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CAPITOLO 1- LA GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO

1.2. L’Exchange traded fund

1.2.4. La tassazione

Un tema delicato nel mondo degli investimenti è anche quello della tassazione. Gli importi effettivamente percepiti dagli investitori, sia mediante le eventuali distribuzioni periodiche che in sede di disinvestimento, sono sempre gravati dall’imposizione fiscale.

Anche il mantenimento degli investimenti in portafoglio è gravato da imposte (imposta di bollo annuale), di altra natura, che riducono ulteriormente la remunerazione dell’investimento concretamente accreditata.

La normativa fiscale è disciplinata dai singoli Stati ma, per alcune precise circostanze, subisce la presenza delle Direttive europee sul tema del risparmio.

Per quanto riguarda gli ETF, occorre prestare attenzione alla tipologia di strumenti e al regime fiscale dell’investitore.

Si distinguono quindi: - ETF armonizzati; - ETF non armonizzati.

Gli ETF armonizzati sono tutti gli ETF quotati su Borsa Italiana SpA e, in genere, sulle altre borse europee.

Gli ETF non armonizzati sono tutti quelli quotati in Paesi al di fuori dell’Unione Europea, tipicamente Stati Uniti.

La normativa fiscale sul tema si è modificata con la Direttiva 2011/61/UE, detta AIFMD, recepita nel nostro ordinamento dal D. Lgs. n. 44/2014.

Prima di tale intervento, le operazioni con ETF generavano:

- redditi di capitale: derivanti dalla distribuzione di dividendi e, in caso di compravendita, dalla differenza tra il valore del NAV al momento della vendita e il valore del NAV al momento dell’acquisto, detto delta NAV;

- redditi diversi: derivanti dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita, decurtato il delta NAV.

Tale impostazione era laboriosa e complessa con notevoli difficoltà di calcolo dell’onere fiscale da sostenere.

Con la suddetta nuova normativa, il regime fiscale degli ETF armonizzati diventa identico a quello dei fondi comuni di investimento: tutti i proventi positivi (distribuzione di dividendi e capital gain) sono trattati come redditi di capitale; tutte le minusvalenze sono invece trattate come redditi diversi.

Per la distribuzione dei dividendi non ci sono variazioni; cambia invece sensibilmente l’imposizione del capital gain, il quale era in parte trattato come redditi diversi, invece adesso è interamente trattato come reddito di capitale.

Il prezzo di acquisto è computato come prezzo medio ponderato per la quantità nel caso in cui siano presenti più acquisti del medesimo titolo. Ciascun prezzo di acquisto viene moltiplicato per la quantità del lotto e la somma di questi successivamente divisa per la somma delle quote in portafoglio.

La nuova impostazione se da un lato ha semplificato notevolmente le modalità di calcolo, dall’altro, ha posto definitivamente fine alla possibilità di compensare le minusvalenze con le plusvalenze sul medesimo strumento ETF.

Il D.L. n. 44/2014, con decorrenza 1 luglio 2014, ha incrementato la tassazione sulle rendite finanziarie dal 20% al 26%, sia per i redditi di capitale che per i redditi diversi.

Per i capital gain rilevati con vendita successiva al 30 giugno 2014 l’aliquota passa al 26% solo per il guadagno maturato dal 1 luglio 2014; per il guadagno maturato fino al 30 giugno 2014 la tassazione permane al 20%. Analogamente, subisce il medesimo trattamento la gestione delle minusvalenze che è interamente deducibile solo per la parte maturata successivamente al 30 giugno 2014.

La nuova aliquota del 26% è ridotta al 12,50% per la quota percentuale relativa a titoli di Stato, titoli emessi da enti sovranazionali e da Stati appartenenti alla white list a fiscalità non privilegiata.

Il discrimine tra redditi di capitale e redditi diversi ha i suoi riflessi in merito alla possibilità o meno di compensare le minusvalenze registrate.

Per compensazione di minusvalenze si intende la possibilità di ridurre l’imponibile soggetto ad imposta con l’importo delle minusvalenze (capital loss) conseguite, limitando la base imponibile a cui applicare l’aliquota del 26% alla differenza dei due valori.

Di fatto, con la compensazione si esenta dalla tassazione l’importo della minusvalenza. Dato che le plusvalenze su ETF o fondi costituiscono reddito di capitale e le minusvalenze su ETF o fondi rappresentano redditi diversi, queste non sono compensabili.

Per poter compensare le minusvalenze conseguite su ETF è necessario conseguire plusvalenze con altri strumenti/operazioni. Nel dettaglio, rappresentano redditi diversi, quindi idonei ai fini compensativi:

- capital gain su titoli azionari; - capital gain su titoli obbligazionari; - capital gain su certificati;

Le minusvalenze su ETF sono compensabili con le relative plusvalenze solo se l’ETF è acquistato all’interno di una polizza unit linked; questo è possibile perché l’imposta non viene pagata sulle singole operazioni ma sul rendimento complessivo della polizza.

Altro elemento distintivo è il regime fiscale adottato dall’investitore. La scelta è tra: - regime amministrato;

- regime dichiarativo.

I redditi di capitale sono tassati allo stesso modo sia nel regime dichiarativo che nel regime amministrato. Discorso diverso per i redditi diversi.

Con il regime amministrato, l’intermediario con il quale sono effettuate le operazioni e detenuti i titoli opera come sostituto di imposta, calcolando l’imposta operazione per operazione e accreditando i redditi diversi direttamente al netto dell’imposta. Le plusvalenze da assoggettare ad imposta sono computate con il metodo del costo medio ponderato. Con il regime dichiarativo, invece, l’intermediario non agisce da sostituto d’imposta e accredita l’importo lordo del reddito diverso. Sarà l’investitore, contribuente, ad assoggettare tali redditi ad imposta sostitutiva in sede di dichiarazione dei redditi. Il calcolo delle plusvalenze avviene con il metodo del LIFO (last in, first out).

Tale differenza non incide sensibilmente sugli ETF armonizzati dato che le plusvalenze con questi realizzate sono sempre redditi di capitale.

Questo è il trattamento degli ETF armonizzati. Sensibilmente diversa è la gestione fiscale degli ETF non armonizzati. I redditi da capitale derivanti da questi ultimi concorrono alla formazione del reddito imponibile dell’investitore, assoggettato ad IRPEF. L’intermediario applicherà l’aliquota del 26% a titolo di ritenuta d’acconto ma tali proventi dovranno essere comunque dichiarati dall’investitore in sede di dichiarazione dei redditi; su questi verrà quindi applicata l’aliquota marginale IRPEF.

Oltre alla tassazione sulle rendite finanziarie, è presente una imposta di bollo sui dossier titoli.

La normativa in materia ha subito importanti variazioni nel 2011, rapidamente modificate l’anno successivo con il D.L. n. 201/2011, approvato in via definitiva con la Legge n. 214/2011.

Il suddetto D.L. prevede l’applicazione di un’imposta di bollo in misura proporzionale al complessivo valore di mercato o, in sua assenza, valore nominale o di rimborso, degli

strumenti finanziari detenuti, anche non soggetti ad obbligo di deposito. L’aliquota dell’imposta di bollo è stata introdotta pari allo 0,1% solo per il 2012 (con minimo 34,20€ e massimo 1.200€) e allo 0,15% per il 2013 e anni successivi, senza importi minimi e massimi. La Legge n. 147/2013, Legge di Stabilità 2014, aumenta l’aliquota dallo 0,15% allo 0,20%, percentuale ancora oggi in vigore.

La data di riferimento per il calcolo dell’imposta è la chiusura del periodo di rendiconto, con riferimento alla data di valuta. A titolo esemplificativo, un acquisto di titoli effettuato il 31 dicembre, con data valuta i tre giorni successivi, non rientrerà nel valore complessivo di computo ai fini dell’imposta.