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ESTERNA AD ESSO?

I.9 LA SUPERVISIONE NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

I.9.2 Supervisione agli psicologi

Gli psicologi hanno spesso formazioni ed indirizzi diversi: si occupano di organizzazioni, di gruppi e di persone sane o con patologie, adulti, adolescenti, bambini e anziani; possono prestare una attenzione privilegiata agli aspetti comunicativi e alle relazioni, oppure ai vissuti personali; possono avere un orientamento clinico, di ricerca, centrato sulle modalità di funzionamento e sviluppo dell'apparato psichico.

In ogni caso è forte il coinvolgimento della dimensione personale nel lavoro professionale e la supervisione è considerata quasi sempre un passaggio indispensabile del processo di formazione.

( Prata L., in La professione sociale n°17,1999)

Per poter praticare la professione, essi devono compiere un periodo di tirocinio professionale seguiti da un tutor, con funzioni di supervisore.

La supervisione per gli psicologi, di solito, si attua al termine della formazione di base e ne è parte integrante secondo specifici indirizzi e accompagna per lungo tempo (a volte anche per anni) o a cicli, l'inizio dell'attività professionale.

La figura del supervisore è normalmente individuata in uno psicologo "esperto", che non ha però una formazione specifica per tale ruolo, ma piuttosto, se possiamo dire, una disposizione relazionale : egli mette a disposizione la propria esperienza, le proprie conoscenze professionali a colleghi agli inizi della carriera o già formati.

Maggiormente praticata è la supervisione nella psicoterapia.

Haley J. ( Formazione e Supervisione in Psicoterapia, Erickson,1997) afferma che nessuno può imparare a fare psicoterapia leggendo, ma che risulta necessario lavorare molto presto con le persone e che il supervisore serve proprio a proteggere il cliente dagli errori del principiante.

Le cicostanze in cui un supervisore guida un terapeuta nella conduzione di un caso, secondo Haley, sono fondamentalmente tre :

_ Supervisione didattica di un trainer che sta imparando come fare psicoterapia

_ Supervisione di un collega che sta incontrando delle difficoltà con un caso specifico e vuole essere assistito

_Supervisione di un terapeuta che sta imparando a fare il supervisore

Le modalità della supervisione, sempre secondo Haley, possono essere così standardizzate:

Il trainer, basandosi sui suoi appunti, parla con il supervisore di un caso,

il trainer sottopone al supervisore la registrazione audio e video di un colloquio,

il trainer conduce il colloquio con il cliente in una stanza dotata di specchio unidirezionale o di fronte ad una video-camera mentre il supervisore lo osserva. Questi guida la psicoterapia dando dei suggerimenti attraverso un telefono o chiamando fuori il trainer per parlargli.

Risulta evidente che qui stiamo parlando di supervisione di casi e che il tipo di approccio è ovviamente diverso da quello dell'intervento dell'assistente sociale.

Conseguentemente, anche il tipo di supervisione si discosta da quello del Servizio Sociale: possiamo trovare comunque alcune somiglianze ed analogie, quando, anche per il servizio sociale, si parla di supervisione dei casi.

Tornando alla supervisione formativa per gli psicologi possiamo notare come essa possa essere individuale o di gruppo.

Quella individuale è "diretta" quando l'attività dello psicologo si svolge in presenza del supervisore, che può intervenire in corso d'opera o assistere e poi discutere l'intervento professionale oggetto di supervisione.

E' indiretta quando lo psicologo espone un caso clinico o una situazione al supervisore esplicitando le sue premesse, le sue interpretazioni, le sue difficoltà e le reazioni ottenute dai suoi interventi. Il supervisore, attraverso domande e commenti, stimola un approfondimento o una ridefinizione del problema, consente di individuare nuovi punti di vista o nuove soluzioni al problema presentato.

La supervisione indiretta può essere individuale o di gruppo.

Abbiamo affermato che, all'inizio della professione, anzi proprio per accedere ad essa lo psicologo deve sottoporsi ad un tirocinio con supervisione, ma anche gli psicologi esperti e formati ricorrono alla supervisione, come strumento di aggiornamento, per affinare le competenze professionali o per affrontare situazioni di particolare complessità.

La supervisione risulta essere anche uno strumento molto utile nell'agevolare ed indirizzare il lavoro di équipe.

Esistono, per quanto riguarda la professione dello psicologo, diverse tipologie di supervisione. Proviamo a sintetizzarle come segue:

_ Supervisione clinica indiretta di gruppo. In questo caso il lavoro consiste nella presentazione di un caso clinico da parte di uno dei partecipanti e da una approfondita discussione guidata e conclusa dal supervisore.

Una delle modalità più interessanti ed utili di discussione del caso consiste nella formulazione di domande da parte dei colleghi, domande sul caso, che non devono ricevere risposta, ma stimolare riflessioni sulle ipotesi che hanno generato le domande stesse.

In questo caso una buona supervisione non suggerisce soluzioni, ma nuovi interrogativi che lasciano lo psicologo protagonista e responsabile della conduzione del caso stesso : l'idea di fondo è che la soluzione del problema non debba venire dallo psicologo, ma nell'interazione tra lui ed il paziente.

Questo tipo di approccio può riferirsi alle teorie relazionali-sistemiche e potrebbe, almeno per quanto riguarda la supervisione dei casi, avere le medesime caratteristiche nell'ambito del Servizio Sociale.

_ Supervisione dell'équipe multidisciplinare. Spesso la multiformità dei problemi sociali impone la collaborazione di molteplici professionalità per la risoluzione, o meglio la presa in carico di un medesimo caso. L'intervento di un supervisore esperto consente di mettere

a confronto i diversi punti di vista, costruire una cultura di servizio, imparare a rispettare come legittime ed arricchenti le opinioni diverse. Per questo sarebbe auspicabile garantire cicli frequenti di supervisione in tutti i servizi complessi.

La supervisione d'équipe può essere centrata sui casi clinici o sull'organizzazione del lavoro, sulle dinamiche interne all'équipe stessa : risulta così evidente che la figura del supervisore deriverà, di volta in volta, dalle professionalità più adeguate all'obiettivo specifico della supervisione.

_ Supervisione nell'attività di terapia familiare. Di solito, essa viene condotta da due o più psico-terapeuti, di cui uno ha funzione di terapeuta diretto, l'altro, o gli altri, assumono funzione di supervisori e si pongono in una stanza attigua dietro uno specchio unidirezionale e osservano e ascoltano, tramite microfono, quanto avviene nella stanza della terapia, tra la famiglia "paziente" ed il collega supervisionato.

Si tratta in pratica, di un lavoro di collaborazione in cui si distinguono le funzioni dei terapeuti, a partire da alcune considerazioni : in primo luogo la comprensione del caso può risultare più semplice se effettuata da più operatori; in secondo luogo, la diversa posizione dei terapeuti rispetto alla famiglia consente a chi assume la funzione di supervisore di mantenere un maggior distacco e di osservare non solo i problemi relazionali della famiglia, ma anche le modalità e gli eventuali problemi relazionali all'interno del nucleo ed all'esterno con il terapeuta stesso. All'interno di questo tipo di supervisione, i ruoli dei terapeuti possono e devono cambiare poiché l'intercambiabilità dei ruoli facilita l'assunzione di punti di vista diversi ed aiuta a relativizzare le proprie opinioni.

Inoltre in questo modo si può meglio intuire come i giudizi, relativamente ad un caso, siano sempre condizionati dalla posizione che viene assunta nella relazione con esso. In psicoterapia i tipi di approccio teorico sono molteplici e conseguentemente anche la supervisione assume peculiarità diverse. Possiamo affermare che non esiste un modo ortodosso di fare supervisione, pronto per essere adottato, ma che, come per il Servizio Sociale, le modalità ed i contenuti devono essere regolati sugli obiettivi da conseguire.