• Non ci sono risultati.

Staticità e movimento

Nel documento Psicoeducazione nel disturbo bipolare (pagine 83-85)

RISULTATI E DISCUSSION

6. Presentazione dei dati e dei risultat

7.3 Staticità e movimento

L'utilizzo dei verbi statici sembra prevalere nel confronto tra i singoli pazienti ma paragonando genere, tipo di disturbo bipolare e durata di malattia notiamo una distribuzione abbastanza equa sebbene naturalmente cambi la frequenza d'uso in relazione ad ogni variabile analizzata.

Il maggior uso dei due tipi di verbi è presente nel genere femminile di età compresa tra 30 e 49 anni, disturbo bipolare di tipo I e con una durata minore di malattia.

Ad oggi è ormai confermato che staticità e movimento sono due concetti connessi relativamente agli episodi depressivi e maniacali del disturbo bipolare (Cassano, 2008): durante i primi infatti, citando le parole della scrittrice Marya Hornbacher (2008), “il cervello si svuota ed è come se il tempo

rallentasse”, mentre nei secondi “i pensieri sibilano veloci come il vento e le parole escono alla velocità della luce, quasi incomprensibili”. Sicuramente anche ai pazienti intervistati sarà accaduto di sperimentare questa diversa percezione durante i loro episodi, ma nelle interviste nessuno di loro ne ha descritto dettagliatamente uno quindi non abbiamo abbastanza elementi per analizzare i due concetti in relazione alla polarità della malattia.

Possiamo però connettere alcune emozioni ad una maggiore o minore dinamicità sia da un punto di vista comportamentale (Borgo, 2006) sia in termini di rappresentazioni visive (Borgo, 2002); esse si collocano sul polo statico, in particolare dolore e tristezza sul versante negativo e piacere sul versante positivo, mentre altre emozioni come rabbia e gioia si collocano sul polo dinamico. Questi due poli sono correlati alla percezione del tempo proprio tramite le emozioni infatti quest'ultime, in quanto legate ad una rapidità d'azione diversa, sembrano modificare sensibilmente la percezione del tempo: ad esempio in piacere, dolore e tristezza (emozioni statiche) tale percezione è rallentata, mentre in rabbia e gioia (emozioni dinamiche) è accelerata (Borgo, 2007). Nel campione infatti la tristezza spesso viene correlata al fatto di ritrovarsi spesso soli, cosa che aumenta sensibilmente il trascorrere delle ore, invece emozioni dinamiche come la gioia sono espresse tramite le attività svolte, le quali sono talmente piacevoli che sembrano avere una durata minore rispetto alla realtà. Troviamo inoltre una sorta di equilibrio tra i due poli nel confronto tra i singoli ma la cosa diminuisce quando entrano in gioco le altre variabili: soprattutto nel genere notiamo una differenza maggiore nell'uso dei verbi statici.

Generalmente la tristezza è considerata un'emozione statica, ferma sul presente e sulla rimuginazione del passato ma in alcuni casi è un momento di raccoglimento e di ritiro volto all'elaborazione di possibili strategie alternative. Dal punto di vista terapeutico quindi si può considerare come una fase di passaggio che predispone l'individuo al superamento degli eventi negativi grazie alla formulazione di pensieri e immagini proiettati al futuro (Borgo, 2002) e infatti molti pazienti dopo un iniziale periodo di tristezza per la propria condizione hanno cominciato ad impegnarsi per raggiungere i loro scopi e dimostrare così di poter riuscire.

Generalmente nei periodi di cambiamento la percezione del tempo è accelerata mentre nelle situazioni monotone vi è la sensazione che il tempo non passi mai (Borgo, 2007): nel campione, prevalendo di poco la staticità, sembra ci sia una vita monotona legata all'aver capito che una regolarizzazione dello stile di vita può aiutare a controllare il disturbo e le ricadute.

I concetti di staticità e dinamicità sono correlati al tempo inteso come movimento, il quale scorre più rapido in attività, e i fattori che influenzano il livello di attività possono essere ad esempio le stagioni: la primavera e l'estate aumentano le attività mentre l'autunno e l'inverno le diminuiscono (Borgo, 2007). È infatti ormai confermata una frequenza massima per la depressione in autunno e per la mania in estate (Cassano, 2009), fenomeno descritto anche da alcuni pazienti che riconoscono come

potenzialmente pericolosi il periodo vicino al Natale, la primavera e l'estate (pz 6:”mi preoccupa il

fatto che siamo vicini a Natale in quanto l'anno scorso c'è stato il ricovero”; pz 7:”questa estate col caldo che ha fatto non riuscivo a fare niente”).

Studiando invece la correlazione tra staticità/movimento, espresse tramite locuzioni e/o vocaboli (prima, ora , subito, adesso, ecc.), e lo stato emozionale percepito dai pazienti, abbiamo potuto notare che per l'ansia questi markers temporali sembrano orientati al futuro che appare come qualcosa di possibile anche se ancora inesistente, per il rifiuto i soggetti sembrano fondere passato e presente in un unico momento presente in cui lo stimolo percepito (la malattia) assume caratteristiche immutabili nel tempo, per la tristezza sembra delinearsi una condizione in cui prevale immobilità e assenza di

tempo. Tutto ciò è in linea con le ricerche sul tema secondo cui i markers temporali sembrano espressioni tipiche delle emozioni (Borgo, 2007b).

Analizzando infine le interviste tramite il modello transteorico di Prochaska e Di Clemente, notiamo che tutti i pazienti da quando hanno ricevuto la diagnosi di disturbo bipolare hanno attraversato le cinque fasi del cambiamento identificate dagli autori. Inizialmente (fase della precontemplazione) molti pazienti non erano consapevoli della propria condizione patologica o minimizzavano il

problema (pz 1-2:”sono stata per anni senza capire cosa mi succedeva”;pz 4:”per me stavo bene”; pz 6:”non sapevo bene di cosa si trattasse anche se mi ero documentata”) e ciò infatti è correlato al poor-insight molto frequente nel periodo precedente alla psicoeducazione ovvero nel periodo in cui il paziente non conosceva ancora la malattia se non per la sua etichetta oppure la conosceva

esiguamente grazie ad informazioni non esaustive ricevute in modo vario. Successivamente tutti i pazienti passano nella fase della contemplazione (sempre precedente alla psicoeducazione) in cui iniziano a considerare la possibilità di un cambiamento confrontando i suoi aspetti positivi e negativi: ciò è dovuto ad un aumento minimo della consapevolezza del problema, all'analisi dei benefici di un eventuale cambiamento e delle reazioni emotive riferite ad esso, alla ricerca di relazioni d'aiuto. Molti pazienti infatti decidono di affidarsi ai medici per limitare la sofferenza e di cercare letture specifiche sull'argomento (pz 1:”quando lessi il libro capii di essere malata”; pz 5:”vedevo comunque che con la

terapia stavo bene”; pz 7:”mi sono reso conto che la situazione era abbastanza caotica e mi sono dovuto affidare ai dottori”).

Riguardo alla fase della determinazione/preparazione cambia il periodo in cui si è svolta poiché alcuni soggetti decidono di cambiare e aprirsi ai suggerimenti già prima del corso, altri invece sono indotti a farlo proprio da esso. Nel primo caso vediamo che i pazienti iniziano da soli a rivalutare gli effetti del cambiare o meno in primis su se stessi e poi sull'ambiente circostante, ecco che iniziano a capire quali situazioni sarebbe meglio evitare o modificare; altri invece sono stati influenzati

positivamente dalla psicoeducazione, tramite la quale si è svolta un'auto-rivalutazione e un contro- condizionamento per cui il soggetto ha analizzato come e quando il cambiamento era o meno in accordo con i valori personali, ricevendo anche chiarimenti dai professionisti, e ha cercato insieme agli altri pazienti e agli operatori una risposta diversa allo stimolo scatenante in modo da sostituire il comportamento errato con uno nuovo più adattivo.

Le ultime due fasi del modello (fase dell'azione e fase del mantenimento) sono riscontrabili entrambe nel periodo successivo alla psicoeducazione ad indicare che il paziente ha incorporato effettivamente il nuovo comportamento nel proprio stile di vita (pz 1:”se ho uno stress prolungato vado su di morale

quindi mi licenziai”; pz 2:”la terapia l'ho sempre seguita, so che devo farlo sennò arrivano le crisi”;

pz 4:”non voglio più fare come prima infatti ora sono tranquillissimo”; pz 6:”mi sono resa conto che

con l'omeopatia non potevo farcela ed ho riniziato la terapia”) e lo mantiene: ciò si correla

positivamente anche all'aumento di insight e di autoefficacia, all'equilibrio tra locus of control interno e esterno, all'abbandono di coping evitanti. Riguardo alla fase dell'azione infine i pazienti hanno evitato e continuano a evitare situazioni pericolose concentrandosi su attività più produttive e sul seguire la terapia farmacologica e col tempo inoltre hanno adottato lo stile di vita consigliato dai medici incrementando così le occasioni che supportano il cambiamento.

Nel documento Psicoeducazione nel disturbo bipolare (pagine 83-85)