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Svantaggi dell’integrazione verticale

Capitolo I Integrazione Verticale

1.3 Vantaggi e svantaggi dell’integrazione verticale

1.3.2 Svantaggi dell’integrazione verticale

Costi di superamento delle barriere alla mobilità. L’integrazione verticale è prima di

tutto comunque una strategia per entrare in un nuovo business e quindi l’impresa si troverà ad affrontare il problema di superare delle barriere. Porter77 evidenzia come l’elevata correlazione dei nuovi business con quelli in cui l’impresa è già presente e la stessa natura dell’integrazione verticale aiutano a superare parte delle barriere come l’accesso alla distribuzione. Ma, per esempio, potrebbe essere comunque difficile avere accesso alle risorse prime migliori o alla tecnologia nonché ottenere economie di scala ed attrarre ingenti investimenti. Per Porter questa è la causa per cui l’integrazione verticale avviene più spesso in industrie dove la tecnologia è ormai diffusa e la scala minima efficiente78 non è troppo elevata.

75 Porter M. E., Competitive strategy. Techniques for analysing industries and competitors. 76 Porter M. E., Competitive strategy. Techniques for analysing industries and competitors. 77 Porter M. E., Competitive strategy. Techniques for analysing industries and competitors.

78 Per scala minima efficiente si intende la quantità minima di produzione che un’impresa deve mettere in

40 Aumento della leva operativa79

. L’integrazione verticale genera solitamente un aumento

della proporzione di costi fissi sostenuta dall’impresa. L’impresa integrandosi sostituisce i costi variabili derivanti per esempio dall’acquisto di componenti nel mercato con costi fissi per gli impianti di produzione. Questo può essere facilmente riscontrato andando a calcolare la leva operativa dell’impresa che dopo l’integrazione sarà più elevata e che quindi andrà a rappresentare un rischio più elevato per l’impresa che sarà più sensibile a fluttuazioni delle vendite. Va precisato che questo effetto non è uguale in ogni industria ma dipenderà dal grado di costi fissi richiesti per operare nell’industria.

Riduzione della flessibilità. Buzzel spiega il problema della flessibilità dicendo che “se

cambiamenti nella tecnologia o nel mercato fanno diventare i prodotti o i metodi di produzione di una fase del sistema integrato obsoleti, l’impresa potrebbe trovare molte difficoltà nell’adeguarsi”80. Porter specifica come un cambiamento nella tecnologia, cambiamenti nei prodotti, fallimenti strategici o mancanze manageriali potrebbero dar vita ad una situazione in cui l’impresa integrata ha dei costi maggiori rispetto ai fornitori o clienti del mercato o dei prodotti e servizi inappropriati. In questo caso l’impresa potrebbe avere molte difficoltà a sostenere elevati costi per contrattare con entità indipendenti nel mercato e non rivolgersi più internamente.

Elevate barriere all’uscita. Un altro problema, evidenziato anche da Porter, è quello delle

barriere all’uscita per le imprese integrate verticalmente dovute agli elevati investimenti effettuati, alla specificità degli asset, alle interrelazioni strategiche e a volte anche alla presenza di legami emotivi.

Investimenti di capitale. Buzzel spiega come, quando un’impresa decide di integrarsi sia

a monte che a valle deve avere il capitale necessario da investire nelle nuove attività. Solitamente, continua, investimenti ad elevate intensità di capitale sono poco profittevoli e quindi anche se l’integrazione verticale porta dei benefici potrebbero comunque non essere sufficienti per avere un adeguato ritorno. Porter spiega come, per essere sostenibile, l’integrazione verticale debba garantire un ritorno maggiore del costo opportunità del capitale per l’impresa. Secondo Porter inoltre l’integrazione verticale provocherebbe una

79La leva operativa esprime la variazione percentuale del reddito operativo al presentarsi di una certa

variazione dei ricavi. È calcolata come il rapporto tra il margine di contribuzione e il reddito operativo dove il primo è la differenza tra ricavi e costi variabili mentre il secondo è il margine di contribuzione stesso e i costi fissi. La leva operativa può essere utilizzata come misura del rischio operativo in cui un’impresa incorre scegliendo una determinata struttura di costi.

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riduzione della flessibilità di allocazione dei capitali dell’impresa. Questo perché la performance dell’impresa dipende da ogni singola fase e quindi l’impresa si vedrebbe costretta ad investire sempre nella fase più arretrata per preservare l’intera macchina. Precludendosi così la possibilità di investire altrove, rinunciando anche ad investimenti con ritorni più elevati.

Impossibilità ad accedere alla conoscenza di fornitori e clienti. Integrandosi le imprese

possono essere escluse dall’accesso alla tecnologia e alla conoscenza prodotta da quelli che erano i loro fornitori o clienti. L’impresa integrata dovrebbe quindi rimpiazzare questa mancanza producendo internamente conoscenza e tecnologia propria. Questo è tanto più svantaggioso quanto nel mercato vi è un’elevata presenza di soggetti indipendenti che investono in ricerca e sviluppo e quando parte di questa non è replicabile. Alcune imprese per evitare questo decidono di integrarsi solo parzialmente ma potrebbe essere comunque un problema dato che si mettono in una posizione di competizione con i loro fornitori o clienti.

Mantenimento dell’equilibrio. Questo è un svantaggio che Porter fa derivare dal fatto che

le unità produttive dell’impresa integrata dovrebbero sempre avere capacità produttive bilanciate. Se, per esempio, una fase ha una capacità produttiva in eccesso l’impresa dovrebbe vendere parte di questo prodotto nel mercato o sacrificare questa capacità; al contrario, se la fase ha una domanda troppo elevata da quella successiva l’impresa dovrebbe acquistare nel mercato parte dei componenti o, anche in questo caso, sacrificare parte della produzione. L’acquisto o la vendita nel mercato però potrebbe causare dei problemi in quanto l’impresa dovrà relazionarsi con i suoi concorrenti. Buzzel spiega il medesimo fenomeno riconducendolo al fatto che differenti stadi della produzione solitamente hanno scale minime efficienti diverse e che l’impresa dovrebbe quindi o produrre una quantità grande abbastanza da soddisfarle tutte o produrre consapevolmente ad un livello inefficiente per alcune unità. Per Buzzel questo è un motivo per cui l’integrazione di mercato sarà probabilmente adottata da imprese che hanno una quota di mercato elevata rispetto ai concorrenti.

Incentivi limitati. Per Porter uno svantaggio dell’integrazione verticale è la mancanza di

incentivi che si viene a creare per il fatto che le varie unità non concorrono più nel mercato e non hanno più gli stimoli ad essere efficienti e competitive. La soluzione che Porter propone è che l’impresa dovrebbe dare la possibilità di acquistare o vendere ogni unità

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anche nel mercato così da creare una competizione tra unità interne e soggetti esterni che dovrebbe spingere ad aumentare all’efficienza e le performance.

Diverse esigenze gestionali. Porter individua un ulteriore rischio per le imprese integrate

verticalmente nel fatto che attività diverse della catena produttiva possono avere diverse necessità dal punto di vista manageriale. Per esempio, le fasi di produzione rispetto a quelle di distribuzione al dettaglio possono essere molto diverse e richiedono di essere gestite diversamente. Nell’impresa verticalmente integrata però è possibile che si cerchi di uniformare all’interno dell’impresa l’uso di determinate pratiche gestionali; è anche possibile che alcuni managers siano molto bravi a gestire determinate attività e meno bravi a gestirne altre e in caso di integrazione si trovino a gestirle entrambe. Questa tendenza ad utilizzare lo stesso stile manageriale può portare all’inefficienza di alcune unità produttive. Buzzel definisce questa rischio come “la perdita di specializzazione” riferendosi all’uguaglianza manageriale usata per diverse attività che quindi perdono la loro gestione specializzata.