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3. La finanza “tradizionale” nello scenario post-pandemico e alla luce del

4.5 Oltre il PNRR: la programmazione 2021-2027

4.5.4 Sinergie tra programmi

La programmazione europea 2021-2027, caratterizzata da un forte collegamento tra Quadro Finanziario Pluriennale e il Next Generation EU, ha messo alla luce come sia necessaria una forte sinergia tra le diverse linee di finanziamento dell’Unione Europea in quanto, queste, permettono di incrementare significativamente gli investimenti. Le si-nergie, in generale, esercitano un impatto positivo sulla competitività, l’occupazione e la crescita nell’Unione europea, associando in modo strategico i diversi strumenti di finanziamento dell’Unione europea.

Grazie alla programmazione 2014-2020 la Commissione europea ha evidenziato come le sinergie tra i programmi siano state in grado di aumentare gli investimenti in attività di R&S ed il loro impatto.

Nella programmazione 2021-2027, la Commissione europea intende favorire ulterior-mente le sinergie tra i fondi strutturali e i programmi ordinari inclusi nel Quadro Finan-ziario Pluriennale (QFP) e i programmi afferenti al pacchetto Next Generation EU.

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5. Nuova linfa per capitale di rischio, ag-gregazioni e finanza “alternativa”. Strumenti a di-sposizione delle imprese e disintermediazione

A cura di Simone Trezzi1, Laura Clemente2, Pierluigi Chiarito3, Armando Guarini4 e Sebastiano Zanette5

5.1 La difficile scelta tra capitale di rischio e capitale di debito

Tra le questioni più dibattute nei corsi di finanza aziendale, la scelta tra capitale di ri-schio e capitale di debito è sicuramente uno dei dilemmi che maggiormente incuriosi-sce gli studiosi e i consulenti aziendali e finanziari.

Infatti, la valutazione della struttura finanziaria ottimale, intesa come l’insieme delle fonti di finanziamento utilizzate da un’impresa, è sempre stata un’importante sfida sia dal punto di vista del professionista, nell’intento di suggerire al proprio cliente il giusto ap-porto di capitale proprio rispetto all’ammontare del debito, sia dal punto di vista dell’imprenditore e del management, costantemente alla ricerca della minimizzazione del rischio e massimizzazione del valore aziendale.

In questo paragrafo, si cercherà di delineare quali sono i fondamentali aspetti da tenere in considerazione.

Nella scelta tra capitale di rischio, identificato contabilmente dagli apporti di capitale proprio o patrimonio netto (capitale sociale, da conferimenti effettuati dai soci diversi dal capitale sociale, riserve e utili generati dall’impresa e non distribuiti ai soci, al netto delle eventuali perdite), e capitale di debito, rappresentato in termini gestionali da tutti i debiti di natura finanziaria (sono pertanto esclusi i debiti legati alla gestione del circolan-te, quali, ad esempio, i debiti per dilazioni di pagamento, i debiti tributari, ecc.), uno dei principali elementi da considerare è la cosiddetta “leva finanziaria”, ottenuta dal rappor-to tra debirappor-to e capitale proprio.

Con la leva finanziaria è possibile valutare l’effetto dell’indebitamento finanziario sulla redditività del capitale proprio, misurata dal ROE (Return On Equity). In particolare, è

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1 Presidente Commissione di Studio UNGDCEC “Finanza d’impresa”

2 Segretario Commissione di Studio UNGDCEC “Finanza d’impresa”

3 Componente Commissione di Studio UNGDCEC “Finanza d’impresa”

4 Componente Commissione di Studio UNGDCEC “Finanza d’impresa

5 Consigliere d’Amministrazione Fondazione Centro Studi UNGDCEC

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dimostrabile6 che la redditività del capitale proprio è legata alla redditività del capitale investito, misurata dal ROI (Return On Investment), al costo del capitale di debito, i, e alla medesima leva finanziaria, mediante la seguente relazione matematica:

ROE = [ROI + (ROI – i) ∙ (D / E)] ∙ (1 – s) ∙ (1 – t) dove:

ROE = Return On Equity = reddito netto / capitale proprio

ROI = Return On Investment = reddito operativo / capitale investito i = costo del capitale di debito

D = debiti finanziari E = capitale proprio

s = incidenza della gestione accessoria, finanziaria7 e straordinaria sul reddito operativo t = effetto fiscale delle imposte

Come si può immediatamente notare dalla formula sopra descritta, nel caso in cui la differenza tra ROI e costo del capitale di debito sia positiva, la redditività del capitale proprio cresce all’aumentare della leva finanziaria e, pertanto, all’aumentare del peso dell’indebitamento rispetto al peso del capitale proprio. In caso contrario, cioè la reddi-tività dell’investimento è inferiore rispetto al costo del debito, conviene limitare il ricorso

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6 La dimostrazione dell’effetto leva, tralasciando gli aspetti legati all’incidenza della gestione accessoria e de-gli effetti fiscali, è legata alla seguente relazione:

Reddito netto (RN) = Reddito operativo (RO) – Oneri finanziari (OF) (1) Tenuto conto che:

ROE = RN / E RN = ROE∙E ROI = RO / (E + D) RO = ROI∙(E + D) i = OF / D OF = i∙D

la formula (1) può essere trascritta come segue:

ROE∙E = ROI∙(E + D) - i∙D Dividendo entrambi i membri per E (con E ≠ 0), otteniamo:

ROE = ROI + ROI∙D/E - i∙D/E

Raccogliendo a fattor comune D/E, otteniamo il risultato riportato nella formula fondamentale:

ROE = ROI + (ROI – i)∙D/E

7 Dalla gestione finanziaria sono esclusi gli oneri finanziari. La gestione finanziaria è da intendersi esclusiva-mente legata ai proventi di natura finanziaria non direttaesclusiva-mente legati alla riduzione degli oneri finanziari.

© Cesi Multimedia 91 al capitale di terzi in quanto un eventuale suo aumento causerebbe un effetto moltipli-catore negativo sul ROE.

Il risultato a cui si giunge dalle osservazioni sopra esposte non deve però trarre in in-ganno l’investitore. Infatti, un ricorso eccessivo all’indebitamento potrebbe causare de-gli effetti indesiderati di vario genere, tra cui:

• aumento del rischio dal punto di vista economico, a causa dell’aumento degli oneri finanziari che potrebbero portare ad avere un impatto negativo sul risultato netto dell’esercizio;

• un peggioramento del profilo di rischio dell’impresa.

In particolare, con riferimento a questo secondo punto, un elevato indebitamento po-trebbe causare sia un peggioramento degli equilibri finanziari, soprattutto quelli legati alla correlazione temporale tra fonti e impieghi, e un peggioramento del rating, che po-trebbe a sua volta generare un incremento del costo dell’indebitamento.

Ovviamente, una struttura finanziaria tendenzialmente ottimale (o, comunque, la “più adeguata”) deve essere valutata in funzione della situazione dell’impresa, del suo am-biente di riferimento e degli obiettivi e delle strategie che la stessa prevede di realizzare.

Oltre al fattore legato alla massimizzazione della redditività per i possessori del capitale di rischio, mediante la misurazione dell’effetto leva sul ROE, esistono altri fattori che condizionano la scelta tra capitale proprio e indebitamento finanziario. Si tratta, in par-ticolare, della massimizzazione del valore dell’azienda, la cui analisi non può che spo-starsi sul medio e lungo periodo. Tale circostanza è strettamente legata alla minimizza-zione del costo del capitale proprio, ponendo quindi i due elementi in una relaminimizza-zione esattamente opposta: se l’obiettivo è quello di massimizzare il valore dell’impresa, la struttura finanziaria ottimale (o quantomeno più adeguata) è quella che garantisca la minimizzazione del costo del capitale proprio.

Dal momento che:

V = R / r dove:

V = valore dell’azienda

R = reddito netto dell’azienda (espressione della redditività)

r = tasso di capitalizzazione del reddito (espressione del rischio connesso all’attività) è possibile immediatamente notare che, a parità di reddito R, il valore dell’azienda V cresce al diminuire del tasso di capitalizzazione del reddito r. Quindi, la struttura finan-ziaria dell’impresa per essere ottima (o tendente all’ottimo), ai fini della massimizzazione di V, deve essere tale da rendere minimo r.

Tra le teorie più conosciute in tema di struttura finanziaria e massimizzazione del valore troviamo quella di Modigliani e Miller. Assunto fondamentale della teoria originaria è la presenza di mercati perfettamente trasparenti e informazioni liberamente disponibili, oltre all’assenza di imposte sul reddito di imprese e di investitori. Secondo questi

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sunti, il valore dell’impresa è indipendente dal suo livello di indebitamento e, di conse-guentemente, il costo del capitale dell’impresa non è influenzato dallo stesso.

Per alcuni, infatti, il valore creato da un’iniziativa dipende esclusivamente dalla sua vali-dità industriale e non dalle modalità di finanziamento, intese come composizione tra capitale proprio e capitale di terzi. Ovviamente, oltre a quanto si dirà successivamente, questo potrebbe indurre a cercare presso terzi le fonti di finanziamento, causando quindi un rapporto di indebitamento particolarmente elevato, oltre a un indebolimento della posizione competitiva e, nei casi limite, all’insolvenza dell’impresa.

Inoltre, la summenzionata proposizione si scontra, evidentemente, con la realtà eco-nomica, specie italiana, in cui i benefici fiscali legati alla deducibilità degli interessi pas-sivi, fa sì che il valore dell’impresa aumento all’aumentare dell’indebitamento. In parti-colare:

V = Vnon indebitata + VAbenefici fiscali indebitamento

Infine, non si può prescindere da alcuni contesti operativi in cui opera l’azienda, tra cui:

• il contesto macroeconomico di riferimento;

• il settore di riferimento;

• le caratteristiche specifiche dell’impresa;

• le caratteristiche del fabbisogno finanziario;

• le caratteristiche degli azionisti (famigliari, fondo investimento, …);

• le condizioni di mercato e rapporto dell’azienda con il mercato finanziario.