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Le denominazioni di origine

3.1 Storia delle denominazioni di origine

L’uso della denominazione di origine ha origini molto antiche. Molti ritengono che sia un’invenzione recente, ma in realtà già dall’antichità il nome del locus di produzione si usava sul pittacium romano (un’iscrizione a pennello sul corpo dell’anfora o un’etichetta – pittacium - ricordavano l’origine del contenuto, mentre per indicare la data, si scriveva il nome dei consoli in carica quell’anno) (Fregoni, M, 1994). In epoca romana i vini si denominavano con il “genius loci”; perché se è vero che genius denota il Dio, la forza generatrice che sottosta a ogni cosa o luogo, loci avvinghia quel genius a ogni preciso terreno: il genius loci di un vino, descrive mirabilmente l’insita sacralità del legame tra il territorio e il vino. La prima delimitazione italiana di un’area geografica dedita alla produzione del Falernum è dovuta a Plinio (PLINIO, 77 d.C.). Il più grande cru romano, il Falernum, viene così delimitato, come zona di produzione:

«Tutta questa zona della Campania che si estende dal ponte Campanus per chi va dal lato sinistro alla colonia urbana di Silla è piena di colline con vigneti molto rinomati a causa del generoso vino che prende il nome del paese Falerna.»

Altri popoli antichi, comunque, hanno utilizzato il nome del luogo di produzione come nome del vino: si possono citare esempi antichissimi dell’Armenia, della Persia, dell’Egitto, della Siria, del Libano, della Fenicia, di Israele e della Grecia. In Italia la tradizione predetta si mantenne attraverso il Medio Evo e arrivò sino al Rinascimento (BACCI, 1596). Tra le denominazioni di origine storiche più recenti troviamo quella riferita al Tocai Ungherese quando, nel 1700 il principe Ràcòkzi pubblicò i regolamenti per la viticoltura in Hegyalja che restarono validi per lungo tempo, rappresentando un vero disciplinare di produzione di una denominazione di origine tra le prime del mondo (Boatto, 2008). Fa seguito quella del Chianti; il 24 settembre 1716 a Firenze il Granduca Cosimo III de' Medici emanò il bando "Sopra la Dichiarazione dé Confini delle quattro Regioni

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confini delle zone entro le quali potevano essere prodotti i vini citati (una vera e propria anticipazione del concetto di DOC), ed un Decreto con il quale istituiva una Congregazione di vigilanza sulla produzione, la spedizione, il controllo contro le frodi ed il commercio dei vini (una sorta di progenitore della figura dei Consorzi di Tutela).

“ ...per il Chianti è restato determinato e sia. Dallo Spedaluzzo fino a Greve; di lì a

Panzano, con tutta la Podesteria di Radda, che contiene tre terzi, cioè Radda, Gajole e Castellina, arrivando fino al confine dello Stato di Siena…”

(1716, Cosimo III dè Medici Bando Sopra la Dichiarazione dé Confini delle quattro Regioni Chianti, Pomino, Carmignano, e Val d'Arno di Sopra).

Nel 1855 si pubblicò il primo regolamento sulla classificazione dei “crus” del bordolese, la cui gerarchia è ancora vigente e che può essere considerata la più originale, nonché la base di partenza delle leggi sulle denominazioni di origine (Fregoni, Gli eventi Vitivinicoli più salienti del secondo millennio, 2000). Per iniziativa della Camera di Commercio di Bordeaux che, su richiesta da Napoleone III di fornire una graduatoria di merito dei migliori vini per l’esposizione universale di Parigi, incaricò il Syndicat des Courtiers de Commerce di stilare una classifica dei vini migliori i quali potessero essere riconoscibili dai mediatori anche perché erano anche quelli a costo maggiore. Da allora una cosa fu chiara: un vino di pregio si avvantaggia di una denominazione legale, questa lo tutela nei confronti del consumatore e ne favorisce la conoscenza e il amplia il desiderio di averlo. Questo ottiene l’effetto di farne salire il prezzo e di trainare, con la sua fama, anche i nomi di secondo piano della stessa zona. Agli inizi del 1900 vengono varate le prime denominazioni di origine, che prendono slancio a partire dal 1935 anno in cui la Francia promulgò la prima legge sulle denominazioni di origine (AOC: Appellation d’Origine Controlée), alla quale poi si ispirarono via via tutti i Paesi europei. L’Italia si adeguerà nel 1963 e poi rinnoverà la sua legge sulle DOC-DOCG nel 1992 con la legge 164.

Le definizioni di denominazione di origine dell’OIV, dell’Unione Europea e dell’Italia, discendono dalla Convenzione di Parigi del 1883, dall’Accordo di Madrid del 1891, dall’Accordo di Lisbona del 1958 e dalle risoluzioni dell’OIV n° 2/1992 e n° 3/1994, nelle quali si definiscono le denominazioni di origine, le indicazioni geografiche e le menzioni tradizionali. Nel 1947 l’OIV aveva dato la seguente definizione della denominazione di origine: “Un vino o un’acquavite non possono portare una denominazione

se non quella consacrata dagli usi e da una fama accertata. Questa fama deve risultare dai caratteri qualitativi determinati attraverso i seguenti fattori:

48 1- fattori naturali (clima, suolo, vitigni, esposizione);

2- fattori umani (tecniche viticole e enologiche, distillazione per le acquaviti). Nessun prodotto viticolo può beneficiare di una denominazione di origine e dei vantaggi che ne derivano, se non proviene da un’area di produzione delimitata e da vitigni ben determinati”.

La definizione di denominazione di origine dell’UE ricalca gli stessi concetti dell’OIV: la DO rappresenta “il nome geografico della regione delimitata da cui proviene il prodotto,

le cui caratteristiche qualitative sono dovute essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico, comprendente i fattori naturali e umani, per il quale produzione, trasformazione e elaborazione hanno luogo nell’area geografica delimitata”