Capitolo 2 Le aziende industriali
2.4 Le strategie di crescita dell’impresa industriale
2.4.1 La strategia di integrazione verticale
Lo sviluppo verticale si ha quando un’impresa assume il controllo di uno stadio di produzione o di distribuzione immediatamente collegato a quello in cui già opera308. Strettamente connesso al concetto di integrazione verticale vi è quindi quello di filiera produttiva, che può essere definita come l’insieme delle lavorazioni effettuate a cascata per passare da certe materie prime a un determinato prodotto finito309.
Il grado di integrazione verticale di un’impresa è tanto più elevato quanto più numerosi sono gli stadi della filiera che essa gestisce direttamente al proprio interno310.
Ad esempio, le imprese dell’industria petrolifera presentano in genere un elevato livello d’integrazione verticale, svolgendo direttamente al loro interno numerose fasi dell’intera filiera produttiva, quali l’esplorazione ed estrazione, il trasporto del greggio alle raffinerie, la raffinazione e il trasporto ai distributori. Al contrario, esistono numerosi modelli d’impresa con livelli estremamente limitati di integrazione verticale, come la maggioranza delle piccole imprese del nostro paese localizzate nell’ambito dei distretti industriali, che svolgono singole attività specializzate, come nella filiera tessile dove vi sono imprese specializzate unicamente nella tessitura, nella filatura, nel finissaggio, nell’orditura oppure nella tintoria311.
In particolare si parlerà di integrazione a monte quando l’impresa estende il suo controllo su fasi antecedenti (verso i fornitori) rispetto alla sua originaria posizione nella filiera, ad esempio, nel caso in cui un’impresa commerciale al dettaglio acquisisce un prodotto di latte, al fine di realizzare una propria private label, e di integrazione a valle quando a essere internalizzate sono le fasi verso i clienti, come per esempio quando un’impresa automobilistica integra la rete di vendita, passando da imprese autonome di commercializzazione a una propria rete di rivenditori312. L’integrazione a valle può estendersi fino a vedere l’impresa coinvolta nella distribuzione del prodotto all’utilizzatore finale.
I processi di integrazione verticale possono essere attuati per vie interne, ovvero attraverso investimenti finalizzati alla creazione di propri nuovi impianti o stabilimenti da utilizzare per internalizzare la fase produttiva o commerciale della filiera oggetto !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
308 Come sostiene Ferrucci L., Strategie competitive e processi di crescita dell’impresa, Franco Angeli, 2000, pp. 194:
“L’integrazione verticale può essere definita come l’ampiezza con la quale i vari cicli produttivi, manifatturieri e commerciali, consecutivi o sequenziali, della filiera produttiva complessiva sono effettuati dentro una stessa impresa.”
309 Definizione proposta da Ciampi F., Fondamenti di economia e gestione delle imprese, Firenze university press, 2004, pp.158 310 Definizione tratta da veda Ramusino C. E., Strategia d’impresa, Il sole 24 ore, 2005, pp. 321
311 Esempi proposti da Ferrucci L., Strategie competitive e processi di crescita dell’impresa, Franco Angeli, 2000, pp. 194 312 Definizioni tratte da Pivato S., Nicola M., Ordanini A., Perrini F., Economia e gestione delle imprese, Egea, 2004, pp. 245
! 149 ! ! !!
d’integrazione o per vie esterne, tramite acquisizioni d’imprese o rami d’azienda o attraverso fusioni aventi a oggetto imprese preesistenti operanti nell’ambito della fase della filiera che si vuole integrare313.
Gli obiettivi che mediante questa strategia s’intendono raggiungere, si differenziano a seconda della direzione assunta dal processo di verticalizzazione, tuttavia, in entrambi i percorsi si ha in ogni caso un aumento del valore aggiunto realizzato perché cresce la differenza tra il valore dei prodotti finiti e il costo delle materie acquisite. Infatti, nell’ipotesi dello sviluppo a monte, il ciclo produttivo partirà da beni di minor valore, mentre nello sviluppo a valle, il ciclo darà come risultato prodotti di maggior valore. Ciò significa che, per effetto dell’ampliamento del processo di trasformazione, si creerà un più alto valore aggiunto. L’impresa, in questo modo, riuscirà a ridurre il rischio di gestione perché un più elevato valore aggiunto la cautelerà meglio rispetto alle variazioni esterne del mercato degli approvvigionamenti e delle vendite. Più crescerà il valore aggiunto più aumenterà il controllo sui costi di produzione, perché nel conto economico aziendale peseranno maggiormente le voci di costo controllate direttamente dall’impresa.
Comunque, oltre a questo effetto comune alle due modalità d’integrazione verticale, si porrà, nel caso dello sviluppo a monte, quello di assicurarsi la continuità di approvvigionamento della risorsa base per il processo produttivo attuato e, nel caso dello sviluppo a valle, quello di avvantaggiarsi di un maggior controllo del mercato finale di sbocco per ridurre i rischi di vendita314.
È però intuibile che in ogni caso i processi di verticalizzazione contribuiscono a creare una maggiore forza contrattuale dell’impresa e a innalzare delle barriere all’ingresso nel mercato, perché chi aspira a entrare in quest’ultimo sarà costretto a operare in più stadi di produzione e a un livello dimensionale superiore
A questo riguardo, per completezza, bisogna sottolineare che la strategia d’integrazione verticale può creare contemporaneamente più alte barriere all’entrata e all’uscita dal mercato, perché per un’impresa più integrata verticalmente, i processi di disinvestimento potranno assumere maggiore complessità e difficoltà315.
L’integrazione verticale influenza, quindi, le condizioni di vantaggio competitivo dell’impresa, poiché si riflette sia sui costi di produzione sia sulle modalità di creazione !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
313 Distinzione tratta da Ciampi F., Fondamenti di economia e gestione delle imprese, Firenze university press, 2004, pp.165 314 Per maggiori approfondimenti si veda da Pellicelli G., Strategie d’impresa, Università bocconi, Egea, 2005, pp. 261 315 Considerazione tratta da Sciarelli S., Economia e gestione dell’impresa, Cedam, 1997, pp.161
! 150 ! ! !!
di valore per il cliente finale sia sul grado di controllo che l’impresa ha delle dinamiche competitive di tipo orizzontale e verticale.
Per tutte queste ragioni la strategia d’integrazione verticale è tipica delle fasi di sviluppo del mercato, ossia di periodi in cui si possono formulare affidabili previsioni di crescita circa il futuro andamento della domanda. Tali felici prospettive giustificano il compimento di forti investimenti consigliano l’erezione di barriere all’entrata che escludono nuovi concorrenti da un mercato attraente. Una volta realizzata l’integrazione verticale, normalmente si mantiene a lungo, in pratica, fino al manifestarsi di una contrazione del mercato e del conseguente inasprimento della concorrenza316.
Gli svantaggi dell’integrazione verticale derivano, da un lato, dai fattori problematici connessi all’aumento del numero di attività della filiera realizzate all’interno dell’impresa, dall’altro lato dalla perdita dei potenziali vantaggi dell’acquisizione degli output di tali attività sul mercato317.
A riguardo, bisogna considerare che gli operatori specializzati producono a livelli dimensionali che determinano un maggiore sfruttamento delle economie di scala e una più rapida maturazione delle economie di esperienza. L’impresa ha, dunque, convenienza ad acquisire sul mercato prodotti o servizi realizzati da soggetti che, essendo specializzati, sono (almeno potenzialmente) più efficienti e in grado di offrire un determinato output a un prezzo tendenzialmente inferiore al costo della sua produzione interna.
Un fondamentale criterio per stabilire i confini verticali dell’impresa è evidentemente quello del costo: l’impresa tende a realizzare al suo interno tutte quelle attività che realizzano un determinato output a un costo inferiore al prezzo che essa sosterrebbe se acquistasse quello stesso output sul mercato.
Porre il problema della produzione di un determinato output in termini di alternativa tra la produzione interna e l’acquisto sul mercato rappresenta, tuttavia, una semplificazione sul piano sia teorico sia operativo. Integrazione verticale e transazione sul mercato non rappresentano, infatti, le due uniche alternative possibili per ottenere un certo fattore di produzione, quanto, piuttosto, le due situazioni estreme entro cui possono manifestarsi diverse opzioni intermedie.
In particolare, l’impresa può stipulare con soggetti esterni, a monte o a valle, dei contratti volti a stabilizzare la relazione commerciale con gli stessi. Questo genere di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
316 Considerazione esposta da Pivato S.,!Gilardoni A., Elementi di economia e gestione delle imprese, Egea, 1998, pp. 183 317 Per maggiori approfondimenti sul tema si veda Fontana F., Caroli M., Economia e gestione delle imprese, 4 ed., McGraw-hill,
! 151 ! ! !!
rapporti non rientra in una forma d’integrazione verticale, poiché la controparte rimane un soggetto indipendente, tuttavia, non configura neanche come una semplice transazione sul mercato, poiché prevede il costituirsi di una relazione tra le parti strutturata e vincolante, almeno nel medio termine.
Per garantirsi un maggiore controllo sul risultato delle attività dei propri interlocutori a monte o a valle, l’impresa può anche acquisire una quota del capitale di questi soggetti. In questo caso, il legame verticale tra partecipante e partecipata assume caratteristiche ancora più distanti da quelle della semplice transazione sul mercato, pur non configurando ancora l’ipotesi d’integrazione verticale in senso stretto.
Le operazioni di integrazione verticale, tuttavia, sono comunque tutt’altro che scomparse, anche se assumono più frequentemente la natura di tentativi di appropriazione di risorse competitive critiche, ossia risorse immediatamente utilizzabili per affermare un vantaggio di mercato rispetto alla concorrenza318
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
! 152 ! ! !!