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CAPITOLO TERZO – L’AMORE DI DANTE E BEATRICE

III.2 I poeti siculo-toscani e lo Stilnovo

Guittone d’Arezzo è il capofila di quella corrente poetica di transizione in cui le liriche dei Siciliani si incontrano con quelle dei rimatori toscani. Nato intorno al 1230 e morto nel 1294, nel 1266 Guittone abbandona la famiglia e si fa frate nell’Ordine dei Cavalieri di Santa Maria, “conversione” che denota un cambiamento anche nell’attività letteraria. La prima parte della produzione, infatti, è di argomento amoroso e civile mentre la seconda a sfondo religioso e morale. Complessivamente il suo lavoro annovera 250 sonetti, 50 canzoni e 36 lettere. L’impasto linguistico, che non disdegna ossequi ai Siciliani, agli antichi Provenzali, alla letteratura francese e a quella latina classica, conserva e innova ma la sua levatura poetica tende oggi ad essere giudicata inferiore alla sua cultura e altezza morale, che influiscono, con pregi e demeriti, nel delinearne lo stile.

Una solida logica sottende l’intera veste poetica mediante espressioni dense e accurate e sentenze retoriche e analitiche che, senza metterne in dubbio l’efficacia, minano la forza espressiva, generando troppo spesso la sensazione di un ragionamento prolisso, privo di calore, scaduto in uno stile freddo. Ma è innegabile che l’intero corpus guittoniano sia percorso da un inesauribile sperimentalismo tecnico che giustifica in parte il linguaggio ermetico e arduo. I meriti di Guittone, tuttavia, sono comprovati se anche Dante lo ricorda nella Divina Commedia:

“O frate, issa vegg’io”, diss’elli, “il nodo che ’l Notaro e Guittone e me ritenne di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo! Io veggio ben come le vostre penne di retro al dittator sen vanno strette, che de le nostre certo non avvenne; e qual più a gradire oltre si mette, non vede più da l’uno l’altro stilo”.47

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DANTE ALIGHIERI, Divina Commedia, Purgatorio, XXIV 55-62, Commento a cura di Anna Maria Chiavacci Leonardi, Milano, Mondadori, 2005, pp. 709-710

Il poeta fa dire a Bonagiunta da Lucca che lui, insieme a Iacopo da Lentini e a Guittone, rappresentano la tradizione, mentre Dante è l’iniziatore di un nuovo modo di poetare chiamato «dolce stil novo». Con questa espressione si indica il movimento che opera in Toscana nel periodo compreso tra il 1270 e il 1310, costituito da Guido Cavalcanti, Dante Alighieri, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi e Cino da Pistoia. Scrive Di Giovanni:

Fu, questo, un gruppo letterario di giovani poeti, legati tra loro da comune amicizia e comune ideale: reagire al vecchio e insincero modo di poetare siculo-toscano e guittoniano, dei provenzaleggianti freddi e convenzionali, e realizzare un nuovo stile amoroso, più dolce nella forma, più sincero ed elevato nei concetti.48

Ma il vero precursore di tale stile è Guido Guinizzelli con la sua canzone Al cor gentil in cui compaiono le tematiche, desunte dalla lirica provenzale, dell’equazione gentilezza- amore e della funzione nobilitante del sentimento amoroso a cui si somma il paragone della donna all’angelo. La similitudine, già vista, apporta ora delle novità, come la mancanza di pentimento da parte del poeta che, assimilando la donna ad una creatura angelica, non si sente in errore per averla amata e lodata quanto Dio e la Vergine. Inoltre, altrettanto distintivo è l’atteggiamento del poeta nell’atto di comporre. Guittone attendeva al rigore e alla gravità del linguaggio con una attenzione particolare alla veste formale e stilistica, gli Stilnovisti, invece, poetano per ispirazione, lasciando che sia l’interiorità a dettare le parole delle liriche. L’auscultazione del proprio intimo e il trasporto passionale di questo gruppetto di giovani prevalentemente fiorentini è agli antipodi del gioco artificioso e lungamente meditato dell’Aretino. Ma gli Stilnovisti non vanno considerati antagonisti di Guittone: essi ne raccoglieranno l’eredità, superandolo.

In particolare lo Stilnovismo, assorbendo anche le istanze di un ambiente in cui dominava l’etica scolastica e cristiana, prosegue e raffina le virtù della donna di cui già il

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provenzale Montanhagol e l’italiano Sordello avevano ulteriormente delineato il ruolo salvifico di intermediaria tra il mondo terreno e il regno dei Cieli. Nel gruppo di giovani poeti all’avanguardia di cui fa parte Dante appartiene anche un altro poeta degno di nota: Guido Cavalcanti. Più maturo di qualche anno di Dante, proveniente da un ambiente aristocratico e di raffinata cultura, l’influenza di Cavalcanti su Dante, che gli dedicherà la

Vita nova, è innegabile. L’amicizia tra i due inizia quando Dante indirizza ai rimatori un

sonetto da lui scritto di cui chiede il «parvente». Riportiamo l’incipit della lirica:

A ciascun’alma presa e gentil core nel cui cospetto ven lo dir presente, in ciò che mi rescriva in su’ parvente, salute i·llor segnor, cioè Amore.49

Il seguito è la descrizione del sogno allegorico della donna che mangia il cuore. Tra coloro che rispondono all’enigmatica visione c’è Guido Cavalcanti, che si congratula con il poeta:

Vedeste, al mio parere, onne valore e tutto gioco e quanto bene om sente, se foste in prova del segnor valente che segnoreggia il mondo de l’onore, poi vive in parte dove noia more e ten ragione nel casser de la mente.50

Da lui Dante apprende la tecnica della drammatizzazione dei sentimenti e delle sensazioni attraverso la loro personificazione in spiritelli (benché la astrazione di entità concettuali non fosse estranea alla lirica cortese). L’effetto, alquanto lacrimevole, doveva (sul piano ideologico) indurre il lettore a propendere per una interpretazione di Amore in senso negativo come malattia che ottunde la ragione e che conduce alla morte. Dante, invece, che pur ne emula la tecnica, non perviene alle stesse conclusioni infelici dell’amico. Possiamo affermare che la poesia dello Stil Novo è colta e dotta e risente

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DANTE ALIGHIERI, Vita nova, cit., p. 48 50

GUIDO CAVALCANTI, risposta alla lirica Donne ch’avete intelletto d’amore, www.leggeredante.it

dell’influsso filosofico dell’ambiente in cui si forma ma sarebbe sbagliato definirla un movimento filosofico-letterario.

A eccezione di alcune liriche di chiaro influsso filosofico come il manifesto della nuova corrente, Al cor gentil rempaira sempre Amore di Guinizzelli, o la canzone teorica di Cavalcanti, Donna me prega, non ci sono molti altri poeti che spiccano per cognizioni filosofiche (lo stesso Dante non ragiona d’Amore in termini filosofici, in questa prima fase).