• Non ci sono risultati.

Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1978

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1978"

Copied!
120
0
0

Testo completo

(1)

- 4 C R O m C H E

E C o n o n v c H E

(2)

ISTITUTO BANCARIO

SAN PAOLO DI TORINO

su misura

per permettere

a ciascun cliente di trovare una valida e immediata risposta

ad ogni suo specifico problema. Un conto corrente con qualcosa in più:

il tuo conto corrente.

(3)

o f t

Estratto della Relazione

del Presidente agli Azionisti

4 maggio 1978

Si è svolta a Torino il 4 m a g g i o 1978, in s e c o n d a c o n v o c a z i o n e l'Assemblea Ordinaria degli Azionisti Fiat. Il presidente Giovanni Agnelli nella sua relazione ha affermato che la Fiat, in m o d o particolare nel Settore Auto-mobili, ha operato c o n l'intento di ottenere un tas-so di reddittività in linea c o n il tastas-so di inflazione «per scongiurare a l m e n o l'evenienza di una di-struzione netta del capitale».

È tuttavia necessario che accanto allo sforzo c o m p i u t o dalla Fiat, che ha già previsto di in-vestire almeno 3000 miliardi nei prossimi tre anni, siano affrontate e risolte le cause di d e b o -lezza strutturale del sistema e c o n o m i c o italiano nei confronti dei sistemi con i quali d o b b i a m o competere. «Non si può avere un'area di libero s c a m b i o - h a aggiunto A g n e l l i - s e n z a regole del g i o c o uguali per tutti e senza potere di sanzione adeguato».

«Dieci anni or s o n o a b b i a m o iniziato il p r o c e s s o di trasformazione della Fiat in una m o d e r n a holding industriale proprio sotto la spinta del c o m p l e t o abbattimento delle barriere doganali all'interno della C o m u n i t à Europea». Tuttavia non b i s o g n a illudersi che sia possibile realizzare un g r a n d e mercato senza una autorità di gover-no corrispondente. Sarà quindi molto importante a questo riguardo l'elezione diretta del Parla-mento Europeo prevista per la primavera . del 1979.

«Altrettanto d e t e r m i n a n t e - h a c o n c l u s o Giovan-ni Agnelli - risulta la politica industriale europea con riferimento allo sviluppo dei settori a tecno-logia avanzata.

L'economia europea avrà un avvenire di sviluppo soltanto se saprà avviare un proprio «circolo virtuoso» profitto-ricerca-innovazione-profitto. Altrimenti sarà s e m p r e più distanziata dagli Stati Uniti e relegata a ruoli periferici». Il presidente della Fiat ha quindi informato gli Azionisti sul-l'andamento dell'esercizio

1977--fatturato consolidato G r u p p o Fiat:

11.449 miliardi di lire (9.270 miliardi nel 1976); - i n v e s t i m e n t i G r u p p o Fiat: 1.001 miliardi di

cui 803 in Italia e 198 all'estero (813 miliardi complessivi nel 1976);

- d i p e n d e n t i G r u p p o Fiat: 341.693 di cui 266.801 in Italia (328.872 nel m o n d o nel 1976). Risultati conseguiti dai settori:

Automobili:

autovetture e derivati Fiat, Autobianchi, Lancia consegnati nel 1977: 1.348.750 unità (1,4 per cen-to in più del 1976). In Italia sono state consegnate 702.972 unità (1 per cento in più del 1976), al-l'estero 645.778 (2,2 per cento in più del 1976).

Veicoli Industriali:

l'IVECO ha fatturato oltre 107.000 veicoli indu-striali (2,3 per cento in più del 1976). In Italia s o n o state vendute 42.356 unità (11 per cento in m e n o del 1976).

Trattori Agricoli:

sono state fatturate 63.517 unità (1,9 per cento in m e n o del 1976)

Macchine Movimento Terra:

sono state vendute 9.505 unità (Fiat-Allis) c o n un incremento del 6,1 per cento sull'anno precedente.

Siderurgia:

la Teksid, costituita in società per azioni dal T gennaio 1978 ha mantenuto le posizioni acqui-site. La produzione totale trasformata è stata di 2.114.000 tonnellate in peso/lingotti (2.195.000 nel 1976).

Componenti:

Le società che fanno parte del settore hanno relizzato nel 1977 un fatturato di 964 miliardi di lire.

Macchine Utensili e Sistemi di Produzione:

sono stati realizzati volumi di attività superiori al precedente esercizio.

Ingegneria Civile e Territorio:

nel 1977 sono stati acquisiti lavori per circa 700 miliardi di lire.

Energia:

buoni risultati s o n o stati raggiunti sia nella vendi-ta di turbine a gas che nel settore dell'aviazione.

Prodotti e sistemi ferroviari:

la d o m a n d a si è mantenuta su livelli soddisfacenti.

Turismo e Trasporti:

la Ventana che svolge attività turistiche ha regi-strato un notevole incremento di fatturato. Il Bilancio dell'esercizio 1977 si è chiuso con un utile netto di oltre 63 miliardi di lire. E stata approvata la distribuzione di un dividen-do di L. 150 per azione e l'assegnazione di un'a-zione privilegiata ogni 100 azioni possedute, sen-za distinzione tra azioni ordinarie e privilegiate, da prelevarsi dalle azioni proprie acquisite ai sensi della delibera assembleare

(4)

C E N T R O E S T E R O

C A M E R E C O M M E R C I O P I E M O N T E S I

IL CENTRO ESTERO

CAMERE COMMERCIO

PIEMONTESI

è stato costituito per aiutare gli operatori a risolvere TUTTI i problemi connessi all'esportazione: commerciali, doganali, valutari, assicurativi, giuridici, finanziari, ecc.

L'assistenza è fornita sia con iniziative generali di INFORMAZIONE E FORMAZIONE, sia con iniziative specifiche di CONSULENZA e PROMOTION.

A) Informazione

Il Centro intende sopperire alla sempre maggiore necessità di informazioni da parte delle aziende su normativa italiana, normativa estera, notizie commerciali tramite:

• Pubblicazioni periodiche.

• Comunicazioni scritte agli utenti secondo necessità ed esigenze espresse e registrate in apposito schedario.

• Riunioni su temi generali o specifici (incontri su normativa italiana,

giornate di incontri con esperti di Paesi esteri, presentazione di studi di mercato, ecc.).

B) Formazione

Per consentire il costante aggiornamento professionale dei funzionari, il Centro organizza: • Corsi di prima formazione per un approccio

ai problemi dell'esportazione.

• Corsi di formazione per funzionari di azienda addetti all'export.

• Giornate di studio su temi specifici (finanziamento ed assicurazione del credito all'esportazione, disposizioni valutarie, sistemi di distribuzione diretta o tramite agenti e concessionari, ecc.).

C) Consulenza

Per risolvere i problemi specifici delle aziende nel corso delle singole operazioni con l'estero, il Centro offre:

• Consulenza Marketing

(ricerche di nominativi, studi di mercato, dati economici e statistici, norme valutarie, problemi finanziari ed assicurativi).

• Consulenza doganale

(legislazione doganale, regime delle importazioni ed esportazioni, procedure semplificate,

documenti amministrativi, normativa CEE ecc.). • Consulenza contrattuale e giuridica

(contratti con agenti e concessionari stranieri, licenze di brevetto e know-how, arbitrato internazionale, modelli di contratti in più lingue).

D) PromoHon

Per fornire una valida guida per la penetrazione nel mercato estero ritenuto più conveniente per un dato prodotto, il Centro mette a disposizione la sua organizzazione per: • Missioni di operatori italiani all'estero. • Partecipazioni a mostre e fiere specializzate. • Attività di pubblicità all'estero sui vari canali di informazione, anche tramite inviti in Italia a giornalisti stranieri.

• Curare visite di operatori esteri in Italia e dare loro assistenza per contatti d'affari con imprese piemontesi.

C E N T R O E S T E R O C A M E R E C O M M E R C I O P I E M O N T E S I - 10123 Torino

(5)

RIVISTA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI TORINO

S O M M A R I O

3 Visita al Museo della cavalleria di Pinerolo A l f o n s o B e l l a n d o 1 5 Si avranno imprese industriali sovranazionali ? G i o r g i o C a n s a c c h i 2 3 Residui industriali recuperabili per una borsa rifiuti * * * 3 5 Nuove tendenze nella struttura dell'industria piemontese G i u l i o F a b b r i 4 3 Linee per una politica agraria in Piemonte G i u s e p p e M a s p o l i 4 9 II vino piemontese e la sua valorizzazione R a f f a e l e P i r o 5 3 Investimenti esteri e Mezzogiorno G i u s e p p e T a r d i v o 61 Francia: situazione economica e prospettive di esportazione dall'Italia G i o r g i o P e l l i c e l l i 7 5 Per un uso più razionale dell'energia negli impianti di riscaldamento M a r i o F a n t o z z i 8 5 Fisionomia dell'impresa minore G i u l i o F o d d a y 8 9 Dialogo con il console di Francia a Torino C a r l o N o v a r a 9 3 Le novità di Expocasa '78 A l b e r t o V i g n a 9 6 Tra i libri

1 0 7 Dalle riviste

In copertina:

E. Ghione, Piemonte Reale in ricognizione.

Museo della cavalleria di Pinerolo.

Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni debbono essere indirizzati alla Direzione della rivista. L'accettazione degli articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati o siglati rispecchiano soltanto il pensiero dell'Autore e non impegnano la Direzione della rivista né l'Amministrazione camerale. Per le recensioni le pubblicazioni debbono essere inviate in duplice copia. È vietata la riproduzione degli articoli e delle note senza l'autorizzazione della Direzione. I manoscritti, anche se non pubblicati, non si resti-tuiscono.

Editore: Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino.

Presidente: Enrico Salza

Giunta: Domenico Appendino, Mario Catella, Giuseppe Cinotto, Renzo Gandini, Franco

Gheddo, Enrico Salza, Alfredo Camillo Sgarlazzetta, Liberto Zattoni. Direttore responsabile: Giancarlo Biraghi

Vice direttore: Franco Alunno Redattore capo: Bruno Cerrato Impaginazione: Studio Sogno

(6)

C a m e r a d i C o m m e r c i o I n d u s t r i a A r t i g i a n a t o e A g r i c o l t u r a e U f f i c i o P r o v i n c i a l e I n d u s t r i a C o m m e r c i o e A r t i g i a n a t o

Sede: Palazzo degli Affari

Via S. Francesco da Paola, 2 4

Corrispondenza : 1 0 1 2 3 T o r i n o

Via S. Francesco da Paola, 2 4 1 0 1 0 0 T o r i n o - Casella Postale 4 1 3 . Telegrammi : C a m c o m m T o r i n o . Telefoni: 5 7 1 6 1 ( 1 0 l i n e e ) . Telex: 2 3 2 4 7 C C I A A Torino. C / c postale: 2 / 2 6 1 7 0 . Servizio Cassa: Cassa di Risparmio di T o r i n o . S e d e Centrale - C / c 5 3 . B o r s a V a l o r i 1 0 1 2 3 T o r i n o

Via S a n Francesco da Paola, 2 8 .

(7)

VISITA AL MUSEO

DELLA CAVALLERIA

DI PINEROLO

Alfonso Bellando

Mentre mi avvicinavo in auto a Pinerolo, percorrendo una verde campagna a pie' dei monti tutta costellata di casette e di opifici, ripensavo a quanto, non molto tempo prima, mi aveva fatto rilevare un amico geografo, il prof. Carlo Vittorio Rolle. Si tratta di questo. Anche se po-chi vi pongono mente, Pinerolo ha una caratteristica singolare, quella di aver da-to i natali all'ultimo Presidente del Con-siglio prima di Mussolini ed al primo Presidente del Consiglio nel governo di coalizione formato dai partiti del Comi-tato di liberazione nazionale (CLN), do-po la fine del conflitto.

So dov'è la casa di Luigi Facta e mi pia-cerebbe individuare anche quella di Fer-ruccio Parri; ma non è per questo che ho preso appuntamento con il generale Emilio Grimaldi, Direttore del Museo nazionale dell'arma di cavalleria. Ora mi attendono una visita molto impegnativa, ed il giudizio dei miei lettori.

* & &

Cosi, mi riprometto di fare più avanti nel tempo delle indagini sul Parri pine-rolese, ed intanto rifletto alle caratteri-stiche di questa città di Pinerolo, da molti ingiustamente ritenuta « minore », che fu grande nella storia, per più di un motivo; ma pare che sia nel suo de-stino il portare ad alta gloria nobili isti-tuzioni, per poi perderle improvvisamen-te ed irrimediabilmenimprovvisamen-te. Ecco che fu ca-pitale dei principi d'Acaia e di Piemon-te dalla fine del Duecento all'inizio del Quattrocento, ma allora il ramo d'Acaia si estinse, Savoia e Piemonte si diedero nuovi reggitori e per capitale fu scelta un'altra città. Pure fu sede, per circa un secolo, della Scuola normale di cavalle-ria, ma venne l'8 settembre 1943, la Scuola si disciolse con l'arrivo di un con-tingente di soldati tedeschi, mentre gli allievi migliori già prendevano la via dei vicini monti, per unirsi alle prime forze partigiane.

* * *

Il vasto edificio del Museo, nel cuore della città, non può vantare la forma ar-moniosa e la severa bellezza architetto-nica del contiguo palazzo Vittone: è uno stabile costruito con finalità di caserma, senza troppe pretese ed ospitò, a

parti-re dal 1849, l'illustparti-re scuola di caval-leria.

Solido e sobrio può comunque definirsi; con larghe scale ed ariosi saloni che un tempo ospitarono quei brillanti cavalie-ri provenienti da ogni parte del mondo e che ora sono gremiti di cimeli che ac-curatamente ci documentano, senza re-torica ma non senza sicura coscienza, su ciò che è stato e su ciò che non deve essere dimenticato: l'importanza che, per dei millenni, la cavalleria ha avuto nel determinare tante vicende umane. Se Pinerolo può menar vanto di ospi-tare questo prestigioso museo, ciò è do-vuto a due essenziali fattori: la fede e la passione di un uomo, il generale Gri-maldi e la preesistente realtà di una scuola di cavalleria. L'idea di tale isti-tuzione si fa risalire a re Carlo Felice, da poco rientrato in Piemonte dopo la bufera napoleonica. Di « ammaestra-menti di equitazione » da impartirsi a giovani allievi parlava il real decreto del 15 novembre 1823 ed il lavoro ef-fettivo che era sostanzialmente di ad-destramento del personale addetto alla Corte, prendeva avvio al principio del-l'anno successivo alla Venaria Reale, in quella ragguardevole scuderia costruita su disegni di Filippo Juvarra.

Le vicende patrie incalzano: l'istituzio-ne è sciolta a seguito dei fatti guerre-schi del fatidico 1848, ma è ben presto ricostruita, nel novembre dell'anno suc-cessivo; ora la sede è a Pinerolo, che già ospita i Cavalleggeri del Monferra-to. Anche la denominazione e le finali-tà sono cambiate: ora si parla di una « scuola militare di cavalleria » e lo scopo, scientifico e tecnico ad un tem-po, è l'istruzione dei combattenti in un'arma il cui esercizio non può più es-sere lasciato all'estro personale o all'in-nata maestria individuale.

(8)

diretto-O^ R D I N l

D I C A V A L C A R E ,

E T M O D I D I C O N O S C E R E le nature de' Cauafl|j, di emendare i lor vitij, &

d'ammacftrargli per l'ufo della guerra»

Se giouamemo degli huomini :

COK VARIE FIGVRE DI MORSI, filando le bocchi> il maneggio che fi hjuoI dar loro.

D E L S I G . F E D E R I C O G R I S O N E , g e n i i l ' h u o m o N a p o l i t a n o .

Dì nuouo migliorati, te. acerefciuri di podi Ile, 8c di Tauola_.

JQi*n%twfim» Sòtlta di notabili 4nntrtimm.i,per farttcctBtnti rai&e, & per rimediare «He infermiti de' Canditi.

Con iìttna* de' Superiori, e con Priuikgie

in V S N S T I A , eAppreJfegtlHeredidltuigiValua/feri, OtOk. Domenico Michet . M D LXXXltlt.

L

L'esterno de! Museo.

A L L O I L L V S T R I S S . E T E C C E L L E N T 1 S S. S I G N O R E , I L S I G N O R D . I P P O L I T O D A E S T E , R E V E R E N D I * CARDINAL DI FERRARA. FEDERICO CRISONE.

O G I I O N O , flln/lrifinn, &

Reue-rendtftmo Sìgn. mìo, gli animi grandi allegramente abbracciare ogni opera em-ulimi i a Cnma : onde amine, the il giù dette malte fi arriua a maggior al-lettgf . 'Ter tanto temperata eguanto V. S. JUafirif. etf Heutrendtf. pa ra. ra, re' non foto dotata iti anima grande, (p di guarnì doni p Rafano dalla naenra porgere, ma ieiicanftma alta (aualtma ( [egutndo fempre i naturati ttfiumdtlia ftu Jttutire o> en. tutu/firn fimegtu) mi rifilua pa tanti Primipt, che oggidì fino al mondo, feeglier lei, (g) dettarle ijuetìa operetta ma: the per ejftr qutlU<vn nitro tjfempìo degni fatare,fi bene che de z le farà

(9)

latti' («imulaìcgra,

U T suuUfimMi ''meli fi'«*•/>.

uàtthfuuU urne» «m I" <u i /«« t"P

re dall'età di 36 anni fino alla morte drammatica e prematura, conseguente ad una caduta da cavallo.

* * *

Di ardimenti e di abnegazione, di sa-crificio e di morte ci parlano, fin dal-l'atrio di ingresso le lapidi che ricorda-no i fasti della cavalleria. Su una di es-se, i nomi dei caduti sono ripartiti per reggimento e vi campeggiano nomi fa-mosi, sepolti nella memoria di chi ha forse troppo vissuto e ne è la prova quanto sia lontano quel tempo che pare favoloso: « Nizza Cavalleria », « Lan-cieri di Novara », « Cavalleggeri di Fog-gia », « Piemonte Reale Cavalleria »... Da quest'atrio d'onore si accede a due grandi verande ed ai saloni del piano terreno dove sono sistemati vari mezzi cingolati, blindati e ruotati di cui fu dotata l'Arma, nel corso della sua sto-ria. Colpiscono l'immaginazione due mezzi di trasporto originali e tanto dis-simili più per la loro destinazione che per il loro aspetto esteriore. Il primo è un cocchio del secolo scorso appartenu-to alla famiglia dei conti Cacherano di Bricherasio e che fece bella mostra di sé, per vario tempo, nell'androne del palazzo avito sulla torinese via Lagran-ge. Nella sua imponenza ed eleganza, è rilevante per alcune caratteristiche tecniche, anticipatrici di future realiz-zazioni dei metodi di trasporto, come il convogliatore del fascio luminoso dei fa-nali o il sistema della doppia sospen-sione.

L'altro, è un gippone Willys Overland

mod. 1942 con cui il donatore,

l'archi-tetto Paolo Caccia Dominioni di Silla-vengo, già comandante di un corpo di guastatori in Africa, percorse nella zo-na di E1 Alamein 360 mila chilometri di cui 80 mila in zone minate, per il recupero di 11 mila salme di combat-tenti senza distinzione di nazionalità.

Saliamo al primo piano, seguendo l'iti-nerario più razionale e collaudato, ed accediamo alla « Sala d'Armi ». Qui, di particolare rilievo è la collezione di ar-mi bianche della fine del '500 e dell'ini-zio del '600, appartenuta alla già ricor-data antichissima famiglia dei conti di

Dall'alto:

(10)

Bricherasio (nobiltà del Sacro Romano Impero) da meno di un trentennio estinta.

Quattro panoplie di armi da asta fian-cheggiano grandi vetrine in cui sono presentati elmi, morioni, corazze, spade e sciabole, speroni ed armature. Poco discosto, un cavallo imbalsamato, per-fettamente bardato ed equipaggiato per la battaglia, con a fianco un dragone, in divisa grigio-verde ed elmetto, che lo tiene per le redini, un dragone di « Niz-za Cavalleria ». Un gran balzo, questi trecento anni che ci portano agli epici e sanguinosi fasti della prima guerra mondiale. Ed il pensiero corre alla fon-dazione del prestigioso corpo militare, anno 1690, a quel marzo 1821 quando oltre trecento uomini del Reggimento Cavalleggeri guidati da Santarosa abban-donarono le loro caserme per raggiun-gere la fortezza di Alessandria sulla qua-le sventolava per la prima volta il trico-lore d'Italia, a quel più triste gennaio 1959 allorché la bandiera del « Nizza Cavalleria » aveva lasciato definitiva-mente Pinerolo per essere solennedefinitiva-mente deposta nel museo del Vittoriano in Ro-ma. La fine di un'epoca, l'epoca di que-sto abbeveratoio da campo, che que-sto os-servando con tenerezza.

Ma poi, due vetrine più piccole: in una c'è la serie dei moschetti di cavalleria, dal Vetterli del secolo scorso al mod. 1891 nelle successive e rinnovantisi ver-sioni; nell'altra scorgo un fucile Mauser-Mànnlicher di fabbricazione belga che era in dotazione alla Guardia imperiale del Negus Hailé Selassié. Inevitabile un ricordo della lontana infanzia nel tori-nese Borgo Campidoglio e del mio mae-stro con i capelli bianchi in quarta ele-mentare che, ad ogni bollettino, spo-stava in avanti le bandierine italiane sor-rette da uno spillo sulla grande carta d'Etiopia che era l'ambito patrimonio della nostra classe, all'epoca della lun-ga marcia italica verso Addis Abeba... Procediamo frattanto verso le salette de-dicate alla cavalleria degli Stati esteri e devo parlare senza indugio dell'inter-nazionalismo del museo. Mi pare, per un museo « di soldati » un fatto ecce-zionale, almeno per ora, ed un esem-pio da seguire. Si è soldati, non per il piacere di esserlo, salvo le debite

ecce-Sopra:

Impugnature di spada di ufficiale della Compagnia delle indie (fine '600). A fianco:

Divisa ed armamento

di un giovanissimo aristocratico

nominato sottotenente nei '700 a soli 9 anni. Sotto:

(11)

fami

mi Un salone del Museo della cavalleria.

Fazzoletto illustrante nozioni equestri, distribuito ai congedati di cavalleria.

zioni, ma per difendersi o per attaccare qualcuno. La difesa o l'attacco contro quel « qualcuno » non ci portavano, in passato, ad esaltarlo in un proprio mu-seo. Questa è una delle belle novità del-l'istituzione pinerolese e nazionale che vorrei definire d'avanguardia, anche per un tale aspetto.

(12)
(13)

Tutti i continenti sono rappresentati con bellissime uniformi o con parti di esse, con armi, con cimeli preziosi. Per il ma-nichino del Lanciere della Guardia pre-sidenziale indiana, stivaloni alti, panta-loni di pelle di camoscio, lunga veste rossa con i bottoni dorati, hanno dovu-to costruire una vetrina speciale che con-tenesse anche la lunghissima lancia; il

gaucho che, ai primi dell'Ottocento, si

batté per la liberazione dell'Argentina era un cavaliere civile e non un mili-tare e non disponeva di grandi armi: qui è ricordato nel suo abbigliamento tradizionale e praticamente senza armi, ma il suo coltellaccio è legato con del-lo spago in cima ad una canna e questa era la lancia con cui affrontava il ne-mico.

Ora sono io che ricordo al generale Grimaldi, pensando di fargli piacere, che è in costruzione il più grande mo-numento del mondo, un momo-numento che esalta contemporaneamente proprio l'uo-mo ed il cavallo. Ho già appreso che Grimaldi è un cultore espertissimo del-la civiltà dei pellirosse e vedo che mi ascolta subito con grande interesse. L'occasione mi viene data da un pic-colo plastico che raffigura la « estrema difesa del glorioso 7° Cavalleria a Lit-tle Big Horn (U.S.A.) ». Si tratta di un dono di un amico americano del Diret-tore, il maggiore Calvin W. Hurd ed è allora che dico come non troppo lon-tano dal luogo della battaglia, sulle Col-line Nere del South Dakota, uno scul-tore americano di origine polacca, Korc-zak Ziolkowski, sta lavorando da tren-t'anni per trasformare una montagna nel monumento a Cavallo Pazzo, il con-dottiero di Sioux e di Cheyenne nella lotta vittoriosa contro gli uomini del tenente colonnello George Armstrong Custer, il 25 giugno 1876. C'è da sba-lordire alle misure ciclopiche della scul-tura: il cavaliere è alto 171 metri, dalla base alla punta della penna che sovra-sta la sua capigliatura, il suo destriero è lungo 201 metri, l'incredibile insieme, realizzato a tutto tondo pesa sei milioni di tonnellate. Quando fui nel Dakota il lavoro ferveva e nessuno poteva dire quando effettivamente lo si sarebbe fi-nito, ma ovviamente non è questo che

conta. Uno scorcio con ii grande quadro dei pittore risorgimentale

(14)

• * *

Si va oltre: attraverso una veranda do-ve sono conservati quadri e stampe, ri-cordi militari e la campana che suonò le ore liete e quelle tristi della scuola di cavalleria si accede alle sale a questa de-dicate ed è subito chiaro come essa sia stata la ragione preliminare dell'esi-stenza del museo. Qui si rivivono vicen-de storiche che forse è opportuno non dimenticare. All'attività equestre di pu-ra accademia, da svolgersi esclusivamen-te in maneggi chiusi, si era aggiunta do-po il 1865, per merito del colonnello Lanzavecchia di Buri, comandante del-la scuodel-la, anche l'equitazione da cam-pagna. Erano i tempi dei famosi istrut-tori Baralis e Paderni, ancor oggi con-siderati maestri e precursori eccelsi: è merito loro se l'ambizione più grande dei migliori cavalieri dell'epoca era di poter frequentare la scuola di Pinerolo. Il periodo d'oro doveva però iniziare solo verso il 1892: la fama dell'istituzio-ne si era estesa in tutto il mondo e giun-gevano allievi dai paesi più lontani di ogni parte della terra. È del 1894 l'inau-gurazione del famoso galoppatoio di Baudenasca che, creato in un luogo in-cantevole, tra una superba cornice bo-scosa, vedrà il rigoglioso sviluppo del-l'equitazione da campagna. Non tutto è comunque perfetto nei sistemi educativi che sono poi quelli che regolano le nor-me equestri ovunque vigenti. Cavaliere e cavallo spesso si trovano, più che nel-la posizione di colnel-laboratori, in quelnel-la di aguzzino il primo e di non sempre docile servitore il secondo.

Sarà Federico Caprilli a rivoluzionare le vecchie regole, pubblicando nel 1901 un trattato che rappresenta tuttora la base fondamentale del geniale sistema di equitazione naturale. Ora sembrano regole semplici, ma prima di allora nes-suno ci aveva pensato.

Prima di Caprilli, il cavaliere superava gli ostacoli con un dannoso e pericolo-so contrasto di azioni, particolarmente sfavorevole per l'animale: si buttava con le spalle all'indietro, si irrigidiva in uno sforzo innaturale e tendeva le bri-glie, facendo male alla bocca del caval-lo che di conseguenza considerava l'osta-colo come il maggior supplizio e ne ave-va terrore.

(15)

Queste vicende sono narrate in modo esemplare ed efficace con un'ampia rac-colta di fotografie che rievocano le ge-sta dei tanti cavalieri che, sui campi ip-pici di tutto il mondo hanno dato bril-lanti dimostrazioni della loro abilità e del loro spirito agonistico. Un grande ritratto, datato 1892, ci presenta un gio-vane aitante e dallo sguardo fiero: è Giovanni Agnelli, nell'uniforme di te-nente del Reggimento Savoia Cavalleria. Poco più innanzi, ecco la mascalcia con la sua vasta raccolta di tutti gli arnesi occorrenti per la ferratura e per il go-verno dei quadrupedi, con la sua rara collezione di speciali imboccature, veri prototipi studiati da insigni maestri del-l'arte equestre e con la collezione di 24 esemplari di differenti ferri da cavallo appositamente forgiati in tempi lontani dal cav. Paolo Muratore, istruttore di mascalcia alla scuola del servizio vete-rinario militare. Ma l'interesse maggio-re è per Cromwell, il bel cavallo che fu del conte di Bricherasio e che, una gual-drappa sul dorso, il collo proteso, le frogie dilatate, pare voler balzare oltre il suo rustico recinto.

Nella Sala dei Trofei c'è da rimanere in-cantati tanta è la dovizia del materiale esposto: bardature ed oggetti di selleria, colbacchi, elmi e berretti di ogni tipo e foggia, ed ognuno ha la sua brava sto-ria; manichini con sgargianti uniformi, Il sistema di equitazione naturale risol-verà felicemente questi problemi, rea-lizzando una perfetta armonia tra le esigenze del cavallo e l'azione del ca-valiere: questi supererà l'ostacolo « ri-baltato in avanti », tenendo le briglie quasi allentate e rimanendo in una po-sizione quanto mai elastica e favorevole al salto dell'animale.

Caprilli insegnerà queste cose non solo nelle autsere aule di Pinerolo, ma nei galoppatoi, nelle scorribande che face-va fare ai suoi uomini in aperta cam-pagna e nelle grandi competizioni spor-tive. I risultati della sua valentìa sono ben noti: durante il concorso ippico in-ternazionale di Torino del 1902 aveva, ad esempio, superato un ostacolo alto m. 2,08 e successivamente un fossato largo sei metri e mezzo.

L'elmo della cavalleria

piemontese. Una vetrina con vessilli

(16)

ceramiche, bronzi, dipinti; degli origi-nali kepy della cavalleria italiana mod. 1864, perfino lo zoccolo di un cavallo caduto in una delle cariche della caval-leria piemontese a Custoza, il 24 giugno 1866, patetica testimonianza dell'attac-camento di un soldato al suo destriero. Eccezionali sono la quantità ed il pre-gio dei premi, delle coppe e dei trofei vinti dalla Squadra militare ufficiale ita-liana, grazie al metodo ideato dal capi-tano Caprilli, sui campi ippici naziona-li ed esteri. Citerei solo il trofeo in ar-gento offerto dall'imperatore d'Austria e re apostolico d'Ungheria, Francesco Giu-seppe, per il Concorso ippico internazio-nale di Roma del 1911 e vinto dal te-nente Ruggero Ubertalli. La pregevole opera di oreficeria raffigura un ufficiale a cavallo, del reggimento « Dragoni del Principe Eugenio » che fu alla battaglia di Torino del 1706, nell'atto di saltare un ostacolo. Sul basamento c'è la firma autografa trilingue, italiano, tedesco e francese: Eugenio Von Savoy, riprodot-ta dall'incisore del grande condottiero sabaudo che anche nello scrivere il suo nome voleva dimostrare il suo spirito cosmopolita.

Procediamo nel Salone degli Stendardi dove sono custodite le bandiere di guer-ra che sventolarono alla testa delle ar-mate del vecchio Piemonte e della gio-vane Italia. Domina, nella sua imponen-za, una vetrina con tredici vessilli i cui drappi scoloriti e ridotti a laceri bran-delli dal tempo e dalle battaglie, fanno severamente riflettere sulle vicende pa-trie anche il più immemore fra i visi-tatori.

Vorrei ancora ricordare un raro sten-dardo del reggimento « Piemonte Reale Cavalleria », splendidamente ricamato in stile barocco nella prima metà del Sette-cento, dei gagliardetti di guerra di re-parti della cavalleria coloniale, operanti in Africa settentrionale ed orientale, e due preziose fiamme (colonnella e ordi-nanza) del reggimento « Cavalleggeri di S.M. » che risalgono all'epoca della Re-staurazione.

L'idea della bandiera sventolante nel so-le o tra so-le intemperie non può dissociar-si da quella del rullo dei tamburi e del suono delle fanfare, ed ecco qui un

tam-Tredici stendardi di guerra.

Cavaliere russo della seconda guerra mondiale. Vetrina con coppe vinte

(17)

Le prime due pagine dei capitolo dedicato ai capitano Caprini in un libro russo dei 1911. Carro bagaglio dell'arma di cavalleria.

lime ai. iterili Kaiìpli.vm nC.tupy.Kimài . IDUOliì- RA -RMilLpt n<lilHliyMil. iincili liICC'v'lli .tinpirc KapKfy K.mH'pikT.i hi, c.uchh. nei, e • «Homi Cpajy uuniniy.KS, lai :> uu uimmk'M So3l.tlli' licn- curi .IIUtlk.Tt. llnfìl. 1 % i. t ci. enn numi Mitri». M«w.im»i, «Jiiiucj»*!, Olii, 5 «a» Aitcrmiro •kutua 11 hmhukpi, «finire *\ n ieri» cnpascwiict ttiaism aouukwt, n wii-.y

•lem hc Mr.w cArrn « micrjiywiJfn. Ci. pjl;

«il canari li, «ce lianiic (aciipwKUlici. iKOf.MKtn ut*>m,teKmjttuu, P«m <b«Bm$ft, vculs. jokmmk <1» M miptem ita nero ««àutu,

' ? » " Il» rimane «un «soramta mun, tfcw pfamm-.Mir „„,, „pl

" in» aMF,WIIIM a m a h '

•«cri. «" «rmimm « t o t » .1 «,„, „„

ut «,um, „

KAllUT.Uik IMM'.Rltt) CAPRILLI.

buro catturato ai francesi alla battaglia dell'Assietta, recante dipinti i gigli d'oro in campo azzurro ed il nome del reparto cui apparteneva, e due trombe storiche: quelle che squillarono le travolgenti no-te della « carica » rispettivamenno-te a Poz-zuolo del Friuli nel '17, durante il pri-mo tentativo di opposizione all'invaso-re dopo Capoall'invaso-retto, ed al bivio di Para-diso il 4 novembre dell'anno successivo, appena dieci minuti prima della cessa-zione delle ostilità.

Altra originalità del museo è il posse-dere una cappella, incastonata nell'in-sieme quale centro spirituale, seguendo quella che era la tradizione dei castelli medioevali. Domina la parete centrale una grande pala a fondo oro, che rap-presenta san Giorgio a cavallo nell'atto di uccidere il drago; è un'opera di gran-de vigore stilistico gran-del pittore vigonese Michele Baretta, eseguita appositamen-te per il museo e sinappositamen-tetizza in modo ef-ficace la forza, lo slancio, la generosità del cavaliere.

Nelle sale successive ci imbattiamo in personaggi della nostra storia di ieri: Barattieri, con le guerre d'Africa, Ruffo di Calabria, Baracca, D'Annunzio. La cavalleria dava i suoi uomini più au-daci all'aviazione, e nasceva subito una leggenda. Uno psicologo potrebbe spie-garci perché le file del battaglione avia-tori (nella prima guerra mondiale non esisteva propriamente un'arma aeronau-tica) si infittirono subito di ufficiali for-matisi sui banchi della scuola di caval-leria: certo, li induceva alla scelta lo spirito di avventura, l'amore per la ve-locità, il piacere del rischio. I cimeli della medaglia d'oro principe Ruffo di Calabria si guardano con non minor commozione che il portasigarette, con ancor dentro le ultime sigarette, del maggiore Francesco Baracca, medaglia d'oro ed asso degli assi. D'Annunzio è rievocato con la mitragliatrice, di cui è assolutamente certa l'autenticità, posta nell'aereo del volo su Vienna.

# * *

(18)

at-tualità: quella relativa alla guerra 1940-43 e quella relativa alla guerra di libe-razione.

Per la prima, di particolare interesse so-no i ricordi della campagna d'Albania, ma soprattutto di Russia; per la seconda, la ricca raccolta di documenti, di armi, di uniformi, di materiale da sabotaggio. Un quadro sintetizza i tre volti di una dura lotta: mostrando reparti del corpo italiano di liberazione al seguito delle truppe alleate, con gli ex-internati in Germania, con i patrioti operanti nelle formazioni del corpo volontari della li-bertà.

Tutte le forze in campo sono equamen-te rappresentaequamen-te e ne è un simbolo la distribuzione dei fazzoletti dai differenti colori che caratterizzavano i differenti gruppi; la foto del cavalleggero Pom-peo Colajanni, combattente comunista con il nome di battaglia « Nicola Bar-bato », è poco discosta da quella del ca-valleggero Edgardo Sogno, creatore e comandante dell'organizzazione parti-giana « Franchi » di cui sono ben note le temerarie imprese.

Completano le vaste disponibilità espo-sitive (vario materiale è ancora nei ma-gazzini, in attesa di sistemazione) un archivio storico-cine-fotografico ed una biblioteca, ricca di diecimila volumi, tra cui opere rarissime del Cinquecento e del Seicento relative all'arte equestre ed al suo mondo fascinoso.

* * *

Questo ente morale pinerolese è cresciu-to indubbiamente molcresciu-to in fretta. Im-maginato nell'ondata di entusiasmi e di realizzazioni (che pare già cosi lontana, tanto sono cambiati la mentalità della gente ed i problemi del paese!) delle ce-lebrazioni del primo centenario dell'uni-tà d'Italia, inaugurato il 13 ottobre 1968, ha visto, in meno di un decen-nio, l'accrescersi di larghi interessi, il flusso costante di tanti visitatori ed un arricchimento superiore forse alle più rosee aspettative, grazie, da un lato, al concorso volontaristico di vecchi cava-lieri o dei loro familiari e, dall'altro, ad una partecipazione di poteri pubblici e di varie autorità. Ce n'era bisogno per-ché gli inizi furono veramente modesti.

Emilio Grimaldi ama ricordare che non solo non si disponeva di fondi, ma nem-meno di materiale espositivo, se si escludono una giubba, un sacco conte-nente tre sciabole ed alcuni libri. Per ordine di importanza, non è secon-dario a nessuno l'arrivo di beni esposi-tivi che risale al marzo scorso: una uni-forme della cavalleria australiana ed una dell'Unione Sovietica. La prima è stata inviata dal Ministero della difesa austra-liano, mentre la seconda è stata conse-gnata ufficialmente, a nome del suo go-verno, al Direttore del museo dall'ad-detto militare dell'ambasciata sovietica in Italia, colonnello Boris Goudz, giun-to appositamente da Roma per la cerimo-nia, accompagnato da alcuni suoi uffi-ciali e da rappresentanti dello stato mag-giore italiano.

Quanto ai nuclei familiari che hanno fatto dei donativi al museo, l'elenco sa-rebbe lungo e vorrei citarne solo due: i Cansacchi di Amelia ed i Zanon di Valgiurata. Carlo Cansacchi, che dove-va terminare la sua carriera come gene-rale di cavalleria, dopo vari anni di ser-vizio alla scuola di Pinerolo quale istrut-tore, era coetaneo ed amico di France-sco Baracca. Un giorno, si era ai tempi della prima guerra mondiale, andò a trovarlo al fronte. Baracca aveva appena abbattuto un « Aviatik » austriaco, uno dei trentaquattro aerei nemici che subi-rono la stessa sorte in un tempo estre-mamente breve, ed invitò il suo ex-col-lega d'arma ad andarlo a vedere. Poi, inaspettatamente, ordinò che dalla fu-soliera sfracellata fosse ritagliato il pez-zo più importante, quello che aveva di-pinta la croce nera dell'aviazione asbur-gica. Voleva farne un dono al suo ami-co. Sarà il figlio di Carlo, il professor Giorgio Cansacchi di Amelia, a donare al museo il prezioso cimelio insieme a vari altri oggetti.

Il conte Lucio Zanon di Valgiurata, a sua volta, ha fatto arredare interamente una sala perché contenesse la sua dona-zione che è indubbiamente una delle più notevoli del museo. Vi si trovano qua-dri di gran pregio, gruppi bronzei, mo-bili antichi, uniformi, oggetti di selle-ria, ricordi di guerra ed un gran nume-ro di onorificenze.

* * *

Verso la fine della visita domando se ci siano particolari problemi insoluti, o ri-tenuti insolubili, nella gestione dell'isti-tuzione. È con noi il colonnello Carlo De Virgilio che fra pochi giorni assu-merà la direzione, subentrando a chi ha svolto durante quindici anni una cosi produttiva ed appassionata attività. Dirò pei inciso che si tratterà di un « cambio della guardia » molto sobrio ed anche accorato., perché così vicino alla prema-tura scomparsa di Mario Carlo Giorda-no, segretario instancabile e validissi-mo consigliere del museo. È prevedibi-le, comunque, che il generale Emilio Grimaldi continuerà a restare vicino, pur nell'ombra e fuori dall'ufficialità, alla sua amata creatura.

Ma torniamo alla mia questione, per di-re che è la prima volta, ne! mio lungo vagabondar per musei, che non mi vedo rattristato da troppo pessimistiche o sconsolanti risposte. Certo, i fondi di-sponibili dovrebbero essere maggiori, si vorrebbe accelerare l'uscita dai magaz-zini dei preziosi oggetti di cui si è fat-to cenno, si vorrebbe fat-tornare, con nuo-vi ordinatinuo-vi, dai branuo-vi artigiani che hanno costruito finora le grandi vetrine, modellando il legno sulla scorta degli stucchi e delle decorazioni che ornano la volta dei saloni e raggiungendo cosi una completezza di ambientazione assai ragguardevole.

(19)

SI AVRANNO

IMPRESE INDUSTRIALI

SOVRANAZIONALI?

1. In un mio articolo apparso in questa rivista del 1974 (Le imprese

multina-zionali nel diritto internazionale, fase.

3/4 marzo-aprile 1974) avevo esami-nato i principali problemi sorti, nell'am-bito del diritto internazionale, dall'atti-vità svolta dalle imprese multinaziona-li, nonché le controversie insorte al ri-guardo fra gli Stati interessati. Dal

1974 ad oggi questi problemi si sono moltiplicati e le soluzioni prospettate sono state ampiamente dibattute non soltanto in convegni ed in congressi di esperti, di giuristi ed economisti, ma anche in via ufficiale in seno alle orga-nizzazioni internazionali, sia a livello mondiale (ONU ed enti specializzati delle Nazioni Unite), sia regionale (ganizzazione degli Stati americani; Or-ganizzazione degli Stati africani; Consi-glio d'Europa; Comunità Economiche

Europee, ecc.).

Si è cosi raccolta una copiosa letteratu-ra, accompagnata da indagini, inchieste, statistiche, progetti di trattati, proposte di raccomandazioni ai governi, codici di comportamento aziendali, ecc., tutto un vasto materiale conoscitivo assai utile ai governi per vagliare il compor-tamento delle imprese multinazionali e provvedere in conseguenza.

Recentemente nella sessione svoltasi nel settembre 1977 ad Oslo, ì'Institut de

droit international, che riunisce i più

autorevoli giuristi di diritto internazio-nale di tutto il mondo, ha nuovamente dibattuti questi problemi sulla base di due ottime relazioni, una sulle «

Entre-prises multinationales » del prof.

Ber-thold Goldmann dell'Università di Pari-gi, l'altra su « Les accords entre un Etat

et une personne privée étrangère... »

(essenzialmente le società multinaziona-li straniere) del prof. George von He-che dell'università di Lovanio.

Le due relazioni erano state precedute da un dettagliato questionario inviato ai giuristi dell'Institut, residenti in di-versi paesi e maggiormente informati in questo settore di indagine, e le rispo-ste ricevute, corredate da pareri, osser-vazioni, precedenti giurisprudenziali, ecc., avevano ampliato il panorama di discussione nell'ambito della sessione. Particolarmente degno di segnalazione, per la sua completezza di informazione e per i suoi rilievi, il rapporto finale

del prof. Goldmann, correlato alle inda-gini ed alle proposte di un'apposita « Commissione sulle imprese multina-zionali » creata dal Dipartimento degli

affari economici e sociali delle N. U., le cui riunioni si sono susseguite dal 1973 a tutt'oggi.

Il Goldmann ha, in special modo, in-sistito sull'utilità di riconoscere, me-diante appositi trattati multilaterali, una particolare categoria di complessi im-prenditoriali operanti in più Stati, fa-cendoli regolare uniformemente da un apposito statuto e sottoponendoli, per gran parte dei loro negozi, ad un con-trollo unificato e ad un'unica giurisdizio-ne di tipo arbitrale; queste imprese multinazionali per i caratteri testé men-zionati dovrebbero chiamarsi « sopra-nazionali » o « extra-sopra-nazionali ».

Mentre le imprese multinazionali — che potremo chiamare « comuni » — avrebbero continuato ad essere regolate frammentariamente ed in modo diffor-me dalle diverse legislazioni statali, in cui operano le loro singole ramificazio-ni aziendali nazionali (venendo anche sottoposte per le controversie insorte al-le giurisdizioni dei diversi Stati), al-le im-prese sopranazionali verrebbero, invece, riconosciute nella loro unitarietà azien-dale e quindi sottoposte, per gran par-te dei loro negozi, ad un'unica norma-tiva e ad un unico controllo ammini-strativo e giurisdizionale; gli Stati con-traenti ed aderenti al trattato multila-terale istitutivo sarebbero obbligati ad adeguarsi alla situazione concordata. Il rapporto Goldmann e la dottrina più recente differenziano ancora le imprese sopranazionali da quelle ora chiamate « internazionali ». Le imprese interna-zionali propriamente dette sarebbero quelle che, rivestite nella forma di so-cietà per azioni, vengono costituite da due o più Stati mediante apposito trat-tato costitutivo per gestire, nell'interes-se esclusivo degli Stati costitutori, un servizio di pubblica utilità, quale l'uten-za di un traforo autostradale, l'ef-fettuazione di un'impresa extra-spa-ziale, la gestione di un aeroporto, la creazione ed il funzionamento di una centrale nucleare, ecc. Rientrerebbero in questa categoria, ad es., le Società di

gestione dei trafori del Monte Bianco e del Gran San Bernardo istituite

rispetti-vamente, tra Francia é Italia e tra Sviz-zera ed Italia, dai Trattati 14-V-1953 e 23-V-1958; l'Ente di gestione

dell'aero-porto di Basilea Mulhause istituito

dal-la Convenzione franco-svizzera 4-VII-1949; queste società internazionali so-no numerose e maggiormente cresceran-no in avvenire, ma costituiscocresceran-no una specie a sé, giacché — come si è detto — concernono esclusivamente l'eserci-zio di un pubblico servil'eserci-zio riferibile agli Stati costitutori, tanto da essere considerati organi comuni di gestione dei medesimi, non indirizzati a scopo di lucro.

Omettendo di trattare di questa catego-ria di imprese inter-statali, ritengo di dover limitare il mio attuale esame alle caratteristiche che dovrebbero rivestire le imprese « sopranazionali » rispetto a quelle semplicemente « multinazionali ». Accennerò anche alle critiche sollevate contro il riconoscimento di una tale ca-tegoria di imprese specialmente per par-te degli Stati in via di sviluppo nel cui ambito territoriale esse opererebbero.

* * *

2. La definizione di impresa multinazio-nale non è pacifica in dottrina. Alcuni autori riservano questo termine alle sole imprese operanti in più di cinque Sta-ti; altri a quelle che totalizzano, nella maggior parte degli Stati in cui opera-no, un elevatissimo fatturato; altri an-cora a quelle che, ramificate in più pae-si, hanno un centro direzionale all'este-ro; altri a quelle i cui dirigenti ed azio-nisti appartengono per cittadinanza a Stati diversi ecc.

(20)

imprentoriali e finanziarie sono sparse in di-versi Stati; le finanziarie si collocano preferibilmente nei paesi con legislazio-ne societaria e fiscale maggiormente libe-rale (i cosiddetti paradisi fiscali). A parte le differenze strutturali che cia-scuno di questi complessi manifesta, nelle imprese multinazionali è caratteri-stica la presenza di un centro decisio-nale unitario, localizzato in uno Stato, il quale centro irradia il suo potere di-rezionale e finanziario ed il suo control-lo su tutte le ramificazioni del processo produttivo e di smercio, ovunque esso si svolga. Questo potere decisionale ha una forza di penetrazione notevolissi-ma, economica ed anche politica; non si arresta alle frontiere degli Stati e si impone anche ai Governi degli Stati di penetrazione.

Le società « centri di decisione » sono chiamate società « madri » e lo Stato della loro sede è detto « Stato di origi-ne »; le singole società dipendenti so-no dette società « figlie » o società di « centri di profitto »; lo Stato di loro sede è detto « Stato di penetrazione »; le società figlie raramente sono semplici succursali della società madre, cioè fi-liali propriamente dette; per lo più appaiono come società autonome, con propria personalità giuridica, propria organizzazione aziendale; il loro capi-tale azionario di maggioranza appartie-ne di solito alla società finanziaria ma-dre.

Queste società figlie possiedono quasi sempre la nazionalità dello Stato di se-de, sia perché gli Stati di penetrazione si opporrebbero spesso alla creazione ed all'attività di società estere nel pro-prio territorio, sia perché, come società nazionali, esse godono del cosiddetto « trattamento nazionale » con tutte le facilitazioni ed i benefici inerenti. Diplomazia e dottrina hanno rilevato che nelle imprese multinazionali il cri-terio di collegamento essenziale è quel-lo fra la società madre (o di centro de-cisionale) e lo Stato di origine, cioè della sua nazionalità, mentre appaiono secondari i criteri di collegamento fra le società figlie (o di profitto) e gli Stati di penetrazione, cioè gli Stati delle loro se-di e delle loro attività settoriali. Notiamo ancora che tutte le imprese componenti il complesso aziendale

mul-tinazionale rivestono la struttura giuri-dica della società per azioni, in quanto strumento idoneo all'afflusso di ingenti capitali, alla gestione dell'impresa riser-vata ai pacchetti azionari di maggioran-za e alla limitazione di responsabilità degli azionisti verso i terzi.

Il capitale delle imprese multinazionali è per lo più di provenienza privata, ma ne esistono anche a partecipazione pub-blica, specialmente statale; si hanno co-si' « connubi imprenditoriali transnazio-nali fra Governi e privati ». Le imprese multinazionali del mondo moderno fa-voriscono il superamento delle frontiere nazionali ai capitali di varia provenien-za, ai procedimenti tecnici più evoluti, alle iniziative imprenditoriali più ardite; esse rappresentano il principale stru-mento di internazionalizzazione delle produzioni e degli scambi nonostante l'inconveniente della sottoposizione del-le loro molteplici ramificazioni aldel-le del- le-gislazioni ed alle giurisdizioni degli Stati di penetrazione, con l'obbligo di adattarsi ai loro programmi economici e spesso subendone l'improvviso muta-mento.

L'impresa multinazionale comune si ca-ratterizza, pertanto, per un « dualismo », in sé contraddittorio, tra la sua unitarie-tà di direzione e di coordinazione eco-nomica e la sua pluralità di stabilimen-ti aziendali sistabilimen-ti ed operanstabilimen-ti in Stastabilimen-ti di-versi, ciascuno dei quali Stati rivendica sugli stabilimenti situati nel proprio ter-ritorio competenza legislativa, giudizia-ria, amministrativa e fiscale.

(21)

regolamentazione della concorrenza, di ammortamenti, di destinazione di utili ecc. Si hanno ugualmente disparità di trattamento nei controlli amministrati-vi e finanziari, nonché nei carichi fisca-li da Stato a Stato. Occorre inoltre ri-levare che ogni Stato possiede una legi-slazione imperativa in campo economi-co e sociale; a questa legislazione deve ottemperare qualsiasi impresa operante nel suo territorio. Queste legislazioni si impongono sia alle società madri, sia al-le società figlie e sovente al-le loro statui-zioni si contraddicono; gli Stati Uniti d'America, ad es., avevano preteso che le società stabilite all'estero, aventi pre-valenza di capitale americano, ottempe-rassero alle loro leggi divietanti l'espor-tazione di materiali strategici, alle leg-gi disciplinanti la concorrenza e la tassa-zione degli utili; per contro gli Stati di penetrazione, nel cui ambito territoria-le operano territoria-le società figlie, hanno sem-pre sem-preteso che queste si adeguino agli indirizzi dei loro successivi programmi economici.

Caratteristica, in quest'ottica, la disci-plina giuridica dei negozi intercorrenti fra le singole società del gruppo multi-nazionale ed i terzi (cioè altre società, fornitori, creditori, clientela, ecc.); la maggior parte di questi negozi assume la forma di contratti-tipo, assai detta-gliati nelle loro clausole e muniti per lo più di clausola arbitrale, onde sottrarne la cognizione, in caso di controversia, alla giurisdizione dello Stato di sede; l'arbitrato è deferito ad apposite com-missioni arbitrali istituite presso istitu-zioni a carattere internazionale. Più delicato per le maggiori possibilità di contestazioni e di inadempienze, ap-pare la situazione dei contratti conchiu-si dalle conchiu-singole società del gruppo mul-tinazionale con il Governo o con un ente pubblico dello Stato di penetrazio-ne; tali, ad es., gli accordi con gli Stati emergenti all'inizio dell'insediamento aziendale o quelli per lo sfruttamento locale di materie prime (estrazione di petrolio, di minerali ecc.). Le parti con-traenti concordano quasi sempre di svin-colare l'accordo dalla legislazione "dello Stato di sede richiamando alla sua re-golamentazione unicamente « i principi generali del diritto delle nazioni civili » e devolvendo le eventuali contestazioni

all'esclusivo giudizio di un arbitro in-ternazionale; la prassi di questi ultimi trent'anni accerta, però, le frequenti vio-lazioni di questi accordi da parte del Governo contraente, che ne contesta successivamente la validità, pretenden-do di imporre la propria legislazione posteriore eversiva, eccependo l'incom-petenza dell'arbitro, imponendo la sua giurisdizione.

* * *

3. Questi comportamenti degli Stati di penetrazione hanno, pertanto, frustrate sovente le aspettative di guadagno di numerose imprese multinazionali con perdita dei loro capitali di investimen-to. Ne è derivato spesso un conflitto in-ternazionale fra due Stati: lo Stato di origine e lo Stato di penetrazione. Occorre, infatti, rilevare che le imprese multinazionali, nonostante la loro uni-cità di direzione e di interesse econo-mico, non hanno né una propria sogget-tività internazionale e neppure un'unica soggettività extra-statale. Ciascuna so-cietà del gruppo possiede la capacità giuridica conferitale dall'ordinamento statale della sua sede e riveste la na-zionalità di questo Stato; ne consegue che le società madri hanno la naziona-lità dello Stato di origine e le società figlie la nazionalità di ciascuno degli Stati di penetrazione. Alla nazionalità è condizionata la protezione diplo-matica; pertanto gli Stati di origine si erigono a protettori delle società madri contro gli Stati di penetrazione che, in-vece, si astengono dal proteggere le so-cietà figlie site nel loro territorio. In concreto si verifica questa situazione: lo Stato di origine si erige a protettore in-ternazionale, in oggetto agli illeciti su-biti delle ramificazioni aziendali estere per opera degli Stati di penetrazione, delle società madri, mentre gli Stati di penetrazione si oppongono a questo in-tervento diplomatico protettivo allegan-do che le società figlie rivestono la loro nazionalità e sono quindi sottoposte al loro esclusivo potere sovrano (dominio

riservato). Questa pretesa di non

inter-vento viene recisamente respinta dagli Stati di origine, sia allegando la fittizie-tà della « nazionalifittizie-tà locale » delle so-cietà figlie, dirette da stranieri e costi-tuite da capitali stranieri, sia

afferman-do che, in ogni caso, la protezione di-plomatica è giustificata dall'essere gli azionisti della società sudditi degli Sta-ti di origine. QuesSta-ti intervenSta-ti protetSta-ti- protetti-vi degli Stati di origine furono spesso giustificati dal fatto che i Governi de-gli Stati di penetrazione si erano impe-gnati negli accordi conclusi con la so-cietà filiale stabilita nel loro territorio, mediante una specifica clausola, a non modificare la propria legislazione poli-tico-economica in danno dell'impresa contraente, quale risultava al momento della conclusione dell'accordo. Que-sti accordi vennero poi disattesi dai Go-verni contraenti in conseguenza di una sopravvenuta modificazione della loro ideologia politico-economica, mediante l'emanazione di leggi nazionalizzatrici o paralizzanti in vario modo l'attività im-prenditoriale concordata. Di qui la giustificazione all'intervento diplomati-co protettivo degli Stati di origine. Si deve anche ricordare che nel 1974 l'Assemblea delle N. U. aveva approva-to con 126 voti favorevoli e solo 6 con-trari una « Carta dei diritti e doveri eco-nomici degli Stati » nel cui art. 2 si sta-biliva che se un paese espropria una società di capitale straniero, qualsiasi vertenza relativa agli indennizzi deve essere composta esclusivamente « in ba-se alle leggi interne del paeba-se che effet-tua la nazionalizzazione ed attraverso i suoi tribunali ».

Ancorché questa Carta abbia assunto soltanto il valore di raccomandazione e sia stata recisamente respinta da-gli Stati industrializzati, essa ha grave-mente inceppato il flusso degli investi-menti esteri; un recente studio effettua-to dalle N. U. indica che le nazionaliz-zazioni nei paesi in via di sviluppo si sono raddoppiate di numero passando da una media del 45% all'anno negli anni '60, al 93% all'anno negli anni '70.

Ciò spiega il forte calo degli investi-menti all'estero specialmente per parte delle imprese multinazionali statuniten-si, calo che si è ancora accentuato — secondo le statistiche del Dipartimento del commercio americano — dopo il 1975.

(22)

diplo-matica degli Stati di origine — parti-colarmente degli U.S.A. — avevano im-posto alle imprese di provenienza este-ra, insediate nel loro territorio, l'ac-cettazione della cosiddetta clausola

Cal-vo, in base alla quale queste imprese

rinunciavano preventivamente a richie-dere l'intervento protettivo dello Stato di origine, nonostante qualsiasi com-portamento lesivo dello Stato di sede, purché questo comportamento non ri-sultasse discriminatorio fra le imprese cittadine e straniere; il meccanismo di questa clausola avrebbe, in pratica, esposte le imprese estere alle nazio-nalizzazioni locali senza indennizzo o con indennizzo irrisorio e tolto ad esse ogni possibilità di garanzia inter-nazionale. La clausola Calvo è stata per lo più contestata nella sua validità dagli Stati di origine in difesa dei loro cittadini, dirigenti, imprenditori ed azio-nisti, sostenendo che una società pri-vata non può pregiudicare con un con-tratto il diritto soggettivo internaziona-le di intervento dello Stato di nazio-nalità; numerosi arbitrati internazionali ne hanno rifiutata l'applicazione. Da quanto fin qui esposto si rileva come numerose controversie, in origine di natura privata fra le imprese locali di provenienza e capitale straniero ed i Governi degli Stati di penetrazione (per 10 più degli Stati in via di sviluppo), si trasformino sovente in controversie « internazionali » fra due Stati porta-tori di interessi contrapposti.

La prassi di questi ultimi trent'anni do-cumenta che queste controversie sono state nel maggior numero dei casi con-ciliate in via diplomatica, dopo lunghi e faticosi negoziati, con dei compro-messi; altre volte sono state risolte me-diante arbitrato; in altri casi, e non so-no pochi, so-non hanso-no potuto trovare una conciliazione soddisfacente indu-cendo, da un lato, le imprese multina-zionali a boicottare diversi paesi per il cosiddetto « rischio politico » e, dal-l'altro, gli Stati di origine a ricorrere o ad autorizzare rappresaglie e ritorsioni di vario genere contro i Governi colpe-voli, con detrimento dei loro commerci esteri.

11 flusso normale degli investimenti e degli scambi esteri ne è stato alterato con danno di entrambe le parti.

• * *

4. Fu appunto in seguito alla constata-zione di questa insodisfacente situazio-ne della produziosituazio-ne e del commercio internazionali che il Segretario genera-le delgenera-le N. U. si rese conto dell'utilità di condurre un'approfondita indagine conoscitiva sull'attività « transaziona-le » deltransaziona-le grandi imprese agenti in più Stati — specialmente statunitensi — e sul fondamento delle critiche elevate contro il loro comportamento impren-ditoriale per parte degli Stati di pene-trazione, essenzialmntee degli Stati emergenti dell'America Centro-Meridio-nale, dell'Africa e dell'Asia.

In ottemperanza ad una risoluzione n. 1721 del 21-VII-1972 del Consiglio economico e sociale delle N. U. venne dato incarico al Dipartimento degli af-fari economici e sociali di svolgere una approfondita inchiesta sulle imprese aventi un'attività di produzione o di commercio a raggio mondiale e sulle conseguenze di questa loro attività nei paesi in via di sviluppo. Ne segui' per parte di un'apposita Commissione un rapporto dettagliato reso pubblico nel 1973, al quale seguirono successivi altri studi e relazioni pubblicati nel 1974 e nel 1976; ricordiamo anche altri studi effettuati dalla Commissione delle N. U. per il diritto del commercio internazio-nale (CNUDCI) nel 1975, del Consiglio economico e sociale (I e II sessione) nel 1975 e nel 1976, dell'Ufficio inter-nazionale del lavoro (BIT) nel 1973, dell'Organizazione di cooperazione e di sviluppo economico nel 1976, ecc. Anche la Commissione delle Comunità Economiche Europee, in seguito ad am-pia indagine ed a raccolta di pareri, re-dasse un'ampia relazione intitolata « le imprese multinazionali e la Comunità Europea ».

(23)

È utile riassumere brevemente gli accer-tamenti di questi organismi internazio-nali.

Preliminarmente si è constatato che le imprese multinazionali sono divenute, nel loro successivo sviluppo mediante le loro ramificazioni aziendali in nume-rosi paesi, dei centri di potere economi-co-politico, tali da porsi su di un piede di parità nei negoziati con i Governi degli Stati di penetrazione. In secondo luogo si è constatato che gli Stati di pe-netrazione, mentre sono all'inizio favo-revoli all'insediamento nei loro territo-ri di imprese provenienti dai paesi indu-strialmente sviluppati (in quanto l'in-troduzione di forti capitali esteri e la creazione di industrie, commerci e ser-vizi locali sono fattori positivi per il lo-ro sviluppo economico), divengono, in un secondo tempo, piuttosto diffidenti e sovente ostili nei loro confronti. Le principali lagnanze sollevate da questi Governi riflettono i seguenti punti: che le decisioni imprenditoriali vengono prese all'« estero » senza che essi e gli azionisti indigeni possano influirvi ed opporvisi, ancorché queste decisioni siano esclusivamente favorevoli all'ege-monia politico-economica degli Stati di origine e sovente nocive, invece, all'eco-nomia locale; che l'accresciuto impiego di manodopera indigena, l'incremento dei consumi ed il maggiore tenore di vita conseguito dalla popolazione han-no una contropartita negativa nell'ec-cessivo urbanesimo, nel progressivo in-quinamento, nelle improvvise crisi di disoccupazione, nelle turbolenze socia-li di un sottoproletariato indigeno, nel-l'eccessivo consumo di prodotti non ne-cessari e ad alto prezzo, nell'aumenta-to cosnell'aumenta-to della vita, ecc.

Gli Stati di penetrazione, mentre ap-prezzano l'introduzione nel loro paese di tecnologie avanzate, la qualificazione tecnica raggiunta dalla manodopera lo-cale, l'intensificarsi delle esportazioni e delle importazioni, l'incremento degli introiti fiscali, temono, invece, il depau-peramento, non recuperabile, delle ma-terie prime, l'eccessiva concorrenza alle industrie ed ai commerci locali, special-mente di natura artigianale, gli improv-visi squilibri causati alla bilancia dei pa-gamenti con l'estero, la corruzione del-la burocrazia statale indigena, ecc.

In particolare essi hanno lamentato la frequente creazione di monopoli od oli-gopoli in favore delle imprese prove-nienti dall'estero con l'eliminazione dal mercato locale delle imprese indigene concorrenti più deboli finanziariamente e tecnicamente, nonché gli accordi inter-societari all'interno del gruppo multi-nazionale (fenomeno consueto nell'am-bito di società associate site in paesi di-versi), i quali alterano i normali mec-canismi di aggiustamento valutario, oc-cultano utili conseguiti, fanno apparire perdite non subite, favoriscono l'uscita di denaro sottraendolo anche alle impo-sizioni fiscali.

Queste lagnanze non si elevano soltan-to nei confronti delle imprese locali, ma anche nei confronti degli Stati di ori-gine, nel cui territorio sono stabilite le società madri; si imputano, in partico-lare, a questi Stati il loro eccessivo pro-tezionismo sulle imprese operanti al-l'estero, un'indebita ingerenza nella ge-stione aziendale del gruppo, la pretesa di estendere la loro legislazione impera-tiva alle società estere consociate, di ri-chiedere alle medesime sproporzionati utili aziendali e compensi per le espor-tazioni di tecnologia, di vietare o limi-tare investimenti di capitale all'estero quando, invece, sarebbero necessari, di sottoporre alla loro preventiva autoriz-zazione l'acquisto di pacchetti azionari di società site all'estero, di colpire fi-scalmente — e quindi con duplicazione di onere — i dividendi percepiti al-l'estero, anche se non esportati, ma reimpiegati nelle aziende, di imporre l'osservanza « extraterritoriale » di nor-me dannose al comnor-mercio locale, di col-pire con improvvise svalutazioni della propria moneta (essenzialmente del dol-laro statunitense) e con la fluttuazione dei cambi monetari le riserve valutarie degli Stati di penetrazione, ecc.

Per contro non sono meno gravi e nu-merose le lagnanze degli Stati di origi-ne contro gli Stati di peorigi-netrazioorigi-ne. Que-sti allegano, anzitutto, l'insicurezza po-litica degli investimenti di capitali nel-le industrie site nei paesi in via di svi-luppo, i frequenti ed improvvisi cam-biamenti dei loro programmi politico-economici, le nazionalizzazioni subite dalle imprese di provenienza estera con negazione di indennizzo o con

inden-nizzi irrisori e dilazionati, le remore opposte alle necessarie trasformazioni aziendali, le limitazioni di vario gene-re imposte agli scambi e specialmente alle esportazioni, le remore all'esporta-zione dei guadagni conseguiti o al rien-tro dei capitali disinvestiti, l'imposizio-ne fiscale spesso eccessiva ed irraziona-le, la xenofobia dell'autorità locale e dei sindacati indigeni ecc.

Sono stati proprio questi contrasti fra gli Stati di origine industrialmente svi-luppati, esportatori di iniziative impren-ditoriali, di capitali e di tecnologie, e gli Stati di penetrazione, in via di svi-luppo industriale, che hanno indotto po-litici, diplomatici, giuristi ed economi-sti a proporre accordi a carattere inter-nazionale fra gli Stati interessati al fine di superarli e di conciliarli.

te # *

5. Le indagini conoscitive dell'ONU, dei suoi enti specializzati ed anche di alcune organizzazioni regionali, dopo aver accertata la crescente ostilità de-gli Stati emergenti contro le imprese multinazionali, particolarmente contro quelle statunitensi, hanno constatato due conseguenze negative di questa re-ciproca incomprensione e contrapposi-zione: da un lato importanti imprese multinazionali hanno escluso dalla loro penetrazione imprenditoriale i territori di numerosi Stati in via di sviluppo od hanno interrotta l'attività econòmica che già vi avevano iniziata; dall'altro hanno preferito, anziché costituire e ge-stire in proprio imprese industriali lo-cali, di vendere ai Governi di tali Stati o ad imprese da essi costituite impianti industriali completi, che sarebbero poi stati gestiti dai medesimi.

(24)

delle organizzazioni internazionali e dei giuristi dell'Instit ut de droit Internatio-nal si sono avanzate proposte di

rico-noscimento internazionale di una cate-goria di imprese da denominarsi « so-pranazionali » le quali, essendo assi-stite da un proprio statuto normativo, si distaccherebbero, sia dalla legislazio-ne degli Stati di origilegislazio-ne, sia da quella degli Stati di penetrazione. Come già si è detto questa proposta venne già avanzata, all'origine, nel rapporto re-datto nel 1973 dal Dipartimento degli affari economici e sociali dipendente dal Segretariato delle N. U.

Secondo questa proposta — appoggiata da gran parte dalla dottrina — l'ONU, od eventualmente una delle organizza-zioni regionali a carattere economico, dovrebbero farsi promotrici di un pro-getto di trattato multilaterale aperto al-l'adesione di tutti gli Stati ed in parti-colare di quelli industrialmente svilup-pati e di quelli in via di sviluppo, nel quale trattato fosse disposta obbligato-riamente, o almeno facoltativamente, la « registrazione », accompagnata da una ampia pubblicizzazione, delle imprese indirizzate ad operare in una pluralità di Stati. Secondo la prevalente opinio-ne la registrazioopinio-ne dovrebbe unicamen-te riguardare le imprese multinazionali agenti in almeno cinque Stati e con un fatturato ed un giro di affari in ciascuno di questi Stati assai rilevate. La registra-zione internazionale da effettuarsi so l'Organizzazione promotrice o pres-so un'apposito ufficio istituito dagli Sta-ti contraenSta-ti ed aderenSta-ti al trattato isSta-ti- isti-tutivo, dovrebbe riguardare gli atti so-cietari più importanti, quali la costitu-zione all'estero di società figlie, la reda-zione dei bilanci e dei conti economici di tutte le società consociate, le delibe-razioni assembleari relative all'aumento dei capitali, ai trasferimenti di pacchet-ti azionari di maggioranza, a nuovi in-vestimenti all'estero, all'acquisto o alla cessione di tecnologie, al rinnovo degli impianti, alla distribuzione ed utilizza-zione degli utili, ecc.

In sostanza, tutte le deliberazioni so-cietarie più impegnative riflettenti i rap-porti fra le società madri e le società figlie del gruppo, in quanto incidenti su-gli interessi economico-politici desu-gli Stati di penetrazione, dovrebbero

esse-re esse-registrati e pubblicizzati; si propone anche, da molte parti, l'adeguamento delle succitate deliberazioni a specifici « modelli » allegati ad un'apposito sta-tuto del trattato istitutivo.

La registrazione e la pubblicizzazione a carattere internazionale sarebbero indi-rizzate a sottoporre queste imprese mul-tinazionali, nelle loro ramificazioni aziendali, ad un'unico e centralizzato controllo amministrativo e contabile da effettuarsi nell'ambito dell'Organizza-zione promotrice oppure del gruppo de-gli Stati costitutori; anche le controver-sie fra le imprese registrate e altre im-prese parimenti multinazionali oppure con gli Stati di penetrazione verrebbero devolute al giudizio di apposite corti ar-bitrali neutrali, cioè indipendenti dal-l'uno o dall'altro Stato. In conclusione — a parte divergenti proposte su nu-merosi punti piuttosto marginali (sui quali non posso qui soffermarmi) — l'innovazione essenziale presentata dal progetto sarebbe quella di escludere i collegamenti « nazionali » delle singole società del gruppo multinazionale, dan-do, invece, esclusiva rilevanza ad un unico collegamento « superstatale » fra l'impresa considerata nel suo comples-so e l'ascomples-sociazione degli Stati aderenti al trattato costitutivo.

Riferimenti

Documenti correlati

annotare i soli riferimenti indispensabili affinché, della struttura storica dei beni culturali ambientali, quale si è venuta con- figurando come risultato della integrazione

rio al Comitato organizzatore del XII Congresso na- zionale di merceologia (19-22 settembre a Torino sul tema «Contributo delle scienze merceologiche allo sviluppo delle regioni»;

nale del nostro Paese. Un disegno che libera le Camere da una serie di compiti burocratico-amministrativi delegati in passato dallo Stato e le riporta verso la loro matrice

1978 gli Stati Uniti perderanno quote sul mercato saudita (nel 1977 copriva il 24% di tutte le importazioni) a seguito della crescente concorrenza dei paesi eu- ropei, del Giappone

Le modificazioni più rilevanti nella rete infrastrutturale sono state infatti quelle indotte dello sviluppo recente, dovute evidentemente alla crescente importanza del sistema

21 della Convenzione qua- lora d a v a n t i un giudice di uno Stato-membro penda una causa avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo ed intercorra fra le stesse parti, «

colate sui consumi teorici, già stimati, della suddetta zona, riportate nella ta- bella 1. L'adozione dei valori massimi o minimi, o di un valore intermedio, dipende da una serie

Quindi lo studio delle immagini del Po che co- stituiscono questa parte della mia ricer- ca deve essere orientato soggettivamente dalla nozione dei precedenti