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Stabilità dei fronti di cava

APPENDICE 1.2.1 STATISTICHE INAIL. ADDETTI, PAT E INFORTUNI

2.2 SICUREZZA DEI FRONTI DI CAVA

2.2.2 Stabilità dei fronti di cava

L’analisi e la valutazione della stabilità dei fronti rientra quindi tra gli obblighi del datore di lavoro, essendo essa parte integrante dei contenuti del DSS ed indicata al punto m) dell’art. 10 del d.lgs. 624/1996 come uno degli elementi per i quali deve essere effettuata, preliminarmente alle attività estrattive e per ogni tipologia di coltivazione, la valutazione dei rischi “e la conseguente individuazione delle misure e modalità operative, indicando in particolare le soluzioni adottate, o l’assenza di rischio”. Per le cave a cielo aperto l’analisi preliminare di stabilità dei fronti deve prevedere un aggiornamento annuale, come richiamato dall’art. 52 dello stesso decreto, ed includere indicazioni di carattere tecnico in merito alla geometria e al metodo di coltivazione, in funzione della natura e dello stato del terreno e dei macchinari impiegati.

L’obbligo, in capo al datore di lavoro, di effettuare le analisi di stabilità prima del-l’inizio delle coltivazioni, quindi, è dettato giuridicamente da prescrizioni diverse (artt. 10 e 52 del d.lgs. n. 624/96) sebbene si esplichino, sul piano tecnico, entram-be con la redazione da parte di tecnico abilitato di una analisi di stabilità.

L’art. 10 del d.lgs. n. 624/96 dispone sostanzialmente la valutazione dei rischi, e tra essi quelli derivanti dalla instabilità dei fronti, individuando le misure di prevenzio-ne e protezioprevenzio-ne per il loro abbattimento alla fonte e la riduzioprevenzio-ne degli effetti di

possibili eventi dannosi; l’analisi di stabilità del sito, intesa come valutazione del rischio inerente possibili instabilità dell’ammasso roccioso o del terreno oggetto di coltivazione, è richiesta per tutte le tipologie di coltivazione e deve essere chiara-mente aggiornata, al pari di altri contenuti del DSS che ricordiamo essere un docu-mento dinamico, a seguito di ogni modifica significativa dei luoghi e dei metodi di coltivazione usati, di eventi naturali eccezionali (meteorici, sismici ecc.) e di ogni circostanza che possa influire sulle situazioni di rischio per i lavoratori, anche in funzione della durata temporale dell’attività. Spunti di riflessione per ulteriori aggiornamenti possono derivare a seguito di accadimenti inaspettati, quali infor-tuni e incidenti che abbiano evidenziato la presenza di rischi non previsti o l’inade-guatezza di misure di prevenzione, oppure quando il progresso tecnico e scientifi-co fornisce la possibilità di ridurre o eliminare alcuni rischi.

Le analisi di stabilità condotte preliminarmente per tutte le tipologie di cave, con l’obiettivo di soddisfare la valutazione del rischio inerente la stabilità dei fronti ai sensi dell’art. 10, devono essere aggiornate annualmente, ex lege, solo per le cave a giorno, come prescritto dall’art. 52 dello stesso decreto, applicabile specificata-mente alle attività a cielo aperto, che riguarda maggiorspecificata-mente l’intera vita proget-tuale dell’opera e tende, di fatto, al monitoraggio del soddisfacimento dei requisiti di sicurezza rispetto a quanto progettato, sia dal punto di vista geometrico che operativo con obblighi in capo anche al direttore responsabile delle attività.

La gestione, quindi, della sicurezza legata alla stabilità dei fronti acquisisce una connotazione dinamica, strettamente legata allo sviluppo nel tempo delle attività estrattive.

In precedenza, con riferimento alla stabilità dei fronti, solo alcune prescrizioni su geometria degli scavi, modalità di lavoro e verifica dei pericoli erano contenute nel d.p.r. 128/1959, in particolare riguardanti la pendenza dei fronti di scavo (art. 119), la condizione dei terreni di copertura (art. 118), le modalità e le precauzioni da adottare durante le escavazioni (art. 120-122) e l’ispezione visiva delle bancate per accertare eventuali pericoli presenti, soprattutto a seguito di brillamenti di mine, forti piogge e disgelo (art. 117).

La stabilità dei fronti rappresenta uno dei fattori determinanti dell’intero progetto di coltivazione, in quanto le operazioni di abbattimento determinano sempre, sep-pur in maniera variabile, una perturbazione delle condizioni di equilibrio dei terre-ni, siano essi roccia, materiale aggregato o sciolto. La misura di tale perturbazione, fino eventualmente alla rottura dell’equilibrio preesistente, dipenderà dalla reci-proca interazione della metodologia e della geometria di scavo con le caratteristi-che geologicaratteristi-che, geo-strutturali, fisicaratteristi-che e meccanicaratteristi-che, lo stato tensionale, le condi-zioni idrauliche e idrogeologiche dell’ammasso oggetto di coltivazione che posso-no, per particolari litologie, mutare anche nel tempo.

In effetti nelle cave a cielo aperto il personale può essere esposto a differenti tipi di processi d’instabilità dei versanti. I collassi di roccia possono dipendere da una serie di fattori predisponenti, la maggior parte dipendente dalle relazioni tra con-dizioni geologiche locali e attività specifiche di cava. Concon-dizioni di pericolo

posso-no incorrere ad esempio quando sfavorevoli caratteristiche sedimentologiche e discontinuità geologiche (faglie, giunti ecc.) di masse rocciose sono rese più criti-che dall’estrazione di materiale. Così come è da evidenziare il ruolo cruciale gioca-to da caratteristiche morfologiche, quali versanti con forti acclività, nel potenziale innesco di crolli rocciosi. Come ampiamente dimostrato in letteratura, la compren-sione delle relazioni geometriche tra discontinuità geologiche e morfologia dei versanti è essenziale per valutare il potenziale rischio di cadute rocciose, poiché l’orientamento del set di fratture può influenzare sia le dimensioni che i meccani-smi di rottura dei blocchi di roccia soggetti a collasso.

L’analisi di stabilità indaga in via preliminare l’insieme di tali fattori, ma deve tener conto anche di tutte le condizioni o le azioni che possono rivelarsi causa di disse-sto (eventi meteorici straordinari, sismicità indotta o naturale, isolamento di bloc-chi o cunei ecc.) e costituisce la base, unitamente ad altri parametri di tipo indu-striale ed economico, su cui orientare le scelte progettuali. Per tale motivo le valu-tazioni devono essere fortemente tarate al contesto specifico in modo da rappre-sentare uno strumento utile alla individuazione di misure necessarie al manteni-mento o al raggiungimanteni-mento di un equilibrio stabile del complesso terreno-fronte di scavo, allo stato iniziale e in fase di esercizio durante lo sviluppo delle lavorazioni, fornendo anche i criteri per la loro corretta attuazione.

In linea teorica il problema della stabilità dei fronti potrebbe essere affrontato con un approccio di tipo probabilistico, in cui gli elementi coinvolti nelle valutazioni possono esprimersi come funzioni di distribuzione di probabilità. La stabilità stes-sa del fronte è definita come la probabilità che la funzione che individua il cosid-detto rapporto fra i fattori stabilizzanti e quelli destabilizzanti (indicato general-mente come Fattore di sicurezza o anche rapporto Rd/Ed) rimanga al di sopra di un valore limite, scelto in maniera cautelativa secondo le condizioni e gli schemi del metodo di calcolo utilizzato. Tale approccio terrebbe conto della variabilità dei parametri di resistenza dei materiali e delle incertezze associate ai meccanismi di instabilità che si ripercuotono sui modelli concettuali e geotecnici che si sceglie-ranno per le analisi. Tuttavia esso si rivela difficilmente applicabile nella realtà per l’elevato numero di prove necessarie per avere distribuzioni significative dei para-metri, per la generale variabilità del dato geologico, la complessità delle elabora-zioni e l’insieme delle incertezze di cui è necessario tenere conto.

Per tale motivo nella definizione del modello geologico-geotecnico è necessario far ricorso a osservazioni e stime di tipo sperimentale da condurre in situ e/o in labora-torio. Per questo andranno preferite, per quanto possibile, attività di esplorazione diretta sul campo durante le indagini preliminari, da espletarsi mediante uno studio topografico, stratigrafico, strutturale, geomorfologico e idrogeologico a gradi cre-scenti di dettaglio fino alla scala del singolo fronte di avanzamento o bancata, così come la caratterizzazione geo-meccanica dei materiali avverrà mediante prove spe-rimentali e test di laboratorio, assicurandosi che i dati ottenuti siano sufficientemen-te rappresentativi del comportamento dell’insufficientemen-tero affioramento produttivo, o almeno per porzioni di esso riconosciute omogenee dal punto di vista geo-meccanico.

L’approfondimento delle indagini sperimentali, condotte con i criteri appena espo-sti, sarà proporzionato al contesto di potenziale instabilità e ai rischi connessi, tenendo conto della complessità geologica e geo-meccanica del sito e della rile-vanza delle attività in progetto in funzione delle dimensioni, del numero di mae-stranze interessate, dei livelli di esposizione al rischio, della loro durata e della prossimità dell’impianto ad aree più o meno antropizzate.

Considerata l’incertezza insita nella stima di molti parametri, le valutazioni dovran-no essere condotte sulla base di ipotesi tanto più cautelative quanto più scarsa è la disponibilità di dati sperimentali per i parametri significativi sul piano della sicu-rezza, tra cui coesione e angolo di attrito interno di terre e rocce, la distribuzione delle tensioni e la presenza di sovrapressioni idrauliche, valutando eventualmente mediante analisi parametriche il peso di tali fattori sulla stabilità, o instabilità, dei fronti al loro variare iniziando dalle condizioni più sfavorevoli. È da evitare in ogni caso l’adozione indiscriminata di dati di letteratura o valori che non abbiano una robusta validazione sperimentale. Il passaggio successivo consiste più propria-mente nella verifica della stabilità dei fronti facendo riferimento a modelli di cal-colo e metodologie di analisi maggiormente adeguati alla situazione studiata, sia sul piano logico che su quello tecnico. Per tale motivo, la normativa di settore non indica i criteri tecnici a cui uniformarsi nella analisi lasciando, quindi, alla sensibi-lità e all’esperienza del tecnico incaricato il compito di individuare il metodo com-putazionale che offre maggiori garanzie di cautela e risulta più idoneo tra quelli validati e disponibili nella letteratura scientifica nazionale e internazionale, nelle disposizioni legislative e nelle norme tecniche, anche non di settore, il cui insieme costituisce lo “stato dell’arte” della scienza geotecnica, con particolare riguardo alla meccanica delle terre e delle rocce, che potremo definire nel complesso le norme di buone prassi. Per maggiori approfondimenti si rimanda al capitolo dei riferi-menti tecnici e normativi.

Gli esiti del progresso tecnico e scientifico sui criteri di progettazione nel campo dell’ingegneria civile e della geotecnica, ha determinato lo sviluppo di metodi di tipo semi-probabilistico agli stati limiti nelle verifiche di sicurezza, i quali consento-no anche di introdurre gli effetti della risposta sismica locale nella valutazione. I metodi caratterizzati da un approccio semi-probabilistico risultano, in genere, maggiormente cautelativi rispetto a quelli che fanno tradizionalmente riferimento alle tensioni ammissibili ma, a seconda del modello geologico definito con le inda-gini preliminari su cui si applica, questa condizione può venir meno. Per tale moti-vo la scelta dell’uno o dell’altro approccio va valutato caso per caso, a seconda della situazione oggetto di analisi, preferendo il modello di verifica concettualmen-te più cauconcettualmen-telativo da seguire in maniera rigorosa.

In caso di situazioni complesse è certamente possibile fare riferimento a modelli numerici e altri strumenti computazionali evoluti, ampiamente disponibili al gior-no d’oggi. Tali tecniche consentogior-no di analizzare il comportamento tenso-defor-mativo dei terreni allo stato di fatto e a quello di progetto con maggior grado di approfondimento purché vengano utilizzati in maniera oculata, valutando

preven-tivamente l’effettiva rappresentatività del modello scelto (2D, 3D, continuo, discon-tinuo etc.) al contesto reale oggetto di studio e adottando una serie di azioni per ottenere risultati affidabili e tecnicamente coerenti.

In altri termini occorre la consapevolezza che mai un modello può riprodurre in modo virtuale la situazione reale del sito in esame. Il comportamento del terreno, infatti, può discostarsi localmente, anche in modo sensibile, dalle condizioni medie per la numerosità e l’ampia variabilità dei fattori e delle grandezze in gioco, e descrivere in maniera deterministica tali situazioni può risultare di difficile attua-zione per qualsiasi modello numerico, soprattutto se applicato a grande scala.

Per questo motivo ogni modello matematico deve essere oggetto di calibrazione;

per i punti in cui sono state svolte le indagini in campo il modello deve fornire, variando reiterativamente i dati in ingresso e le condizioni al contorno, valori con-frontabili ai parametri fisici e geo-meccanici dei terreni rilevati sperimentalmente, pena la sua non idoneità ad essere utilizzato.

Le analisi parametriche (dette altrimenti di sensitività) di cui si è fatto cenno in pre-cedenza consentono di stimare, valutandone la variabilità, come e in quale misura i diversi fattori influenzano la stabilità dei fronti a seguito delle alterazioni geome-triche e di morfologia, rispetto alla condizione iniziale, in relazione alle modalità di svolgimento e le tempistiche delle attività estrattive previste.

Una corretta valutazione del rischio, quindi, implica un approccio rigoroso e di estrema cautela nella valutazione dei potenziali fenomeni di instabilità, soprattut-to nelle fasi iniziali dell’analisi e qualora manchi una robusta base sperimentale nella stima dei parametri caratteristici dei materiali.