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L’impresa fiumana nacque come un’opera letteraria. Fin dal suo “arruolamento” alla causa di Fiume, Gabriele d’Annunzio non abbandonò mai la penna. Ogni episodio dell’impresa, dal 12 settembre 1919 al 2 gennaio 1921, è dotato di una didascalia scritta in “presa diretta” dal

192 v. D. Massagrande, Italia e Fiume, 1921-1924: dal Natale di sangue all’annessione, Milano, Cisalpino-Goliardica,

1982, pp. 1-2; cfr. Ercolani, Da Fiume a Rijeka, cit., p. 113.

193 De Felice, D’Annunzio politico, cit., pp. 90-96; cfr. Id., Il rivoluzionario, cit., pp. 653-654. 194 Ercolani, Da Fiume a Rijeka, cit., p. 114.

195 Gerra, op. cit., II, pp. 265-268.

196 Sulle vicende del “Natale di sangue”, Ibid., pp. 275-286.

197 Il nuovo governo fiumano era composto da annessionisti, che accettarono lo stato libero come una condizione

provvisoria in vista delle nuove elezioni cittadine. D. Massagrande, Italia e Fiume, cit., pp. 2-4.

198 Gerra, op. cit., II, pp. 302-304. 199 Ibid., pp. 303-307.

“Comandante” stesso. Discorsi, proclami, atti ufficiali e persino lettere private formarono un “poema in diretta” il cui scopo fu conferire significato all’occupazione della città del Quarnero. Le rotte di movimenti e individui dagli scopi radicalmente differenti confluirono tutte nello stesso luogo, nello stesso momento storico, nutrendosi della stessa narrazione e facendola propria.

Una volta terminata la scrittura dell’opera - ovvero conclusasi l’esperienza legionaria di Fiume - fu inevitabile che il manoscritto rimanesse alla mercé degli eredi. Le esperienze individuali dei reduci confluirono in miti politici discordanti che, a loro volta, generarono una memoria storica divisa tra diverse letture del passato. Sin dal momento in cui fu concepita, l’impresa fiumana pose il problema della sua interpretazione storiografica.

La principale letteratura sull’impresa fiumana va distinta in due aree cronologiche che hanno la Seconda Guerra Mondiale come discrimine. Le pubblicazioni comparse a ridosso dell’impresa e durante il ventennio fascista erano opere di attualità o di storia recente, i cui contenuti dipendevano dalle contingenze politiche o dai filtri della censura. Le vicende dei loro autori e della loro realizzazione le rendono documenti importanti e dunque, assieme alla memorialistica, potrebbero costituire una buona fonte per una ricerca sul mito fascista dell’Impresa fiumana.

In secondo luogo, la storiografia dal 1945 in poi presenta un doppio piano di lettura. Infatti, pur godendo della libertà d’espressione e della pressoché piena disponibilità di fonti primarie, gli autori recenti non sono stati immuni da interpretazioni la cui origine era inevitabilmente legata agli antichi conflitti della memoria.

Dal dopoguerra agli anni ’70

Cerco tutti i dati concernenti le relazioni politiche di D’Annunzio prima, durante dopo l’impresa di Fiume. Cioè, in sostanza l’epistolario politico. [...] Tutto ciò non per farne oggetto di articoli sensazionali, ma per documentare rigorosamente un libro che sto scrivendo l’editore Einaudi sul periodo della storia d’Italia che va dal 1919 al 1925. Io son pronto a sottomettere alla sua approvazione le bozze del libro, perché non m’interessa minimamente la notizia “ghiotta” per sé, ma solo una seria ricostruzione di carattere scientifico, con l’esclusione, quindi, degli elementi “piccanti”. Le sono molto grato, come può esserlo uno studioso verso un altro studioso altrettanto disinteressato. Così, nell’autunno 1953, si presentava Nino Valeri all’archivista del Vittoriale Emilio Mariano200. In quegli anni la Fondazione del Vittoriale era un’istituzione isolata, ripiegata su sé stessa dal suo ruolo di depositaria di una memoria controversa. Valeri fu tra i primi studiosi del dopoguerra ad accedere al suo archivio.

La storiografia era entrata in una nuova stagione, dando libero corso a reinterpretazioni della storia recente sotto la lente liberale, socialdemocratica e marxista. In quest’ultimo filone si collocò la prima ricerca sull’impresa di Fiume dell’Italia Repubblicana, Nitti, D’Annunzio e la questione

adriatica di Paolo Alatri201. Dopo oltre vent’anni di retorica nazionalista, la crisi del primo dopoguerra era riletta sotto una nuova luce. Suffragato da un apparato documentale in gran parte inedito, Alatri rilevò le contraddizioni che furono alle origini della questione adriatica. L’Impresa fiumana era presentata come il frutto di complotti conservatori e militaristi miranti a rovesciare il regime parlamentare; di qui l’inevitabile confluenza dell’episodio dannunziano nel regime di Mussolini. Erano giudizi che dovevano bilanciare i quadri oleografici con cui, fino a pochi anni prima, il regime aveva divulgato il mito della “Rivoluzione fascista”.

In questo contesto rinnovato e aperto a nuovi filoni interpretativi, Valeri accedeva all’archivio personale di d’Annunzio. I frutti della sua ricerca servirono a un’innovativa analisi sulla crisi dello stato liberale202, ma soprattutto permisero la realizzazione dell’opera D’Annunzio davanti al

200 N. Valeri a E. Mariano in data 3 settembre 1953, in AV, Arch. Soprintendenza, cart. 13, f. “Valeri Nino”. 201 P. Alatri, Nitti, D’Annunzio e la questione adriatica, Milano, Feltrinelli, 1959.

202 Il lavoro di cui si parla dovrebbe essere Da Giolitti a Mussolini. Momenti della crisi del liberalismo, Firenze,

fascismo203. In questo studio veniva posto il problema dell’eterogeneità dell’Impresa fiumana, della sua doppia anima nazionalista e sindacal-rivoluzionaria e della difficile integrazione tra fiumanesimo e fascismo. Valeri propose l’immagine di un d’Annunzio svincolato sia dal nazionalismo sia dal fascismo, “interprete della nuova temperie culturale e sociale”204. Le ricerche di Valeri furono molto utili a Renzo De Felice che, in quel periodo, metteva a punto il primo volume della sua monumentale biografia di Mussolini205. La minuziosa cronaca di De Felice presentò l’impresa fiumana in tutta la sua complessità, nell’incalzante ritmo delle vicende politiche del dopoguerra. Grazie alle conoscenze acquisite, l’anno successivo lo storico reatino curò la pubblicazione del carteggio tra De Ambris e d’Annunzio. Fu l’occasione per portare all’attenzione degli studi la questione del sindacalismo dannunziano e del suo conflitto con lo squadrismo206.

Con queste due opere De Felice inaugurò un approccio innovativo, leggendo le origini del fascismo e il fiumanesimo sotto la lente delle trasformazioni che interessarono le sinistre. La sua lettura, suffragata da un complesso apparato critico, intendeva prendere le distanze dal manicheismo retrospettivo che accatastava legionari fiumani, combattenti e squadristi tra gli araldi della reazione. A bilanciare questa lettura, nello stesso anno, usciva il primo volume della Storia delle origini del

fascismo di Roberto Vivarelli. Con eguale meticolosità ma con un diverso taglio interpretativo, lo

storico senese sostenne come fiumanesimo e fascismo fossero espressioni di un unico filone politico che affondava le sue radici nel militarismo nazionalista e - di fatto - reazionario207.

La lacuna di una monografia dedicata esclusivamente all’Impresa fiumana fu colmata l’anno successivo, con la pubblicazione dello studio di Ferdinando Gerra208. Collezionista e bibliofilo

antiquario, Gerra stese la cronistoria dell’Impresa, integrandola con i testi originali dei proclami dannunziani grazie a una miscellanea di sua proprietà che oggi si può consultare presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Fondo Fiumano Gerra). Pur risentendo di molte sfumature agiografiche, rimane ancora oggi un utile strumento per orientarsi sul tema.

A continuare la “storia” dopo l’impresa interveniva nel 1969 Ferdinando Cordova, con Arditi e

legionari dannunziani. Con l’ausilio di materiale inedito, Cordova seguì la parabola istituzionale

dei legionari tra il 1921 e il 1927, concentrandosi sul conflitto con il fascismo e l’affinità con l’arditismo, le cui origini erano per la prima volta indagate sotto lente scientifica209.

Gli anni settanta assistettero a una fioritura di ulteriori approfondimenti, il cui battistrada fu ancora De Felice. Mentre proseguiva il lavoro per la biografia di Mussolini, lo studioso aprì una pista parallela costellata di altri approfondimenti sul fiumanesimo. Dopo aver curato (con Mariano) il carteggio d’Annunzio-Mussolini nel 1971210, le diverse bozze della Carta del Carnaro nel 1973211 e i discorsi fiumani di d’Annunzio nel 1974212, De Felice riassunse le conclusioni di questa produzione nel 1978 nel saggio D’Annunzio politico213. In quest’ultima opera, lo studioso reatino realizzò un trattato che ancora oggi rimane uno dei capisaldi della letteratura sul rapporto tra fiumanesimo e fascismo. Fu anche l’occasione di fare un personale bilancio del dibattito sul tema, nel segno di quella decostruzione del mito fascista inaugurata nel 1963.

203 Id., D’Annunzio davanti al fascismo, Firenze, Le Monnier, 1963. 204 Ibid., p. 13.

205 R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino, Einaudi, 1965 (2005 nell’edizione consultata).

206 Id., Sindacalismo rivoluzionario e fiumanesimo nel carteggio De Ambris-D’Annunzio (1919-1922), Brescia,

Morcelliana, 1966.

207 R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo. L’Italia dalla grande guerra alla marcia su Roma, Vol. I, Bologna, Il

Mulino, 1965 (2012 nell’edizione consultata).

208 F. Gerra, L’impresa di Fiume nelle parole e nell’azione di Gabriele D’Annunzio, Milano, Longanesi, 1966 (1974-

1975, nell’edizione in 2 voll. consultata).

209 F. Cordova, Arditi e legionari dannunziani, Venezia, Marsilio, 1969.

210 R. De Felice R., E. Mariano (a cura di), Carteggio D’Annunzio-Mussolini (1919-1938), Milano, Mondadori, 1971, il

quale è corredato di due approfonditi saggi introduttivi sull’aspetto politico (De Felice) e critico-linguistico (Mariano) dell’intero carteggio. Rimane uno dei più utili strumenti sul tema.

211 De Felice R., La Carta del Carnaro nei testi di Alceste De Ambris e Gabriele D’Annunzio, Bologna, Il Mulino, 1973 212 Id., La penultima ventura. Scritti e discorsi fiumani, Bologna, Il Mulino, 1973

A Fiume l’«azione», pur senza perdere quel tanto di superomistico che le è peculiare in D’Annunzio, si fece però più umana, meno letteraria, meno personale, diventò «volontà di vita» collettiva. E qui chi ha visto meglio di tutti, [...] è stato Valeri.214

Allo stesso tempo, riferendosi allo stato dell’arte, De Felice si compiacque del “processo di ripensamento e di revisione critica che è tuttora in atto e si va arricchendo”215. In particolare si

riferiva a due saggi usciti nel 1975: Le origini dell’ideologia fascista di Emilio Gentile216 e

D’Annunzio a Fiume di Michael Ledeen217. Il lavoro di Ledeen era una cronistoria divulgativa dell’impresa legionaria, la seconda dopo Gerra. L’autore si accostò all’argomento tramite De Felice, e fu affascinato dall’idea di d’Annunzio come politico visionario, precorritore della decolonizzazione e del sessantotto. Nonostante le forzature interpretative, la sintesi di Ledeen rende quest’opera una buona introduzione all’argomento. Diversamente, lo studio di Gentile apriva stimolanti prospettive scientifiche, contestualizzando il fiumanesimo nel milieu che diede vita all’“aristocrazia del combattentismo”. Invece di concentrarsi un’evoluzione necessaria tra “nazionalismo-sindacalismo-fiumanesimo” e il Fascismo, Gentile andò alla ricerca degli “antenati comuni” secondo la prospettiva culturalista tracciata da George Mosse218.

Nello stesso anno, per rimanere in questo contesto di riscoperta e rigore interpretativo, usciva una monografia di Luciano Zani dedicata al primo movimento antifascista clandestino, nel quale vi erano numerosi rimandi al fiumanesimo219.

Allo scadere degli anni settanta, gli affondi storiografici riportarono alla luce il fiumanesimo “negato” dalla memoria pubblica del Regime e del dopoguerra, ossia quello derivante dalla tradizione sindacal-rivoluzionaria di De Ambris e dei suoi seguaci. Queste ricerche, tuttavia, rimanevano isolate in un dibattito generale orientato a relegare l’impresa di Fiume tra le prime manifestazioni del fascismo, incoraggiato da rituali e temi della destra extraparlamentare, del Movimento Sociale e delle associazioni di esuli. Nonostante ciò, la pista tracciata da Valeri era riuscita a smuovere il dibattito, mettendo in luce aspetti che mettevano in discussione le tradizionali griglie interpretative.

Il confronto degli anni ’80-’90

De Felice tende a sopravalutare gli orientamenti «rivoluzionari», «di sinistra», che D’Annunzio sembrò mostrare nella seconda fase dell’occupazione di Fiume, e ciò lo induce a ritenere che egli fosse proiettato in avanti, che cogliesse gli elementi essenziali della crisi della società contemporanea [...] ma a noi sembra più giusto dire che D’Annunzio, piuttosto che cogliere gli elementi della crisi della società contemporanea, ne fu egli stesso un’espressione.

Era il bilancio con cui Paolo Alatri concludeva il capitolo “fiumano” nella sua biografia dello scrittore, pubblicata nel 1983220. In linea con il metodo e l’impostazione delineati tre anni prima nella curatela degli scritti politici dello scrittore, Alatri proponeva una delle interpretazioni più elaborate, basandosi su un ampio apparato critico che combinava linguistica, memorialistica e storiografia.

214 Ibid., p. 149.

215 Ibid., p. IX.

216E. Gentile, Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925), Bologna, Il Mulino, 1975 (1996 nell’edizione consultata). 217 M. Leeden, D’Annunzio a Fiume, Roma-Bari, Laterza, 1975.

218 In quello stesso anno, infatti, usciva l’opera-battistrada della scuola di Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1815-1933), Bologna, Il Mulino, 1975.

219 L. Zani, Italia libera. Il primo movimento antifascista clandestino (1923-1925), Roma-Bari, Laterza, 1975. 220 P. Alatri, D’Annunzio, Torino, UTET, 1983, p. 488.

Entrambi di scuola marxista, Alatri e De Felice si divisero sull’interpretazione dell’esperienza fiumana, confrontandosi sull’analisi critica dei testi dannunziani e sulla loro relazione con i “poteri forti”. Mentre Alatri si manteneva fedele alla ricerca di una “struttura” di fatti e derivazioni che sostenessero concretamente la retorica e l’azione dannunziane, De Felice perseguiva nell’approfondimento del fiumanesimo come categoria culturale, valorizzandone l’aspetto sociale e rivoluzionario. Sotto questo indirizzo, De Felice presiedette il convegno D’Annunzio Politico organizzato nel 1987 dalla Fondazione del Vittoriale, i cui lavori si concentrarono sulla frammentazione dell’entourage dannunziano e sulla molteplicità d’indirizzi politici che costellarono l’azione pubblica dello scrittore tra Fiume e Gardone221. L’anno successivo, al convegno organizzato dal Centro Studi Dannunziani di Pescara, Alatri e De Felice ebbero l’occasione di confrontarsi di persona222. Le posizioni di De Felice sul terreno dannunziano non erano che il piccolo scenario di un “caso” storiografico destinato a coinvolgere il dibattito pubblico e il mondo della politica.

Nata come spin-off della sua pluridecennale ricerca su Mussolini, la produzione dannunziana di De Felice risentiva certamente delle tesi che lo storico reatino iniziava ad affermare, con crescente convinzione, riguardo al regime fascista e alla sua natura “di sinistra”. Destinato ad approfondirsi negli anni ’90, l’arroccamento di De Felice contribuì a inserire il fiumanesimo nel contesto degli studi accademici su nazionalismo e corporativismo. Significativa di questa tendenza è l’opera di Francesco Perfetti, Fiumanesimo, sindacalismo e fascismo, pubblicata nel 1988223. Perfetti “pacificò” la riscoperta storiografica del fiumanesimo: l’anno successivo, in occasione del 70° anniversario della marcia di Ronchi, lo storico curò il convegno D’Annunzio il suo tempo svoltosi a Genova e Rapallo. Pur concentrandosi sulla poliedricità dell’impresa, il bilancio sullo stato dell’arte fu affidato ad Alatri224.

Come Presidente della Fondazione del Vittoriale, Perfetti fu promotore di altri due convegni dedicati all’approfondimento sulla figura di d’Annunzio, senza tuttavia apportare svolte rilevanti allo stato del confronto tra Alatri e De Felice225. Frattanto, sull’onda della riscoperta storiografica e dell’uso pubblico del revisionismo defeliciano, proliferava un vasto sottobosco di pubblicazioni a opera di appassionati e studiosi freelance; un fenomeno che continua tutt’oggi.

L’interpretazione di De Felice influenzò anche il capitolo critico del saggio di Emilio Longo

L’esercito italiano e la questione fiumana226. In questo lavoro, promosso dall’Ufficio storico

dell’Esercito, furono pubblicati molti documenti militari riguardanti la ribellione dannunziana; un pregio che rende quest’opera un valido strumento nonostante non abbia apportato novità nel dibattito storiografico.

221 De Felice R., Gibellini P. (a cura di), D’Annunzio politico, atti del convegno (Il Vittoriale, 9-10 ottobre 1985),

«Quaderni Dannunziani», nuova serie, 1-2, Milano, Garzanti, 1987.

222 I contributi dei due capiscuola (Alatri P., D’Annunzio oratore e uomo d’azione; De Felice R., D’Annunzio nella vita politica italiana) in Tiboni E. (a cura di), D’Annunzio a cinquant’anni dalla morte, atti del convegno, Pescara, Centro Nazionale di Studi Dannunziani in Pescara, Fabiani, 1989.

223 Nello stesso anno uscirono monografie divulgative come A. Spinosa, Il poeta armato, Milano, Mondadori, 1987, V.

Salierno, D’Annunzio e Mussolini. Storia di una cordiale inimicizia, Milano, Mursia, 1988, seguite dallo studio di scarsa diffusione di E. Ledda, Fiume e D’Annunzio. Pagine di storia, Chieti, Solfanelli, 1988

224 F. Perfetti (a cura di) D’Annunzio e il suo tempo. Un bilancio critico, Genova, Sagepi, 1993. Nel contesto

dell’anniversario, il Museo dell’Aria di Due Carrare (presso Padova) organizzò il convegno Un capitolo di storia: Fiume e D’Annunzio, dove i lavori si concentrarono ancora sulla riscoperta di aspetti “sconosciuti” dell’Impresa. v. E. Ledda, G. Salotti(a cura di), Un capitolo di storia: Fiume e D’Annunzio, atti del convegno, Roma, Lucarini, 1992.

225 Il primo, in occasione dell’80° anniversario della Grande Guerra, dedicò all’impresa fiumana tre interventi. v.

AA.VV., D’Annunzio e la guerra, atti del convegno 17-19 novembre 1994, Fondazione del Vittoriale, Milano 1996; il secondo, nel 1995, D’Annunzio e l’impresa di Fiume, ebbe la partecipazione di celebri figure del revisionismo come Nolte e Ledeen. Gli atti furono pubblicati separatamente su “Nuova Storia contemporanea” e verranno citati nel corso della ricerca.

Una virtuosa eccezione fu il saggio La nuova agorà. Fiume scritto da Mario Isnenghi per la raccolta

L’Italia in piazza227. Calando l’esperienza di Fiume in un vasto affresco della vita pubblica ed emotiva italiana, lo studioso veneziano recuperò la lettura di un d’Annunzio “interprete dei tempi”, rimanendo tuttavia ancorato all’ambito del costume e dei rituali collettivi.

Un’istituzione che contribuì a svincolare il dibattito storiografico su Fiume dalla figura di d’Annunzio fu la Società di Studi Fiumani di Roma, che tra il 1995 e il 1997 dedicò due pubblicazioni e un convegno al movimento autonomista di Riccardo Zanella228. Tra essi si collocò felicemente lo studio di Antonella Ercolani sulla fondazione del fascio di combattimento di Fiume, contribuendo così ad aggiornare scientificamente il tema dei concreti rapporti tra fascismo e fiumanesimo229.

Nel 1999, un ulteriore arricchimento di prospettiva fu portato da una nuova biografia d’Annunzio ad opera di John Woodhouse, il cui capitolo fiumano era arricchito di fonti provenienti dagli archivi britannici. Contemporaneamente, l’ottantesimo anniversario della Marcia di Ronchi veniva celebrato dal convegno Fiume legionaria, organizzato dalla Lega Nazionale di Trieste. Pur coinvolgendo ricercatori di professione, i suoi lavori orbitarono ancora sul carattere multiforme dell’esperienza dannunziana dimostrando, così, il gradimento dell’associazionismo di destra per l’immagine di un “fiumanesimo rivoluzionario”230.

In questo contesto di stasi interpretativa, usciva nel 2000 una biografia dannunziana ad opera della storica dell’arte Annamaria Andreoli, dal 1997 presidente del Vittoriale231. L’autrice, in linea con la sua politica di gestione del museo, si concentrò sul letterato e l’esteta, esaurendo il tema politico con la conferma dell’interpretazione che vedeva in Fiume dannunziana un fenomeno estetico e patriottico232. A cavallo del nuovo millennio, il dibattito storiografico sul fiumanesimo dannunziano era arrivato a un punto morto. La revisione inaugurata da De Felice non usciva dai confini della pubblicistica politica o dal dibattito interno alla comunità accademica.

Lo stato attuale

Credo che se paragoniamo Fiume con l’insurrezione di Parigi del 1968 (anche le insurrezioni urbane italiane della prima metà degli anni Settanta) così come pure con le comuni controculturali Americane e le loro influenze Nuova Sinistra-anarchiche, dovremo notare certe similarità [...]. Nessuno stava tentando di imporre un’altra Dittatura Rivoluzionaria sia a Fiume, Parigi, Millbrook.

Così, nel 1985, aveva scritto di Fiume il filosofo anarchico Hakim Bey233. È possibile che l’autore avesse letto il saggio di Ledeen, pubblicato negli Usa dieci anni prima, dove questi aspetti sono esasperati. Nel 2002, Claudia Salaris ha raccolto il testimone, riportando il brano di Bey nelle prime pagine del suo saggio Alla festa della Rivoluzione234, nel quale viene indagato lo sfaccettato clima culturale dell’occupazione dannunziana.

227 M. Isnenghi, L’Italia in piazza. I luoghi della vita pubblica del 1848 ai giorni nostri, Milano, Mondadori, 1994

(Bologna, Il Mulino, 2004 nell’edizione consultata).

228 È il caso del saggio di A. Ballarini, L’Antidannunzio a Fiume. Riccardo Zanella, Trieste, Italo Svevo Edizioni, 1995;

del numero monografico della rivista «Fiume», n. 30, Roma, 1995 e del convegno L’Autonomia fiumana (1896-1947) e la figura di Riccardo Zanella, Roma, Società di Studi Fiumani, 1997.

229 A. Ercolani, La fondazione del fascio di combattimento a Fiume tra Mussolini e D’Annunzio, Roma, Bonacci, 1996. 230 Fiume Legionaria. A ottant’anni dall’impresa dannunziana, Trieste, Arti Grafiche Riva, 2001.

231 A. Andreoli, Il vivere inimitabile. Vita di Gabriele D’Annunzio, Milano, Mondadori, 2000.

232 Quando Andreoli curò la mostra romana D’Annunzio. L’uomo, il politico, l’eroe, Roma, Edizioni De Luca, 2001, il

capitolo su Fiume fu affidato a Perfetti.

233 Hakim Bey, T.A.Z. Zone temporaneamente autonome, Milano, Shake edizioni undergrround, 1998, pp. 41-42. 234 C. Salaris, Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D’Annunzio a Fiume, Bologna, Il Mulino, 2002.

Con un simile taglio, attorno a tali temi per lo più trascurati o minimizzati dagli studiosi, si svolgerà questo itinerario, che darà per scontate, lasciandole sullo sfondo, le vicende politiche fiumane, su cui del resto esiste un’ampia letteratura.235

Ne risulta un affresco dove la cultura delle avanguardie, individualismo e naturismo si fondono in una carrellata di storie unite dal passaggio nella città del Quarnero. Quest’antologia di brani e