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SOCIETA’ DI INCORAGGIAMENTO DELL’INDUSTRIA NAZIONALE

PARAGRAFO III: PREMI E INCENTIVI

VII: SOCIETA’ DI INCORAGGIAMENTO DELL’INDUSTRIA NAZIONALE

Abbiamo più volte chiamato in causa nel corso del divenire del presente lavoro il ruolo importante svolto dai francesi per mezzo della modernizzazione forzata imposta alle strutture economiche e sociali del Dipartimento del Taro, facendo notare come essa spesso si sia concretata in una volontà centralizzata proveniente direttamente da Parigi.

La struttura che forse più di tutte riassume in sé e nei suoi atti questa attività di modernizzazione tanto imposta quanto centralistica è la società d’incoraggiamento dell’industria, la cui sede era ovviamente a Parigi. Si trattava di una struttura tecnica in cui trovavano posto scienziati, politici e imprenditori avente il compito di studiare l’introduzione di tutte le migliorie possibili al sistema produttivo francese e imperiale in ogni settore. Essa si avvaleva delle consulenze e dei contributi più disparati e rifletteva la mentalità tipica del sistema economico francese, volto alla modernizzazione grazie ad una forte presenza dello Stato e al conseguente dirigismo nella promozione di ogni settore economico in accordo con le attività del privato.

Questo sistema aveva tuttavia consentito alla Francia di tenere il passo con l’Inghilterra dal punto di vista strategico e geopolitico nel corso del ‘700, nonostante che la rivoluzione industriale inglese si fosse basata su un modello liberista molto diverso da quello post-colbertista francese, che comunque aveva permesso ai transalpini di essere stabilmente la seconda potenza economica e la prima militare terrestre sul continente.

Fu logico che, dopo gli sconvolgimenti rivoluzionari e l’avvento di Napoleone, l’accresciuto potere dello Stato francese già acutamente notato da Marx, (149) si era risolto in un maggior peso del medesimo anche nelle questione economiche, vero crocevia della guerra contro l’Inghilterra intrapresa da Bonaparte, che aveva la

149: Karl Marx, La guerra civile in Francia, Editori Riuniti, Roma, 1990, pp. 32-36

possibilità di vincerla solo agendo per sviluppare il sistema economico francese e deprimere nel contempo quello inglese. Nei fatti quindi, la Società di incoraggiamento dell’industria nazionale costituiva l’altra faccia della medaglia del blocco continentale nell’accanita lotta per l’egemonia tra Francia e Inghilterra. Fatale dunque che un sistema economico come quello francese così condizionato dalla politica imperialista di Bonaparte finisse per essere guidato o quanto meno orientato da una società ad hoc, che contribuì allo sviluppo dell’economia francese e quindi anche al progresso di quella del Taro, che mai in passato aveva conosciuto coordinazione, rigore e pianificazione volti all’accrescimento della produzione economica, sia pure nelle parti necessarie ad alimentare il sogno egemonico di Napoleone.

Questa società non era nel Taro solo l’espressione dei desiderata parigini, ma coadiuvava concretamente i tecnici e le autorità locali fornendo proposte e risposte volte alla massimizzazione produttiva e qualitativa di alcuni rami economici del Dipartimento di Delporte. Già prima del suo insediamento il 15 gennaio 1810 la società di incoraggiamento scriveva all’allora prefetto Nardon (150) sollecitando l’adozione di un piano complessivo di sviluppo economico e produttivo, incentrato sulla barbabietola che, come già visto prima, riscosse un buon successo produttivo una volta introdotta nel sistema agricolo del Taro. Come ampiamente spiegato in precedenza, lo zucchero costituiva una frontiera della lotta tra Francia e Inghilterra e in questo senso venivano incentivati gli sforzi dei tecnici locali come Gottardi e Cerati che erano riusciti a mettere a punto un metodo per estrarre lo zucchero dal miele, pubblicamente lodato e incentivato dalla Società in una comunicazione del 14 marzo 1811 (151).

Essa teneva d’occhio i centri produttivi autarchici come la casa circondariale di Parma e il Deposito di mendicità di Borgo San Donnino messi su da Delporte durante la sua Prefettura, ma si peritava anche di dare consigli più generali da diffondere presso gli operatori economici privati o gli scienziati che lavoravano al servizio delle

150: Vedi supra nota 121 151: Ibidem

migliorie della produzione e che trovavano nella Società un concreto punto di riferimento, principalmente per quanto riguardava la formazione professionale e la circolazione delle idee della comunità scientifica applicate alle esigenze della produzione. Ad esempio da Parigi il 2 ottobre 1812 il ministro delle manifatture scrive a Delporte (152) per informarlo della proposta della Società mirante a stabilire i premi e a dare un parere sui prezzi per i beni prodotti all’interno degli opifici di Stato. Da ciò si vede quanto in essa la competenza scientifica si sposasse con la conoscenza delle dinamiche macroeconomiche, tanto da consentire che la Società fosse ascoltata in materia di prezzi, tema questo, di solito sottoposto alla mera autorità del mercato, che però, a Parma come altrove, era in una fase embrionale, almeno per il significato che diamo noi oggi a questo termine.

In questo caso il compito di Delporte è solo quello di trasmettere queste valutazioni ai sindaci e ai sottoprefetti in modo da farle applicare al momento della vendita dei beni prodotti presso gli opifici pubblici. Ovviamente una parte importante spettava al Giornale del Taro, individuato dal ministro delle manifatture come il veicolo più adeguato per far conoscere alla cittadinanza i prezzi dei prodotti creati nel carcere di Parma e nel Deposito di mendicità di Borgo San Donnino. In quest’ultimo venivano monitorati non solo i prezzi, ma anche la quantità e la qualità del lavoro svolto. In un documento del 29 giugno 1811 (153) scritto dal direttore del Deposito Stefano Sanvitale probabilmente al prefetto Delporte si parla delle produzioni realizzate all’interno della struttura sanitaria e produttiva nel primo semestre del 1811. In particolare i degenti-lavoratori hanno prodotto 4189 abiti completi da uomo, 990 camicie, svariati altri indumenti, 400 chili di filo di lino e di lana ed oltre 760 metri di stoffe varie. 70 bambini, 141 anziani ed oltre 400 storpi hanno contribuito a questo sforzo produttivo, ovviamente frutto degli indirizzi presentati dalla Società, grazie all’aiuto di numerosi infermieri capaci di seguire, integrare e correggere il lavoro dei degenti. Sanvitale accenna in seguito ai costi di produzione della materia prima

152: Vedi supra nota 50

153: ASP, Fondo Governatorato di Parma, busta 90, fascicolo 149

sostenuti (quelli della manodopera erano ovviamente ridotti al minimo, e si limitavano al vitto e all’alloggio) in modo da fornire ai membri della Società gli elementi economici locali minimi per stabilire dei prezzi di vendita sensati, oltre che per organizzare il lavoro sulle priorità produttive che la mutevole situazione politica e militare europea finiva per determinare.

Appare chiaro anche qui come lo sforzo di modernizzazione centralistica si incontrasse con le esigenze della produzione locale e con le capacità di assorbimento di determinati prodotti da parte del mercato territoriale, il che costituiva un fattore di importanza non trascurabile, specie in quelle zone più arretrate come il Taro, in cui il malagevole trasporto delle mercanzie prodotte finiva per incidere notevolmente sui prezzi finali dei beni prodotti anche in loco.

Il ruolo dirigista della Società faceva il paio con le pressioni che arrivavano a Delporte dai ministri dell’interno e delle manifatture, quasi a segnare la stretta connessione tra economia e politica che aveva segnato la storia francese in generale e quella dell’età napoleonica in particolare. In una lettera inviata dal primo al nostro prefetto il 28 marzo 1811 (154) si fanno presenti le aspettative della Società e del mondo politico parigino circa la produzione di zucchero dall’uva e l’ottenimento dello sciroppo di acini, da affiancare agli sforzi produttivi già sostenuti con la barbabietola. Nella missiva si chiede a Delporte di inviare nella capitale francese diversi campioni dello zucchero prodotto nel Taro, in modo da certificarne la qualità, le tecniche di lavorazione ed un’adeguata proposta di premi e prezzi da assegnare a questo prodotto.

Per gli anni 1812-1815 la Società punta ad una produzione annua di barbabietole superiore ai quindicimila chili nel Taro e ritiene che uno stanziamento di ventimila franchi sia più che sufficiente per fare iniziare i lavori di costruzione dello zuccherificio di Stato, ubicato all’interno del Deposito di mendicità. Altri ottantamila franchi serviranno per coprire tutte le spese di produzione dello zucchero, legato ad obiettivi di produzione frutto degli studi tecnici presentati dalla Società, che lasciano

154: Vedi supra nota 121

margini prevedibili di guadagno anche di decine di migliaia di franchi annui, a vantaggio sia della struttura pubblica che dei privati che sapranno fare affari con essa a partire dalla destinazione di quote consistenti dei propri fondi alla coltura della barbabietola e dell’uva, da far lavorare in seguito presso gli ateliers del Deposito diretto da Sanvitale. Questo sforzo produttivo è tanto più necessario poiché è accompagnato dal decreto imperiale del 25 marzo 1811 (155) che disciplina lo sforzo produttivo interno dell’indaco e dello zucchero, mettendo contemporaneamente al bando le importazioni dall’estero di questi prodotti. Napoleone voleva il massimo dai suoi sudditi: e per averlo era disposto a lasciarli a corto di zucchero e di colorante se non si fossero mostrati solerti nel produrli, ovviamente tenendo conto del ruolo-guida che lo Stato si assumeva nell’incentivare e formare i produttori agricoli in modo da rendere proficui al massimo i loro sforzi.

La longa manus in tal senso dello Stato napoleonico era proprio la Società d’incoraggiamento, il cui ascoltato parere diventava un’autorevole direttiva agli occhi dei ministri di Bonaparte e delle autorità locali, espressione della volontà politica del governo sul territorio. Il 16 ottobre 1812 (156) il prefetto Delporte scrive al sottoprefetto di Parma per metterlo al corrente delle proposizioni della Società che nei fatti erano delle linee-guida per organizzare la produzione economica sul territorio. In particolare si tratta di stampare e diffondere in numerose copie i premi previsti dalla Società per gli anni andanti dal 1813 al 1815, in modo da stimolare nella misura maggiore possibile la solerzia e lo spirito d’emulazione tra i produttori, in primo luogo quelli del mondo agricolo. Ovviamente quest’opera richiedeva una diffusione quanto più possibile ampia proprio per gli scopi che si prefiggeva, il che spiega come nel Giornale del Taro a più riprese si sia dato spazio ai programmi e alle iniziative della Società, anche se esse venivano inquadrate più in un’ottica scientifica di amore per la ricerca, il sapere e l’applicazione dello stesso che non nel quadro politico e dirigista di cui essa era l’effettiva emanazione. A questo proposito è indicativa la lettera scritta dal ministro delle manifatture a Delporte il 31 dicembre

155: Ivi

156: Vedi supra nota 48

1812 (157): in essa si chiede al prefetto di attivarsi per far conoscere quanto prima e meglio i programmi approntati dalla Società tra il ’13 e il ’17 e consistenti nello sviluppo dell’autarchia agricola e in quello dell’industria tessile e militare, diffondendoli con tutti i mezzi di cui dispone alle categorie economiche territoriali potenzialmente interessate.

In particolare si tratta di informare i sottoprefetti, i sindaci dei comuni grandi e piccoli, i membri della Camera di commercio, la Camera consultativa delle manifatture, il periodico locale, in modo da pubblicizzare non solo la presente iniziativa, ma anche di mettere in luce i successi nella soluzione di problemi tecnici legati alle attività produttive conseguiti dalla Società negli anni precedenti.

A detta del ministro è questo il miglior modo per il prefetto Delporte di dimostrare di avere a cuore il progresso delle scienze e delle arti nel territorio di sua competenza.

E’da notare come gli enti economici e politici siano coinvolti alla stessa maniera in questo sforzo di applicazione delle direttive dall’alto, il che mostra ancora una volta il carattere eminentemente politico, per quanto abilmente taciuto dalle autorità centrali e locali e dai loro organi di stampa, delle operazioni connesse alle attività di promozione e di orientamento dell’agire economico che erano proprie della Società di incoraggiamento.

157: Vedi supra nota 49