FASE ANALITICA DELLA RICERCA
TABELLA RIASSUNTIVA DATI ORDINI REGIONALI
III.2.3 SEZIONE 3- OPINIONI SU NODI PROBLEMATICI
Nell’ iniziale ricerca di sfondo, abbiamo rilevato alcuni nodi problematici, relativi alla pratica della supervisione e quindi si è ritenuto opportuno sondare le opinioni in merito dei nostri intervistati. Un primo nodo riguarda la posizione del supervisore, se esterno o interno all’Ente di appartenenza dei supervisionati( vedi domanda n°1, sez.3)
opinioni sulla posizione del supervisore n° %SV
favorevoli a posizione interna Ente 8 19 contrari a posizione interna Ente 32 76
neutrali 2 5
tot. 42
Riguardo alle motivazioni, gli intervistati favorevoli hanno argomentato una migliore conoscenza dell’organizzazione di appartenenza dei supervisionati e conseguentemente una migliore efficacia della supervisione, sottolineando l’importanza della supervisione per i neo-assunti.
I contrari hanno addotto il rischio di poca neutralità del supervisore nel setting, la non indipendenza di giudizio, la possibilità che i supervisionati si sentano controllati e quindi non disponibili a collaborare per la buona riuscita della supervisione. Un supervisore ha anche sottolineato come l’appartenenza al Servizio potrebbe creare problemi di competitività all’interno del gruppo dei supervisionati.
Come abbiamo riscontrato nella preliminare ricerca di sfondo, la posizione del supervisore dovrebbe essere tale da consentirgli di lavorare con sufficiente libertà per raggiungere gli obiettivi concordati con gli operatori, senza che il coinvolgimento nelle situazioni operative possa condurlo a deviazioni contrarie alla sua etica professionale.
Ancor più problematica risulta, nel dibattito attuale una funzione di supervisione esercitata dallo stesso soggetto che ha funzioni di dirigente o di direttore.
Talvolta infatti la supervisione viene affidata al dirigente di servizio: si è voluto quindi indagare sulla possibilità o meno che le due funzioni possono essere sovrapposte.
posizione del supervisore n°SV %SV
supervisore e dirigente coincidono 12 28 supervisore e dirigente non possono coincidere 28 67
posizione neutrale 2 5
Anche qui, gli intervistati che hanno sostenuto la possibilità di coincidenza tra il dirigente ed il supervisore hanno addotto come motivazione la necessità della conoscenza specifica del servizio, sottolineando però come sia importante che il dirigente appartenga alla stessa professionalità dei supervisionati. E’ stato ancora evidenziato come per i neoassunti sia importante la presenza di una costante supervisione, attuata da un buon conoscitore e della prassi operativa e del servizio coinvolto. Coloro che hanno affermato che le funzioni di dirigente e supervisore non possono coincidere hanno sostenuto la necessità della neutralità del supervisore, l’impossibilità di conciliare il ruolo gerarchico, che implica inevitabilmente giudizio, con quello di sostegno, peculiare della supervisione.
Emerge una sorta di incompatibilità fra la funzione di controllo e garanzia di efficienza del servizio che potrebbe essere messa in atto da un supervisore dirigente e la funzione di sostegno e “non giudizio”, tipica della supervisione. Difficilmente un assistente sociale si sentirà libero di mettere a nudo il proprio sé professionale davanti ad un supervisore che gli sia gerarchicamente superiore, che faccia quindi parte integrante dello stesso ente, svolgendo inevitabilmente anche una funzione stretta di controllo.
Per quanto riguarda la funzione di valutazione attribuita alla supervisione (vedi domanda
n°5, sez.3), il campione si è pressoché suddiviso come per la domanda relativa alla
coincidenza del ruolo di supervisore e dirigente e cioè n°28 supervisori hanno sostenuto che la supervisione non può essere strumento di valutazione e n°14 hanno sostenuto il contrario. Quando abbiamo però chiesto di esplicitarne le ragioni (vedi domanda n°6,
sez.3) è emerso che anche i contrari sostengono la presenza di valutazione nella
supervisione, non relativamente però ai singoli operatori, come sarebbe logico se implementata da un dirigente, bensì sul processo di lavoro. Secondo molti dei nostri intervistati infatti, la supervisione aiuta a rivedere l’agire professionale, valutando se c’è coerenza tra obiettivi e risultati. Alcuni hanno anche posto l’accento sulla funzione di autocontrollo professionale, proprio della supervisione. Infatti le sedute di supervisione permettono di prendere coscienza della propria maturazione professionale o delle eventuali lacune.
Per quanto riguarda la figura del supervisore, si è voluto approfondire quali siano i requisiti personali(domanda n°7, sez.3), ritenuti necessari.
requisiti personali irrinunciabili per un supervisore n°SV %SV autorevolezza 14 33 capacità di ascolto 14 33 capacità relazionale 10 24 empatia 8 19 assenza di pregiudizio 6 14
equilibrio emotivo personale 6 14
fermezza 4 9
sicurezza 3 7
capacità di intuire quanto non espresso verbalmente 3 7
curiosità 2 5
amore per il proprio lavoro 2 5
tot.risposte/n°supervisori 68/42
Mentre per i requisiti professionali ( vedi domanda n°7, sez,3), gli intervistati si sono così espressi:
requisiti professionali indispensabili per un
supervisore n°SV % SV
competenze ed esperienza acquisite nel lavoro di
servizio sociale nei vari comparti 26 62 adeguata formazione dal punto di vista
tecnico,teorico,didattico 17 40
esperienza di supervisione su di sè 10 24
capacità di gestione del gruppo 8 19
capacità di coniugare teoria-prassi 6 14
formazione permanente 6 14
formazione ad hoc 6 14
conoscenza dell’ambito di lavoro dei supervisionati 3 7
tot.risposte/ n°supervisori 82/42
Possiamo notare come l’autorevolezza sia una qualità indispensabile per un supervisore, autorevolezza che gli deriva dalla sua esperienza professionale e dalle sue conoscenze nel campo teorico-metodologico. L’empatia, l’assenza di giudizio, la capacità di ascolto, la curiosità e l’amore per il proprio lavoro, qualità innegabili di ogni buon assistente sociale, diventano indispensabili per chi pratica la supervisione.
Come si è evidenziato in un punto precedente, la supervisione può essere effettuata a singoli professionisti o a gruppi mono o pluri- professionali. Abbiamo rilevato attraverso la nostra indagine teorica come in questo ultimo caso, la supervisione venga spesso implementata da professionisti diversi dall’assistente sociale e quindi si è ritenuto opportuno chiedere ai nostri intervistati la loro opinione in merito alla competenza o meno di questi relativamente alla supervisione pluri-professionale. (vedi domanda n°8, sez.3) Quasi la totalità del nostro campione ( n°38 SV favorevoli, n°4 contrari) ha ritenuto che l’assistente sociale, ovviamente esperto ed autorevole, abbia le competenze per poter svolgere la supervisione a gruppi di lavoro, nei quali siano presenti più professionalità. Le motivazioni alla base di queste opinioni (vedi domanda n°9, sez.3) vanno ricondotte alla formazione specifica dell’assistente sociale al case-management, alla regia, più di altre professioni, che mostrano specificità più marcate. Inoltre gli assistenti sociali hanno competenza generale relativa all’organizzazione, più ampia rispetto alle altre professioni. Chiaramente la supervisione non può, in questi casi, entrare nello specifico delle professioni, delle quali non ha competenze, ma restare in ambito organizzativo e di regia del caso o progetto.
Se l’assistente sociale ha una buona preparazione teorico-pratica di Servizio Sociale, ha una capacità di lettura dei contesti organizzativi, che favorisce uno sguardo allargato e lo rende capace di mettere in rete le varie competenze.
Chiaramente la possibilità per un assistente sociale di condurre una supervisione ad un gruppo multiprofessionale sottostà a delle condizioni: egli deve avere capacità di visione multidimensionale del lavoro sociale, che gli deriva soltanto da una grande esperienza lavorativa e da una costante preparazione teorica. Importante è anche che il gruppo non sia un insieme di professionisti ma un gruppo di lavoro, che affronta le problematiche di un medesimo intervento sociale, dalle angolature specifiche della propria professione.
Come per le altre situazioni, risulta necessaria l’accettazione da parte del gruppo a sostenere un ruolo così delicato e di alto contenuto professionale. (queste note sono tratte
dalle interviste effettuate ai supervisori e dalle risposte ai questionari alla domanda n°9, sez.3)
Riportando alcune riflessioni derivanti dall’analisi iniziale, risulta comunque difficile pensare ad un assistente sociale supervisore che possa, data la sua peculiare formazione, sostenere e guidare in modo adeguato uno psicologo o un altro tipo di professionista, a meno che non si tratti di una supervisione " a tema" del quale l'assistente sociale sia un esperto e per il quale abbia una formazione adeguata o si tratti invece di una supervisione
su tematiche quali i processi di cooperazione e di integrazione, la promozione di risorse ambientali e sociali etc., per le quali l’assistente sociale è il professionista spesso più preparato.
III.2.4 SEZIONE 4 -STIMA IN PROSPETTIVA, DEL FABBISOGNO DI