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Nei capitoli precedenti abbiamo approfondito la particolare visione di un autore come Nicholas Georgescu Roegen, che indubbiamente ha aperto la pista al filone di ri- cerca economico-ambientale e ha contribuito fortemente alla revisione delle basi epi- stemologiche dell’economia. In seguito l’abbiamo confrontata con alcune teorie altret- tanto originali e innovative che sono state formulate da scienziati a lui contemporanei e provenienti da settori scientifici assai diversi.

Da tutto questo emerge che l’indagine sui fondamenti epistemologici dell’economia quindi deve fare i conti con la rottura di vecchi schemi e cercare nuove strade di sviluppo nella collaborazione e nel confronto con altre scienze:

“Come è scritto in molti manuali: l’economia deve essere compresa come il risultato di

un processo di massimizzazione su un orizzonte infinito di scelte da parte di un agente rappresentativo. Obiezioni teoretiche a parte, è chiaro che questo atteggiamento an- nuncia la decadenza di un approccio scientifico “nello stesso modo in cui la colonna di Traiano annunciava la decadenza di Roma. È la convulsione e il rantolo di un metodo morente”1.

Ma come dopo ogni crisi cominciano a emergere segni di tempi nuovi, cogliamo, nel rifiorire degli approcci istituzionalisti e di quelli evoluzionisti, nell’abbandono delle metafore meccaniche in favore di quelle biologiche, nello sviluppo dell’economia spe- rimentale, dei segnali di cambiamento. Certo, sono solo segni. Ma bisogna essere pa- zienti, e vigilare su tutto questo rifiorire di eterodossia.

Una delle proposte di innovazione teorica su cui conviene aguzzare la vista è quella proveniente dall’approccio che fa ricorso alla teoria dei sistemi complessi. Colpi- sce per la radicalità della rivoluzione scientifica che annuncia, prima ancora che per i ri- sultati analitici già raggiunti, e per l’ambizione di rovesciare completamente l’impostazione teorica dominante. La visione sistemica è una cornice adatta per la col- locazione delle scienze della vita, ma è anche conveniente per la descrizione delle scien- ze sociali e, fra queste, soprattutto per l’economia.

Dalla storia del pensiero economico emerge una forte necessità di adottare un punto di vista ecologico: gli economisti tendono a voler incastrare i fenomeni economici all’interno di configurazioni teoriche semplicistiche, ma soprattutto molto distanti dalla realtà. Quest’ultima, invece, si caratterizza piuttosto per l’interdipendenza delle relazio- ni dei fenomeni attraverso cui si manifesta e perciò appare assai complessa e difficil- mente inquadrabile in una cornice rigida. Un’ulteriore complicazione risiede nel fatto che gli economisti in primis accettano malvolentieri di riconoscere esplicitamente che il sistema di valori “altamente squilibrato” che impregna la cultura occidentale e si na- sconde dietro le nostre istituzioni sociali ha condotto ad un uso eccessivo della tecnolo- gia, al consumo dissipativo, allo sfruttamento senza limiti delle risorse naturali: tutti fat- tori giustificati dall’ossessivo obiettivo della crescita. Ebbene, questo mito della crescita indifferenziata in ogni campo stenta ad essere squalificato, costituendo ancora l’obiettivo di un’economia “sana”.

Eppure, è sotto gli occhi di tutti il volto oscuro di questa situazione; i disastri eco- logici e molti altri pericoli in agguato per la società dei consumi (e non solo!) sono sin- tomi che non si possono più sottovalutare. Un approccio sistemico all’economia consen- tirebbe agli studiosi di discipline economiche di assumere quella prospettiva ecologica di cui c’è bisogno, permettendo almeno di riordinare le idee all’interno dell’attuale con- fusione concettuale.

Ciò che caratterizza la concezione sistemica della vita, è la relazione fra i suoi componenti capaci di auto-organizzazione ed auto-regolazione in una miriade di reti in cui animali, piante, microrganismi e sostanze inanimate svolgono ciascuno una funzione

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d’importanza vitale per gli altri, poiché contribuiscono allo scambio di materia ed ener- gia cruciale per l’esistenza del ciclo vivente.

L’ambiente naturale è un insieme di ecosistemi composti da innumerevoli organi- smi che si sono evoluti nel corso di miliardi di anni, usando e riciclando le stesse mole- cole di suolo, acqua e aria. Il rispetto per la sapienza della natura è rafforzato dalla per- cezione del fatto che la dinamica dell’auto-organizzazione negli ecosistemi è fondamen- talmente la stessa che negli organismi umani, per cui dobbiamo ritenere il nostro am- biente naturale, non solo vivo, ma anche intelligente. L’intelligenza negli ecosistemi si manifesta nella tendenza onnipresente a stabilire rapporti di cooperazione che facilitano l’integrazione armonica dei componenti sistemici a tutti i livelli di organizzazione.

L’economia, a sua volta, è un sistema vivente di relazioni fra gli esseri umani, le loro organizzazioni sociali e gli ecosistemi che li circondano, o meglio, da cui dipende la loro sopravvivenza. L’interconnessione non-lineare che contraddistingue le relazioni dei sistemi viventi è un importante schema concettuale anche per la conoscenza dei si- stemi sociali economici:

- ogni struttura, organizzazione e istituzione sono caratterizzate da una grandezza ideale; ogni qual volta si cerchi di alterare una variabile all’interno della loro configura- zione ottimale si conduce alla distruzione il sistema complessivo. Un esempio in eco- nomia può essere la massimizzazione del profitto, dell’efficienza o del PNL;

- il principio del riciclaggio delle risorse, che si impara osservando il funzionamento degli ecosistemi naturali, può essere applicato efficientemente in economia per cercare di conservare l’armonia fra l’attività umana e l’ambiente circostante.

L’approccio sistemico ha fatto prendere maggior coscienza del fatto che la dina- mica di un’economia, come quella di qualunque altro sistema vivente, è dominata da fluttuazioni. Esempi ne sono il ciclo di crescita e declino individuati da Schumpeter. Se- condo questa concezione un’economia è sana se si trova in uno stato di equilibrio dina- mico, in cui compaiono cioè costanti fluttuazioni delle sue componenti. Il segreto per il mantenimento di tale stato pare essere, oltre alla preservazione della flessibilità ecologi- ca dell’ambiente naturale, anche la creazione di una elasticità sociale per l’adattamento ai cambiamenti ambientali:

“La flessibilità sociale è una risorsa preziosa quanto il petrolio.”2

È dunque necessario costruire una cornice concettuale che sia in grado essa stessa di mutare e svilupparsi, senza cadere “nella trappola dello specchio magico”, per cui l’immagine di se stessa appare sempre la più bella e affascinante. Per collocare l’economia nel suo contesto sociale ed ecologico occorre mantenere un aggancio con le altre scienze, cercando di correlare nell’uso i concetti provenienti da diversi settori di ri- cerca.