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Come abbiamo detto, la teoria economica neoclassica, seguendo la pista della meccanica newtoniana, si impernia sul concetto di equilibrio - inteso come stato di compatibilità atemporale interamente governato da processi di feed-back negativi in tempo logico - inscrivendosi nell’ambito di applicazione del primo principio della ter- modinamica, il principio di conservazione. Gli si contrappone il progetto di rifondare questa scienza a partire, invece, dal secondo principio e dal ruolo svolto dall’entropia nel governare le strutture dissipative. A causa dell’entropia, un sistema economico con- suma continuamente energia, esportando i rifiuti nell’ambiente esterno. Per sopravvive- re deve dunque bilanciare l’esportazione con un processo d’importazione di energia. Questo processo di sviluppo con scambio energetico implica autopoiesi e riguarda qual- siasi sistema vivente, dall’ameba all’economia-mondo.

Nei sistemi sociali il processo di autopoiesi assume però caratteristiche speciali, poiché l’uomo è capace di acquisire conoscenze. A differenza dei sistemi non pensanti, l’uomo non si limita ad assumere delle abitudini e le conoscenze ad esse implicite, né a svolgere attività pratiche di problem solving; è infatti anche capace, sebbene in ambito di razionalità limitata, di generare conoscenza esplicita, di produrre endogenamente e in modo più o meno formalizzato norme, convenzioni e istituzioni, in una parola di auto-

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organizzarsi consapevolmente. L’evoluzione dei sistemi si svolge attraverso dei mecca-

nismi selettivi riferiti alle condizioni di contorno, e in modo caotico e non ottimale, se non altro perché la più scarsa delle risorse umane è la razionalità. La crescita dell’organizzazione comporta aumento di complessità e cambiamento strutturale; essa avviene entro processi irreversibili nel tempo storico, dal momento che l’equilibrio è so- lo l’orizzonte terminale in cui si intravede la cessazione dello sviluppo.

Uno dei nodi da sciogliere è certamente quello del rapporto tra la teoria neoclas- sica, con tutte le successive incorporazioni metodologiche, ed i fenomeni dell’auto- organizzazione. In economia, l’esistenza di una molteplicità di sottosistemi in interazio- ne con il loro ambiente è nota e trattata da tempo ed anche una parte dell’analisi dei classici è ispirata implicitamente a questa visione. Si pensi alla teoria marxiana dell’impoverimento progressivo della classe operaia con conseguente concentrazione della ricchezza in poche mani ed alla teoria ricardiana della rendita o, ancora, si consi- deri la teoria del consumatore ed il ruolo esercitato dalle azioni pubblicitarie. Come si vede, l’azione umana è tesa a modificare l’assetto spontaneo del mercato creando con- dizioni di differenziazione e di condizionamento.

Come la fisica, anche l’economia incontra il problema di conciliare ciò che nella realtà appare logicamente contradditorio. Per tale via ci troviamo di fronte al problema di spiegare fenomeni di crescita e di specializzazione localizzati, che si configurano come rotture del principio entropico del livellamento al margine. Si pensi alla realtà dei distretti industriali, ai processi di crescita accelerata vissuta in Italia nel Nord-Est, al permanere ed all’aggravarsi del dualismo Nord-Sud.

Eppure la complessità, tra le altre cose, esprime la possibilità della coesistenza di processi sintropici e di processi entropici, di processi di innovazione e di selezione, di feedback positivi e negativi e così via. Ma nonostante l’esistenza di numerosi strumenti analitici, la tendenza degli economisti è di non elaborare una “teoria generale della complessità evolutiva” in contrapposizione a quella neoclassica; è stato invece tenden- zialmente adottato un approccio “debole” o pragmatico che consenta di elaborare de- scrizioni più aderenti alla realtà.

Sostanzialmente la coesistenza tra l’approccio razionalistico-neoclassico e le te- orie evolutive dipende, in buona parte, dall’atteggiamento epistemologico-filosofico dell’economista: la tendenza della teoria dell’equilibrio generale è di includere nel suo sistema epistemologico di descrizione tutto ciò che sembra fornire un arricchimento teo- rico alla sua analisi. Attualmente essa si trova a fare i conti con il tempo e con le deci- sioni che esplicano i loro effetti su periodi successivi: ciò comporta il superamento dell’atemporalità.3

L’auto-organizzazione non è solo un approccio sistemico per l’elaborazione di modelli economici evolutivi, ma può essere anche una base per la costituzione di ap- procci integrati con le diverse discipline come l’ecologia, le scienze cognitive, la socio- logia ecc.

Joseph A. Weissmahr4 impiega l’auto-organizzazione per collegarsi alle scienze naturali, al fine di fornire una spiegazione allo sviluppo economico di lungo periodo. Dal suo punto di vista, l’economia può considerarsi un’estensione “intelligente” dell’auto-organizzazione naturale: per questo motivo essa dipende fondamentalmente dai mezzi forniti dalla natura e dalle nostre capacità di sfruttarli. Questo fatto non viene colto dalle teorie economiche ortodosse e Weissmahr individua nella teoria del valore- lavoro la fonte dell’incapacità di comprendere i meccanismi dello sviluppo economico di lungo periodo. Tale sviluppo è fondamentalmente determinato dalle conoscenze u- mane e dalla disponibilità di capitale naturale sotto forma di energia e di materiali. La rivoluzione industriale, infatti, è stata caratterizzata dalla sostituzione del lavoro fisico con quello mentale e la presente rivoluzione informatica sostituisce il lavoro intellettua- le di basso livello con quello superiore.5

3

Eugenio Benedetti, Maurizio Mistri, Stefano Solari (a cura di), Teorie evolutive e trasformazioni eco-

nomiche, Cedam, Padova 1997.

4

Joseph A. Weissmahr, “The Factors of Production of Evolutionary Economics”, in U. Witt (a cura di)

Explaining Process and Change – Approches to Evolutionary Economics, Ann Arbor, Michigan Univer-

sity Press, 1992, pp. 67-79. 5