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Significato “giuridico” del federalismo fiscale

Il federalismo fiscale è, come abbiamo visto, una teoria economica. Ed è una teoria dinamica, soggetta a continue implementazioni ed arricchimenti. È anche una teoria complessa che si pone importanti domande di base, alle quali cerca ovviamente di dare risposte, come: quali siano i vantaggi (o svantaggi) distributivi e di efficienza tra un’organizzazione decentrata e una accentrata; quali funzioni è opportuno che svolga il governo centrale e quali i governi locali e quali possano essere gli strumenti fiscali a disposizione di ciascuno; se i governi locali possono avere una loro dimensione ottimale e come vadano organizzate le relazioni finanziarie tra i livelli di governo; e in caso di decentramento quali ne siano gli effetti sulla spesa pubblica. Ne deriva che il federalismo fiscale per un economista è una teoria ben definita, ma per il giurista non può dirsi altrettanto.

Anche se è di tutta evidenza che gli ambiti considerati sono coincidenti e sovrapponibili con quelli che considerano le scienze giuridiche (il dato reale osservato è il medesimo), la meccanica o semplicistica trasposizione della teoria economica nelle norme giuridiche non appare operazione saggia (oltre che scientificamente possibile) in quanto tra i due ambiti non ci sono linguaggi e concetti comuni e condivisi. E le preoccupazioni che animano la scienza economica non sono le stesse che animano la scienza giuridica (per tutti, si pensi ai sacrifici di soluzioni normative efficienti a favore di quelle che appaiono maggiormente conformi ai valori di eguaglianza e solidarietà)1

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1 Con questo non si vuole certo dire che le due branche siano “a compartimenti stagni” l’una rispetto all’altra, anzi abbiamo evidenziato nel primo capitolo come proprio le teorie di Finanza pubblica e di Pubblic Choice abbiano comunque esercitato forti suggestioni in campo giuridico.

190 Il problema che abbiamo osservato non è forse neppure tanto quello di trovare una definizione giuridica di federalismo fiscale universalmente valida o condivisa, quanto di capire di cosa si stia in realtà parlando. In altri termini per le scienze giuridiche quello del federalismo fiscale è un’etichetta, una forma vuota che va a sostanziarsi e ad assumere significato solo in relazione ai contesti ordinamentali che connotano ogni singolo Stato. Quanto si considerava inizialmente circa la possibilità di vedere il federalismo fiscale come un prisma dalle tante facce e tante sfaccettature trova conferma in quanto si è venuti poi scoprendo con lo studio dell’ordinamento svizzero e di quello italiano. Sotto una comune etichetta osserviamo situazioni profondamente differenziate2.

Se è vero infatti che il federalismo ed il regionalismo sono ormai per comune accettazione manifestazioni dell’unico Stato unitario, motivo per il quale si parla anche di Stati composti, Stati multicentro o policentro, Stati multilivello etc. è anche vero che poi all’interno del federalismo (e degli Stati classificati come federali) e del regionalismo (degli Stati classificati come regionali) si riscontrano grandi differenze, dovute agli assetti costituzionali ed istituzionali presenti. Tali assetti forgiano in profondità il federalismo fiscale: esiste cioè un legame stretto tra assetto ordinamentale e funzionamento delle regole finanziarie e fiscali. Allo stesso tempo è innegabile che le condizioni economico-finanziarie sia dello Stato centrale sia degli enti territoriali agiscano a loro volta sulla composizione dei medesimi assetti: “le decisioni e le regole che governano le relazioni finanziarie sono o possono essere il risultato di fatti economici, dal che, come aveva intuito uno dei primi teorici del federalismo (K.C.Wheare), deriva la flessibilità delle norme che riguardano la parte economica del federalismo. I fatti (l’aumento del debito, per esempio) sollecitano una risposta (i limiti al debito) che può essere legislative o politica o giurisprudenziale a seconda di quali forme di decisione vengano adottate”

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Tanto che si potrebbe con un po’ di malizia pensare che quando gli Svizzeri hanno posto mano alla loro riforma sul federalismo fiscale sapessero esattamente di cosa stessero parlando, mentre quando l’hanno fatto gli italiani … una certa nebulosità è innegabile.

191 Avendo chiara tale conclusione, allora forse è più semplice parlare di federalismo fiscale, che diventa la locuzione sintetica che descrive le relazioni finanziare intergovernative, l’autogoverno responsabile ovvero coglie trasversalmente gli aspetti fiscali/finanziari dello Stato federale/regionale. Comunque lo si definisca esso cioè va ad impattare sulla “provvista di risorse indispensabili all’assolvimento delle funzioni proprie di ciascun soggetto istituzionale, alla modulazione anelastica o discrezionale delle spese ad opera degli enti decentrati, ai meccanismi di equalizzazione e redistribuzione finanziaria tra governi locali e alle inevitabili ricadute delle varie opzioni allocative sul versante della responsabilità degli organi politici nonché sullo sviluppo delle collettività territoriali”3 Probabilmente sotto questo punto di vista non appare allora azzardato affermare che tutti gli Stati multicentro, proprio in quanto tali, hanno un “proprio” sistema di federalismo fiscale, il problema essendo, proprio come si diceva a proposito dei criteri distintivi tra Stato regionale e Stato federale, la “quantità” di autonomia – segnatamente finanziaria – di cui i vari soggetti godono e se e in quale misura tale autonomia è costituzionalmente prevista, garantita e predeterminata.

Tuttavia sappiamo che la distinzione tra regionalismo e federalismo mantiene ancora la sua validità sia per ragioni di diritto positivo sia come categoria concettuale per distinguer lo Stato di attuazione del decentramento all’interno di uno Stato, cosicchè sia codificato che cosa si intende, almeno nelle linee generali, quando parliamo di Stato regionale o di Stato federale. Ecco allora che da questo angolo visuale appare particolarmente difficile parlare di federalismo fiscale all’interno di uno Stato regionale: se esistesse bisognerebbe parlare di regionalismo fiscale!. Ma al di la dell’etichetta, e sempre lì torniamo, quello che si va a ricercare è sempre lo stesso oggetto: il concreto atteggiarsi dei rapporti finanziari tra livelli di governo.

192 E’ dunque proprio sull’asse dell’autonomia con le sue manifestazioni di potere impositivo e di potere di spesa che si appunta quindi l’approccio costituzionale, né potrebbe essere diversamente in quanto il potere fiscale – un Giano bifronte – prelevo per spendere, spendo in quanto prelevo – come è Stato detto è potere per eccellenza4. Ma è anche un potere che, esercitato all’interno di uno Stato che è comunque unitario e sociale, deve confrontarsi pragmaticamente con le differenze sociali e territoriali e provvedere alla riduzione delle differenze tra cittadini e territori.

Certo che il federalismo fiscale va a cogliere temi e relazioni che sono cruciali nella vita di una comunità , estremamente complessi vista la quantità di soggetti ed interessi in gioco ed anche molto “instabili” vista la necessitata duttilità che i rapporti finanziari devono avere per “conformazione genetica”5. Da qui la difficoltà che le scienze giuridiche scontano nel riuscire a coglierlo a tutto tondo dal momento che appare trasversale non solo a più ambiti disciplinari, ma anche a più branche scientifiche; cercando ovviamente di non cadere in quella che A. Vignudelli chiama “la combinazione di segmenti casuali di metodologie assortite ed (al)la formazione di inattesi e poco stabili protocolli concettuali puntellati su “nuove convergenze”: un frullato di giuridicismo, economicismo, sociologismo e pan-politicismo, ove l’interprete brancola stordito tra giustizia e verità alla scompigliata ricerca di un inedito “spirito del sistema” vagheggiando d’un leggendario “out of nowhere”... un’alchimia di caos ed empatia”6.

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M. Bertolissi, passim

5 “La comparazione giuridica di area pubblicistica ha acquisito la piena consapevolezza che al reale comprensione d aspetti fondamentali dell’organizzazione statuale,quali sono i rapporti fragli enti territoriali, passa attraverso l’adeguata considerazione dei profili finanziari di tali rapporti,cosicchè questi ultimi esplicao unanon trascurabile incidenza sulle stesse coordinate generali sottese alle varie teoriein tema di forma di Stato e di tipi di Stato”. G.F.Ferrari, Il federalismo fiscale nella prospettiva

comparatistica, cit.

193 Tuttavia la strada per uno studio giuridico del federalismo fiscale sembra ormai definitivamente aperta, come testimonia la quantità e qualità delle opere italiane e straniere che ormai da qualche anno circolano sul tema. Anche se molto rimane ancora da fare. Certamente l’approccio costituzional-comparatista è quello basilare in quanto vale sempre la considerazione che il diritto costituzionale rappresenta in quanto “tetes de chapitre” di ciascun settore particolare dell’ordinamento una sorta d’introduzione, di cominciamento di formazione” ma a differenza di quanto sostenuto dall’autore che esso “si arresta là dove ciascun “ramo” mette in azione le proprie peculiarità”7,

il sistema del federalismo fiscale richiede un approfondimento maggiore. Perché il potere fiscale, il potere di spesa e la perequazione non sono monoliti e non sono necessariamente disciplinati in modo compiuto da fonti di rango costituzionale. Perché gli spazi di autonomia finanziaria derivano non solo dalle norme di natura costituzionale ma anche da norme di natura diversa. I due ordinamenti considerati testimoniano esattamente di ciò.

Ecco allora che una prima osservazione a conclusione del percorso si impone proprio sul sistema delle fonti.