC rigenerato e polisti-rolo granulato bianco, nero e variopin-to; fogli in ABS per spedizioni di vario colore;

telai di cassetti rivestiti in PVC; cinture sintetiche oltre naturalmente a diversi tipi di imballaggi in plastica.

M e t a l l i

Innumerevoli sono i residui in metalli ferrosi e non ferrosi che vengono pro-dotti nel corso delle diverse fasi di la-vorazione e di impiego di tali materiali, ma si può affermare che per la quasi loro totalità esistono già degli sbocchi che ne consentono un valido recupero. Per la loro utilizzazione risulta di gran-de importanza effettuarne una raccolta selezionata in funzione delle loro carat-teristiche qualitative — dimensioni, spessore, lavorazione di provenienza — e dei metalli che li compongono, evitan-do per quanto possibile l'inquinamento da sostanze estranee.

La principale destinazione dei metalli recuperati consiste in una loro reintro-duzione nei cicli produttivi, dopo even-tuali operazioni preliminari di cernita e pulitura.

Oltre al ben noto impiego di rottami ferrosi in siderurgia, ricordiamo come esistano fonderie per il recupero di ra-me, alluminio, bronzo ed ottone da sfri-di e rottami; zinco da rottami e residui di zincatura; piombo da scarti e da bat-terie fuori uso; stagno da sfridi di lavo-razione di lamiere stagnate e da residui di lattine ricorrendo, in quest'ultimo ca-so, ad un ciclo di distagnatura basato su un processo elettrolitico che permette di separare fra loro ferro e stagno.

La funzione svolta dalle borse rifiuti estere mediante la sempre nutrita pub-blicazione di offerte/richieste di mate-riali metallici è consistita nel far aumen-tare la possibilità di contatto fra pro-duttori ed utilizzatori di tali residui, fa-vorendone cosi' un recupero sempre più spinto e permettendo di giungere in al-cuni casi ad un loro diretto reimpiego. Oltre ai diversi tipi di imballaggi già precedentemente menzionati sono stati oggetto di scambio, ad esempio, lamiere di acciaio zincato, rivestite in plastica; trucioli e pezzi di scarto in ferro, allu-minio, acciaio; rottami di cavi, profilati in alluminio ed altri residui ferrosi e non ferrosi inquinati da PVC, olio, gras-so, gomma; tubi di scarto, viti a lente nichelate, senza madrevite; rondelle in acciaio.

Fig. 8. Fusti usati A e fusti dopo rigenerazione B.

Fig. 9. Veduta d'insieme di una azienda specializzata nella rigenerazione dei solventi.

O l i i e g r a s s i

L'impiego molto diffuso di tali sostanze,

Nel documento Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1978 (pagine 28-39)