FASE ANALITICA DELLA RICERCA
TABELLA RIASSUNTIVA DATI ORDINI REGIONALI
III.2.5 SEZIONE 5- PROBLEMI E PROSPETTIVE CIRCA LA FORMAZIONE DEI SUPERVISORI
Nella rilevazione teorica iniziale, si era evidenziata la mancanza di percorsi formativi specifici per assistenti sociali supervisori, fatta eccezione per alcune esperienze, che non hanno trovato, purtroppo, largo seguito.
Sì è voluto così indagare i percorsi formativi, che hanno portato i nostri intervistati a diventare supervisori, di così visibilità (vedi domanda n°1, sez.5)
Ne è emerso il quadro seguente:
percorsi formativi dei supervisori intervistati n°SV %SV
lunga esperienza professionale in vari ambiti 17 40 avere avuto esperienza su di sé di supervisione, con
buoni supervisori 13 31
laurea in discipline sociali e psicologiche 13 31 docenza materie professionali di Servizio Sociale 8 19 percorsi di formazione specifica alla supervisione 7 17
training psico-sociali 5 12
master in ambiti psico-sociali 4 10 corsi di formazione ai formatori 4 10
tot.risposte/n°supervisori 71/42
L’esperienza professionale diventa qui elemento importante della formazione dei supervisori, così come l’esperienza diretta della supervisione, magari attraverso il contatto con grandi professionisti del Servizio Sociale.
Gli intervistati hanno riconosciuto nelle seguenti, le conoscenze necessarie ad un buon Supervisore:
conoscenze necessarie ad un buon supervisore n°SV %SV
buone basi teoriche di Servizio Sociale 23 55 conoscenze pedagogico-relazionali 11 26
conoscenze psicologiche 10 24
conoscenze relative alla gestione dei gruppi 10 24
politica sociale 9 21
sociologia dell’organizzazione 9 21
teorie della comunicazione 7 17
tot risposte/ n° supervisori 79/42
Molti supervisori hanno affermato che per essere un buon supervisore bisogna innanzi tutto essere un buon assistente sociale e quindi, dopo l’esperienza professionale ecco emergere, come necessarie, buone basi teoriche di Servizio Sociale.
Per quanto riguarda invece le esperienze che hanno contribuito alla formazione, come supervisori, gli intervistati si sono così espressi:
esperienze formative dei supervisori n°SV %SV
lunga esperienza professionale in vari ambiti 16 38 avere avuto esperienza su di sé con buoni
supervisori 15 35
esperienze di coordinamento in vari Enti 5 12 esperienza di supervisione didattica 5 12
confronto con altri formatori 4 9
formazione a supervisori 4 9
docenza di materie professionali di Servizio
Sociale 4 9
confronto con supervisori stranieri 3 7 tot. Risposte/ n° supervisori 56/42
Vediamo, ancora una volta, come l’esperienza professionale e la supervisione su di sé siano requisiti irrinunciabili per una buona prassi della supervisione.
Per quanto riguarda le abilità necessarie ad un buon supervisore, non siamo in grado di proporre uno schema minimo, in quanto i contenuti sono molteplici e frammentati.
Accenniamo ad alcuni tra i più significativi : - sapere ascoltare, restituire, guidare, analizzare.
- capacità di sviluppare la relazione con il super-visionato in modo analogico, mediante confronto di opinioni, utilizzo di reciproci stimoli, accoglimento delle rispettive emozioni.
- abilità nel saper unificare teoria e pratica e assoluta capacità di gestire il gruppo, in modo autorevole, creando rapporto di reciprocità fra i partecipanti
- abilità nell’essere accoglienti ed empatici con buona tolleranza della frustrazione - capacità di trasmettere la propria esperienza senza dogmatismi, ma in uno scambio
reciproco.
A livello personale è importante : - conoscersi
- avere un buon autocontrollo
- avere acquisito, attraverso un buon percorso di introspezione, che permette di essere in grado di gestire i sentimenti propri ed altrui, la capacità di far procedere il gruppo nel percorso di supervisione.
- essere riflessivi e contemporaneamente innovativi, con desiderio di cambiare i processi di intervento, sperimentando nuovi percorsi.
Rilevato anche attraverso la nostra indagine empirica presso i supervisori intervistati, che non esiste un percorso formativo specifico finalizzato alla supervisione, fatta eccezione per alcune esperienze di non grande respiro, abbiamo loro chiesto se ritengono necessario un preciso titolo formale, che dia legittimità e visibilità al ruolo.
La grande maggioranza (38 sì, 4 no) ha risposto positivamente , sottolineando però la necessità del mantenimento di libertà d’approccio, e quella della necessità di creare una qualifica reale, sostenuta da una formazione approfondita e finalizzata ad hoc, e non un qualsiasi titolo-etichetta, post-laurea.
Si rende evidente la necessità di un percorso (vedi domanda n°4, sez.5), più vicino ad un master che ad una laurea specialistica, validato dall’Ordine Regionale o Nazionale degli assistenti sociali.
percorso per attribuzione titolo
di Supervisore n°SV %SV
laurea specialistica 3 7
Iscrizione albo regionale 12 28 Iscrizione albo nazionale 19 45
master 8 19
I soggetti gestori del percorso formativo dei supervisori in Servizio Sociale dovrebbero essere( vedi domanda n°6, sez.5)
soggetti gestori del percorso formativo n°SV %SV
università 33 78
agenzie private 16 38
percorsi integrati provincia-Ordine-Enti 3 7 tot.risposte/n°supervisori 52/42
Dal totale delle opzioni ricaviamo che 10 supervisori hanno scelto come soggetti gestori del percorso formativo, sia le Università che le agenzie private. Come abbiamo visto nelle ricerca di sfondo, le uniche iniziative di formazione destinate alla supervisione in servizio agli assistenti sociali sono state gestite da agenzie formative private ( v. Fondazione Zancan e Ce.S.di.S.S….) : alcuni intervistati hanno sottolineato l’importanza di non perdere il patrimonio raccolto, attraverso queste esperienze, ma di utilizzarlo in sinergia con le Università, per la creazione di più efficaci e legittimanti percorsi formativi.
In ambito universitario abbiamo chiesto( vedi domanda n°7, sez.5), qualora questa fosse stata una opzione dEgli intervistati, quale sarebbe stato il tipo di percorso formativo più adeguato:
percorso formativo ritenuto piùadeguato n°AS %SV
laurea specialistica 3 7
master 28 66
corsi di specializzazione 11 26 tot.risposte/ n°supervisori 42/42
Il Master universitario risulta essere l’opzione preferita dei nostri intervistati, molti dei quali hanno sottolineato la necessità di un percorso professionale precedente all’iscrizione al percorso per supervisori, proprio perché, come più volte è emerso, una buona esperienza professionale, in più ambiti, risulta requisito irrinunciabile per un buon supervisore.
Le aree contenutistiche che sarebbe maggiormente necessario approfondire in un percorso formativo per supervisori dovrebbero riguardare( vedi domanda n°5, sez.5):
aree contenutistiche da approfondire n° %AS
teoria e metodologia del Servizio Sociale 21 50 conoscenze di tipo organizzativo 18 43 conoscenze pedagogico-relazionali 14 33 tot.risposte /n°supervisori 53/42
Le modalità didattiche ( vedi domanda n°8, sez.5) :
modalità didattiche n° %AS
lezioni 27 64
laboratori 23 54
tirocinii 18 43
tot.risposte/n° supervisori 68/42
Rispetto alla promozione di percorsi formativi per i supervisori, l’Ordine e le Associazioni professionali dovrebbero raccogliere, documentare e valutare le esperienze di supervisione esistenti, presidiare i percorsi universitari, formulando proposte concrete al ministero ed alle Università (vedi domanda n°9, sez. 5)
Esse dovrebbero vigilare sulle competenze e sulle abilità dei docenti formatori a tutela della specificità professionale degli assistenti sociali, definendone il curriculum.
Dovrebbero altresì vigilare sul prodotto di questi percorsi formativi affinché l’iscrizione all’albo non diventi una mera formalità, ma possa garantire agli assistenti sociali, e conseguentemente ai cittadini, le qualità imprescindibili del lavoro sociale.
L’Ordine e le Associazioni professionali dovrebbero quindi avere ruolo di legittimazione e garanzia di qualità relativamente all’intervento di supervisione.
In chiusura, abbiamo chiesto di formulare alcune osservazioni in aggiunta alle risposte precedenti o in generale sul tema della supervisione.
Le sollecitazioni sono state molte e risulta difficile riportarle tutte. Abbiamo cercato di raccogliere le più stimolanti e inerenti al nostro progetto di ricerca.
Alcune considerazioni sono state poste sulla durata o periodicità della supervisione : talvolta infatti essa viene richiesta solo in occasione di particolari criticità e quindi risulta difficoltoso renderla veramente incisiva.
La cosa migliore sembrerebbe quella di fornire la supervisione periodicamente, magari per un ciclo semestrale, senza necessariamente farla coincidere con un momento di crisi. Altro aspetto, risultato importante, è la necessità di fornire supervisione ai neoassunti per permettere loro di inserirsi nel lavoro in tempi brevi e secondo crismi condivisi e consolidati.
La supervisione in servizio agli assistenti sociali deve essere fatta da operatori della medesima professionalità poiché ogni professione è specifica del ruolo: talvolta vengono chiamati degli psicologi o degli esperti di organizzazione. Questo tipo di supervisione acquista così caratteristiche diverse, più vicine alla consulenza o ad un percorso introspettivo, altamente utili entrambi , ma cosa altra rispetto ala supervisione, come è stata fin qui intesa.
E’ infatti altrettanto vero che se la supervisione risulta indispensabile nel lavoro sociale, essa non deve colmare altri vuoti dettati dalla mancanza di aggiornamento, di auto-aggiornamento e di consulenza.
Per quanto riguarda il percorso formativo sarebbe importante fare riferimento a esperienze lavorative già attuate per un confronto dei mezzi e dei risultati al fine di giungere ad un orientamento formativo basato sugli aspetti fondamentali del lavoro degli assistenti sociali, trasferendo così la prassi operativa all’elaborazione teorica e quindi alla formazione.