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Gli stili narrativi nei gruppi dinamici: una prima individuazione degli indicator

CAPITOLO TERZO

3.4 Gli stili narrativi nei gruppi dinamici: una prima individuazione degli indicator

Dall’analisi degli studi sui gruppi dinamici e sulla narrazione, scaturisce l’osservazione che essi viaggino su due binari paralleli, distanti e senza alcun intreccio.

All’interno delle diverse prospettive, tuttavia, l’elemento ricorrente è l’attenzione che gli studiosi hanno rivolto alla narrazione, prevalentemente, nel setting terapeutico individuale. Tale scelta ha comportato una scarsa considerazione dell’importanza che la narrazione riveste all’interno del processo terapeutico di gruppo.

D’altra parte, anche la letteratura sulle dinamiche di gruppo, non sembra aver ipotizzato un nesso tra il processo di gruppo, gli stati emozionali che esso attraversa e la narrazione dei suoi partecipanti.

Si ritiene, invece, sussista un legame significativo tra narrazione, intesa come stile narrativo nel gruppo e fasi dinamiche gruppali. Nel corso degli ultimi dieci anni l’autore ha condotto moltissimi gruppi dinamici sia in ambito privato, sia in istituti di psicoterapia che nel contesto della scuola di specializzazione in psicoterapia strategico-integrata Seraphicum

di Roma (Scupsis). Solo all’interno della Scupsis dal 2003 ad oggi, chi scrive ha investito circa un migliaio di ore nella conduzione della dinamica di gruppo. Questa lunga esperienza ha condotto alla riflessione di come i gruppi abbiano uno specifico stile narrativo in funzione della fase in cui si trovano e di come questo stile possa essere individuato attraverso alcuni indicatori specifici.

D’altra parte, parlare di narrazione o di stile narrativo nel gruppo risulta essere piuttosto vago. Diviene necessario, dunque, esplicitare e rendere visibili gli indicatori narrativi che possono essere caratteristici di alcune conformazioni emozionali, relazionali e fantasmatiche del gruppo.

“Comprendere come una storia di vita ci viene raccontata o come la si sta interpretando è praticamente impossibile senza una conoscenza approfondita della struttura narrativa. Abbiamo discusso dei processi narrativi altrove (Feldman, 1991; Bruner, 1990, 1991) e qui ci dobbiamo soffermare solo su due punti. Il primo è che nell’autobiografia, come in tutte le narrazioni, il prodotto è qualcosa di altamente costruito. Il secondo riguarda il fatto che il modo in cui una narrazione viene costruita, la sua forma o modello, ci fornisce una base per comprenderla o interpretarla – sia che si tratti di un’interpretazione accurata oppure no.” (Bruner e Feldman, 1999). La narrazione dei

partecipanti di un gruppo dinamico rappresenta il processo formativo e trasformativo del gruppo stesso.

A proposito delle fasi o posizioni che il gruppo assume nel corso della sua storia, gli studiosi/clinici hanno descritto,

accuratamente, gli stati emozionali e i meccanismi di difesa che i partecipanti, di volta in volta, adottano in modo collettivo.

Per ciascuna delle fasi, sono state descritte le fantasie, i fantasmi e le configurazioni relazionali con cui il gruppo esprime i diversi passaggi del processo terapeutico.

Il contributo di chi scrive si colloca all’interno di questa preziosa ed imponente letteratura, nel tentativo di offrire una possibile indicazione degli elementi narrativi di cui il gruppo si serve per rappresentare e comunicare gli stati emozionali, le difese e le fantasie, caratteristici delle varie fasi che il gruppo stesso attraversa. Per ciascuna fase del processo dinamico di gruppo, nel loro insieme, i partecipanti, presenterebbero specifici stili narrativi. Si ipotizza che lo stato emozionale e le difese che il gruppo vive nelle diverse fasi o posizioni, siano rintracciabili nell’uso di stili narrativi, connotati da specifiche modalità linguistico-verbali, contenutistiche e relazionali-climatiche.

In questo senso, la lettura accurata della trama narrativa dei racconti di gruppo, attraverso l’analisi della struttura linguistico-

verbale, contenutistica ed emozionale-climatica delle narrazioni

dei partecipanti, offre al clinico/conduttore l’opportunità di interpretare meglio il processo di gruppo e lo stato emozionale che il gruppo attraversa in quel determinato momento, i suoi cambiamenti e le sue empasse.

Per indicatori linguistico-verbali, all’interno delle

narrazioni, si intende l’uso di determinati avverbi, aggettivi, pronomi, tempo dei verbi, ecc. Per indicatori contenutistici, si intende, invece, l’individuazione di particolari tipologie di contenuto (un contenuto emozionale, cognitivo, ecc.), mentre per

indicatori di tipo relazionale-climatico, la valutazione del clima e delle emozioni in cui si colloca una determinata narrazione ovvero lo stato delle relazioni presenti fra i partecipanti al gruppo.

Di seguito, schematicamente si riporteranno gli indicatori che caratterizzano e connotano la trama e lo stile narrativo del gruppo all’interno di ciascuna fase dinamica (Tabelle 2, 3, 4).

La fase nascente del gruppo, definita fusionale da Anzieu, presenta meccanismi come l’illusione gruppale e la

depersonalizzazione.

Nella fase fusionale, i soggetti sperimentano emozioni molto intense legate ad una serie di elementi di contesto. Si trovano riuniti gli uni di fronte agli altri, con persone delle quali non sanno nulla e a volte, l’unica persona che conoscono è il conduttore. Quasi immediatamente, il soggetto sperimenta un forte senso di disagio, non sa cosa dire, come cominciare il discorso e non sa cosa direbbero gli altri, dunque, sceglie il silenzio. E’ la fase in cui si sperimenta la serialità, i confini individuali vengono vissuti come minacciati dal setting gruppale. In questa configurazione, è esplicitamente presente la depersonalizzazione e il senso di frammentazione del sé.

Il clima di disagio e tensione è condiviso nel gruppo e si rinforza attraverso il silenzio degli altri partecipanti. In questa condizione, i soggetti, imbarazzati, cominciano a “tastare il polso” e a scaricare la tensione con l’umorismo; offrono battute, sorrisi e qualche risata, quasi sempre breve che si perde nel silenzio. I soggetti sono assaliti da angosce di annichilimento e

frammentazione, cercano di ritrovare l’integrità, confondendosi gli uni con gli altri.

In questo processo di omologazione, l’“Io” diventa “Noi”, l’aggettivo “mio” diventa “nostro”, il silenzio e le battute si ridistribuiscono fra tutti e nell’insieme i partecipanti si trasformano in un “siamo”. E’ il momento in cui, come sostiene Anzieu, i soggetti si fondono e si percepiscono come un “tutto buono ed efficace”, motto emotivo da cui nasce e si fonda l’evoluzione stessa del gruppo.

Gli indicatori narrativi, presenti in questa fase (Tabella 2), sono aggettivi a forte connotazione positiva che si riferiscono al gruppo nel suo insieme. La narrazione è poco frequente e i soggetti stanno per lo più in silenzio, per poi cominciare a “far finta di parlare”.

I partecipanti non raccontano e sono molto concentrati sul conduttore a cui rivolgono molte domande e richieste di intervento. Qualcuno comincia a raccontare, ma spesso si tratta di “elucubrazioni”. Laddove si manifesta, il racconto ha connotazioni fortemente cognitive, è molto intellettualizzato ed i termini sono particolarmente “ricercati”. In questo clima, le emozioni sono raccontate, ma non traspaiono sotto forma di vissuti. In questo momento, i soggetti percepiscono che nessuno deve osare troppo e che il gruppo non sarebbe in grado di reggere l’ascolto di emozioni autentiche ed individualizzate. I racconti di gruppo sono generici, vaghi e si caratterizzano per la tendenza alla sintesi. Il gruppo collude con l’individuo e l’individuo collude con il gruppo. L’individuo accenna in maniera sintetica ed impersonale ad una “situazione” ed il gruppo collude con il

racconto senza approfondire, senza denunciare l’assenza di emozioni, di storia, di vissuti. Ascolta, gira su se stesso, circumnaviga il non-senso, il nulla nel sollievo di colmare uno spazio vuoto, che l’individuo e il gruppo sono decisi a lasciare vuoto. Il timore di riempire di significati personali questo spazio di gruppo è avvertito come troppo minaccioso e paralizzante.

Tabella 2. Gli indicatori narrativi della fase fusionale

Indicatori linguistico-verbali

• Il pronome personale è noi • L’aggettivo possessivo è nostro

• Aggettivi come buono, bene (o comunque a connotazione positiva) • I verbi sono in prima persona plurale o in terza persona

• Gli avverbi indicano un tempo assolutamente presente (“ora” “adesso”)

Indicatori contenutistici

• Alta frequenza di silenzi • Narrazioni brevi e sintetiche

• Narrazioni fortemente cognitivo-intellettuali • Contenuti teorici e generici

• Richieste continue di intervento del trainer • Persistenza dello stesso argomento

• Contenuti umoristici (battute) • Richiesta di regole

Indicatori relazionali-climatici

• attacchi all’organizzazione (ente o sistema in cui si situa il gruppo) • clima benevolo e accomodante

• alto livello di umorismo • risate frequenti

• assenza di conflitto tra i partecipanti • imbarazzo generale

• livello elevato di dipendenza dal trainer

La narrazione diventa più frequente nella fase successiva, quella di individuazione del gruppo (Tabella 3).

In questa fase, il gruppo sta imparando a conoscersi ed i volti dei partecipanti divengono più familiari. E’ il momento in cui il gruppo si orienta su se stesso, i soggetti sono più disponibili ad esporsi e sentono che il gruppo lo consente.

A questo punto, i soggetti si raccontano, e lo fanno in maniera autentica, comunicando ed esprimendo emozioni, senza mimarle o teatralizzarle come nella fase precedente. I termini usati dai partecipanti sono più immediati, meno ricercati, poco cognitivi e soprattutto non intellettuali, ma “crudi”, veri e “scheletrici”.

Nel gruppo circola tensione, aggressività, ascolto ed empatia. Le emozioni si confondono, sono più variegate e più intense. Dall’omologazione si sta passando all’individuazione di ciascun soggetto. Dal “noi” si passa all’ “io”, dal “nostro” al “mio”, dal “siamo un buon gruppo” all’esigenza di qualcosa in

più; ora il gruppo vuole che le persone entrino in scena. Il gruppo non si rivolge più al conduttore, che è più sullo sfondo, ma tende ad attaccare di più “la persona”. Le narrazioni sono forti e risentono di maggiore durezza ed aggressività, non vi sono più convenevoli. Sul piano narrativo, la fase in cui il gruppo è

orientato su se stesso è molto intensa e produttiva. Il gruppo

supera il motto buonista del “tutti insieme appassionatamente” che adesso trova posticcio ed eccessivamente edulcorato. Il gruppo ha demarcato i suoi confini ed è pronto a misurarsi ed ad affondare.

Tabella 3. Gli indicatori narrativi della fase d’individuazione

Indicatori linguistico-verbali

• L’uso del pronome personale “io” • L’uso dell’aggettivo possessivo “mio” • L’uso di verbi in prima persona singolare

• Ampia varietà di aggettivi a connotazione sia positiva che negativa

Indicatori contenutistici

• Narrazioni più soggettive e personalizzate • Minori divagazioni

• Maggiore centratura sull’hic et nunc • Silenzi poco frequenti e brevi • Minori richieste al trainer

Indicatori relazionali-climatici

• Maggiore circolazione di emozioni

• Maggiore conflittualità espressa tra i partecipanti • Minore attacchi all’organizzazione

• Maggiore aggressività

• Maggiore individuazione dei soggetti

La fase finale del processo dinamico è quella della

costanza dell’oggetto, posizione in cui persone, un tempo solo

riunite insieme, adesso mostrano una vera e propria identità di gruppo (Tabella 4).

A questo punto, i soggetti si sentono parte del gruppo, mostrando un forte senso di appartenenza. Con grande chiarezza, i partecipanti sono in grado di distinguere ciò che fa parte del gruppo, da ciò che non vi fa parte.

Il gruppo ha sviluppato una pelle che protegge dall’esterno, che separa il dentro dal fuori, che distingue e che contiene.

E’ il momento in cui, i soggetti ritornano all’uso del “noi”, del “nostro”, dei verbi in prima persona plurale, ma in modo diverso rispetto alle altre fasi. Non si tratta più di un “noi” che confonde ed omologa, ma un “noi” pieno di significato e di storia. Inoltre, in questa fase il noi rappresenta l’insieme dei singoli partecipanti che a questo punto possono “venir fuori” integrando alle narrazioni del gruppo le narrazioni di ciascuno. Questa è la configurazione nella quale le caratteristiche narrative

della fase d’individuazione si evolvono insieme alla rappresentazione del gruppo ormai introiettato. Dunque il gruppo utilizza il “noi” ma utilizza, anche, l’“io” lasciando emergere le narrazioni dei singoli. E’ la fase in cui c’è spazio per i verbi al passato prossimo ma anche al presente, in cui l’emozioni sono concesse e sono espresse autenticamente.

Il gruppo usa avverbi come “sempre” e verbi in forma passata perché sente di avere una storia. Si riconosce un passato, un percorso, lungo, sofferto e faticoso che prende forma nel riconoscimento di una identità gruppale, in cui lo stare in gruppo non è più fonte di ansia, ma motivo di distensione. Si è sviluppata un’affettività tra i membri ed essi sentono di appartenere al gruppo, intensamente. Essi si sentono uniti, distesi, in contatto empatico fra loro.

A questo punto, anche il silenzio può tornare, con una natura diversa da quello teso ed angosciato della fase nascente. Si tratta del silenzio che connota l’ascolto delle infinite e silenti narrazioni che i partecipanti portano nella trama narrativa del gruppo.

Il gruppo narra di se stesso, delle proprie “gesta”, della propria storia e si autocelebra, fiero del proprio viaggio. L’interlocutore della propria narrazione non è più il conduttore, né i membri, ma il gruppo nella sua totalità. E’ la fase dell’io gruppale dove si verifica un passaggio più fluido dall’ “io” al “noi”.

Tabella 4. Gli indicatori narrativi della fase di costanza dell’oggetto

Indicatori linguistico-verbali

• L’uso dei pronomi personali “noi” ed “io”

• L’uso di verbi in prima persona plurale e singolare • L’uso di verbi al passato prossimo e presente • L’uso dell’aggettivo possessivo “nostro” e “mio” • L’uso di avverbi di tempo come “sempre”, “mai”,

• L’uso di avverbi di giudizio come “certo” “sicuro” “proprio”

Indicatori contenutistici

• Presenza di silenzio • Narrazioni di gruppo

• Narrazioni sul gruppo e sui singoli

• Domande al gruppo

Indicatori relazionali-climatici

• Clima disteso

• Empatia

• Forte scambio tra i membri • Affettività circolante

• Chiarezza

Senso di appartenenza

E’ opportuno sottolineare che affinché un gruppo possa ritenersi realmente situato in una determinata fase, è necessario che si presentino, in modo stabile, i diversi indicatori narrativi caratteristici di quella specifica fase.

Molta attenzione deve essere posta a quelli che potremmo definire “falsi passaggi narrativi” del gruppo. Alcuni indicatori narrativi possono presentarsi in modo ripetuto in fasi diverse.

Nella fase dello stato nascente, ad esempio, è possibile, che qualcuno provi a realizzare una narrazione dai contenuti, apparentemente, più personali, ma questo non colloca la trama narrativa del gruppo nel passaggio alla fase di individuazione, poiché questo comportamento può rappresentare un tentativo isolato e non condiviso, a cui il gruppo può opporsi.

Il clinico può servirsi dell’analisi di questi indicatori narrativi per verificare le sue ipotesi sul gruppo e sulla sua evoluzione dinamica, ma la lettura degli indicatori proposti, va sempre collocata in un discorso allargato, e situato nella storia del gruppo. Per questo motivo, essi sono utili al clinico, solo nel momento in cui vengono contestualizzati.

Gli indicatori narrativi, che abbiamo proposto nella presente tesi, fanno da supporto alla più ampia e complessiva lettura che il conduttore/clinico deve operare. In questo senso, gli indicatori narrativi possono rappresentare un’ulteriore “strumento” di verifica di cui il clinico/conduttore può disporre.