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Situazione socio-economica del Senegal e prospettive

Nel documento Filippo Concollato (pagine 58-63)

2.1. Dall’indipendenza coloniale al Senegal contemporaneo

2.1.1. Situazione socio-economica del Senegal e prospettive

Il Senegal è un Paese in cui emergono forti contrasti: alla crescente urbanizzazione corrisponde una vita rurale ancora legata alle tradizioni, alla nuova frontiera economica delle comunicazioni fa da contraltare il settore agricolo, settore portante dell’economia nazionale. Alla modernità importata dall’occidente industrializzato si contrappone una religiosità molto diffusa, custode di poteri che risalgono a molti secoli fa.

Il Paese è caratterizzato da una forte polarizzazione territoriale, Dakar ha storicamente concentrato in sé le funzioni amministrative ed economiche, mentre il resto del Senegal ha mantenuto strutture tradizionali, in una condizione di subalternità rispetto alla capitale. Le disuguaglianze tendono a moltiplicarsi: luoghi ricchi e luoghi poveri, città che dominano le campagne. Dakar e le città principali si trovano ad essere soggette a un forte inurbamento creando un divario, ancora più dispendioso per lo stato, fra la città e la campagna.

allo sviluppo del Paese: persegue un vantaggio a breve termine, incoraggiata dagli interessi stranieri che la invitano a svendere il patrimonio naturale del Paese promuovendo un modello occidentale di monocultura5. La campagna si trova ad essere lo “scarto” della città, senza avere valide prospettive d’uscita da una situazione di sfruttamento produttivo.

Si incrementano così le migrazioni interne verso la città, soprattutto verso la capitale, che già negli anni ’50 accoglievano un massiccio esodo dalle campagne.

Si è venuto a creare un “circolo vizioso” per il quale il peggioramento delle condizioni di vita nelle campagne alimenta l’emigrazione verso i centri urbani. I massicci investimenti in queste aree, dovuti a elevati tassi di inurbamento, non equilibrati da interventi adeguati nelle zone rurali, aggravano i flussi migratori. La pressione esercitata da tale inurbanizzazione crea problemi aggiuntivi a strutture già congestionate, aggrava gli squilibri urbano-rurali e sottrae risorse umane al tentativo di affrontare su basi nuove il problema dello sviluppo rurale e dell’autosufficienza alimentare.

La maggioranza della popolazione attiva del Senegal è occupata in agricoltura, le principali colture sono quelle dell’arachide e del miglio. La coltivazione delle arachidi ha rappresentato e rappresenta tuttora l’attività più importante del settore agricolo senegalese.

La dipendenza del settore agricolo senegalese dalla coltura dell’arachide rappresenta il retaggio di scelte di politica economica attuate dall’amministrazione coloniale francese, in quanto finanziate con capitale francese.

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Lo sviluppo della coltivazione di questo prodotto è iniziato quando fu individuato nella sua esportazione l’opportunità di generare un reddito in grado di giustificare il mantenimento di una colonia. I colonizzatori francesi avevano privatizzato parte della terra di proprietà della comunità, avevano occupato le terre libere e finito con l’imporre in quasi tutto il territorio la coltivazione dell’arachide, portando a una situazione di monocoltura.

È quanto è avvenuto nella zona centro-occidentale del Paese, in seguito denominata “Bassin de l’Arachide”, la scelta di questa zona fu dettata probabilmente dalla facilità di trasporto del prodotto verso Dakar ma non si tenne conto del carente regime pluviometrico.

La scelta della monocoltura dell’arachide è stata continuata anche dal governo post-coloniale, in quanto atta a produrre i surplus necessari a finanziare gli altri settori dell’economia. Purtroppo oggi siamo di fronte ad una serie di fattori che hanno caratterizzato il trend negativo nella coltura delle arachidi e nell’agricoltura in generale. La progressiva erosione dei terreni e la siccità hanno sempre più caratterizzato le stagioni agricole, provocando nel lungo periodo una tendenziale diminuzione delle rese e l’abbandono dei terreni con conseguenti crolli improvvisi della produzione. A ciò si deve aggiungere la presenza di una struttura di commercializzazione fortemente monopolistica accentrata nelle società statali e una politica dei prezzi penalizzante per i produttori.

Il Senegal negli ultimi anni ha fatto registrare un forte incremento demografico che si traduce in una maggiore disponibilità di forza lavoro più giovane e conseguentemente in un aumento della disoccupazione giovanile. È proprio dai giovani che provengono le maggiori critiche a Wade, colpevole, secondo loro, di aver proseguito lungo il percorso di “svendita”,

avviato da Diouf, del Paese alle multinazionali. I gruppi industriali francesi sono i principali padroni di gran parte dei settori economici privati: dalle telecomunicazioni (France Télécom) alle catene alberghiere (Bolloré, Bouygues) arrivando fino all’acqua. La maggior parte di queste aziende sono state acquisite in seguito alla svalutazione del Cfa, avvenuta nel gennaio del ‘946.

In linea generale gli orientamenti economici fondamentali di Diouf non sono mutati e il programma di privatizzazione delle grandi imprese nazionali prosegue: dalla Società nazionale del Senegal (Senelec) alla società per lo sviluppo delle fibre tessili del Senegal (Sodefitex).

La posizione sociale del Senegal negli ultimi anni è peggiorata fino al punto che il Paese è stato inserito, nel luglio del 2000, nella categoria dei paesi meno avanzati (PMA)7. Più del 65% degli abitanti vive al di sotto della soglia di povertà e l’accattonaggio, fenomeno già presente ma non diffuso, è aumentato visibilmente sulle strade8. La frustrazione è accresciuta dal fatto che il Senegal è il Paese dell’Africa francofona che riceve più aiuti, 105,29 euro per abitante, vale a dire 2,5 volte in più della media del Medio Oriente. Negli ultimi due anni la tensione sociale si è manifestata a più riprese, nel 2001 si è verificata la protesta del contingente senegalese della missione delle Nazioni Unite in Congo che, tornato in patria non venne pagato.

Come in tutti i paesi poveri, è l’ampiezza del settore informale che da un’idea delle relazioni sociali. Vera e propria valvola di sicurezza e di

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A. MBEMBE, Prove di democrazia all’africana, in Le Monde Diplomatique, ottobre 2001. 7

Definito dalla Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e per lo sviluppo (Unctad), lo status di PMA attribuito secondo tre criteri: livello debole del prodotto interno lordo per abitante; insufficienza di risorse umane; assenza di diversificazione economica

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sopravvivenza in periodo di crisi, questo è il settore in cui è impegnata la stragrande maggioranza degli abitanti. A beneficiare di questo enorme esercito di “irregolari” sono tutte le attività produttive, in particolare i settori del turismo e dei trasporti che si sono sviluppati enormemente negli ultimi anni grazie a grandi investimenti anche stranieri.

Il movimento associativo in Senegal si è fatto carico di molte funzioni essenziali, sostituendosi ai servizi pubblici inadempienti, dalla sanità all’istruzione e alla sicurezza. Le istituzioni internazionali si stanno rendendo conto dell’importanza di questa soluzione in panorami economici desolanti come quello africano. Le attività produttive locali collegate con le Ong (organizzazioni non governative) hanno un impatto positivo sull’economia reale dei paesi africani. I maggiori problemi incontrati da questa economia “parallela” stanno nel riconoscimento giuridico e fiscale da parte dello Stato.

La federazione delle Ong del Senegal (Fongs), inserita nel Comitato di concertazione nazionale degli agricoltori (Cncr) e con il finanziamento della Banca Mondiale, ha promosso progetti sperimentali legati alla produzione del riso. Alcuni di questi progetti hanno avuto esiti positivi, questo è l’esempio che un investimento sostenibile in tutte le sue forme può fare più dei piani di sviluppo da milioni di euro o dollari che, secondo un detto senegalese : “quando partono da così in alto, difficilmente arrivano così in

Nel documento Filippo Concollato (pagine 58-63)