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La strategia di internazionalizzazione

Capitolo 2 Le aziende industriali

2.4 Le strategie di crescita dell’impresa industriale

2.4.3 La strategia di internazionalizzazione

In linea generale l’impresa internazionale è caratterizzata dal fatto di gestire in maniera permanente attività di natura economica, commerciale e/o produttiva in due o più Paesi324. L’internazionalizzazione è, quindi, riferita alla dimensione reale dell’impresa e non a quella finanziaria: il detenere nel proprio portafoglio delle attività finanziarie sotto forma di quote azionarie di aziende operanti all’estero non costituisce una forma di internazionalizzazione, salvo il caso in cui questo comporti un impegno diretto nella gestione delle imprese partecipate.

Tale strategia può assumere forme assai varie dalla mera destinazione all’estero di una parte della propria produzione, alla costruzione di un gruppo transnazionale che opera su un vasto numero di mercati 325.

Tuttavia, per agevolare la descrizione dei diversi approcci proponiamo un raggruppamento in base al grado di coordinamento/integrazione delle strategie adottate dall’impresa nei diversi paesi e alla maggiore o minore autonomia decisionale attribuita alle filiali localizzate nei diversi paesi. (Figura 2.13)326

Fig. 2.13 – Le strategie di internazionalizzazione

Coordinamento/Integrazione Bassa Alta Au to no m ia Alta Multidomestica Transnazionale Ba ss a Domestica Globale

Nello stadio domestico, l’azienda è orientata al mercato nazionale, ma i manager sono consapevoli dell’ambiente globale e possono considerare l’eventualità di un primo coinvolgimento in mercati esteri per espandere il volume di produzione e realizzare le economie di scala, tuttavia, il potenziale di mercato è limitato e riguarda principalmente al mercato domestico. La struttura dell’azienda è a carattere nazionale, generalmente di tipo funzionale o divisionale e le vendite iniziali effettuate all’estero vengono gestite !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

324 Definizione tratta da Fontana F., Caroli M., Economia e gestione delle imprese, 4 ed., McGraw-hill, 2013, pp. 133

325 Considerazione proposta da Pivato S., Nicola M., Ordanini A., Perrini F., Economia e gestione delle imprese, Egea, 2004, pp.

246 e ss.

326 Matrice tratta da veda Ramusino C. E., Strategia d’impresa, Il sole 24 ore, 2005, pp. 380 che riprende uno studio di Harzing A.

W., An empirical analysis and extension of the bartlett and ghoshal typology of multinational companies, Journal of international business studies, 2000, pp. 101 e ss.

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attraverso un’unità dedicata all’export, mentre, le attività relative ai trasporti, ai problemi doganali e ai cambi sono esternalizzate327.

Passando a uno stadio internazionale, l’azienda considera le esportazioni più seriamente e inizia a pensare in ottica multidomestica, ossia passa a gestisce ciascun paese singolarmente analizzano distintamente gli aspetti competitivi di ogni mercato in cui opera. L’attenzione è rivolta al posizionamento competitivo internazionale rispetto alle altre aziende del settore. A questo punto l’unità dedicata all’export è stata sostituita da una divisione internazionale e sono state assunte persone specializzate per gestire le attività rivolte all’estero per quanto riguarda vendite, servizi e magazzini.

La strategia multidomestica è idonea a fronteggiare situazioni in cui persistono marcate differenze dei gusti nazionali, circostanza che impone localmente specifiche configurazioni del marketing mix e non semplici adattamenti del prodotto e/o del modello di servizio. Di qui l’importanza di poter presidiare da vicino i singoli mercati e di avere la possibilità di agire su di essi con ampi gradi di libertà328.

L’approccio globale porta l’impresa a considerare il mercato mondiale come un unico mercato e lo presidia con prodotti standard. Le politiche di marketing e quelle commerciali vengono definite dal quartiere generale a livello centrale, così come l’attività di produzione è accentrata in uno o pochi siti. Le filiali svolgono prevalentemente funzioni esecutive, agendo da braccio operativo della casa madre: i loro margini di autonomia sono ristretti, essendo l’attività limitata alla commercializzazione dei prodotti sul mercato locale e all’assistenza post-vendita al cliente. Questo modello strategico si basa su una forte centralizzazione delle decisioni strategiche e su un elevato coordinamento delle attività estere da parte del quartiere generale, che consentono di conseguire efficienza ed economie di scala.

Il presupposto attuativo di questo approccio è la possibilità di affrontare i diversi mercati con prodotti fortemente standardizzati e ciò implica una forte omogeneità della domanda a livello mondiale.

Divenendo transnazionale, infine, l’azienda trascende ormai qualsiasi singolo paese. Il business di riferimento non è rappresentato semplicemente da un insieme di settori nazionali, piuttosto, le sussidiarie sono collegate tra loro nella misura in cui la posizione competitiva in una nazione influenza significativamente le attività in altri paesi. Le aziende globali vere e proprie non considerano più una singola nazione come il proprio !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

327 Percorso descritto da Boldizzoni D., Organizzazione aziendale, Apogeo, 2010, pp. 186 e ss. 328 Approccio analizzato da Strategia d’impresa, Il sole 24 ore, pp. 381 e ss.

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paese di origine e, di conseguenza, vengono anche indicate come stateless corporation, ovvero aziende senza patria.

La presenza estera dell’impresa, dunque, deve essere il risultato di un preciso orientamento strategico che trova corrispondenza, da un lato, nella formalizzazione di un piano e nel relativo investimento di risorse, dall’altro nel coinvolgimento dell’impresa in maniera stabile e significativa in una rete di relazioni con altri soggetti presenti nelle varie aree geografiche.

Le scelte di internazionalizzazione delle imprese dipendono in primo luogo dalle caratteristiche del settore. Per esempio, in caso di settori globali, l’internazionalizzazione è una soluzione obbligata, in quanto difficilmente sono tollerabili produttori esclusivamente nazionali. In assenza di vincoli dettati dal settore, le imprese possono comunque scegliere di internazionalizzarsi in funzione di una vocazione internazionale. Molte imprese, infatti, cercano l’internazionalizzazione ancora prima di aver esaurito le possibilità di sviluppo nel mercato nazionale, guidate dal proprio patrimonio genetico o da atteggiamenti imitativi nei confronti di concorrenti già internazionalizzati329.

Altri fattori che possono spingere verso nuovi mercati possono essere, secondo le circostanze l’informazione, talvolta occasionale, che segnala in certi mercati la presenza di costi dei fattori minori o di prezzi di prodotti maggiori; la consapevolezza che i costi potrebbero diminuire se la produzione (o per conseguenza la vendita) fosse fatta su più larga scala; le pressioni causate dalla saturazione del mercato interno. Talvolta il processo viene innescato su basi occasionali; altre viene sollecitato da qualche azione, come la partecipazione a una fiera, che espone l’impresa all’attenzione di potenziali fornitori o di clienti esteri, senza una scelta preliminare né del campo geografico a cui si vuole accedere né del tipo di clienti o di fornitori che si vogliono attrarre; altre volte invece l’impresa mette in moto azioni mirate verso specifici paesi, con viaggi o partecipazioni a fiere in loco, ma senza averli scelti preventivamente attraverso un’analisi sistemica330.

La strategia di espansione estera ha un fondamentale riflesso sul piano organizzativo, in quanto pone il problema di individuare una struttura in grado di gestire la diversificazione geografica delle attività. L’organizzazione dell’impresa internazionale deve avere, infatti, un’ampiezza in qualche modo corrispondente alla numerosità delle !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

329 Analisi tratta da Pivato S., Nicola M., Ordanini A., Perrini F., Economia e gestione delle imprese, Egea, 2004, pp. 250 330 Analisi tratta da Dematté C., Peretti F., Strategie di internazionalizzazione, Egea, 2003, pp. 15

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combinazioni area di mercato/area geografica in cui essa è impegnata e al modo in cui sono geograficamente organizzate le attività della catena del valore dei diverso business aziendali, e contemporaneamente, deve mantenere una propria coerenza interna, intesa come unitarietà dell’indirizzo di fondo che l’impresa persegue a livello generale.

La struttura organizzativa deve anche essere in grado di apprendere dai diversi contesti geografici in cui l’impresa opera e di sviluppare risposte appropriate agli stimoli provenienti dall’esterno e metabolizzati attraverso i soggetti aziendali. Il modo in cui l’impresa organizza la propria presenza estera non determina solo la struttura internazionale del processo produttivo, ma influenza anche il tipo di conoscenze che essa è in grado di acquisire e il modo in cui tali conoscenze sono assorbite nell’ambito del sistema aziendale331.

A prescindere dalle varie configurazioni strategie descritte precedentemente, le alleanze sono uno dei modi più utilizzati per realizzare attività internazionali332. Le organizzazioni operanti in settori in rapido cambiamento come quello dei mass media, dell’intrattenimento, dei prodotti farmaceutici, delle biotecnologie e del software possono avere centinaia di relazioni di questo tipo.

Le tipiche alleanze includono gli accordi di licenza, le joint venture e i consorzi.

Le joint venture sono accordi di collaborazione fra due o più società che intendono dar vita a un progetto comune333.

Si tratta di un approccio molto utilizzato per trarre vantaggio dalla conoscenza dei mercati locali da parte dei partner, per risparmiare sui costi di produzione attraverso le economie di scale, per condividere capacità tecnologiche complementari o per

distribuire nuovi prodotti o servizi attraverso i canali di distribuzione di un altro paese. Un altro approccio sempre più usato dalle aziende consiste nella costituzione di

consorzi, ossia gruppi di aziende indipendenti – fornitori, clienti e persino concorrenti – che si uniscono allo scopo di condividere competenze, risorse, costi e accesso ai

reciproci mercati334

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331 Analisi proposta da Fontana F., Caroli M., Economia e gestione delle imprese, 4 ed., McGraw-hill, 2013, pp. 137 332 Per approfondire il tema si veda Boldizzoni D., Organizzazione aziendale, Apogeo, 2010, pp. 188

333 Solitamente le joint venture si distinguono in contrattuali e societarie. Nella prima tipologia la collaborazione è sorretta da uno o

più contratti che consentono di delineare il ruolo svolto da ciascuna parte per la realizzazione dei diversi progetti senza dar vita alla costituzione di una nuova organizzazione; al contrario della seconda, dove si assiste alla creazione di un’apposita unità organizzativa controllata congiuntamente dalle imprese partecipanti. Definizione tratta da Cuomo M., Management e sviluppo

d’impresa, Giappichelli, 2007, pp. 60

334 Definizione tratta da Caroli M. G., Globalizzazione e localizzazione dell’impresa internazionalizzata, Franco Angeli, 2000, pp.

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CAPITOLO 3